33. Ho fatto l'amore con Jessica Rabbit
Contiene scene sessualmente esplicite
Pov Michele
La guardai mentre era tra le mie braccia.
Avevamo fatto l'amore, a luci accese, anche se soffuse, e avevo pure parlato nel mentre.
Quando aveva detto, senza fiato, di non averne mai preso uno così grosso avevo rischiato di venire prima ancora di entrare del tutto.
E mi ero fermato due volte sull'orlo per non fare la figura del ragazzino.
Tutto quello che avevo fatto prima era fuffa, ora capivo perché la gente volesse sempre fare sesso.
Se fare sesso era in quel modo, avrei voluto farlo ogni singolo giorno della mia vita e forse persino più volte al giorno.
Inoltre le ero stato grato mentalmente quando non mi aveva fatto pesare la mia ansia.
Quando me l'ero ritrovata mezza nuda sul letto, senza interruzioni di nessun tipo, il mio cervello aveva dato di matto.
Bene, sei arrivato alla meta, Michele, e ora che fai?
È mezza nuda e ti sta aspettando.
Tu e la tua scarsa conoscenza della materia sarete in grado di soddisfarla?
E se dovessi fare cilecca?
Insomma guardala, è tipo una dea, e tu lo sai fare solo a missionario.
La mia mente mi aveva giocato brutti scherzi e per un attimo mi era passato per la testa il pensiero di tirarmi indietro come un coglione.
Poi, però, un po' con le battute, un po' con la gentilezza me lo aveva fatto passare.
E sì, insomma, non doveva essere andata troppo male.
O aveva finto o tutto sommato le era piaciuto.
Ma non gliel'avrei chiesto, odiava quando glielo chiedevano.
"Ancora non ci credo" mi ritrovai a dire mentre toccavo i suoi capelli.
Si stiracchiò, sorniona, sopra di me e io sentii, di nuovo, una fitta di eccitazione all'inguine.
"Se mi tocchi così i capelli mi addormento, però, e stanotte l'ultima cosa che voglio fare è dormire" disse, tirandosi su in ginocchio.
Guardai quel fisico statuario, i fianchi sinuosi, il piercing all'ombelico, il seno alto e sodo, i capelli lunghi e mi ritrovai di nuovo con l'erezione.
Abbassò lo sguardo sul mio inguine e spalancò la bocca.
"Dio, ma è enorme" disse, scioccata.
Replicai a disagio: "Non lo so, non ho metri di paragone".
Nessuna mi aveva mai visto senza mutande, me le infilavo prima di accendere la luce di solito.
"Beh, io sì" sottolineo lei, facendomi sentire una fitta di gelosia alla bocca dello stomaco "ed è davvero grosso".
"Più grosso di quello di Leonardo?" dissi, ridendo.
Mi arrivò uno schiaffo sul braccio e, ridendo anche lei, mi rispose: "Pensavo l'avessi superata!
E comunque quello di Leonardo era decisamente normale, sapeva usare abbastanza bene la lingua, però".
"Più di me o meno di me?" mi ritrovai a chiedere.
"La tua era decisamente migliore" ammiccò.
"Questo mi fa sentire sollevato" ammisi. "Sei già sollevato" mi provocò lei, indicandolo.
Poi baciandomi il collo, mi sussurrò, roca, all'orecchio: "Secondo round?".
Annuii mentre mi baciava, catturai le sue labbra e la portai a cavalcioni su di me.
"Vuoi provare così?" mi chiese, seducente.
Si staccò per prendere il preservativo e, dopo alcuni minuti di strusciamenti che mi stavano mandando in manicomio, lo aprì e si avvicinò per metterlo.
"Non so se" provai a dire a disagio.
C'era la luce accesa, e lei sopra era completamente nuda, ovviamente.
Non sapevo se fossi pronto così.
"Shh, sennò ti lego come l'altra volta".
Lo massaggiò con le mani e appena lo toccò rischiai di schizzare subito.
Si morse le labbra e si avvicinò per lasciarci un leggero bacio sulla punta dicendo: "La prossima volta finisco così".
Mi mandava su di giri solo sfiorandomi.
I preliminari con lei erano una favola.
Si mise di nuovo a cavalcioni su di me e, abbassandosi piano, lo prese tutto, ansimando.
Questa volta ero io che, inerme, la sentivo muoversi sopra di me.
Era caldissima.
E quando si muoveva era una dea, con i capelli che ondeggiavano sulle spalle e il seno che mi ipnotizzava.
Tra un gemito e l'altro ogni tanto si abbassava per baciarmi con la lingua e mi piaceva da morire quando si inclinava su di me.
