18. Bacio sotto l'alloro
Pov Sara
Per tutto il mese messaggiammo molto, e mi aveva persino chiamato, anche se le sue chiamate duravano dieci secondi netti.
Di solito la sera, dopo avermi chiesto come era andata la mia giornata, sentivo l'immancabile suoneria.
Non era di molte parole al telefono.
Ti ho chiamato solo per darti la buonanotte, a voce.
Mi aveva spiegato una volta.
E in effetti ci limitavamo a quello, ognuno sul proprio letto.
Buonanotte, bimba.
Buonanotte, Michele.
Poi rimanevamo qualche secondo in silenzio al telefono, non avevo mai il coraggio di riattaccare per prima, quella voce roca e quel respiro regolare mi piacevano.
Di solito riattaccava lui dopo qualche secondo.
Era così tutte le sere.
E mi piaceva quella routine.
Mi piaceva sentirlo. Sapere che la sera avrei trovato i suoi messaggi in chat e che, appena rispondevo, si connetteva immediatamente, mi faceva sentire apprezzata. Lui aveva completamente abbassato le sue difese e lo stavo facendo anche io. Francesca urlava in continuazione che la sera sorridevo al telefono e che quindi ero cotta per forza.
Io le avevo risposto che sorridevo perché lui faceva battute divertenti ogni volta... ma in cuor mio, forse, lo sapevo che non erano le battute a farmi sorridere. Mi ritrovavo a essere felice solo a sentire il trillo inconfondibile del cellulare, prima ancora che potessi leggere il contenuto.
Aveva mantenuto la sua promessa.
Forse, averlo perso un pochino mi aveva fatto capire che ci tenessi. Quei tre mesi erano stati lunghi e l'avevo proprio presa male. Avevo pensato che mi avrebbe aspettata, che ci sarebbe sempre stato visto che era sempre corso da me in ogni istante... e quando mi ero resa conto che avrebbe anche potuto lasciarmi perdere, stufo di sentirsi costantemente una seconda scelta, mi si era parato davanti la faccia quello che provavo e che rifiutavo di ammettere.
Vederlo arrivare sotto casa mia era piacevole e non ci avrei rinunciato.
Avevamo trovato una sorta di pace in questo periodo e mi sentivo appagata, completa.
Leonardo non lo sentivo da quella famosa scazzottata e non mi dispiaceva essermelo tolto di torno.
Gli stavo facendo solo male. A lui piacevo, ma lui non piaceva a me.
Ero felice che se ne fosse andato senza costringermi a dargli spiegazioni... perché non avrei saputo prendermi le mie responsabilità. Anche se ero stata sincera fin dall'inizio con lui, non c'era speranza di avere una relazione con me, e lo sapeva benissimo. Però, al tempo stesso, mi sentivo in colpa.
Di lì a poco mi sarei laureata e stavo rivedendo gli ultimi dettagli della tesi che avrei discusso.
Io e le mie amiche avevamo organizzato tutto per la festa di laurea. Non vedevo l'ora che arrivasse il diciotto luglio. L'ansia era alle stelle, stava per arrivare il momento in cui avrei raggiunto uno dei miei primi obiettivi.
La sera prima della laurea dopo l'immancabile buonanotte al telefono, pensai che mi sarebbe piaciuto tanto se mia nonna avesse potuto stare lì ad ascoltare il momento in cui la sua unica nipote sarebbe stata proclamata dottoressa.
Sarebbe stata tanto fiera di me e io avrei avuto qualcuno con cui festeggiare.
Avrei potuto dirlo a Michele.
Ci avevo pensato.
Ma mi sembrava una cosa troppo formale e intima. Come gliel'avrei potuto dire? Hey, sei invitato alla mia festa di laurea in cui saremmo solo io e te perché non ho nessuno con cui stare?
Lei era la mia unica famiglia e, nonostante le mie amiche mi avessero detto che avrebbero fatto le foto con me, avevano organizzato il pranzo con le loro famiglie, e avevano persino tolto le loro cose da quella casetta a Perugia che ci aveva ospitato per tre anni, tra un milione di alti e bassi e altrettante avventure.
