Friends Will Be Friends
"Dai ragazze, siamo in ritardo!". Grida Miguel, mentre corriamo verso piazza Cittadella.
"Ehi nuotatore, qui ci sono persone normali che non sanno rompere i record di atletica per arrivare in orario!". Fa Gaia di rimando, mentre Sara e Agnese fanno un cenno di assenso, con troppo fiato corto per poter parlare.
Il resto della corsa stiamo tutti in silenzio, cercando di incamerare aria e non restare dietro. Io l'avevo detto, l'avevo detto che stavamo facendo tardi! Ma Sara e Gaia no, dovevano per forza fermarsi a prendere un milkshake che, tra l'altro, stanno schakerando ulteriormente mentre corrono in quel modo.
Arrivati finalmente in piazza, vediamo i nostri compagni riuniti in piccoli gruppetti davanti a quattro uomini. Mentre ci avviciniamo cerchiamo tutti di apparire il meno sconvolti possibile, nonostante la corsa e la sudata, senza grandi risultati.
"Ecco i ritardatari! Ci siamo tutti, ora?". L'ingegnere, il capo del progetto che abbiamo iniziato con la professoressa di arte, ci sorride. Tutti e quattro sono abbastanza lontani da noi e, essendo anche all'aria aperta, hanno deciso di abbassarsi le mascherine; quanto li invidio al momento.
"No, dovrebbe mancare Chiara". Dice Luisa, guardandosi intorno.
"No, no, eccola". Raffaele indica la ragazza accanto a sé e lei arrossisce.
"Non intendevamo la tua fidanzatina Raf. L'altra Chiara...".
"Ah, stare in una classe con così tanti doppioni è così difficile!". Raf si porta una mano al cuore, cercando di mostrare tutto il suo dispiacere il più ironicamente possibile.
"Comunque non viene oggi, aveva un impegno. Anche Bianca, stessa cosa". Afferma un'altra ragazza, alzando gli occhi al cielo.
"Ok! Bene, ricordate loro di giustificare l'assenza. Ora, partiamo?". In quel momento, proprio mentre batte le mani, sento una goccia d'acqua scendere sulla mia guancia. Poi un'altra, sulla cute, e un'altra ancora sul naso. In pochi istanti, ci ritroviamo sotto una pacata pioggerella improvvisa. Ma insomma!
I pochi fortunati sempre previdenti che si sono portati l'ombrello lo cacciano subito, compresa me ovviamente. Gli altri si dividono tra chi corre al riparo al palazzo di fronte, e chi cerca di rimpicciolirsi in piccoli gruppetti sotto i pochi ombrelli. Compresi i miei amici.
Sara e Miguel si fiondano al mio fianco, mentre Gaia cammina tranquilla verso il palazzo. Ah, già. La pioggia non le da fastidio.
I più carini sono Raf e Chiara, però. Proprio come in una scena da film, lui prende la giacca che aveva posato nello zaino e copre sia lui che la Chiara, mentre ridono e corrono al riparo. Ah, che scena cute!
"Allora Mig, cosa deve fare la Gaia?". Fa Sara, stretta vicino a me.
"In che senso?". Miguel le da una spallata e si sbatte la mano sulla fronte, mentre io inizio ad insospettirmi.
"Ecco...- socchiudo gli occhi e lui fa un passo indietro, ritornando poi svelto sotto l'ombrello- Sai, io e lei... insomma...". Guarda verso le scarpe, io sbuffo e inizio ad andare verso l'edifico dov'è Gaia, con questi due al seguito.
"Scusa! Non l'avevo capito!". Sara alza le mani in segno di resa, mentre il Mig corre verso Gaia e la avverte, probabilmente.
Adesso entrambi mi guardano con gli occhi spalancati.
"Parlate". Gli faccio, incrociando le braccia.
"Abbiamo fatto una scommessa". Dice Gaia, diretta.
"Su che cosa?".
"Ecco... su te e Tom". Miguel si passa la mano tra i capelli, e ridacchia.
"Siete impossibili- faccio io, sbuffando- E su cosa, di grazia, avreste scommesso?".
"Secondo lei tu non avresti voluto parlare con Tom ancora... del tipo... come avevi detto?".
