Like I Can
Pov Filippo
Non so quando sia iniziata. Né se questa sensazione di codardia e tradimento sparirà mai. Ma ne ho bisogno.
Per tirare avanti, per poter dare un buon futuro a mio figlio.
Quando sono scappato dalla mia gabbia d'oro per amore, non conoscevo per niente il mondo; ora guardo la creatura che mia moglie tiene tra le braccia e non mi pento nemmeno per un momento della mia scelta.
Per quanto possa essere stata stupida e sconsiderata, senza una minima pianificazione.
La nostra è la classica storia tra un ragazzo che ha tutto ed una ragazza senza niente. Ma, per quanto sin dall'inizio sia sembrato tutto uno strano sogno, per me è diventata la persona più vera che mi stesse vicino. Nessuno dei due può dire che si sia interessato all'altro senza nessun altro scopo; la vita non è così semplice come un amore che colpisce come un fulmine a ciel sereno.
All'inizio io mi sono avvicinato perché intrigato, perché annoiato, per ogni altro motivo che non fosse una stupida cotta adolescenziale. Era così al di fuori dal mio mondo, che volevo assaggiare un pizzico di quell'altra dimensione a me sconosciuta. Anche lei si era avvicinata a me per gli stessi motivi: per poter vivere una vita non sua, essere trattata meglio di quanto potesse richiedere con la sua posizione.
Questo all'inizio. Poi, i segreti pian piano sono stati rivelati, ognuno colpevole di qualcosa, e gli errori perdonati; non so se sia stato questo a farci avvicinare ancora di più, o l'oppressione della famiglia. In un primo momento la mia non si era proprio interessata alla vicenda, mentre la sua ci aveva subito impedito di vederci; erano stati i suoi genitori ad andare a parlare con i miei zii, ed a innescare la miccia per farci lasciare.
Così, proprio come nelle favole che si raccontano ai bambini, eravamo scappati. Una fuga poco rocambolesca rispetto a quelle delle storie dell'infanzia, ma comunque abbastanza agitata; ebbi un colloquio con i miei parenti e, quando capirono che non avrei ceduto, decisero di estromettermi dall'eredità. Lei non era altro che un pretesto che gli avevo offerto su un piatto d'argento, per un'azione che avrebbero fatto in ogni caso inventandosi chissà quale scusa. Non ebbi altra voce in capitolo nella vicenda, e me ne andai infuriato, portandomi la mia ragazza.
Ma non ci avevo pensato, alle difficoltà della mia scelta. Il telefono con i messaggi incriminati brucia nella mia mano, ma non posso disfarmene; non posso fare niente.
Mia moglie lo sa, ed è con me. Proprio per questo ci sono momenti in cui non riusciamo a guardarci negli occhi, o a sfoggiare un sorriso dinanzi a nostro figlio. Comunque, questa cosa non sta proseguendo grazie a me. Io mi sono intromesso dopo che era iniziata e, se non fossi comparso io, avrebbe scelto qualcun altro; ne conosco il sangue, purtroppo.
Ora non ho altra scelta che continuare: la morale e i valori vanno a farsi fottere, quando non hai i soldi per permettere al tuo bambino di crescere bene, di avere una buona educazione, o a tua moglie di prendere ciò che vuole.
Non esistono più, quando non posso avere ciò che mi spetta.
Pov Tom
Tre, due, uno, e...
"Thomas Stanley Holland! Smettila di fare il bambino". Zen si toglie dalla faccia l'asciugamano che le ho appena lanciato e mi fa una linguaccia; chi sarebbe quella infantile ora?
"Era per farti stare zitta. Basta con le prove del copione, voglio riposare un attimo- lei mi guarda male- Se proprio devi, allora vai giù. Ci sono davvero tante sale, non esiste solo questa camera in hotel".
"Ok, allora chiuderò anche io gli occhi per un momento. Vado io sul letto!". Urla, prima di fiondarsi sul morbido materasso; tanto non ho nemmeno le forze di alzarmi da questo divano, non credo che sia un gran problema.
Passiamo qualche momento di splendido silenzio, ma non dura molto; fermare la parlantina della mia amica è più difficile che vincere contro Thanos, per quanto le voglia bene.
"Come va con Mary?".