Se tutto fosse andato bene, a settembre la mia vita sarebbe ricominciata a Roma, al corso di editoria e scrittura in Sapienza.
Mi scesero due lacrime dagli occhi. Era un sogno che si avverava, un sogno che fino a qualche mese fa non avevo nemmeno mai esternato perché proibito. Adesso era realtà.
Ringraziai mia nonna, farmi conoscere quel milionario arrogante si era rivelata una cosa decisamente positiva nella mia vita: oltre a realizzare i miei sogni, mi piaceva molto trascorrere il tempo con lui.
Le mie amiche erano al settimo cielo che avessimo trovato una specie di equilibrio che speravo di non rovinare.
Francesca era stata sempre stata favorevole.
A detta sua l'aveva capito subito che gli piacevo e che lui prima o poi sarebbe piaciuto a me.
Non sapevo se mi piacesse o meno, ma avevo voglia di baciarlo e ci stavo bene insieme.
La mattina ci preparammo tutte insieme, ridendo e ascoltando musica come una volta, sarebbe stata l'ultima volta lì, poi avremmo continuato a farlo a Roma.
Passarono i loro genitori a prenderle e io decisi di accettare il passaggio di Francesca, non volevo pagare il parcheggio e non volevo arrivare da sola.
La proclamazione sarebbe stata alle undici.
Dopo il consueto ritardo, entrammo in aula, e ci fecero accomodare davanti sulle sedie.
La burocrazia era lenta e la formula pure.
Arrivò il mio turno e il presidente della commissione di laurea iniziò a dire:
"Vedendo il suo curriculum di studi, la proclamo dottoressa in lettere con la votazione di centodieci e lode e con una menzione speciale per una tesi sperimentale che darà il contributo alla ricerca storica promossa dal nostro ateneo.
Io e la commissione la invitiamo a proseguire gli studi e le faccio le mie più sincere congratulazioni, anche da parte del magnifico rettore".
Mi scesero due lacrime mentre stringevo le mani ai miei professori e sentivo gli applausi dietro.
Ci ero riuscita.
L'avevo fatto da sola.
Avevo avuto mille ostacoli da superare. Il lavoro mi aveva assorbito molte energie, avevo studiato di notte, avevo pianto sopra quei dannati libri per lo stress e la stanchezza, ma l'avevo fatto ed era riuscito in maniera eccellente.
Dedicai quel momento a mia nonna.
Alla persona che mi aveva permesso di andare avanti nonostante lo stress e le crisi di nervi.
Pensando a lei, asciugavo le lacrime, prendevo una boccata d'aria e un caffè e andavo avanti a studiare.
Avrei tanto voluto abbracciarla e festeggiare con lei.
Finita la seduta di laurea ci girammo e tra la folla vidi dei capelli biondi e degli occhi nocciola che mi sorridevano soddisfatti con un bouquet in mano.
Non ci potevo credere, era lì.
Non mi sarei mai abituata al fatto che quando ne avessi bisogno mi appariva sempre dietro, come se fosse davvero una sorta di supereroe.
Gli sorrisi di rimando e lo vidi mimare un complimenti mentre mi faceva cenno di aspettarlo.
Le persone dietro mi stavano dicendo di sbrigarmi e uscii dall'aula.
All'ingresso sentii subito una presenza dietro di me, mi girai e, Dio, era bello da morire.
Aveva un completo blu non troppo scuro, una camicia celestina tendente al verde acqua e la cravatta dello stesso colore del completo.
Mi porse i fiori, rose rosse e girasoli gialli.
"Congratulazioni, dottoressa" mi disse con tono seducente.
"Come lo sapevi che fosse oggi?" chiesi, ancora sognante.
Probabilmente avevo un sorriso da cretina stampato in faccia.
"Me lo hai detto quando dovevamo decidere la data del matrimonio a Capodanno".