"Che secondo me lo avresti voluto ammirare semplicemente da lontano, come attore... come se fosse un oggetto proibito da non toccare in un museo, uno di quelli esposti nelle teche di vetro".
Ripenso al pomeriggio di qualche giorno fa, quando mi sono allontanata dal gruppo per poter parlare da sola con lui. Si. Direi che la Gaia ha perso.
"Quindi, che pegno devi pagare?".
"Lo scoprirai dopo avermi riferito passo passo quello che il maniaco ti ha detto, ragazza del mistero". Alza un sopracciglio, sfidandomi ad obiettare. Ecco. Forse potrei aver mantenuto il silenzio sul mio breve incontro con Tom... anche perché non ci sarebbe stato molto da dire. Se non il subbuglio delle mie stupide emozioni e il grande interrogativo che è diventato quel ragazzo.
Quando sono tornata da loro avevo solo voglia di svagarmi, così ho pensato fosse una buona cosa fare finta di niente e passare un bel pomeriggio senza pensarci; cosa che loro hanno più o meno accettato all'inizio.
"Semplicemente... non so, è che...". Sbuffo nuovamente, non sapendo come iniziare a spiegare. Il problema è proprio che è successo più nei miei scombussolati pensieri che nel nostro dialogo! E di quelli, al momento, non mi va proprio di parlarne.
"Ragazzi! Perché non cominciamo proprio da quel palazzo, visto che siamo costretti qui al momento? Chi mi parla della struttura e fa ipotesi sulla data di costruzione?". L'ingegnere non si fa scoraggiare proprio da niente, a quanto pare. Ci sorride nuovamente.
"Parlane quando te la senti, Sognola. Io sono qui. E per quanto riguarda il pegno del Mig... diciamo che sarà una sorpresa per tutti. E che probabilmente dirò completamente addio alla mia dignità". Mi sussurra Gaia, e mi scappa una risata. Oddio, ma cosa sarà mai?
"Bene, a quanto pare abbiamo una volontaria! A te la parola". Mi guardo attorno, cercando di scoprire chi sia lo sfortunato scelto. Solo per capire, seguendo la traiettoria dello sguardo dell'ingegnere, che sono io.
Mi sorride, divertito, invitandomi con la mano ad andare dinanzi al gruppo. Gli altri ridacchiano mentre io vado incontro al mio triste destino. Signora Sfortuna, milleunesimo punto, ragazza con la tuxe sfavorevole zero.
Mentre parlo, cercando di far lavorare al massimo livello i miei stanchi neuroni e scavare nella mente alla ricerca delle informazioni che mi ricordo, la pioggerella pian piano diventa sempre meno fitta, fino a smettere del tutto. Banchi di nuvole ricoprono ancora le nostre teste ma non sembrano più così cariche di pioggia e, guardando all'orizzonte, finalmente se ne vede una fine.
Nella maniera disordinata propria di ogni classe liceale al mondo, torniamo al centro della piazza per ricevere le cartine di ogni gruppo ed iniziare col percorso prestabilito. L'ingegnere, un uomo a cui piace molto parlare, è assegnato proprio al nostro gruppo.
Mentre andiamo alla ricerca dei vari palazzi, inizia finalmente ad uscire un po' di sole. Fa caldo, ma la luce motiva sempre le giornate ed è ciò di cui ho bisogno per superare indenne questo pomeriggio.
"Allora, nostra cara capogruppo. Sai forse indicarci dove siamo sulla cartina?". L'ingegnere continua a sorridere, avvicinandosi un po' troppo e parlando con un tono fin troppo confidenziale.
Si vede che non è un insegnante, ma solo un coordinatore di un progetto. Mi viene da ridere al solo pensiero della professoressa di greco che si comporta in questo modo: certo, ormai in tre anni con tutti i prof abbiamo abbastanza confidenza, ma c'è sempre un'invisibile linea da non oltrepassare. Quest'uomo invece cerca di fare l'amicone, probabilmente per catturare la nostra attenzione.
È un po' strano in realtà.
Indico il punto sulla cartina, contenta di conoscere abbastanza bene le strade di Verona pur vivendo in un paesino vicino e non in città.
