11. Capodanno con Spiderman
Pov Sara
"Ho preso gli ingressi per una villa che è una figata a capodanno" esordì Francesca a cena, sventolando i biglietti.
"Non so come vestirmi" si lamentò Giulia.
"Perché starai vestita durante la serata?" la provocò Francy.
Io avevo già in mente l'outfit, avrei messo un tubino argento pieno di paillettes e dei sandali argentati.
La sera di capodanno mi preparai con cura, il famoso detto era chiaro chi scopa a capodanno scopa tutto l'anno e non avevo intenzione di deludere le aspettative.
Infilai l'intimo rosso come da tradizione, il vestito, le scarpe, abboccolai i capelli e misi il rossetto rosso.
Sentii vibrare il cellulare.
"Che fai stasera?". Era Michele.
Gli mandai una foto allo specchio del mio outfit e scrissi: "esco, e tu?".
Visualizzò e non rispose per dieci minuti.
"Tornassi indietro nel tempo non te lo chiederei, sono ad un gala noiosissimo, ma dopo questa foto sarei tentato di sgattaiolare via".
Risi da sola di fronte alla chat.
"Non ti facevo così diretto" digitai.
E subito sotto: "puoi rifarti gli occhi guardando qualche bel vestito" scrissi mettendo l'emoticon con l'occhiolino.
Mi mandò una foto in cui si vedeva che era seduto, con dei pantaloni blu scuro, le gambe incrociate e le scarpe eleganti, tra le mani un flute di champagne.
E come didascalia "o forse affogherò nell'alcool".
Sorrisi.
Stava bene con quel vestito.
"Almeno è costoso" replicai e misi il telefono nella borsetta.
Prima di uscire lo sentii di nuovo vibrare.
"Non mi sembra un vestito da discoteca, dove vai?".
"In una villa" risposi vaga, non erano affari suoi.
Entrammo in quel salone enorme e tutto completamente sui toni del bianco, la musica era bella e avevamo un tavolo con una bottiglia di prosecco per brindare a mezzanotte.
Ci sedemmo, chiacchierando un po' del posto, c'era qualche nostro coetaneo ma erano pochi, erano tutti più grandi di noi.
Alle undici il dj iniziò a scaldare l'atmosfera con delle canzoni più movimentate e ci buttammo in pista, c'era un biondino che mi stava guardando da qualche minuto e che vagamente assomigliava a quel milionario che mi aveva messo un diamante al dito.
Decisi di divertirmi un po' e iniziai a ballare lanciandogli un sorriso e, ogni tanto, guardandolo.
Si avvicinò piano e quando mi stette dietro lo sentii dirmi:
"Il tuo fidanzato non è geloso che sei uscita con questo vestitino?" e indicò il mio anello.
"Non sono fidanzata", non sul serio almeno, precisai tra me e me.
Parlammo della musica per riempire il silenzio e dopo pochi minuti mi ritrovai a ballare mentre mi stringeva i fianchi, forse avrei voluto altre mani addosso ma me lo feci andare bene.
A mezzanotte brindai con le mie amiche al tavolo, poco dopo la serata finì e decidemmo di andare a guardare i fuochi d'artificio in centro.
Uscimmo dalla villa e sul parcheggio ebbi un tuffo al cuore, in prima fila c'era una Bentley rossa metallizzata che rifletteva la luce dei lampioni.
"Non mi dire che è lui" mi sussurrò Francesca all'orecchio.
"Gli hai detto che saresti stata qui?" mi chiese, stupefatta, Giulia.
"No, assolutamente no".
Dubitavo che a Perugia ci fosse qualcun altro che girava con una Bentley rossa metallizzata da 280mila euro.
Doveva essere per forza lui.
Dio, se era uno stalker.
Poco dopo lo vidi uscire dalla macchina con il completo blu, la camicia bianca, un cappotto blu lungo aperto e la sciarpa grigia che gli avevo regalato.
Non avevo decisamente dubbi, era un pazzo a venire qui di nuovo di notte e, per giunta, come diamine aveva scoperto dove fossi?
"Ho un GPS in macchina?" lo guardai storto mentre mi avvicinavo.
"No, ma ero tentato di mettercelo" ghignò.
"Come hai saputo che ero qui?" indagai.
"C'era solo una serata di capodanno in villa a Perugia" mi rispose laconico.
Lo guardai stupefatta e lui sorridendo mi propose: "Sali con me?".
Si stava allargando un po' troppo.
"E le mie amiche?" dissi alludendo al fatto che la sua era una dannata due posti.