"E te lo sei ricordato?" domandai, incredula.
"L'ho deciso subito che ci sarei stato".
"Me lo avresti potuto dire" sussurrai.
"Mi piace farti le sorprese, bimba" disse lui, sbarazzino.
Mi morsi il labbro, sorridendo, e sentii le mie amiche chiamarmi per le foto.
Le feci con loro da sola e con le loro famiglie.
Poi si offrirono di farmi qualche foto da sola davanti la facoltà, finché io lo chiamai con la mano.
Si mise in posa vicino a me, aveva una mano sulla mia spalla. Pensai che fosse quello il momento giusto, ero felicissima che fosse lì.
Sicuramente era un segno di mia nonna avermelo mandato.
Ti proteggerà anche se non ne hai bisogno.
Lo chiamai sotto voce mentre Francesca e Giulia facevano le foto, si girò piano guardandomi in faccia e io, complici i tacchi alti, gli stampai un bacio sulle labbra.
Lo sentii irrigidirsi e dirmi: "Sara, ma che?".
Era visibilmente sotto shock.
Mentre quelle due pazze si erano infervorate e si erano messe a urlare: "Bacio! Bacio!".
Gli sorrisi birichina, mi avvicinai e gli sussurrai, sorridendo, sulle labbra:
"Non provare a metterci la lingua per le foto".
Mi catturò le labbra in pochi secondi lasciandosi andare in un bacio che stava sfogando le voglie di mesi finché Francesca urlò:
"Hey, piccioncini! Avrete tempo dopo, venite a brindare adesso".
Mi staccai senza fiato e lo guardai per qualche secondo negli occhi.
Se senza lingua era così, non avrei immaginato come fosse stato completo.
♡
Pov Michele
Avevo preso quattro giorni di ferie dal lavoro, ci tenevo a essere presente alla sua laurea e avevo persino organizzato un viaggetto io e lei.
Saremmo andati al lago di Garda e avevo persino comprato i biglietti per andare a vedere il Vittoriale, che avevo prenotato esclusivamente per noi due.
Prenotai due camere separate in hotel con possibilità di fare anche una spa privata.
Il fatto che mi avesse preso la mano mentre guidavo aveva dato il via libera alle mie fantasie più proibite. Anche lei ci teneva un po' a me.
Quel piccolo contatto mi aveva elettrizzato, non l'avevo mai fatto con nessuna, mi sembrava una cosa troppo intima.
Sentire la sua manina morbida e piccola intrecciata alla mia mi aveva fatto schizzare il cuore in gola.
Non avevo avuto la forza di dire niente.
Avevo soltanto accarezzato quel diamantino che aveva al dito notando che la pelle fosse liscissima.
Salutarla era stata un'impresa, avevo maledetto il mio lavoro ed ero stato tentato di proporle di venire con me.
Ma probabilmente mi avrebbe fulminato sul posto e avrei fatto una figura ridicola.
Ovviamente doveva ancora laurearsi, me lo ero ricordato.
Nonostante ciò non avevo rinunciato a sentire la sua voce, avevo superato la mia avversione per le telefonate e l'avevo chiamata tutte le sere per darle la buonanotte.
Non l'avrei più trascurata.
La mattina del diciotto luglio imprecai mentalmente verso le università in centro con la ZTL. Non volevo rischiare una rimozione forzata dell'auto e parcheggiai in un parcheggio coperto ignorando che farsi un salitone ripido con trentotto gradi, alle undici e con la giacca non fosse proprio la cosa più piacevole da fare.
Ero un po' agitato e sperai di non disturbarla.
Entrai in aula e mi accomodai su una sedia laterale rimasta libera, potevo vedere quella cascata di capelli mossi da qui.
Appena sentii il suo nome mi accomodai meglio sulla sedia per vederla, era vestita di rosa acceso e, porca miseria, sembrava una barbie così.
Quando sentii la votazione e appurai che fosse stata l'unica a ricevere l'invito a proseguire gli studi perché la tesi sperimentale avrebbe incrementato la ricerca storica e che persino il magnifico rettore le faceva i complimenti, dovetti reprimere due lacrime che mi stavano uscendo.
