Capitolo 19
Qualche giorno dopo...
Elisabetta Pov.
Oggi è il 24.
È la vigilia di natale.
Dovrei urlare dalla gioia, ma non ci riesco ad essere felice.
Invece...
Mi manca qualcosa.
O meglio, qualcuno.
Mi manca Tony.
Non ci sentiamo da quando Jeannie ha... fatto quello che ha fatto.
Non me la sento di continuare.
Lo amo ancora, ma se torno con lui così all'improvviso inizierà a chiedermi che fine ho fatto tutto questo tempo.
Ed io non ho la minima voglia di dirglielo.
"Tesoro, mi dai una mano?" Dice mia mamma.
È molto indaffarata.
È sera, e questo vuol dire che tra poco arriveranno i nostri parenti per festeggiare la vigilia di Natale.
"Sì mamma, arrivo." Dico e vado aiutarla.
"Tony non verrà?" Chiede.
"Credo di no."
Non le ho ancora detto nulla.
Lei crede che stiamo ancora insieme.
Teoricamente è così, ma è come se lo avessi lasciato.
Per fortuna oggi non mi ha chiamata.
È da qualche giorno che non si fa sentire.
Iniziano ad arrivare parenti.
Mia madre li porta il soggiorno.
Sono tutti parenti di mia madre.
Quelli di mio padre non li conosco nemmeno.
Non so neanche chi sono, quanti sono, e se sono ancora vivi.
Per non parlare di mio padre.
Non voglio toccare questo argomento.
Mia madre mi prende in disparte.
"Tesoro, potresti andare fuori a controllare la posta?" Mi chiede.
"Sì vado subito." Dico, e metto il giubbotto.
Esco.
È bellissimo qui.
C'è la neve sul prato.
Oggi io e mio fratello abbiamo liberato il vialetto principale dalla neve.
Se non le facciamo noi queste cose chi le fa? Nostro padre?
Non credo proprio.
Esco dal recinto in legno e mi avvicino alla cassetta delle lettere.
Mamma ha qualche parente in Europa o in Oceania, e quindi non possono venire. Per questo ci mandano alcune lettere per Natale.
Vorrei essere anch'io in Oceania.
Lì festeggiano il Natale in estate.
Apro la cassetta.
"Papà!" Sento dietro di me.
Mi giro.
Vedo una bambina che abita affianco a noi che corre verso il papà che è appena tornato a casa.
Iniziano a scendermi delle lacrime.
Perché loro possono avere il loro papà ed io no?
Inizio a piangere.
L'uomo mi sente e si gira.
"Ragazzina, va tutto bene?" Mi chiede.
"Sì, certo, non si preoccupi." Dico asciugandomi le lacrime e sorridendo.
Non voglio parlarne con nessuno di questa cosa, figuriamoci con gli sconosciuti.
Faccio per prendere le lettere.
"Elisabetta?" Sento dietro di me.
Mi giro.
No...
Perché è qui?
"T- Tony?" Balbetto.
Lui si avvicina a me.
Mette le mani sui miei fianchi e si avvicina.
Mi allontano subito.
"Mi dispiace..." Dice lui.
Abbasso la testa.
"Ho fatto qualcosa?" Chiede.
Non risponde.
"C'entra quello ha fatto Jeannie?" Aggiunge.
Alzo la testa.
Ma come fa a...
"Perché non me lo hai detto?" Dice prendendomi le mani.
Non riesco ad allontanarmi.
Giro la testa di lato.
"Guardami."
Mi prende delicatamente il mento con due dita e mi gira la testa verso di lui.
"Perché non me lo hai detto?" Ripete.
"Io... io non volevo che tu e Jeannie litighiate. Voi siete amici. Ho già fatto troppi casini, non posso rovinarvi anche l'amicizia."
"Allora sei arrivata in ritardo."
"Cosa?"
"Abbiamo litigato." Dice.
"Quando?"
"In realtà subito prima che se la prendesse con te."
"E cosa le hai detto?"
"Che stiamo insieme."
Merda.
Non lo doveva sapere.
Restiamo in silenzio.
"Allora... scusa se mi sono comportata così." Dico.
Abbasso di nuovo la testa.
Non lo sento dire niente.
Alzo la testa.
Mi ritrovo il suo viso ad un centimetro dal mio.