"E invece a te con il tuo nuovo migliore amico? Com'è, aspetta... Michele? Manuele?". Chiedo, giusto per farla alterare. Gli ho anche scritto più volte, so benissimo come si chiama.
"Uno, è Miguel, due fatti i fatti tuoi. Ci scriviamo a volte, questo è tutto. Ora invece fammi fare i fatti tuoi. Come va con la tua ragazza?". Non perde mai il punto, eh.
"Non è la mia... oh, giusto. Ora lo è". Mi correggo, e subito un sorriso mi spunta sulle labbra.
Forse sono stato troppo avventato? Dai baci sul viso alle due rose... o è stato più che altro il gesto? Ieri mattina credevo che fosse una splendida idea, quando sono andato a scuola sua. Ma poi l'ho vista così sorpresa e turbata.
In realtà è la prima relazione in cui possa essere davvero me stesso, quindi non so benissimo che fare; tutte le altre che ho avuto o sono state nascoste, o sotto un milione di riflettori. In ogni caso, non normali. Con lei, invece, mi basta indossare la maschera di Stranger per poterla vedere alla luce del sole.
E, beh, pensavo che sorprenderla in quel modo non sarebbe stato tanto male.
Però non è andata affatto come in un film romantico, anzi. Non le è piaciuto per niente come gesto. Cosa dovrei fare, ora? Non ci siamo ancora risentiti. E se fosse troppo imbarazzata, se fosse tutto... semplicemente troppo per lei?
Ormai privato dai miei stupidi pensieri da quel senso di stanchezza, mi metto a sedere di scatto e, a gambe incrociate, ripercorro tutti i possibili sbagli fatti e come rimediare ad essi; le persone potranno pure scherzare sulla posa strana di Doctor Strange, ma in realtà aiuta a concentrarsi. Certo, beh, senza le mani messe stile monaco buddista.
"Perché non le è piaciuto? È così timida... o si vergogna?".
"Chi si vergogna di chi?". Fa lei, tornata nel salottino.
"Di me! Mary!". Lei alza il sopracciglio, un'abilità che in pochi, ed io non sono uno dei fortunati, hanno. Ok, mi sa che è un attimo confusa.
Le spiego velocemente i fatti di ieri mattina e, appena finisco, ride; di qualunque cosa si tratti, ascolta sempre fino alla fine con una faccia impenetrabile, e poi, quando le chiedi un consiglio per la vicenda, non sai mai cosa aspettarti.
Ecco, in realtà in questo caso un po' me l'aspettavo. Perché ha fatto davvero fatica a trattenersi durante il racconto e non so quante volte le sue labbra abbiano tremolato nel tentativo di scacciare una risata per cui non era ancora il momento.
"Dai! A te non piacerebbe una cosa del genere?".
"Programmata? Direi di sì. Ma così? Non so cosa dirti. A molte piacerebbe una sorpresa, ma altre sono più per essere pronte ad ogni cosa. E quindi sapere tutto. La capisco, sono come lei".
"E allora cosa dovrei fare ora? Ho rovinato tutto, vero? Ho rovinato tutto". Lei alza gli occhi al cielo, mi punta contro un dito e poi spinge sulla fronte, facendomi perdere la posizione e ricadere all'indietro.
"Calma cowboy. È meglio che prendi nota ora- inizia, con quella voce bassa e rauca che hanno i pistoleri nei film western- Meno sorprese più fatti. Basta questo e vedi che va liscio come un bel whiskey invecchiato". Sbuffo e faccio finta di arrendermi, così finalmente la finisce di premere le dita contro la mia fronte come se mi stesse puntando una pistola.
Ma la mia vendetta è ben servita: mi rialzo all'improvviso e le stringo la testa in una morsa mentre le scompiglio i capelli.
"Prometti che la finirai di parlare come uno di Django e ti lascerò andare, ragazza".
"Chi è che sta facendo l'accento stupido, ora?". Fa lei, cercando di liberarsi. Dopo un po', però, bussano alla porta e lei desiste, così io la libero facendo uno scatto indietro.
"Tregua".
"Per il momento". Butta i capelli all'indietro mentre va ad aprire. Se è mio fratello, sono fottuto. Mi attaccherà subito, senza preavviso. Se è qualcun altro, mi avrà regalato qualche altro minuto di pace.