Ero davvero fiero di lei, e non avrei pensato di poterlo dire o pensare, né di ritrovarmi quasi commosso a una proclamazione.
Ero stato solo alla proclamazione di Ilaria alla magistrale; la sua discussione era stata mediocre perché la tesi gliel'avevano scritta e il voto era stato insignificante.
Non ricordavo quanto avesse preso di preciso, ma non era stato un successone. Principalmente ci ero andato perché mi aveva obbligato, se non ci fossi andato avrebbe pianto per giorni. Mi aveva persino fatto conoscere i suoi genitori in quell'occasione ed era stato alquanto imbarazzante dovermi fingere il suo fidanzatino.
Niente se paragonato al risultato della mia bimba.
Mi aveva fatto ricredere su molte cose: si poteva studiare in maniera eccellente e fare festa ogni sabato sera.
Ma dopotutto lei aveva una mente brillante e quindi non era da tutti.
Se pensavo che nel mentre aveva pure lavorato per finanziarsi gli studi, mi venivano i brividi.
Aveva la forza prorompente di un uragano.
Chissà quante notti aveva passato sveglia sui libri.
Ce le avevo passate io, che ero un privilegiato... lei aveva dovuto faticare il quadruplo.
Quando la vidi sorridermi dopo che si era accorta di me, mi sentii nel posto giusto al momento giusto.
Le consegnai i fiori e per la prima volta la vedevo sorridermi senza filtri, era contenta davvero e non voleva nasconderlo.
Al momento delle foto mi chiamò con la mano e mi misi in posa vicino a lei, il suo profumo mi rilassava, finché mi chiamò sottovoce, non capivo che cosa volesse dirmi e mi girai per sincerarmi che fosse tutto okay.
Subito dopo sentii le sue labbra sulle mie per qualche secondo.
Era come se il mio corpo fosse andato in shock completo, come se mi avessero staccato la spina del cervello che faceva funzionare i miei neuroni. Non ci potevo credere che fosse successo davvero, quel contatto minuscolo mi aveva fatto sentire l'uomo più importante della terra e probabilmente la stavo guardando a bocca aperta come un pesce lesso. Non stavo facendo propriamente una bella figura.
Ne volevo di più.
Sognavo questo momento da quasi un anno, porca miseria.
Sentivo le voci ovattate di Francesca e Giulia urlare qualcosa finché lei mi si avvicinò di nuovo, sorridendo, e dicendomi sbarazzina:
"Non provare a metterci la lingua per le foto".
Mi risvegliai dal rincoglionimento e, tenendo una mano sulla sua guancia morbidissima, mi abbandonai ad un bacio liberatorio.
Lo volevo praticamente da nove mesi, era stato letteralmente un parto.
Assaggiai quelle labbra morbidissime, la tentazione di infilarci la lingua era forte ma me lo aveva proibito e non volevo passare per un maiale.
Erano le labbra più dolci che avessi mai assaggiato e l'incastro era perfetto, avrei passato ore a baciarle nonostante mi stessero facendo rischiare di collassare in centro a Perugia.
Brindammo con le amiche sul piazzale finché sentii una voce che era un déjà vu poco piacevole, non ci potevo credere che era di nuovo quello sfigato di Leonardo.
Tenni salda la stretta sulle sue spalle, senza farle male. Mi aveva appena baciato e mi sentivo in dovere di farlo sapere a tutti che fosse mia.
"Vengo in pace" disse lui, guardandomi con soggezione.
Fai bene ad avere paura, pensai, perché se stavolta dici qualcosa di scandaloso non torni a casa sulle tue gambe.
Sentii lei stringermi la mano sopra la mia e decisi di non fare una scenata il giorno della sua laurea, non volevo passare per un bifolco anche se stavo morendo di gelosia.
Solo il pensiero che avessero potuto incontrarsi queste settimane che io ero stato via, mi mandava in bestia.