Quando finalmente torniamo in piazza, dopo una scarpinata di due ore con annesse varie fermate per osservare e descrivere i vari palazzi che abbiamo scelto, possiamo fare un po' di pausa. Siamo i primi a tornare, mentre gli altri tre gruppi credo ci metteranno ancora un po': se non ho visto male hanno i palazzi un po' più distanziati e il percorso un po' più lungo.
Ma visto che a volte una giornata quando vuole infastidirti deve farlo per bene, è ancora tutto bagnato e non possiamo sederci da nessuna parte; nemmeno a volersi mettere per terra. Non sono bastate le due ore di scuola e queste altre di progetto scolastico. Ora non posso nemmeno sedermi a far riposare le mie stanche ossa scricchiolanti. Mi avvicino agli altri.
"Ehi, quindi che si fa?". Chiedo al resto del gruppo, che come me guarda storto il cielo ora terso e con un sole splendente che praticamente ci sta ridendo in faccia.
"Direi che dobbiamo solo aspettare". Sara si mette a giocare al telefono, con la solita app per allenare la mente e trovare parole, riunendo intorno a se una comitiva di persone che inizia a suggerirle varie opzioni per ogni scelta.
Gaia e Miguel invece restano da parte, scambiandosi occhiate misteriose e sussurri continui; entrambi cacciano anche il cellulare e lo guardano come se avessero perso la pazienza, poi lo mettono a posto. Credo di conoscere la causa di cotanto avvilimento; sorridendo vado verso di loro.
"Allora, Tom vi sta ancora scocciando?". Chiedo, facendoli sobbalzare. Si guardano spaesati, poi però gridano all'unisono:
"SARA!". Lei si gira, ma io rido e le faccio segno che va tutto bene, quindi fa spallucce e ritorna al gioco.
"Non ha detto niente. Come voi, tutti in silenzio eh? Avete firmato un patto di sangue o cosa?". Incrocio le braccia.
"Allora tu come hai fatto a saperlo?".
"L'altro giorno, quando mi avete lasciato il telefono a merenda".
"Ugh, colpa tua Mig! Ti pare che ti metti a rincorrermi mentre lei ha ancora il telefono?".
"Ma era il tuo telefono!". Capendo l'aria di nuovi battibecchi che tira, li stoppo sul nascere.
"Non credo sia questo il punto. Dovevate dirmelo".
"Si, lo so!". Fa il Mig nello stesso momento in cui Gaia esclama:
"E perché? È un maniaco che ti farebbe solo soffrire". Credo che Tom dovrà faticare per riconquistare la fiducia della mia amica.
Aspetta.
Cosa?
Perché mai dovrebbe importarmi se Tom ha buoni rapporti con i miei amici? Non so nemmeno se ci rivedremo ancora.
Che stupidaggini sta partorendo il mio cervello negli ultimi tempi?
"Ma sta a me decidere". Ribatto, mente e bocca a quanto pare completamente scollegati. Non avevo già deciso?
Niente più scombussolamenti da parte di quel ragazzo. No? No?!
"Bene, allora. Ma cerca di capire cosa vuoi davvero. Ehi, ehi! Guardami- mi mette le mani sulle spalle, e io ripenso subito al gesto di Tom di qualche giorno fa- Noi saremo sempre dalla tua parte". Dice, indicando se stessa e Miguel con la testa.
"Ma non vogliamo che tu ti faccia male". Continua Miguel, mettendo la testa di lato.
"Infatti. È per questo che anche lui è stato d'accordo nel non dirti nulla, alla fine. Ci sembra... che con quel maniaco tu perda tutte le difese. Ci resti ogni volta malissimo e non piace a nessuno di noi".
Per tutti i Groku del mondo, questi due mi faranno piangere andando avanti così. Guardo verso l'ingegnere e, vedendo che è anche lui distratto dal gioco di Sara, li abbraccio.
"Siete incredibili! Come rovesciate la frittata in così poco tempo. Ah, credo mi sia andato qualcosa nell'occhio". Dico, strofinandomelo e tirando su col naso mentre mi stacco da loro prima che "l'adulto" della situazione ci possa notare. Anche se la persona matura in questione è a meno di un metro dai miei compagni, in un gruppo abbastanza grande di persone, e sta ridendo come un matto. Bah.
"Si, direi del vento immaginario, vero?". Do una spallata al Mig e, pur sapendo che non si vede praticamente niente con la mascherina, gli faccio una linguaccia.