"Dagli le chiavi della tua macchina".
Ma anche no, la mia macchina la guidavo solo io.
"Non guidano" mentii.
E un po' era vero, Francesca non aveva la patente e Giulia guidava veramente male.
"Dai" disse aprendomi lo sportello del passeggero con un sorrisetto sfacciato.
Era allettante salirci di nuovo ma non avrei ceduto così in fretta.
"Non lo so" cercai di prendere tempo.
"Hai pure i tacchi e forse hai bevuto" ribatté lui.
"So guidare con i tacchi e non ho bevuto, tu sì" risposi piccatissima.
Sentii la voce di Francesca dirmi:
"Noi abbiamo chiamato un taxi".
Fanculo, non avevo scuse.
Lo guardai sconfitta e salii in macchina sentendo gli sguardi di qualche curioso addosso.
"Ti ho rovinato il programma della serata?" mi provocò lui.
"Volevamo andare a vedere i fuochi d'artificio con le mie amiche in centro" ammisi sincera.
"Okay, andiamo" disse facendo rombare il motore e facendo girare qualche ragazzo.
"Io e te?" chiesi maliziosa.
Alzò le spalle e accelerò un po'.
Passammo per le vie del centro occasionalmente aperte per raggiungere una terrazza panoramica poco frequentata.
"Dio, Michele, ci stanno guardando tutti" dissi arrossendo, mentre ogni singolo passante si girava a guardarci mentre proseguivamo a passo d'uomo in centro.
Probabilmente non avevano mai visto una macchina come quella e io mi stavo sentendo a disagio.
"Quel vestito brilla un po' troppo" alluse lui.
"Temo proprio che la tua macchina brilli di più" ribattei.
Scoppiò a ridere e, infilandoci in una via laterale, raggiungemmo la terrazza senza troppi problemi, stranamente non c'era nessuno, forse tutti avevano preferito festeggiare in centro.
Parcheggiò e uscimmo per vedere i fuochi d'artificio su Perugia dall'alto.
♡
Pov Michele
Le avevo mandato un messaggio senza pensarci troppo, quel gala era noiosissimo e speravo di scambiare quattro chiacchiere con lei.
In tutta risposta mi aveva mandato una foto del suo vestitino per uscire.
Appena mi arrivò il messaggio, rischiai di farmi cadere di mano il cellulare, non mi aspettavo una cosa simile.
Le mandai una foto anche io inquadrando le gambe e stando attento a non far vedere il rigonfiamento pericoloso che avevo poco sotto la cintura.
Andai al bar e ordinai un altro bicchiere di champagne tentando di farmi passare dalla mente l'immagine delle paillettes che avrebbero scintillato sotto la luce della discoteca, di quelle gambe troppo scoperte e di quei piedini che, contro ogni aspettativa, mi facevano impazzire.
Le labbra colorate di rosso e i capelli ondulati completavano il quadro, quadro che dovevo togliermi dalla testa se volevo rimanere lucido durante la serata.
Presi il telefono e digitai, speranzoso di una risposta, chiedendole dove sarebbe andata.
Mi rispose senza troppe informazioni che la festa era in una villa.
Camminai vagando per la sala con l'immagine dei suoi capelli che ondeggiavano mentre ballava e realizzai che quello che stavo pensando io, qualcun altro lo avrebbe messo in pratica.
Dovevo cercare il modo di uscire da questa serata.
Mi fiondai in bagno a sciacquarmi la faccia, ne avevo bisogno, poi però mi venne spontaneo aprire il cellulare e guardare la foto. Zoommai e, sì, portava il mio anello.
Poi però indugiai troppo sulle gambe e sulle spalle nude e l'effetto calmante dell'acqua gelida in faccia svanì.
Mi ero rassegnato al fatto che averci a che fare mi rendesse come un adolescente alle prime armi, anche se neanche da adolescente ero stato così smanioso, il sesso non mi era mai sembrato troppo piacevole... lei invece era capace di scatenarmi una bomba di ormoni con una sola foto.
Tornai di là girando ancora per la stanza come un leone ingabbiato, dovevo aspettare che iniziasse l'asta di fine anno.
Presi un altro bicchiere di champagne.
Appena le luci calarono per annunciare l'inizio dell'asta, ripresi il cappotto e filai fuori.
Salii in macchina con la smania di arrivare il prima possibile a Perugia, con un check veloce su google avevo scoperto che c'era una sola serata in villa e che sarebbe finito tutto per mezzanotte e mezza. L'avrei aspettata all'uscita, pensai, sfruttando i cavalli della mia sportiva.