"Posta per la signora Tucker". Sento esclamare, e subito mi elettrizzo; così guadagno più che qualche minuto. Metto la mascherina e, prima che il ragazzo vada via, gli do una bella mancia e lo ringrazio interiormente.
"Dagli Studios! Facciamo una diretta? Poi dici che sono io a dimenticarmi dei miei social". Dico, vedendo che la sta già aprendo, ma mi lancia un'occhiataccia fulminante.
"Ti devo ricordare cos'è successo l'ultima volta che hai aperto un pacco senza prima controllare? Non solo sei il ragazzo che non riesce a tenere la bocca chiusa ed ha dovuto girare uno dei film più attesi del decennio con un copione a pezzi microscopici, ma l'universo intero sembra volere che tu faccia spoiler!".
"Esageri, ora. Al massimo il mondo". Alza gli occhi al cielo e, senza darmi altra corda, finisce di togliere quella fastidiosa etichetta di cartone che il più delle volte non si vuole staccare.
Il pacco che hanno mandato stavolta, però, è strano; di solito non lo fanno così piccolo e... sbaglio o il logo è un po' diverso? Beh, perlomeno non vedo scritto da nessuna parte 'Top Secret' a lettere cubitali. Pur essendo una scatola, quando ci infila la mano dentro c'è solo una busta bianca.
La apre ed io mi avvicino ulteriormente, curioso. Prima di vedere.
L'incubo che si affaccia ogni notte da non so quanto tempo, ormai, nei miei sogni, riappare come qualcosa di cui non riuscirò mai a liberarmi. Le sfilo quel quarantadue dalle mani, come se avessi paura che guardandolo solo anche un altro momento possa esserne contaminata.
"Tom...".
"Pazza. L'ha mandato a te, apposta. E la confezione? Ha davvero tutto questo tempo da perdere nella vita? Cosa le avrò mai fatto per dover essere perseguitato in questo modo?! Dimmelo!". Butto la busta lontano, e Zen corre a raccoglierla e poggiarla sul tavolo. Dopo sarà Harry a prenderla e fare analisi anche su questa.
Bastarda. Sapeva che eravamo in questa camera, sapeva il nome di copertura che Zen ha scelto per divertimento, sapeva che ci sarei stato anche io; è un messaggio per me. Per ricordarmi che potrebbe colpire chiunque cui io tenga.
E con questa siamo a... trentanove.
Trentanove. Ma dove ha mandato l'altra? Non ne manda mai singole.
Dove... no. Potrebbe essere, però. Capire dove lei abiti è molto più facile che trovare me... ma d'altro canto non ho ricevuto nessuna chiamata. Se l'avesse già ricevuta mi avrebbe avvertito, no? Visto che non l'ha fatto, forse non è il caso di allarmarla ulteriormente...
Fanculo. Ho bisogno di sentirla. Sto iniziando a perdere la pazienza.
La chiamo subito e faccio segno a Zendaya di restare in silenzio; ormai seria, lei prende anche la scatola di cartone e se ne va nell'altra stanza. Per fortuna dei miei neuroni impazziti, la mia ragazza non tarda a rispondere.
"Ehi". Fa, con voce imbarazzata. Giusto. Penserà che mi sia stancato di aspettare e che voglia parlare di quello che è successo ieri; mi piacerebbe, rispetto a questo.
"Ehi. Tutto bene?".
"Si, te?".
"Per caso ti è arrivato qualcosa?". Eludo la domanda. Non direi proprio che sto bene, ci siamo promessi niente più bugie, e lei è più importante del mio stato mentale, al momento.
Aspetto per un momento che risponda ma, quando non sento niente, provo a ripetere la domanda e vedere se è caduta la linea. Perché non risponde?
"In realtà si". Dice, e mi sento subito peggio. Le è arrivata la lettera, proprio come qui. Ma allora perché non mi aveva ancora chiamato? Vuol dire che è arrivata più o meno alla stessa ora o...
"Quando?". Un'altra piccola esitazione ed un respiro profondo prima che risponda.
"Stamattina".
"Cosa?- chiedo esterrefatto, e subito mi passo una mano sul volto- E perché mai non me l'hai detto? Perché?!".
"Non volevo farti preoccupare e...".