"Che succede qui?". Sara si avvicina, imbronciata.
"E il gioco?".
"Quell'uomo è tutto preso a giocarci, me l'ha praticamente confiscato- dice, indicando l'ingegnere dietro di lei, poi però si accorge dei nostri volti- Che è successo?".
"I messaggi". Fa Gaia, semplicemente.
"Ah. Scusa".
"Quindi eri coinvolta anche tu, eh?- ridacchio, imbarazzata da tutte queste attenzioni- Non preoccupatevi per me, ok? Non è nemmeno lui, è che... a volte non so nemmeno perché reagisco in questo modo". Caccio un sospiro frustato, pieno di ogni cosa non detta e che non riesco ad esprimere.
"Dice pure di non preoccuparsi per lei, la scema". Gaia ride, seguita da quegli altri due.
"Infatti, secondo lei dovremmo stare anche ad ascoltarla?". Iniziano a ritornare lentamente verso il gruppo, mentre io resto lì e prendo il telefono.
Bene, credo sia arrivato il momento.
Apro Instagram.
Non sono sorpresa nel vedere il concept cambiato, poiché ormai è un avvenimento abbastanza usuale per l'applicazione quello di cambiare ed evolversi continuamente. Piuttosto, avendo disattivato le notifiche dall'app, rimango shoccata nel vedere la quantità di messaggi persi.
Anche da profili che non mi aspettavo di vedere. Come Gaia e Miguel, che hanno continuato a mandarmi reel pur sapendo che non li avrei visti, almeno non nell'immediato. Accidenti a loro, ora dovrei vedermi tra i due circa duecento trenta video? Sono usciti di testa?
Rilascio uno sbuffo di frustrazione e, scocciata, scorro gli altri messaggi. Ce ne sono molti da vecchi amici, altri tag, altri ancora utenti che hanno provato a farsi accettare la richiesta d'amicizia, spam e varia roba. Ma a fare capo a tutto c'è Tom.
O meglio, il vecchio Tom: Stranger.
Facciamo i conti con noi stesse eh, Mary? Ti manca. Sai che ti manca Stranger. Moltissimo, e non puoi farci niente. È stato come uno dei tuoi sogni, solo che al risveglio andandosene ha portato un pezzetto di te con sé.
E ora? Ora cara me stessa, ti ritrovi con la sua copia distorta da attore a cinque stelle, e non sai come comportarti o cosa fare. Perché prendere in giro Tom Holland o scherzare con lui come quando era Stranger è quasi impossibile, vero?
Scorro i messaggi dall'inizio ridendo per quanto cerchi di fare il simpatico e il serio allo stesso tempo. I primi risalgono a subito prima dell'incontro davanti casa mia, la sera stessa che ho deciso di lasciar perdere tutto ciò che lo riguardava, compreso il profilo fake di Instagram.
Poi, ce ne sono di quelli che farebbero sciogliere il cuore di ogni persona arrabbiata al mondo, pur non ammettendolo mai apertamente.
-Non dovevo andare via così
-Non rispondi e non leggi?
-Bene, I want to see how long you stay
-Due giorni e non rispondi
-Ah, damn
-Are you serious, right? Damn me!
-Ok
-Da oggi, ti invierò un messaggio al giorno
-Beh, un messaggio più the under messagges che lo accompagnano
-Finché non ti stancherai di me e vorrai tornare vicino a me
-Per farmi smettere, obviously
-Just for that
E tanti altri su questa falsa riga. Rido e m'intristisco andando avanti di mess in mess, e quando arrivo alla fine non so se essere contenta o far finalmente sgorgare le lacrime. Tutta colpa di questo progetto, siamo ancora in pomeriggio e già sono esausta. È per questo.
Con uno scatto frustato, prima che possa pentirmene clicco sulla chiamata vocale. Vederlo di nuovo in faccia sarebbe solo motivo di destabilizzazione, quindi meglio tenersi lontano almeno per questa conversazione.
Voglio restare seria e non farmi confondere.
Risponde al secondo squillo, praticamente urlando un "Hello!" che quasi mi uccide il timpano destro.
"Ehm... ciao T...om?".