Con le mani stringevo i fianchi e le natiche accompagnandola nei movimenti e ogni tanto risalivo per sfiorare un seno o l'altro.
Quando roteava il bacino mi faceva impazzire.
Mi tirai su dal letto, infilando le mutande, e accesi una sigaretta aprendo la finestra.
Lei si infilò la mia camicia e mi venne vicino.
La guardai estasiato, era un sogno, un sogno da cui non mi sarei più voluto svegliare.
"Non pensavo mi sarebbe piaciuto averti sopra" confessai.
"Perché?" chiese lei.
"Mi fa strano non decidere il ritmo" ammisi.
"Oddio, tu e il tuo controllo" mi prese in giro lei.
"Con te lo perdo" sottolineai, stringendomela addosso.
"Sara? Non è che domani è tutto finito? Perché io indietro non ci torno" ammisi.
"Nemmeno io, proviamoci" mi rispose.
"Tecnicamente siamo già sposati" le feci notare.
Le baciai i capelli.
"Eri bellissima il giorno del matrimonio, ho sperato tutto il giorno di poter chiarire".
"Per sfilarmi il vestito?" ribatté lei, maliziosa.
"Anche" ammisi. "Ma soprattutto perché mi sa che mi piaci un casino".
Si girò, sorridendomi. "Mi sa che mi piaci anche tu".
La baciai di nuovo, non ne avrei mai avuto abbastanza.
"Bimba, sono le tre e mezza" le dissi dolcemente, staccandomi a malincuore da quel bacio, ma mi si stavano chiudendo gli occhi e avevo viaggiato tutto il pomeriggio.
"Andiamo a dormire, va bene" mi rispose, togliendosi la camicia e infilandosi un pigiamino adorabile.
Poi mi guardò.
"Vuoi di nuovo la mia felpa?" disse ridendo, ricordandomi di quella notte di Halloween sul suo divano.
"No no, ho la valigia in macchina".
Mi infilai il maglione, i pantaloni e le scarpe, afferrando le chiavi.
"Stai scappando?" mi sorrise lei, sedendosi sul letto.
"Sarei un folle se lo facessi" mi ritrovai a dire.
Corsi giù per le scale per accorciare il tempo in cui non ce l'avevo tra le braccia.
Tornai su e indossai il pigiama.
Lei mi guardò di nuovo, aveva fatto una treccia morbida ai capelli, così sembrava veramente una bimba innocente.
Lo notai e mi rispose che era per non far rovinare i capelli sul cuscino.
Scostò il piumone mettendosi sotto e accese la abat-jour.
"Non ho mai dormito con nessuno" dissi.
"Non è vero, con me sul divano alla villa" mi fece notare.
Vero, cazzo.
"Non era un letto e non stavamo insieme" sottolineai per non sembrare troppo cretino.
Non era dormire insieme, tecnicamente.
"Io ho dormito bene" asserì lei.
"Anche io, anche se poi la mattina stavo parecchio accelerato perché mi avevi dormito sopra".
Scoppiò a ridere e mi trascinò per un braccio sotto le coperte.
Dopo qualche minuto in cui l'avevo coccolata mi si erano chiusi gli occhi.
Mi svegliai e, guardando sull'iPhone, notai che erano le dieci e mezza e dalla finestra chiusa filtrava una leggera luce. Mi girai, era sdraiata accanto a me e profumava da morire.
Mi avvicinai per abbracciarla mentre dormiva e posai la testa sul suo cuscino. Non potevo crederci, era bellissima e, forse, finalmente saremmo stati insieme. La strinsi più forte e la sentii mugolare. Dopo qualche minuto aprì gli occhi.
"Ti ho svegliata?" sussurrai.
Scosse la testa e si girò per guardarmi in volto.
Avrei voluto svegliarmi ogni mattina con quegli occhi che mi guardavano. "Buongiorno" disse con voce dolcissima, mettendo la testa sul mio collo.
"Buongiorno, bimba" risposi, accarezzandole la schiena.
"Coccole?" mi propose lei con la vocina. Me la portai sopra e la abbracciai toccandole i capelli.
Stare con lei in quel modo sotto il piumone dopo una notte infuocata era la cosa più bella che mi fosse capitata nella vita.
"Potrei abituarmi a svegliarmi così la mattina" confessai.
Si alzò a sedere su di me e, alludendo alle mie mutande, propose:
"Sfruttiamo la situazione?".
La tirai giù per baciarla con passione ma, tempo qualche minuto, aveva spostato la coperta ed era in ginocchio tra le mie gambe.