"Cristo Mary! Qui non si tratta di preoccupazione, qui si tratta di una pazza che ci sta facendo perdere il sonno. Ed è pericoloso! Devi dirmelo se succede qualcosa!". Urlo, prima di accorgermi di quello che esce dalla mia bocca.
Che stupido. Già dev'essere spaventata di suo, in più faccio così...
"Scusa. Lascia stare quello che ho appena detto. Mi dispiace, sei in questa situazione per colpa mia, non dovrei prendermela. Scusa".
"No... niente...". Fa lei. Sento che sta per aggiungere altro, ma ho bisogno di restare un momento concentrato.
"Ti è arrivata una lettera con la scritta quarantadue, giusto? Ne mancano due. Non so cos'abbia in mente quella ragazza o donna che sia, ma sta preparando qualcosa. E non manca molto. Dobbiamo stare attenti, va bene? Se ti arriva una lettera, dimmelo. Per favore".
"Scusa. E...".
"Cosa?".
"Niente. Ne parleremo quando ci vedremo". Dice, e subito divento nervoso; è sempre collegato a questo o ad altro? Se è qualcos'altro, cos'è? Sarà grave?
Perché le persone devono dire che poi ne parleranno e far salire in questo modo l'ansia? Credo che sia una delle cose più maleducate del mondo, cavoli.
Cerco di darmi un po' di contegno e schiarisco la voce, prima di riprendere a parlare.
"Va bene. Ah, fammi un favore. Nei prossimi giorni resta a casa, quando puoi. Esci solo quando devi".
"Beh... in realtà sto per uscire proprio adesso". Mi tiro su di botto dal divano, gli occhi spalancati.
"Cosa? E starai all'aperto?".
"No".
"Oh, almeno questo...".
"Vado a casa di Raf". Finisce di dire ed ormai la mia espressione dev'essere diventata simile alla faccia di un pesce palla, per quanto scioccato sono.
Ma perché dovrebbe rischiare per andare a casa di quello pseudo viscido di un amico? Capirei se fosse, non so, a scuola, in biblioteca, da amiche...
"Quell'essere che ho conosciuto? Quel Raffaele?".
"Primo è un umano e secondo non ci vado da sola".
"Ah, beh. Almeno questo...".
"Viene anche Miguel".
Un. Altro. Ragazzo.
Da questo momento in poi bandisco dalla mia mente le parole 'almeno questo'. A quanto pare portano guai. Sciagurate.
"Fammi capire. Vai a casa di Raffaele e in quell'ambiente chiuso e stretto ci sarà anche Miguel?".
"Già. Io ci vado per vedere un po' Monique, ma quei due prenderanno l'occasione per giocare con la Playstation e fare gare su gare. Ma... Tom? Perché questo tono? Non credo che ci siano pericoli ad andare a casa di Raf. Insomma, mica conoscerà anche il suo indirizzo, no? Anzi, forse è un posto anche più sicuro e...". Mi alzo in piedi ed inizio a camminare in giro per la stanza.
"Si che ci sono pericoli! Insomma, è la casa di un ragazzo e...- inizio, passando completamente alla mia lingua madre, e sento subito levarsi delle risate dall'altra stanza. La mia amica sa sempre come aiutarmi moralmente- è un ambiente chiuso, ecco. C'è il covid dopotutto, non solo questa pazza, non lo sai?".
"Tranquillo. Sono sempre attenta io".
Certo, lo vedo. Oddio, come ho fatto a trovare una persona così ingenua? Cosa c'è di più stupido per una ragazza che andare a casa di altri ragazzi da sola? A meno che non sia un rapporto come quello tra Zen e la mia famiglia. Ma è stretto. E non credo proprio che Mary e Raf abbiano un legame così intimo.
Bleah. Mi fa schifo solo pensare i loro nomi nella stessa frase con la parola 'legame'.
Oh, ma perché mai dovrebbe andarci? Come se non avessi già abbastanza preoccupazioni!
"Comunque potrebbe essere pericoloso! Che ne sai se qualcuno ti segue o...".
"Non siamo in un film d'azione, per quanto lo sembri, va bene? E se sei proprio tanto preoccupato, ti posso mandare l'indirizzo, ok? E il numero di Raf. Così se si scarica il telefono puoi sempre chiamare lui". Ci rifletto un attimo ma, nel mentre, sento dei messaggi arrivare e vedo che me li ha già mandati; deve pensare che sia davvero preoccupato.