Arrivai davanti alla villa a mezzanotte e un quarto, parcheggiai in prima fila e aspettai che uscisse.
Appena vidi quel minidress pieno di paillettes ebbi di nuovo un sussulto, dal vivo era ancora più luminosa.
Si fermarono, probabilmente sbigottite, e io per fugare ogni dubbio uscii dalla macchina.
Iniziò a camminare nella mia direzione e con quei tacchi sembrava una dea.
Fece un po' di resistenza per salire ma alla fine la convinsi, grazie anche all'aiuto delle sue amiche.
Mentre richiudevo il suo sportello vidi un biondino fissarla un po' troppo, lo fulminai e distolse lo sguardo.
Mi ero sentito troppo potente a vedere come salisse, con eleganza, nella mia auto.
Sarà pure stata da sola alla festa, ma stava partendo con me e sentii come se avessi marcato il mio territorio.
Mi aveva indicato una terrazza panoramica per guardare i fuochi d'artificio e imboccai le stradine del centro per arrivarci; mentre guidavo per quei vicoli ogni singola persona si fermava a guardarci e quando lei me lo fece notare, arrossendo, gongolai.
Non sapevo se fossi più fiero della macchina o della bambolina che avevo sul sedile del passeggero.
Poi pensai che di macchine ne avrei potute comprare altre cento e che lei non era in vendita ed era seduta vicino a me, quindi sperai che guardassero, senza essere invadenti, e mi invidiassero.
Con lei vestita così vicino mi sarei sentito potente pure su una fiat 500.
Accostai sulla terrazza deserta e uscimmo per guardare i fuochi.
Si appoggiò alla staccionata di legno e notai la curva della schiena decisamente sensuale e quel profumo mi stava uccidendo.
"Buon anno" disse, sussurrandomi.
Ogni volta che la sentivo parlarmi così dolcemente perdevo un battito.
"Buon anno anche a te" risposi senza fiato, guardandola.
Si alzò un venticello e la vidi rabbrividire.
"Hai freddo?" Mi venne spontaneo chiederle.
"No" scosse la testa.
Le fissai le gambe nude e asserii:
"Non è vestito da inverno".
Alzò gli occhi al cielo piccata e senza dare retta al suo no mi sfilai il cappotto e glielo misi sulle spalle.
Appena la sfiorai il mio cervello, ormai completamente traviato, ebbe un flash di riscaldarla in un'altra maniera, avrei potuto tirarla su sulla staccionata, catturarle le labbra e infilarmi tra le sue cosce, subito dopo avrei completato l'opera in macchina.
Serrai la mascella.
No.
Stavo decisamente andando oltre.
Non avevo dodici anni, porca troia.
Se lo strinse addosso e mi ribatté: "adesso avrai freddo tu".
"Ci sono abituato ad avere la febbre per colpa tua" alludendo a quando mi aveva fatto la doccia ghiacciata.
Mentalmente risposi che un po' di freddo mi avrebbe fatto calmare i bollenti spiriti e che non mi sarei staccato dalla staccionata finché la botta di testosterone non mi si sarebbe calmata.
Si girò di lato appoggiando il fianco al legno, mi costrinsi a guardarla in faccia. Si morse le labbra rosse e rimasi senza fiato.
"Hai avuto la febbre?" disse ridendomi in faccia.
"Una settimana, il termometro oscillava tra i 38 e i 39 e mezzo, ti ho maledetto quando dovevo lavorare e non riuscivo neanche a guardare il PC e mia mamma mi blaterava nelle orecchie rimproverandomi e chiedendomi dove avessi preso quel febbrone".
Scoppiò a ridere.
"E che le hai detto? Che la ragazzina del testamento ti aveva ghiacciato perché la molestavi?".
La guardai storto.
"No, che avevo preso freddo in aereo".
"E quindi mi hai pensato" mi disse languida mentre si mordeva di nuovo le labbra.
Dio no, così no, il mio autocontrollo stava cedendo.
Se solo sapesse che l'avevo sognata e che l'avevo immaginata nuda sotto la doccia probabilmente mi avrebbe torturato molto più di come stava facendo.
Distolsi gli occhi e risposi:
"Sì, ma non erano bei pensieri".
Ci fu un minuto di silenzio, lei guardava la città sotto e io pure, avevo bisogno di riordinare le idee.
Poi esordii:
"Ero venuto, in realtà, per parlarti del matrimonio".
"Prima mi devo laureare" mi disse guardandomi storto.
Iniziai a sudare freddo.
"E quando ti laurei?".
