34. Ora e per sempre

Pov Michele

La mattina dopo in ufficio ero in coma e avrei avuto anche due giorni di trasferta, scoprii.

La sera l'avevo chiamata per dirle che già mi mancava da morire.

Eravamo in pausa pranzo a Rotterdam e mentre rientravamo in hotel parlando di affari con alcuni soci, fui attirato da un paio di orecchini in vetrina, erano verdi e scintillanti come i suoi occhi.
Fissai mentalmente di uscire appena finite le riunioni in hotel per comprarli, poi però pensai che forse avrei finito tardi.
Mi fermai e dissi: "Un attimo, faccio subito".
Tornai indietro e, velocemente, entrai in gioielleria.
"Gli orecchini verdi in vetrina" dissi deciso.
"Gli smeraldi a goccia? Faccio un pacchettino, signore?".
"Sì, grazie".
Pagai e due minuti dopo avevo infilato il pacchettino nella tasca interna della giacca e stavo tornando da quegli uomini che, indicando i miei anelli, risero, dicendo:
"Non ti facevo romanticone".
"Non lo ero, infatti" risposi laconico.
Già me li immaginavo indosso a lei, che scintillavano facendo a gara con i suoi occhi mentre si metteva i capelli dietro le orecchie.

Giovedì pomeriggio, in un momento di pausa, stavo guardando gli orari dei voli e ne trovai uno alle sette e mezza del giorno dopo. Facendo due calcoli rapidi e portando la valigia in ufficio, sarei anche riuscito a prenderlo.
Le inviai lo screenshot.
"Che dici, posso prendere questo?".

"DEVI" mi rispose in maiuscolo dopo tre minuti.
Sorrisi.
Non avrei mai più rinunciato a tutto questo.

Mi ero riproposto di guardare qualche video per sciogliermi un po' in camera da letto ma non avevo avuto molto tempo.
Dopo quella confessione che mi aveva fatto, mi ero sentito un po' a disagio per la mia inesperienza.
Sapevo che probabilmente era una paranoia mia e anche lei stessa mi aveva tranquillizzato ma mi sentivo veramente un cretino ad avere ventinove anni e non aver mai fatto certe cose.

Riuscii solo a vedere un paio di video con gli attori che provavano tutte le varianti in cui lei poteva stare piegata.
Quella posizione mi piaceva perché vedevo quando le entravo dentro e quel culetto era una visione.
E poi l'idea di poterle dare una sculacciata mi eccitava, avrei provato, senza farle troppo male.

Feci la valigia e lavorai tutto il giorno senza nemmeno andare in pausa pranzo per cercare di uscire il prima possibile da lì.
Alle sei e venti uscivo dal palazzo e mi infilavo nel taxi che avevo chiamato per arrivare in aeroporto.
Guidava pianissimo e mi stavo innervosendo, alle sette e un quarto sarebbe chiuso il gate e mancava solo mezz'ora.
Imprecai in italiano e poi lo spronai a schiacciare quel diamine di pedale.

Entrai di corsa, superando i controlli alle sette e dodici.
Prima di mettere il telefono in modalità aereo scrissi velocemente:
"Ho fatto una corsa ma ci sono, tra quindici minuti parto".

Ero decisamente stanco e stavo morendo di fame. Chiusi gli occhi dormendo tutte le due ore di volo con le AirPods nelle orecchie.
Sapevo che stanotte non avrei dormito troppo con lei nello stesso letto.

All'atterraggio la vidi che mi sorrideva e, superata l'uscita, quasi corsi verso di lei che mi si fiondò in braccio. La tirai su abbracciandola e baciandola subito.

"Tutto bene?" le chiesi mentre ci eravamo spostati un po' di lato per non intralciare il passo.
"Adesso sì" mugolò lei sulla mia spalla.

Sorrisi e la feci scendere.
"Mi sei mancata, bimba".

Anche se ci eravamo sentiti tutte le sere.
Anche se erano passati solo cinque giorni.

"Anche tu" mi rispose lei.

Presi la sua mano e ci dirigemmo al garage dell'aeroporto dove tenevo sempre la macchina.
Chissà che pensavano gli addetti alla sicurezza.
Le lanciai le chiavi.
"Sono decisamente stanco, ho fatto una corsa per venire qui, alle sei e venti sono uscito dall'ufficio, alle sette e dodici ero in aeroporto, ho anche insultato il tassista perché andava piano".

Pensai che avere il privilegio di stare con una ragazza così indipendente era notevole, non dovevo guidare dopo una giornata pesante.

"Potevi uscire prima" sottolineò lei, schiacciando l'icona del secondo guidatore.

"Non ho fatto la pausa pranzo per uscire a quell'orario" replicai, "sono giorni intensi".

"Allora ho fatto bene" disse lei.

La guardai interrogativo.