Si avvicina ancora un po' e mi bacia.
Io ricambio.
Ci stacchiamo quasi subito.
"Quindi... ti va di venire da me per la cena di Natale?" Chiedo.
Lui sorride.
"Mi piacerebbe tantissimo."
Sorrido anche io.
Prendo le lettere e poi entro in casa con lui.
Mano nella mano.
Zaffiro Pov.
Siamo a tavola.
Siamo solo noi tre.
Andremo dai parenti di mamma domani a pranzo.
Passeremo con lei il Natale, e poi il 26 andremo finalmente da papà.
Vorrei tanto vivere con lui.
Lo stesso vale per Bismuth.
Lui ci capisce.
Non come la mamma.
Spesso la odio per questo.
Anche se so che dovrei esserle sempre riconoscente perché mi ha dato la vita, io la odio.
"Zaffiro, tu che sei vicina alla cucina, andresti a prendermi il sale, perfavore?" Mi chiede Bismuth.
Annuisco.
Faccio per alzarmi, ma mia mamma mi blocca.
"Ferma Zaffiro. Siediti." Mi odina.
Faccio come vuole.
Sono sempre dalla parte di Bismuth, ma ho paura di contraddire mamma.
"Bismuth, hai un paio di gambe e di braccia. Alzati e vai a prendere il sale, invece di dare ordini a tua sorella." Dice rivolgendosi a Bismuth.
"Bene!" Risponde mia sorella alzandosi dalla tavola.
Avverto della tensione tra di loro.
In pratica loro due sono in guerra costante.
Ho paura che mamma abbia scoperto di Perla.
"Dato che sei lì prendimi anche l'olio." Dice mamma a Bismuth.
Dopo un po' Bismuth torna con solo il sale.
Si siede tranquilla come se niente fosse.
Ma come fa a non capire che sta giocando col fuoco?!
"E l'olio?" Le chiede.
"Hai un paio di gambe e di braccia. Alzati e vai a prendere l'olio invece di darmi ordini." Risponde.
Mi sbatto una mano sulla fronte.
Ma c'è o ci fa?
Sta scatenando il diavolo più cattivo della terra.
Non vanno molto d'accordo loro due, quindi non dovrebbe provocarla.
Vedo mia madre accigliarsi.
Bismuth è ufficialmente morta.
Stringe i pugni.
"Bismuth, non ho voglia di litigare la vigilia di Natale. Va subito in camera tua e non uscire prima di domani mattina." Dice cercando di tranquillizzarsi.
"Bene!" Dice mia sorella alzandosi.
Va in camera sua correndo.
Mia mamma sospira.
"Non so più cosa fare con lei." Dice.
"È tutta colpa di quella stupida malattia. Menomale che tu non hai questo problema. Ma cosa ho sbagliato con lei?" Dice rivolgendosi a me.
È solo una stupida omofoba.
Quanto vorrei poterglielo gridare in faccia.
"Non ho più fame. Vado in camera mia." Dico.
Cammino verso la mia camera ma mia madre mi ferma.
"Zaffiro, stai bene?"
"Sì, mamma."
"Fai attenzione. Non passare troppo tempo con tua sorella. Non lasciare che quella malattia attacchi pure te."
Corro in camera e mi chiudo dentro.
Mi siedo a terra e inizio a piangere.
...
Il 25
Perla Pov.
"Va bene, allora scendo" Dico chiudendo la chiamata.
Metto il giubbotto, la sciarpa e il cappello.
"Mamma, io esco!" Le dico.
"Va bene stellina, ma non fare tardi. Ti ricordo siamo state invitate al pranzo in Comune." Dice.
Giro gli occhi.
Odio quegli stupidi inviti.
Ma questa è la mia vita.
Mia madre ha una posizione importante a Beach City, e quindi abbiamo sempre inviti importanti, come questo.
"Va bene mamma." Rispondo.
Corro fuori.
Esco dalla porta, supero il giardino, ed esco dal cancello.
La vedo dall'altra parte della strada.
Alzo la mano e la saluto.
Lei mi vede.
Mi saluta anche lei.
Attraversa la strada correndo.
Arriva vicino a me.
Mi getto su di lei abbracciandola.
La riempo di baci.
"Buon Natale, amore." Mi dice.
La bacio forte sulle labbra.
