17. Cose complicate

Pov Michele

La tenevo stretta dalla schiena come se potesse scapparmi via da un momento all'altro.

Ero schifosamente eccitato per quel contatto che avevo ricercato solo per farla stare zitta e per evitare che mi sminuzzasse l'ego.

Non ne potevo più di sentirla dire quanto quel mezzo criminale la scopasse bene.

Morsi le sue labbra, per poi entrare subito dopo in contatto con la lingua.

Mi uscii un ringhio involontario.

Nonostante avesse addosso il sapore di quell'altro, mi era mancata da morire e, anche se era un bacio punitivo, sentii le viscere attorcigliarmisi.

Poi fui di nuovo preso da una ventata di rabbia e, tenendola per i fianchi, la alzai, facendola sdraiare sui sedili.

"Michele, che cazzo stai facendo?" ansimò, con la gonna pericolosamente risalita.

Uscii dalla macchina e l'afferrai per le cosce, tirandola affinché con il bacino stesse sul mio sedile.

"Sai, su una cosa ha ragione, quel criminale. Sei talmente piccolina che riusciamo a metterti come preferiamo" ghignai, tirando su definitivamente la gonna.

"Che hai intenzione di fare" ansimò, con gli occhi talmente verdi da brillare come due smeraldi.

"Ti faccio rispolverare un po' la classifica" risposi, con un sorriso malandrino.

Subito dopo scostai le mutandine e affondai la testa tra le sue cosce.

"Oh Cristo" mugolò.

Poteva dire quello che voleva, ma era bagnata prima ancora che l'avessi toccata.

Ce l'avevo di marmo nelle mutande, mi ero scordato di quanto fosse piacevole sentirla ansimare grazie a me, e il fatto che avesse le autoreggenti mi mandò fuori di testa, spingendomi a leccarla con più dedizione.

Subito dopo mi innervosii, immaginando che non ero l'unico a godere di quell'accessibilità. Chissà quante volte quell'idiota le aveva alzato la gonna.

Per rimarcare il territorio, aggiunsi due dita dentro di lei, spingendo forte.

Stava gemendo senza pudore, e mi beai delle sue urla.

Mi strinse la testa con le cosce, e ghignai a sentire come le tremassero le gambe.

"Non serve un piercing per essere primi in classifica" ansimai, sfiorando con le labbra il suo fulcro del piacere.

"Non sei ancora il primo, infatti" provò a dire lei, mugolando sull'ultima parola quando avevo arricciato le dita dentro.

Spostai il pollice sul clitoride, strappandole un urletto. "Ah no? Urli così con lui, bimba?"

"Vuoi un video?" ebbe il coraggio di dire, mentre inarcava la schiena per il piacere.

"Magari ne mandiamo uno a lui, che dici? Magari ci si fa una sega prima di andare a dormire, visto che è tornato a casa in bianco" sibilai, tornando giù con la lingua.

Stavolta non riuscì a ribattere, zittita dagli ansimi che preannunciavano un orgasmo.

Prima ancora che potesse riprendere la lucidità, la spostai per sedermi sul posto di guida e me la portai di nuovo addosso, pronto a slacciarmi la cintura.

Volevo arrivare fino in fondo.

La stavo spostando sul serio come una bambolina e mi meravigliai, non era così remissiva di solito.

"Non prendo la pillola" bofonchiò, fermandomi per un braccio.

"A casa ce l'hai i preservativi?" ringhiai.

"Sì" soffiò.

Feci ripartire la macchina, con lei seduta a cavalcioni sopra di me.

"Ma sei matto? Mi vuoi ammazzare?" urlò, spalmandosi sopra a me per l'accelerazione.

"Pensavo ti piacessero i criminali" la pungolai, imboccando l'ultima curva del vialetto di casa.

"Sei veramente un..."

"Shh" la zittii, stampandole un bacio sulle labbra.

"Guarda la strada" sibilò.

"Siamo arrivati, rilassati, bimba" ghignai, aprendo lo sportello e portandola in braccio fino alla stanza.

La lanciai sul letto, prendendo il preservativo dal cassetto che mi indicava.

Le salii sopra, intrappolandola tra il mio corpo e il materasso.

Se non fosse stato per la rabbia di quella scenetta a cui mi aveva fatto assistere e quelle umiliazioni che continuava a rifilarmi, non ci sarei mai riuscito a scoparla così.

La spogliai in fretta e affondai dentro di lei, con urgenza.

Era mia.
Era ancora mia.
La volevo tutti i giorni, mi ritrovai a pensare mentre spingevo forte.
Non la volevo condividere più.

La osservai godere sotto di me, strappandomi un verso di piacere dalla gola.

Mi ero scordato quanto fosse piacevole scopare. Con lei.

La girai, prendendola da dietro.

Affondavo con prepotenza, sentendola cedere sotto le mie spinte.

"Dimmelo, ti scopa così Davide?"

Non rispose, ripagandomi con un urletto di piacere appena la presi per i fianchi per farla stare ferma.

"Quindi? Urli così con lui?" continuai, indispettito al solo pensiero che anche lui potesse prenderla come stavo facendo io.