Non volevo credere che, prima di dare la buonanotte a me per telefono, sarebbe potuta stare nuda tra le braccia di quello sfigato.
Se anche fosse successo, non lo avrei voluto sapere.
"Ci ho pensato molto se venire o no, Sara.
Alla fine ho deciso di sì.
Volevo semplicemente farti le mie più sincere congratulazioni, dottoressa, ho sentito del voto ed è stato un successone, complimenti."
Poi fece una piccola pausa e sperai con tutto il mio cuore che se ne andasse, e invece continuò:
"Poi ti volevo dire, l'ho sempre saputo che tu saresti stata troppo me".
Sì, in effetti è troppo per te, pensai, lo è pure per me e tra noi due non c'è paragone.
"E mi dispiace per quella scena poco piacevole. Non mi sono più fatto sentire perché alla fine ho capito che lui ci tiene tanto a te, e vedere come ti rispetta mi ha fatto capire che dovevo farmi da parte. Inoltre era palese che io non ti piacessi, mi stavo solo illudendo di poterti fare cambiare idea, ma mi stavo solo facendo male. Il tuo silenzio, non lo nego, mi ha fatto soffrire ma alla fine ho capito che fosse giusto così. Tu hai trovato la tua metà, e io troverò la mia. Ti ringrazio per il tempo che abbiamo passato insieme e ti auguro il meglio dalla vita, con lui".
Tirai un sospiro di sollievo, i miei pugni lo avevano fatto desistere e non erano più stati insieme.
Subito dopo rimasi interdetto, non mi aspettavo un discorso così maturo.
Mi lasciò la mano e lo abbracciò.
Sentii una fitta allo stomaco ma decisi di controllarmi.
Lo guardai, probabilmente storto, e mi disse, per giustificarsi:
"Non la sto toccando, amico".
Sorrisi e la sentii dirgli:
"Grazie, Leo.
Anche io sono stata bene con te, ma non poteva andare diversamente. Mi dispiace per non essermi fatta sentire, sul serio... ma ho avuto paura di prendermi le mie responsabilità e sono fuggita, ignorando il problema. Lo so, non è stato molto maturo da parte mia, ma avevo paura di peggiorare solo la situazione. Scusa".
"Lo so, stellina, non ti preoccupare. Sono davvero contento che alla fine vi siate trovati".
Decisi di comportarmi da uomo, quel ragazzino aveva otto anni meno di me ed era stato decisamente più giudizioso. Aveva fatto un discorso che il mio ego non mi avrebbe mai permesso di fare, e gli riconobbi che il suo era un pregio e che il mio dannato ego fosse un difetto. Non avrei mai avuto il coraggio di parlare per primo, né di chiudere una relazione in maniera sana dopo essere stato ignorato.
Mi feci avanti tendendogli la mano, lui la guardò sorpreso e me la strinse.
Aggiunsi un: "Scusa se ho esagerato" alludendo al fatto che probabilmente aveva avuto la faccia piena di lividi per dieci giorni.
Mi rispose:
"Non ti preoccupare, forse ti avevo provocato un po' troppo".
Alzai un angolo della bocca, non me la sentivo di smentire. Dopotutto ero sempre io, e non mi sarei abbassato ad ammettere oltre le mie colpe.
Ci salutò e se ne andò.
Salutammo anche le sue amiche e ci trovammo da soli sulla piazzetta.
"Davvero gli hai chiesto scusa?" disse, guardandomi divertita.
"Già, volevo comportarmi da uomo" ribattei. Non avevo mai chiesto scusa a un uomo in vita mia. Ma nemmeno a una donna, tranne a lei, che era la mia eccezione.
"E adesso? Non avevo organizzato niente io" confessò lei con sguardo preoccupato.
Le fissai le labbra e decisi di non dirle che avevo prenotato un ristorante in centro.
"E adesso finisco quello che ho iniziato prima" dissi, avventandomi sulle sue labbra e infilandoci la lingua senza troppi preamboli.
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