"Apri la borsa", presi in mano la borsa rosa e tirai fuori un sacchetto di plastica, aprii e sentii profumo di pizzetta bianca.

Avevo l'acquolina in bocca mentre la scartavo e iniziavo a mangiare.

"Grazie, è buonissima e avevo una fame assurda" dissi realmente commosso, nessuno aveva mai avuto queste accortezze con me da dieci anni a questa parte.

"Immaginavo non avessi cenato, non pensavo però che avessi saltato anche il pranzo" rise lei mentre guidava. "A casa c'è il resto".

"Ma veramente?" bofonchiai con la bocca piena.

"Certo".

Le presi la mano e le baciai il dorso.

"Nessuno mi aveva mai accolto così all'aeroporto, ma forse nessuno mi aveva mai accolto così in generale" confessai, felicissimo.

"Tu ti prendi sempre cura di me, volevo farlo anche io".

"Io mi prendo cura di te?".

"Sì, mi chiedi sempre come sto, ti preoccupi se ho mangiato anche se non ci parliamo, mi chiedi se mi piace, ti assicuri che io guidi in sicurezza... è una bella sensazione che non avevo mai provato.
Nemmeno mia nonna si preoccupava così tanto di me e sono cresciuta badando a me stessa e tirandomi fuori dai guai da sola.
Non rinuncerei mai alla mia indipendenza e ringrazio mia nonna per avermi dato tutti gli strumenti per farcela da sola in quante più situazioni possibili, ma ogni tanto avere la tua spalla a cui appoggiarsi mi fa bene.
Però è una cosa che sperimento solo con te, se qualcun altro si azzardasse ad aiutarmi probabilmente gli taglierei le mani, però di te mi fido. Ho capito che non mi faresti mai del male e posso cederti un po' di potere ogni tanto perché so che non hai un doppio fine, lo fai e basta".

Sorrisi a guardarla.

"È la stessa cosa per me.
Con te lascio andare il controllo, smetto di voler tenere tutto in mano, ti lascio guidare la mia auto, ti lascio fare ciò che ti piace perché so che anche tu non abuserai di queste situazioni.
Mi fido, mi sono sempre fidato. Sappiamo cedere a vicenda e lasciare da parte i nostri limiti quando siamo insieme, credo sia una cosa estremamente rara e intima".

"Il resto del mondo ho paura che mi faccia male se gli cedo il potere, Michele".

"Lo penso anche io, per questo controllo tutto. Ma con te so che non succederà".

Arrivati al parcheggio del condominio la tirai su di me e ci baciammo per qualche minuto prima di salire in casa.

Pov Sara

Lo guardai mangiare con piacere e mi ritrovai a pensare che questa settimana mi era mancato da morire e che i messaggi la sera tardi non mi erano bastati.
Dopo aver finito, mi prese in braccio e, alzandosi, mi portò in camera.

"Non eri stanco?" gli soffiai sulle labbra mentre mi aveva appoggiato sulla scrivania e mi stava baciando il collo.

"Non del tutto" disse, continuando a torturami con la lingua.

Lasciai che mi togliesse la maglietta e ammirasse l'intimo rosso.

Era il famoso completino di San Valentino scorso con il fiocchetto dietro.

Scesi sorniona dalla scrivania e slacciando i pantaloni mi girai.

"Lo riconosci?".

Lo senti emettere un ringhio e tre secondi dopo mi ritrovai piegata sulla scrivania, mi assestò una sculacciata abbastanza dolce e mi disse all'orecchio: "Sei proprio una bimba birichina".

"Puniscimi" dissi ansimando.

Scostò le mutandine di lato e entrò in un colpo solo facendomi urlare.

"Shh, non voglio che ti sentano" mi ordinò, sculacciandomi ancora e mettendomi una mano davanti la bocca.

Sarei impazzita, non me lo aspettavo così rude ma mi piaceva da morire.

"Non me lo aspettavo" confessai mentre mi beavo delle sue coccole sotto il piumone, si era spogliato anche lui e sentire la sua pelle addosso mi faceva stare bene.

"Ho scoperto che in certi contesti non mi piace perdere il controllo" ghignò.

"Quindi non starò mai più sopra?" ammiccai.

"Ogni tanto sì, ma da come ti tremavano le gambe mi sa che piace più anche a te starmi sotto" mi ribatté, soddisfatto.

Risi di gusto, con la mano sulla bocca non mi potevo sfogare e credevo che sarei svenuta dal piacere.

"Vorrei negarlo ma mi sa che non sarei credibile" scherzai.

"No, bimba, non lo saresti".

Poi si alzò, facendomi mugolare, non volevo staccarmi da lui.

"Dove vai?" dissi, mettendomi a sedere sul letto.

Lo vedevo frugare dentro la tasca della giacca che si era tolto prima di prendermi sulla scrivania.

Poi tornò sul letto porgendomi una scatolina con una scritta in olandese sopra.