Non mi avevano mai fatto una cosa simile, non mi attirava particolarmente e non avevo permesso a nessuna di farlo quindi ancora una volta non avevo metri di paragone ma era una delle sensazioni più eccitanti che avevo mai provato.
Vederla in quella posizione, mentre con quegli occhioni verdi mi fissava, era illegale. E poi la sua bocca era decisamente perfetta.
Sentire la sua lingua calda e morbida, ma al tempo stesso decisa, lungo tutta l'asta e sulla punta, mentre al tempo stesso succhiava e mi guardava negli occhi mi aveva fatto schizzare in pochi minuti.
"Caffè?" mi propose uscita dal bagno.
Dopo averla coccolata un po' ero rimasto sul letto a bearmi ancora di quella sensazione.
"Decisamente sì" ne avevo proprio bisogno.
Andai in bagno a sciacquarmi la faccia e la raggiunsi di là in cucina.
Il caffè mi aveva decisamente rigenerato.
In pochi secondi però ci ritrovammo a baciarci sul tavolo della cucina. Lei mi circondò di nuovo il bacino con le gambe per spingermi ancora più vicino e io infilai la mano sotto il pigiamino, scesi a baciarle il collo e le tolsi la maglia. Poi scesi a baciarle i seni sentendola ansimare, scesi ancora di più sulla pancia e le sfilai i pantaloni. Scostai le mutandine di lato e mi ritrovai con la faccia tra le sue gambe.
Inserii un braccio sotto le sue cosce e la tirai più avanti, rituffandomi nelle sue mutandine mentre sussurravo: "Questa potrebbe essere la mia colazione preferita".
Sentire i suoi urletti mi eccitava da morire.
Mi tirò i capelli: "Non voglio finire così" disse senza fiato.
Continuai a baciarla lì sotto. "E come vuoi finire, bimba?".
Ansimò. "Con te dentro"
"Qui?" chiesi .
"Andiamo di là" e si piegò sul letto.
Mi leccai le labbra, quel culetto e quei fianchi in quella posizione erano una visione.
Passai una mano sulle mutandine, poi le tirai giù e la leccai un'ultima volta prima di inserirlo dentro piano.
"Oddio non avevo tenuto conto delle dimensioni" disse lei con voce strozzata.
"Non è entrato tutto, bimba" ansimai.
Da quella posizione riuscivo a vedere come entravo dentro di lei e stavo morendo, mi caricava come un toro da monta quella visione.
In più sapere che non ne aveva mai preso uno più grosso del mio mi faceva sentire potente, e fino a ieri sera non avevo nemmeno mai pensato alle dimensioni che avevo nelle mutande.
"Piano, ti prego, lo sento fino allo stomaco" la sentii gemere.
Oddio.
Mi uscì spontaneo dirle:
"Di solito vai a fare la birichina in giro e oggi vuoi fare la brava bimba?".
La sentii gemere di piacere molto più forte: "sono la tua bimba piccola oggi, non sto facendo la brava?".
Oddio, sentii una scossa di piacere mentre mi muovevo un po' più velocemente.
La stavo prendendo con violenza, uscivo e rientravo senza sosta e lei urlava impazzita.
Quel gioco di ruolo mi stava decisamente piacendo e dopo qualche minuto ci ritrovammo a venire insieme.
"Oddio" disse lei tra le mie braccia "la prossima volta compro un costume per i giochi di ruolo" mi provocò lei, con ancora il respiro corto.
"Tu mi vuoi far morire, già così ho rischiato di farmi venire un infarto" dissi, sorridendo.
Sentii squillare il suo telefono, lei lo afferrò e rispose.
"Sara, stiamo arrivando, rivestitevi qualsiasi cosa stiate facendo" sentii dire, divertita, da una sua amica.
Rispose, ridendo: "Abbiamo appena finito".
"Ma che ti salta in mente di dire?" le chiesi, aggrottando la fronte.
Mi guardò stranita: "Perché che ho detto?".
"Ma perché devono sapere che abbiamo appena finito di...".
Rise di gusto.
"Oddio, come sei pudico, ci raccontiamo ogni minimo dettaglio di solito".
La guardai scioccato: "Anche di me?".
"Ovvio, e io so di loro".
"Cioè tu sai come... quello che fanno... non ti imbarazza la cosa?".
"No, mi è pure capitato di farlo con loro".
"Farlo con loro? In che senso?" quasi urlai.
"Mica con i fidanzati, quando uscivamo a Perugia, io e Giulia con uno o io e Francesca con uno, oppure ognuno il suo nella stessa stanza".
Quasi mi strozzai con la saliva a immaginare certe cose.
"Tranquillizzati, ci siamo solo divertite" disse, roteando gli occhi.