"Il diciotto luglio".
Tirai un sospiro di sollievo.
"Agosto può andare bene allora".
"Con quel caldo? Mi vuoi uccidere?".
"I primi di settembre allora" proposi.
"È il mio compleanno" ribatté.
"Quando?" chiesi curioso.
"Il sei. Pensavo più verso la fine di settembre, è carino il periodo in cui l'estate sta per finire".
"È il mio compleanno" ribattei come aveva fatto lei.
Spalancò gli occhi e disse:
"Ma veramente? Quando?"
"Il ventuno".
Sospirò di sollievo.
"Sei della vergine anche tu per poco, per fortuna, i bilancia mi stanno sui coglioni".
"All'inizio ti stavo sui coglioni" sottolineai.
"Certo, poi ti sei salvato in calcio d'angolo, come per il segno" alluse.
"Metà settembre va bene? Così tu avrai fatto gli anni e io no, sembrerò meno vecchio" risi.
"Non avrei mai pensato di sposarmi così presto, ho solo ventuno anni" mi confessò.
"Sei così piccolina" mi venne spontaneo dirle, e diamine era vero, aveva così tante cose da fare rispetto a me.
"Perché tu quanti ne hai?"
"Adesso ventotto, a settembre ventinove".
"Abbiamo otto anni di differenza?" disse spalancando gli occhi.
"A quanto pare".
Non avevo mai fatto davvero il conto, erano tanti, forse, ma quando stavo con lei non ci avevo mai pensato quindi decisi che non era un problema.
"Ne parliamo in macchina?".
Stavo iniziando a sentire freddo.
Mi passò il cappotto e salimmo, accesi il riscaldamento e iniziai a dirle:
"Mi piaceva l'idea di fare qualcosa alla villa".
"Il pranzo?".
"No, credo saranno troppi invitati, pensavo un buffet per cena... il quindici può andare bene? È sabato".
"Sì, il quindici settembre andrà benissimo... saranno così tante persone?" chiese, iniziando a giocherellare con l'anello.
Forse era nervosa.
"Credo di sì... dove ti piacerebbe fare il pranzo? Hai preferenze? Mare, montagna, agriturismo?" cercai di essere premuroso.
"Se proprio devo sposarmi, mi piacerebbe farlo a Roma" mi disse guardandomi negli occhi.
"San Pietro?" dissi io.
"Pensavo più a un ricevimento in qualche villa, non avevo osato pensare così in grande" disse lei, senza fiato.
"Per la villa mi devo informare, per San Pietro sono sicuro che in una cappella laterale si possa fare ma magari smuovendo qualcosa si riesce a fare sulla navata principale".
Già l'immaginavo camminare in mezzo a tutte quelle meraviglie.
"Non l'ho neanche mai vista, Michele".
"Ci possiamo fare un salto allora" dissi ammiccando.
Era così innocente quando mi guardava così, e mi rendevo conto che aveva molta meno esperienza di me in certe cose e io non vedevo l'ora di fargliele fare tutte.
"Okay, ti scrivo per mandarti le location allora".
Guardai l'ora sul rolex, erano le tre e lei mi chiese di andare a recuperare la sua macchina.
"Okay, però ti riaccompagno a casa, è tardi".
La vidi salire in macchina con quel vestitino e la seguii con la mia fino al parcheggio di casa sua, dove trovò un posto laterale ad s. Osservai come faceva la manovra, era estasiante vederla così sicura.
Si avvicinò alla mia macchina e io uscii per salutarla.
"Hai visto? Non mi sarebbe successo niente" mi provocò, incrociando le braccia al petto.
"La sicurezza non è mai troppa".
"Sei soffocante quando fai così" mi rinfacciò.
"Ci vediamo domattina per colazione?" proposi di getto.
"Dove dormirai?".
"Ho un hotel qua dietro, dormire sul divano non fa per me" dissi, prendendomi in giro da solo.
"Va bene, ma non prima delle dieci".
"Così tardi?" sospirai.
"Ma tu non dormi mai?" mi fece eco lei.
"Sono Batman" scherzai.
"Con la Bentley rossa pensavo più all'uomo ragno".
Scoppiai a ridere.
"Ci vediamo domattina allora".
"A domattina".
La guardai aprire il portone e finché non vidi la luce accesa sulle finestre del salottino non fui in grado di ripartire.
Mi misi il pigiama e mi buttai sul letto per dormire.
Alle otto e mezza mi svegliò il telefono che squillava; con gli occhi ancora mezzi assonnati lessi il nome di Ilaria.
Porca troia.