"Michele" riuscì solo ad ansimare.

"Sì, è questo il nome giusto che devi ansimare quando stai scopando" dissi, aumentando il ritmo.

Con quelle spinte ci ritrovammo sdraiati, con lei a faccia in giù sul materasso.
Non riuscivo a essere più delicato, ero incazzato.

"Ancora non mi hai risposto, bimba" mormorai al suo orecchio, mentre mi sorreggevo con le braccia.
"Ti scopa così bene?" la pungolai.

"No" bofonchiò, dandomi la soddisfazione più grossa della mia vita.

Poche spinte dopo, ci lasciammo andare in un orgasmo simultaneo.

Ci guardammo negli occhi.

"Ti squilla il cellulare" riuscii a dire, alzandomi dal letto e passandole la borsa.

Mi guardò colpevole.

"Digli quello che hai appena ammesso" sbottai, lasciando la stanza.

Il fatto che fosse appena stata con me ma che usciva con un altro mi mandava fuori di testa.
Non riuscivo a parlarci con calma.
Quella cosa mi logorava.
Ero geloso in una maniera indicibile.
Era ancora mia moglie, e io l'avevo amata talmente tanto da averci fatto una figlia.
L'amavo tutt'ora, dannazione.

Avrei semplicemente dovuto dirle di darmi la possibilità di ricominciare da capo, la possibilità di farmi perdonare. Invece continuavo a pungolarla sulle sue scopate e lei finiva per dirmi che gli altri erano meglio di me, andando a intaccare il mio ego.

Sapeva bene quanto fossi egocentrico, sentirmi dire certe cose era peggio di uno schiaffo.

Se solo non l'avesse chiamata, forse sarei riuscito a parlarle.
A dirle che, nonostante fossi stato rude, potevamo provarci di nuovo.

Ma forse a me era mancato il coraggio e forse non avrei voluto sentir dire di nuovo da quelle labbra che noi due non eravamo più niente.

Pov Sara

Mandai un messaggio veloce a Davide, dicendogli che ero tornata a casa ma che ero dovuta andare a prendere Emilia che non stava bene.

Cosa potevo dirgli?
Hai presente quello stronzo che tu chiami mio ex marito? Ecco, abbiamo appena finito di scopare. Per questo non ti ho risposto e non ti ho mandato un messaggio appena arrivata.

Non mi sembrava il caso, quindi ripiegai su una scusa più innocua.

Subito dopo ebbi il bisogno di chiamare le mie amiche.

"Che diavolo hai fatto?" mi apostrofò Francesca.
Giulia non aveva risposto.

"Ho appena finito di scopare. Con Michele. Ed è stata la scopata migliore dell'anno" sbottai.

"Eh?" chiese, con voce strozzata. "Ho capito male il nome, mi sa" continuò.

"No, no. Non ho avuto un lapsus freudiano. Volevo dire proprio Michele".

"Cristo, Sara, la tua vita è peggio di una serie TV adolescenziale".

Le raccontai di quello che era successo.

"Scusa se te lo dico, amica mia. Ma non c'è paragone tra i due, e per quanto sia stato uno stronzo, è tuo marito. C'è un motivo se non l'hai lasciato, ancora. E Emilia non c'entra un cazzo perché lo sappiamo entrambe che non è una figlia a fermarti..." commentò.

Mi fermai un attimo a pensare.
Non era stata la scopata migliore dell'anno solo perché mi aveva preso come se non vedesse un donna da mesi, cosa che probabilmente era pure vera.

Era stato il miglior sesso che potessi fare perché a me, ancora, quello stronzo piaceva da morire.

Tentavo di tagliare i legami e lo umiliavo con le battutine perché ce l'avevo incastrato sul cuore e non riuscivo a mandarlo via.

"Già, mi sa che mi piace" ammisi a voce alta.

Subito dopo sbuffai, perché ogni volta dovevamo rendere tutto complicato?

Non era più facile parlare al posto di lanciarsi addosso insulti?

Il giorno dopo tentai di parlargli ma stavolta era lui a essersi trincerato in un silenzio assordante, ferito, sicuramente, da quello che aveva visto tra me e Davide.

★······★······★

Non riuscimmo a parlare neanche le due settimane successive, visto che casa era piena di muratori.

Mr. papà dell'anno aveva deciso di costruire una piscina riscaldata al coperto per la sua pargoletta.

Piscina che, appena Emilia vide, diventò sinonimo di gioco.

Gioco non erano più gli innumerevoli giocattoli di cui avevamo casa traboccante.

Gioco era la piscina.

Almeno, però, arrivava a sera stanca morta dopo un pomeriggio in acqua e si addormentava subito dopo cena.

★······★······★

"Dove diamine l'hai buttato, peste?" sbuffai divertita, uscendo dall'acqua per cercare il giocattolo che Emilia aveva lanciato sotto le sdraio.

Mi piegai per raccoglierlo e ributtarmi in acqua ma la vocina squillante di mia figlia mi fece capire che non eravamo da sole.

"Papà! Gioco!" urlò.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top