"Buon Natale anche a te Bismuth." Dico.
Questo è il Natale più bello della mia vita.
Non ho solo una ragazza.
Ho una fantastica ragazza.
Qualcuno che mi ama davvero, e che non si avvicini a me solo per la mia ricchezza.
"Cosa vuoi fare?" Mi chiede.
"Facciamo un pupazzo di neve?" Rispondo con gli occhi a stella, come una bambina.
Lei ride.
"Certo amore."
Andiamo al parco.
C'è un sacco di neve.
Iniziamo ad appallottolare un po' di neve, fino a che non riusciamo più a muoverla.
La mettiamo come base.
Ne facciamo altre due: una media, e una più piccola.
Bismuth prende un po' di neve e la mette sul pupazzo dove ne manca.
"Ok... adesso rendiamolo più presentabile." Dico guardandolo.
Non sembra proprio un pupazzo...
È più un ammasso di neve.
Dobbiamo abbellirlo.
Bismuth va a prendere due rami con cui fare le braccia.
Hanno troppi rametti sulle 'mani'.
Tutti sanno che un pupazzo di neve deve avere solo tre rametti sulle mani.
"Dovremmo togliere un po' di rametti." Dico alla mia ragazza.
"E meglio se lo fai tu... non sono molto delicata in queste cose." Dice porgendomeli.
Io li prendo e li sistemo.
Li ridò a Bismuth per metterli nel pupazzo.
"Servono gli occhi e la bocca." Dice.
"Ho un'idea!" Dico.
Metto le mani nelle tasche del giubbotto.
Dalla tasca sinistra tolgo una bustina con i bottoni di ricambio del mio giubbotto.
"Questi dovrebbero bastare." Dico aprendo la busta.
Li mettiamo al posto della bocca e degli occhi.
Poi prendiamo un ramo un po' più grosso e lo mettiamo al posto del naso.
Per finire gli metto la mia sciarpa, e Bismuth gli mette il suo para orecchie.
"È bellissimo, amore." Mi dice.
Sorrido.
"Che ore sono?" Chiedo.
Lei guarda dal telefono.
"Sono le... 11:30. Perché?"
Urlo.
"Cazzo! Devo andare a casa! A mezzogiorno ho un'importante pranzo col Comune e mi devo ancora preparare!"
La saluto e corro a casa.
Peridot Pov.
Esco di casa...
Devo incontrare una persona.
Sembra assurdo ma... Devo vedere Jasper.
Tra di noi le cose sono molto cambiate.
Credo proprio che sia cambiata anche lei.
Ovviamente il passato non è cancellato, e ricordo bene tutto quello che lei mi ha fatto fino a pochissimo tempo fa.
Però io sono cambiata, e odio quando le persone non mi danno una possibilità.
Non voglio fare questo errore anche con lei.
E poi... A me sembra che lei voglia stare con me.
Se è davvero così, allora dovrei darle davvero una possibilità.
Io ci tengo molto a Lapis, ma lei non ci tiene a me.
Quindi la cosa migliore da fare è voltare pagina.
E difficile da dire e da pensare, ma è l'unica soluzione.
Se Jasper vuole una relazione, la appoggerò.
In realtà Jasper non mi piace, in quel senso.
Però come ho detto prima: tutti hanno bisogno di una seconda possibilità.
Persino lei.
E comunque se ci dovessimo mettere insieme, sono sicura che un giorno imparerò ad amarla.
Altrimenti con lei sono cazzi...
Arrivo in piazza.
La cerco un po'.
È strapieno di persone.
Ad un certo punto vedo che anche una ragazza bionda con i capelli lunghi sta cercando qualcuno.
Guardo meglio.
È Jasper.
Vado verso di lei.
"Hey Jasper!" Sorrido.
Lei si gira.
"Peri! Finalmente! Ti stavo cercando."
"Già, anche io."
"Ti va di andare al bar?"
"Certo!" Rispondo felice.
Si... Felice...
Davvero felice.
Non sto fingendo.
Non capisco come mai sono tanto felice.
Iniziamo a passeggiare, e nel frattempo cerchiamo un bar che abbia un posticino libero anche per noi.
Noi e la nostra folle idea di anda
re in un bar il pomeriggio di Natale...
Lo troviamo dopo mezz'ora.
Entriamo, ci sediamo al tavolino, e ordiamo.