E sì che lo sono, cavolo. Ma stavolta non tanto per la piccoletta matta che si diverte a stalkerarmi; no, proprio non per lei.
"Si. Brava! Scarica il telefono giocandoci tutto il tempo! Con la bambina. Lascia i ragazzi ai loro giochi e non intrometterti troppo. Sono cose da ragazzi, insomma".
"Se hai finito di sparare frasi senza senso, dovrei andare ora".
"No... vabbè. Guarda per la strada e non dare troppa confidenza a nessuno". Borbotto io, non sapendo che altro aggiungere per trattenerla a telefono.
"Si nonnino". Ribatte lei, per poi mettere giù. Ah ah. Mi ha paragonato ad un nonno per la mia preoccupazione. Ah ah. Stupida sciocca. Che crede, che il mondo sia così sicuro?
Oh, ora anche io mi sento un vecchiarello pronto a fare la paternale alla prima persona che incontro sui rischi di questo grande mondo.
Appena Zen non sente più parlare, si affaccia al salotto e mi guarda divertita.
"Qui qualcuno sembra geloso". Ridacchia e non posso fare a meno di sorriderle in risposta, sollevato che quell'espressione seria e triste di poco fa sia finalmente scomparsa.
Io che non voglio fare del male a nessuno, nemmeno emotivamente, mi sono fatto carico di così tanto dolore nell'ultimo periodo; in fondo, la colpa è mia se questa ragazza ci perseguita. Non so perché o se abbia fatto davvero qualcosa di male nei suoi confronti ma, in caso contrario, come posso sottrarmi alle mie responsabilità?
Anche solo la mia esistenza diverrebbe una colpa, se non avessi fatto altro di male.
Come sarebbe la vita delle persone che mi circondano se io non ci fossi? Probabilmente normale, per quanto possa essere normale la vita di ognuno.
"Sei geloso, sei geloso. Non è forse vero? Il nostro ragazzo-spoiler è geloso!". Scuoto la testa, liberandomi per un attimo da quei pensieri che mi tormentano ormai da giorni.
"Si, sono geloso!- vado alla finestra e la apro- Sono un ragazzo geloso". Urlo a squarciagola, mentre Zen ride.
"Pazzo. Ti fai riconoscere dappertutto".
"Come sempre, pazza". Lei si avvicina e, con un sorriso, si affaccia a sua volta.
"Lui è geloso!". Urla a sua volta.
Continuiamo a liberarci in questo modo, gridando come se non ci fosse un domani e ridendo per le nostre fesserie, due puntini in alto sulla facciata riflettente di quell'hotel viola. Poi Zen, stanca, si va a buttare di getto sul divano, mentre io, senza perdere altro tempo, prendo le chiavi dell'auto.
"Dove vai?".
"Sono geloso, l'hai detto anche tu". Alzo le spalle, come se non potessi far niente per questo, ed esco dalla stanza.
Guidare in Italia alla fin fine non è così difficile come dicevano in molti miei amici, anzi. Le strade di Londra sono molto più affollate, e piene di gente... maleducata, per usare un eufemismo.
In meno tempo di quanto pensi arrivo in città e il problema, a quel punto, è uno; riuscire a districarmi in quel cumulo di strade e vie. Non è di sicuro la mia prima volta a Verona, eppure il mio senso dell'orientamento rimane lo stesso di sempre: zero. Alla fine, mi ritrovo a passare un'ora cercando di decifrare l'indirizzo sulla mappa; alcuni penseranno che con gli advice del giorno d'oggi sia semplicissimo, ma a quanto pare non è così. Specialmente quando più strade hanno nomi simili ed io inizialmente sbaglio ad immettere quello giusto nel navigatore. O anche quando inizi a confonderti perché non individui il numero civico e posso giurare che davvero, su alcuni palazzi non c'è. Almeno una buona vista dovrei averla, e mi fido dei miei sensi; perlomeno, di quello visivo. E del tatto. Tutti e cinque i sensi direi, ma probabilmente è il sesto quello che mi manca.