"Io in confronto sono quasi vergine" mi trovai ad ammettere. "Magari ti faccio pure pena".
Dovevo essere sembrato patetico quando avevo avuto ansia che non le piacesse a missionario, o quando non volevo farmi mettere il preservativo perché mi imbarazzava che lei stesse sopra.
"Credo che le mie urla siano state eloquenti, non ti fare paranoie, è stato il miglior sesso della mia vita".
"Il miglior... veramente?" dissi, guardandola incredulo.
"Sesso, lo puoi dire, non è una parolaccia, eh. E sì, veramente".
"Mi dovrò sciogliere un po' di più" mi ritrovai a dire.
"Abbiamo tutto il tempo che vuoi per fare pratica" ammiccò "ma adesso vestiamoci".
La guardai mentre si infilava l'intimo, un maglioncino e dei leggins.
La immaginai in tutte quelle esperienze che aveva avuto, esperienze di cui mi aveva dato un piccolo assaggio.
L'avevamo fatto tre volte in tre posizioni diverse, parlando nel mentre, e avevo scoperto la bellezza del sesso orale.
Se solo non fossi stato cotto e pronto per uscire dalla mia confort zone e se fossi stato la persona che ero prima di incontrarla, avrei pensato davvero male di lei.
Incarnava l'idea di donna che non volevo in passato, e ora invece, per fortuna, ero rinsavito e avevo capito che nella vita volevo una donna vera, indipendente, forte, bellissima e brillante, non una bambola di porcellana.
Uscimmo dalla stanza sentendoli arrivare e mi presentai.
Chiesi scusa a Mattia per averlo guardato storto e risolvemmo con una risata, poi scoprii che Marco era appassionato di automobili e voleva sapere tutto della mia.
Poco dopo le sentii ridere sul divano.
"Perché ridete, indicandoci?" chiese Mattia.
"No, niente" rispose, con un sorrisetto, Francesca.
"No, ora lo vogliamo sapere!" si intromise Marco.
"Una cosa tra di noi" lo zittì Giulia.
"Sara?" la apostrofai, guardandola curioso.
"Ci faceva ridere il fatto che il vostro nome iniziasse con la M. C'era una pubblicità in TV che guardavo da piccola in cui dicevano "Tre B, bello, buono, bravo" e abbiamo fatto la versione Tre M: milionario, magistrale e magnetico".
"Sei una guastafeste" le urlò Francesca, ridendo e dandole una gomitata.
"Mi sa che io sono milionario" asserii, scuotendo la testa.
"E io magistrale" rise Mattia. "Faccio il ricercatore di filologia mediolatina in università" spiegò.
"A me mi tocca magnetico credo, allora" rifletté Marco.
"Perché siamo due poli opposti che si attraggono" disse Giulia con gli occhi sognanti.
"Questo vuol dire stare insieme a quelle laureate in lettere con la lode" le prese in giro Mattia.
"Ringrazia che sono tre aggettivi belli, poteva anche essere maiale, maschilista e maleodorante" lo rimbeccò la fidanzata.
Scoppiammo a ridere tutti e sei.
La abbracciai da dietro guardando l'orologio, era l'una.
"Ti va la migliore carbonara di Roma?". Annuì.
"Mettiti un paio di scarpe, allora".
La seguii in camera e la vidi infilarsi un paio di stivali con un po' di tacco sopra i leggins.
"Poi ti porto a prendere la macchina e poi devo andare in aeroporto, bimba, alle cinque ho il volo per Amsterdam".
Si girò, spalancando la bocca.
"Non ci avevo pensato!".
Poi fece il broncio: "Ma devi andare proprio? Non puoi restare qui un altro po'?".
"Non mi guardare così perché mi fai vacillare".
"Ma tanto sei milionario".
"Ma sono anche il dirigente dell'azienda, e ho studiato per il mio lavoro, non voglio perderlo".
"Hai ragione" sospirò lei.
"Prometto che sabato mattina sono di nuovo qui e che ti scrivo tutte le sere".
"Me lo giuri sulla tua macchina?" mi stuzzicò lei come aveva già fatto una volta.
"Te lo giuro sulla mia macchina".
Mangiammo e poi la portai a recuperare l'auto.
"Ti seguo in aeroporto" mi disse lei tra un bacio e l'altro.
La baciai senza sosta fino a quasi la chiusura del gate. "Devo andare" continuavo a dire senza avere la forza di lasciarla sul serio.
Quando il tizio addetto ai controlli mi disse, con un mezzo sorriso, che o sarei entrato in quel momento o mi avrebbe lasciato a Roma, mi staccai a forza da quelle labbra.
Sapevo che mi sarebbero mancate come l'aria.
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