"Si, si. Tom va bene. If you want, Stranger. Or I don't know, anything you want". Parla veloce, probabilmente temendo che possa chiudere la telefonata. Cosa che, probabilmente, sarei capace di fare.
"Allora se ti chiamo stupido va bene?". Rido, e lui esita.
"Well...".
"Tranquillo. Credo che... si, Tom va bene. È strano, ma va bene. Non sei Stranger". Aggiungo, pentendomene subito dopo. Oh, davvero! La bocca e la testa non dovrebbero essere collegate meglio? Forse con la parte intelligente del mio cervello, sarebbe il massimo.
"Oh. Right...- fa una pausa, ed io mi sento in colpa per aver spento in questo modo il suo entusiasmo- So... perché hai chiamato?".
"Because... I mean... cioè, voglio dire...". Scuoto la testa, cercando di riordinare i pensieri. Lui e il suo passare da una lingua all'altra! Riesce a confondermi anche solo parlando, ormai!
"Ti sono mancato?". Incredibile! Che, che... che arrogante presuntuoso!
Sento il suo fastidioso sorriso da holliwoodiano anche attraverso il telefono.
Davvero. Ah!
"No. Per niente".
Bugiarda.
"Tu si". Ribatte subito, riprendendo l'entusiasmo di poco prima. Oh, ma andiamo! Esiste una persona più enigmatica di questo ragazzo? E qual è il suo segreto per farmi passare così velocemente da uno stato emotivo all'altro?
Cerco di concentrarmi sulla conversazione per poterla far andare come volevo sin dall'inizio. Spiegazioni. Il mio obiettivo è questo, punto.
"Perché?".
"Perché perché?". Ah. Ah. Ah. Ah. Divertente.
"Perché vorresti mai rivedermi? Perché ti dovrebbe interessare di una normale ragazza di una normale cittadina italiana? Perché continui a girarmi intorno, arrivando anche a far esaurire i miei amici? Perché... perché tutto?".
"Piano... sto imparando l'italiano, ma vai piano. However, I should have understood the concept and my answer is that... io... è bello stare con te. Sei semplice. E normale. Forse mi piaci per questo, e poi sei davvero una... big, really big good friend". Non posso fare a meno di sorridere alle sue frasi impacciate e dolci al contempo. Questo ragazzo non si è specializzato in recitazione, ma nell'essere il più cute possibile. Accidenti a lui!
"E così... vorresti mantenere i contatti, giusto?". Dico, ripensando alla nostra ultima conversazione.
"Non vuoi?".
"Si!- ribatto, troppo velocemente- Cioè, se vuoi, se non è un problema certo, non mi dispiacerebbe. Ehm ehm". Tossisco alla fine, imbarazzata.
"Problema? For me? Of course, not!".
"Però, una regola fondamentale. In quanto amico, niente più bugie! Sopratutto così grandi! Scegli tu se dirmi o meno qualcosa, ma non mentirmi. Non farlo più". Dopo aver buttato fuori queste parole, mi accorgo di aver appena compreso una parte delle emozioni che tanto mi hanno scombussolato.
Insomma, è ovvio anche. Sono ciò che più mi ha ferita, proprio perché non si è fidato di me. Per quanto assurdo possa essere visto che ero comunque una sconosciuta e visto che è stato lui stesso a rivelarmelo.
Ma per quanto assurdo possa essere, è proprio una delle cose che mi hanno colpito, alla fin fine.
"Non lo farò più. Mai. I swear". Grazie al tono serio che ha improvvisamente preso mi sento più sollevata che mai. Sorrido, vedendo che gli altri gruppi hanno cominciato ad arrivare e l'ingegnere sta chiamando a raccolta le persone.
"Bene. Vedi di non rimangiarti la promessa. Ora devo andare, ci sentiamo, ok?".
"Wait! Quando ci vediamo?".
"Oh, beh... la settimana prossima? Poi ti scrivo, ora non saprei".
"Well, I'll see to make an appointment after you have consulted the agenda".
"Ahahahah. Divertente. Ora vado!". Chiudo la chiamata, sapendo che altrimenti continuerei a parlare e verrei ripresa dai capi del progetto.
Tornando verso i miei compagni, sorrido. È come se mi fossi tolta un peso dal petto e finalmente, mi sento bene come un Baby Groot appena rigenerato.
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