Finalmente arrivo di fronte ad un palazzo giallo, con un tetto spiovente di mattonelle rosse; sarebbe davvero triste e comune, se qualcuno al quarto piano non avesse deciso di ospitare sul suo balcone dei fiori di vari colori. Carino. Spero non sia il balcone di Raf. Quello stupido non può avere il pollice verde; io non ce l'ho.
Il primo colpo di fortuna della giornata, mi appare sotto forma della porta del palazzo già aperta; l'ennesimo segno funesto, invece, arriva sotto forma di grida che risuonano per la tromba delle scale. So che gli italiani sono abbastanza... passionali di loro, ma un minimo di privacy sarebbe consigliabile. O fanno a turni, così tutti sanno i fatti di tutti nel palazzo e diviene una privacy condominiale?
Inizio a salire, non sapendo dove andare a sbattere la testa, ma non volendo ancora chiamare Mary. E se fosse troppo presto e lei pensasse che mi sono precipitato qui? Non voglio fare quello appiccicoso, no no. Più le urla si avvicinano e s'intensificano, più ho voglia di una birra per lenire il mal di testa che mi sta salendo; lo riavrei dopo una bella sbronza, ma almeno avrei qualche ora di pace ed inconsapevolezza del mondo che mi circonda.
La chiamerò appena prima di arrivare al piano degli urlatori: a quel punto non potrò più salire e sarò costretto, no?
Ma, appena lo penso, sento una voce abbastanza familiare intromettersi nelle urla di questi italiani.
"Basta! La spaventate così!". Ma questa è... Mary! Che ci fa lì? Quello che urla è il microcefalo, allora? L'altro però è un adulto. Quindi gli amici di Mary non sono venuti alle mani, almeno questo. Anzi, no. Universo cancella quello che ho appena pensato e cervello ricorda che quelle parole sono bandite dalla tua mente... o è il contrario?
Non credo sia il momento per dibattere sulla tua testa, Tom! Muovi le chiappe, su.
Corro per l'ultima rampa di scale che mi separa da quel caos e subito vengo investito da tutta la rabbia di Raffaele; oh, quel bambino sa gridare quando vuole. Sa gridare eccome. Mary e l'altro amico sono sulla porta, la mia ragazza con le mani sulle orecchie della bambina e quello lì con una mano sul suo braccio. Cerchiamo di non pensarci troppo. In fondo cos'è. Solo una mano. Sul braccio della mia ragazza. Ma è solo una mano e le grida ora sono più serie. Giusto, Tom? Giusto. Più o meno.
Mentre Raf... bleah, Raffaele da vita al suo show adolescenziale, l'uomo davanti a lui sta appoggiato tranquillamente alla ringhiera, delle lacrime a rigargli il volto che, da attore posso dirlo, sono più finte delle relazioni di Brad Pitt dopo la Aniston e la Jolie. Ok, forse esagero. Le sue relazioni avevano almeno un minimo di veridicità di base. Le lacrime di quest'uomo neanche un goccio.
"Devi andartene da qui, ora! Non vedi che fai star male mia sorella?".
"Sono vostro padre!". Urla a quel punto l'uomo, iniziando ad inalberarsi a sua volta.
"Tu chi saresti? Noi non abbiamo un padre!". Continuano a guardarsi in cagnesco e vedo che la bambina si agita sempre di più, finché non riesce a fuggire dalle braccia di Mary; corre verso il fratello e si aggrappa ad esso, chiudendo forte forte gli occhi.
Giuro, quella piccoletta mi ha appena strappato il cuore a metà per quanto è dolce e disperata come nessuna bambina della sua età dovrebbe esserlo. Però la sua azione sembra riuscire alla grande: il fratello inizia a fare respiri profondi e, senza più una parola, prende in braccio la sorella e indica la strada per l'uscita a quello che, se ho capito bene, è il padre.
Ma, quando quello continua a fare finta di niente e stare in quella posizione, inizio davvero ad incavolarmi anche io. Vorrei muovere anche solo un passo, arrivare a lui e dargli quello che si merita, visto che non sta pensando per niente al bene della piccola. Non so quale sia il suo obiettivo, né chi sia dalla parte del torto in questa situazione, ma ciò che vedo sono una persona egoista ed un'altra che cerca di pensare al bene della sorella. Tra le due, direi che vince la seconda.