"Allora... Qual è il tuo colore preferito?" Mi chiede Jasper.
È assurdo, vero?
Ci conosciamo da un sacco di anni, e non sappiamo nulla l'una sull'altra.
Tutto il tempo che abbiamo trascorso insieme lo impiegavamo a trattare male la gente.
"Il verde. Possibilmente chiaro." Rispondo.
"Possibilmente... Che parolone!" ride Jasper.
Arrossisco.
"Il tuo invece?" Le chiedo.
"L'arancione"
Annuisco
Lei si tocca i capelli.
Ha dei bellissimi capelli lunghi e biondi.
L'ho sempre invidiata per questo.
"Perché mi fissi?" Chiede Jasper.
Ritorno alla realtà.
"Eh? Cosa?" Chiedo.
"Oh si. Mi piacciono molto i tuoi capelli" aggiungo subito dopo.
Lei mi ringrazia.
"Ti invidio davvero tanto. I miei sono corti e spelacchiati. E in più sono rovinati e pieni di doppie punte. Sono davvero ingestibili" dico sconfortata.
"Dai non dire così! Ti rendono più... Pucciosa!" Dice Jasper.
Si copre subito il viso con i capelli, ma io riesco a vedere che è arrossita.
Arrossisco anche io.
Chi avrebbe mai detto che Jasper si sapesse comportare in un modo così gentile.
Steven Pov.
Io e mio padre siamo appena tornati a casa.
Eravamo andati a pranzo con i parenti di mio padre.
"Allora Steven. Ti sei divertito quest'anno?" Chiede lui.
"Un sacco!" Sorrido.
Amo il Natale.
E amo passarlo con mio padre.
Però...
Non faccio altro che pensare ad una cosa...
Mia madre.
Lei mi manca davvero tanto.
Anche se non la conosco, comunque rimane mia madre, e io la amerò per sempre, anche se non so chi sia realmente, o se è cambiata dalle foto che mio padre mi mostra di 15 anni fa, o... Se è ancora viva.
... E non so neppure se lei mi ama.
Mi scende una lacrima.
La asciugo.
No!
Non posso piangere anche a Natale, come tutti gli altri giorni!
Anche se mi manca...
Non ci riesco.
Inizio a piangere come una fontana.
Perché non riesco a smettere?
Mio padre se ne accorge.
"Steven! Piccolo, che cos'hai? Su, guardami. Non piangere!" Mi dice.
Non riesci a smettere...
Lui mi abbraccia forte.
"Va bene, Steven. Parliamo quando ti calmi un po'." Dice continuando a stringermi.
Dopo qualche minuto mi calmo.
Smette di abbracciarmi.
"Allora? Che cosa c'è?" Chiede ancora.
"Vorrei-... Vorrei che la mamma fosse qui con noi" dico ancora singhiozzando.
"Lo so Steven. Lo vorrei anche io" dice abbassando la testa.
Rimaniamo in silenzio per qualche secondo.
Dopo un po' mi faccio coraggio e gli faccio una domanda.
"Papà... Secondo te la mamma mi amava?" Chiedo arrossendo.
"Ma certo che ti amava. Quando scoprì di essere incinta era felicissima. Eri la cosa che la rendeva più felice. Ti desidava con tutto il cuore."
"Mi amava!? Mi desiderava!? E allora perché mi ha abbandonato?" Dico triste e arrabbiato allo stesso tempo
"Steven, questo proprio non lo so. Ha abbandonato anche me."
"E allora come fai a credere che lei ci amava? Io... Non ho bisogno di credere che lei mi amasse. Io ho bisogno di saperlo, di vederlo..."
"Steven, ricorda che ad ogni domanda c'è sempre una risposta, e se il destino lo vorrà un giorno potrai avere anche tu le risposte che cerchi." Dice papà cercando di confortarmi.
"Quando? E come?" Dico disperato.
"Non possiamo saperlo. Solo... Abbi fede, e sono sicuro che un giorno arriverà il tuo momento."
Detto questo mi abbraccia ancora.
"Ti voglio bene, Steven."
Riesco a sentire le sue lacrime sul collo.
"Te ne voglio anch'io, papà." Lo abbraccio forte.
Non mi ero mai accorto prima d'ora di quanto io sia fortunato ad avere un padre così.
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