"Cos'è?" chiesi senza fiato.

"Apri" mi ordinò.

Slegai il fiocchettino che teneva il coperchio e trovai dentro degli orecchini di smeraldo a goccia, erano semplicemente magnifici.

Lo guardai senza parole.

"Mi sembrava di aver visto i tuoi occhi in vetrina, non ho resistito, dovevo comprarli per forza".

"Michele..." sussurrai.

"Ti piacciono?".

"Sono splendidi" dissi, mettendoli e guardandomi dalla videocamera del telefono.

"Grazie" dissi, agganciandogli le braccia al collo e fiondandomi sulle sue labbra.

Tempo dieci minuti stavamo di nuovo facendo l'amore abbracciati.

La notte ci addormentammo vicini, non avrei voluto niente di più al mondo, quello era il mio posto.

Ogni venerdì sera o sabato mattina sapevo che ci saremmo visti, poi però quando ero con lui il tempo volava e la domenica pomeriggio spesso ci ritrovavamo malinconici sul letto. In aeroporto ci davamo mille baci sperando che quei minuti non passassero mai.
La settimana era una tortura, seguivo le lezioni e studiavo, la sera ogni tanto facevamo videochiamate, abbandonandoci anche a qualche momento di passione virtuale, ma spesso tornava tardi dal lavoro e ci mandavamo solo qualche messaggio veloce.

Aveva una settimana di ferie per Pasqua e decidemmo di passarla alla villa, gli avevo detto di venire direttamente lì, io lo avrei aspettato.

Avevo in mente di indossare il vestito del matrimonio, volevo provare l'ebrezza di farmelo togliere da lui, come se fosse una prima notte di nozze un po' tardiva.
Mi preparai con cura e sbirciai dalla finestra per vedere quando sarebbe arrivato, anche se il rumore della sua macchina era inconfondibile.

Sentii la chiave girare nella serratura e mi feci trovare sulle scale, con l'abito bianco e rosso e le scarpe.
"Bimba" mi chiamò lui, alzando lo sguardo e rimanendo paralizzato davanti al portone.

"Non ci credo" disse senza fiato.

"La prima notte di nozze non è stata un granché, dobbiamo rimediare" spiegai, sorridendo.

Qualche secondo dopo aveva salito le scale quasi di corsa, mi aveva preso in braccio e mi stava portando sul letto.

"Quel giorno avrei voluto proprio che finisse così" mi sussurrò mentre mi baciava sul letto. "Questo vestito è perfetto, ti rappresenta in pieno e quel giorno, nonostante avessimo litigato, ero fiero di averti sposato perché hai avuto il coraggio di essere te stessa anche quel giorno".

Continuai a baciarlo senza sosta, era bellissimo, non sapevo come avevo fatto a vivere senza in questi anni.

Mentre tirava giù la zip del vestito, adorando ogni centimetro di pelle che lasciava scoperta mi disse:
"Sei la cosa più bella e preziosa che io abbia mai avuto, lo sai?
Mi hai reso una persona migliore, mi hai cambiato la vita, con te ho capito il significato di felicità e ho trovato il mio posto nel mondo. Quando non ci sei mi sento come se non avessi l'ossigeno per respirare ma al tempo stesso sei così importante per me che se tu non mi volessi non ti forzerei, il tuo bene viene prima del mio.
E ogni giorno ringrazio mio nonno per averti messa sulla mia strada, senza di te la mia vita sarebbe stata arida e non l'avrei nemmeno saputo.
Credo proprio di poterti dire che ti amo, bimba".

Sentii le lacrime scorrere sulle mie guance, nessuno mi aveva mai detto una cosa del genere, ed era lo stesso per me. Senza di lui ero persa, lo pensavo in continuazione e volevo che fosse con me ogni secondo della mia intera vita.

"Perché piangi?" mi chiese, asciugando dolcemente una lacrima accarezzandomi il viso.

"Sono lacrime di felicità. Sto così bene con te, finalmente anche io mi sento a casa, ho trovato la mia famiglia in te. Quando mi abbracci, quando mi chiedi come sto è come se tutti i pezzetti del mio puzzle tornassero a posto.
Con te posso essere fragile perché so che non mi faresti male, e anche io ringrazio mia nonna ogni giorno. Aveva ragione quando mi scrisse che tu mi avresti protetto, anche se non ne avevo bisogno.
È esattamente come mi sento, protetta, con le spalle coperte, senza essere mai soffocata.
Mi sa che ci hanno visto lungo con noi due.
Ti amo anche io, e vorrei dirtelo ogni istante".

Ci lasciammo andare in un bacio intenso, intimo, che suggellava un amore profondo e prezioso come il nostro, travagliato ma purissimo.

"Michele, facciamo l'amore?".

"Sì, bimba. Ora e ogni singolo della vita che passeremo insieme".

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