Ma so di non poter fare niente. Sono questioni di famiglia, non posso intromettermi. E poi lui, l'essere che è amico della mia Mary, potrebbe pensare male; che ne so, potrebbe credere che tenga a lui. Pfui.
"Codardo. Sei un totale codardo". Dice all'improvviso Raffaele, dopo attimi di silenzio che sembravano preannunciare l'ennesima tempesta; perché mi sembra tanto di assistere ad una partita di football? La sensazione di adrenalina è la stessa, ma direi che la situazione è molto più grave; il mio cervello a quanto pare sta esaurendo la sua scorta di serietà.
"Cosa hai detto?".
"Vieni qui quando la mamma non c'è, dopo mesi. Sei un codardo".
A quel punto l'uomo sbuffa e ridacchia poi, come se nulla fosse, si avvicina alla bambina e le scompiglia i capelli. Non sento cosa sussurri ai due fratelli, ma sono sicuro che non sia niente di buono. Che viscido. Se ne va tranquillamente e, mentre il figlio lo segue con lo sguardo, si accorge finalmente di me. Alzo la mano in segno di saluto ma lui, piuttosto che arrabbiarsi o ignorarmi, alza gli occhi al cielo.
Non felice di vederti anche io, eh.
Mette la sorella a terra ed inizia ad asciugarle le lacrime. Poi, si guarda intorno e capisco che sta per dire a tutti di andarsene; lo capisco, non vorrei neanche io un pubblico per una cosa del genere. Subito però una piccola peste si fionda sulle mie gambe e mi guarda con i suoi occhioni dal basso; mi accovaccio, e quella si arrampica in braccio senza sforzo.
"Tu sei Tom". Esclama, ed io mi ricordo della videochiamata di tempo fa.
"E tu hai una bella memoria". Il fratello ci guarda e, sbuffando, mi fa segno di entrare. Cara piccoletta, non so se ringraziarti o meno. Ora devo passare più tempo con tuo fratello, che non è mica dolce come te.
Anzi... forse questo per fortuna. Do un'occhiata a Mary che mi sorride, ma appena noto che la mano dell'amico è ancora ancorata al suo arto, la prendo per mano e la porto dentro. Ebbene, signori, a tutto c'è un limite. Provo a chiedere sottovoce alla mia ragazza, oh quanto belle sono queste parole, di spiegarmi cos'è successo, ma lei mi da un pizzicotto mentre mi accompagna in salotto.
"Quante volte sei venuta qui? Me lo dici tu...". Guardo Mary, che sorride lievemente.
"Monique. O Monica, che sarebbe il suo vero nome. E perché mai vorresti saperlo?".
"Non sai che sono un ragazzo curioso?".
"Certo. Ragazzo curioso, fammi il favore di sederti, ora. Monique, insegnagli le buone maniere, almeno tu. Sai che è come un bambino piccolo? Combina sempre guai". Fa lei, e la bambina ridacchia.
"Quando mai ne avrei combinati?".
"Oh, beh, il giorno che ci siamo conosciuti sembravi un maniaco pronto a diffondere il Covid, ad esempio".
Si alza e va nell'altra stanza, senza lasciarmi il tempo di ribattere. Ecco chi è la vera peste! Che ci potevo fare se quel giorno cercavo indicazioni? Insomma! E poi, non dovrebbe benedirlo piuttosto che riderci su? Insomma, ha incontrato uno come me. Varrà pure qualcosa tutto il lavoro che faccio per mantenere questo fisico.
"Non darle retta. In realtà era lei ad urlare come una pazza, quel giorno". Sussurro a Monique, in un italiano ancora stentato. Probabilmente sono allo stesso livello di questa piccoletta, nella lingua della penisola. Beh, sempre meglio di niente.
Mi sorride e poi mi porta in cucina, iniziando a cacciare dalla dispensa non so quanta roba per mangiare; provo a fermarla, ma lei mi fa segno di sedermi, seria come se fosse una padrona di casa contrariata, ed io alzo le mani in segno di resa. A quel punto Mary ci raggiunge e ride vedendo la scena.
"Le piaci. Fa sempre così, quando c'è una persona nuova in casa". Mi passa la mano tra i capelli e subito mi elettrizzo per quel gesto.
Poi però riguardo la bambina. Sembra minuscola e le grida di prima erano tali da schiacciarla. Chissà come sta il fratello, ancora chiuso in una stanza in quella minuscola casa con l'altro vicino.
Raffaele, quello stupido... insomma, il microcefalo in questione non mi piace per niente.
Ma chissà come sta.
RAGAZZI/E a casa mia è arrivato un nuovo membro della famiglia: si chiama Kyra, ha quattro zampe ed un pelo bianco con sfumature marroni S-T-U-P-E-N-D-O. Seriamente, la adoro. Ora, per non rischiare di diventare la "ragazza che parla continuamente del suo cane" anche qui, spazio alla storia.
(Però davvero, è stupendaaaaaaaaa, cioè, cioè, cioè. Tessa di Tom ti adoro, ma con lei ho trovato l'amour vrai)
Bando alle ciance, spazio alle bande.
Credo che sia il capitolo più lungo del libro, finora. Togliendo lo spazio autrice, sono poco meno di cinquemila parole, so... yuppie!
Volevate sapere il significato delle due rose, non è vero? Una gialla, l'altra rosa. La rosa gialla indica gioia ed è simbolo di una grande amicizia; la rosa rosa, che paronomasia, ha un significato più profondo. Indica un affetto puro, un amore recente.
Io amo il linguaggio dei fiori, e voi?
Invece, credete che sia un caso il nome scelto dai nostri stranieri del cuore, la famiglia Tucker? Sapete chi era Forrest Tucker? Un artista della fuga. Ladro da quattordici anni, passò la sua intera vita, e con questo intendo davvero tutta la sua vita, ad entrare ed uscire dalle prigioni, con un totale di 30 tentativi di fuga e diciotto di questi ultimati con successo. L'ultimo colpo lo fece ad ottant'anni, quattro anni prima di morire.
Perché ho fatto scegliere questo nome dalla nostra artista pop? Perché credo fortemente che abbia una vera passione per tutto ciò che riguarda il secolo scorso, dai gusti musicali a quelli cinematografici o alle storie vecchio stile. Bonnie e Clyde, per quanto ami la loro storia nonostante la triste fine della sparatoria, mi sembrava troppo scontato. Così, ho pensato di utilizzare questo nome che io stessa ho da poco scoperto, guardando "The Old Man and The Gun", un film biografico del 2018; è un personaggio complesso, ma che allo stesso tempo fa morire dal ridere, e mi fa piacere pensare che Zen potrebbe non solo conoscerlo ma usarlo come copertura qualche volta.
Che ne dite?
Invece, visto il capitolo, ho pensato che come titolo non potessi non mettere una canzone di gelosia; se ascolterete "Like I Can" tramite la playlist su Spotify che trovate nei link della mia biopic o nel capitolo della storia dedicato ad essa, e penserete a Tom, vi scapperà qualche risata.
Insomma, già dal titolo della canzone, "come posso io".
Se volete un altro consiglio, oggi mi sento molto il vecchio sulla montagna che elargisce perle di stupidaggini piuttosto che di saggezza ma vabbè, andate a vedervi dei video di comici inglesi. Che ne so, Daliso Chaponda? Le performance che fa in Britain Got Talent mi hanno fatto morire dal ridere.
"I'm black, 200 years ago this would be an auction!".
Cioè, già da qui. Sto ancora ridendo. Se volete vederlo in azione, cercate su Youtube "Britain's Got Talent 2017 Live Semi-Finals Daliso Chaponda Full S11E16". Vi farà morire dalle risate, sul serio.
Ah, e se qualcuno qui segue e ama come me Doctor Who (cioè, cioè, cioè, ma che magnifica, bellissima, stupenda serie è??? Specialmente il decimo dottore, ovviamente seguendo la numerazione canonica in cui non conta War Doctor), allora corra a vedere "David Tennant is Catherine Tate's new English teacher! | Comic Relief - BBC".
Ok, ora mi calmo con questi miei consigli che nessuno vuole ascoltare, anche perché ho fatto uno spazio autrice lungo stile Nuovo Testamento, e chiudo il sipario.
Ciaoooo,
Tiger.
P.S. Ah si giusto, ora ne mancano 7 alla fine! Avete capito il numero totale vero?
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