Non mi ero fatto sentire per Natale e nemmeno per capodanno, non la vedevo da un po'.
Uscii dall'hotel incazzato nero, comprai dei cornetti al pistacchio e li attaccai alla sua porta, dentro avevo scritto buon anno sul tovagliolo.
Le mandai un messaggio scrivendole che, appena si fosse svegliata, avrebbe dovuto guardare alla porta e che avevo avuto un imprevisto.
Omisi che l'imprevisto era Ilaria in lacrime che mi implorava di vederci.
Durante il tragitto del ritorno fumai una sigaretta dietro l'altra, andai per prendere la quinta e trovai il pacchetto vuoto, lo accartocciai e lo buttai sul sedile.
"Fanculo" borbottai.
Appena ero riuscito ad avere una conversazione civile con lei e a strapparle un mezzo appuntamento per colazione come due persone normali si erano messi in mezzo gli ostacoli.
Mi fermai all'autogrill più vicino e comprai quelle dannate Marlboro rosse, quando ero nervoso dovevo fumare.
Rientrando in macchina mi accorsi che quel dannato vestitino, probabilmente low cost, perdeva dei brillantini e che il sedile sbrilluccicava d'argento alla luce del sole e che c'erano persino due o tre capelli lunghi e color miele attaccati sullo schienale e sul tappetino.
Porca troia, imprecai entrando con la sigaretta in bocca, avrei dovuto pulire prima di andare da Ilaria ma non avevo tempo.
Mi prefissai di non farla entrare in macchina.
Passai da Gucci e le presi un regalo.
Nonostante mi avesse rovinato i piani non avevo ancora l'intenzione di mandarla a fanculo del tutto.
Parcheggiai davanti casa sua e, guardandomi l'anulare sinistro, sfilai l'anello e lo misi nel porta oggetti della macchina, non ero pronto a una scenata.
Sfilarlo mi fece una strana sensazione.
"Tesoro" mi disse Ilaria in lacrime, "non mi hai fatto nemmeno gli auguri di Natale, ti aspettavo tanto ieri sera".
Oddio, odiavo quando piagnucolava così.
"Perdonami ma ho avuto da fare con il gala dei miei genitori" mentii.
"E non ti sono mancata? Mi potevi chiamare".
No, non mi era mancata, dannazione.
"Lo sai che non mi piacciono le chiamate" replicai, stavolta ero sincero.
Le porsi il sacchetto, bello ingombrante, per rabbonirla e la cosa riuscì alla perfezione.
Solo in quel momento mi resi conto di quanto fosse falsa, era praticamente una puttana decisamente di lusso, ogni volta per tenerla in silenzio dovevo spendere almeno tre zeri in una boutique, realizzai che per una scopata senza problemi avrei risparmiato con una escort.
Dopo questo pensiero mi si gettò inaspettatamente al collo e decisi di approfittarne, era da un po' che non mi sfogavo e da solo non mi piaceva.
Mentre eravamo a luci spente e lei stava in silenzio, se non per qualche gemito timido verso la fine, pensai di avere un altro corpo sotto di me e immaginai di sentire i gemiti e i mugolii che faceva mentre mangiava qualcosa di buono, in altre circostanze.
Senza rendermene conto mi ritrovai a spingere molto più velocemente, stravolgendo il ritmo lento a cui sia io che Ilaria eravamo abituati.
Poche spinte dopo mi tirai fuori facendo finta di venire nel fazzoletto.
Lei diceva di prendere la pillola ma non mi fidavo e per sicurezza mettevo sempre il preservativo, ma non glielo avevo detto per non offenderla.
Ogni volta mi ritrovavo a prendere un fazzoletto e fare finta di finire lì, come scusa avevo inventato che mi sembrava una cosa da donne facili farsi venire dentro.
In bagno toglievo il preservativo, lo sciacquavo e lo accartocciavo dentro un po' di carta per buttarlo fuori.
Non mi fidavo a lasciarlo nel bagno, avrebbe potuto recuperarlo e magari provare a rimanere incinta e a incastrarmi.
L'avevo sempre pensato e, per il momento, non volevo bambini.
Mi misi in terrazzo a fumare di nuovo, il pacchetto era già smezzato.
Nonostante fosse chiaro che ormai Ilaria non mi mancasse più non riuscivo a staccarmene.
Presi il telefono e trovai un suo messaggio.
Aprii e lessi:
"Qualcun altro aveva bisogno di Spiderman stamattina?".
Mi trovai a sorridere e digitai in fretta, stando al gioco.
"Purtroppo avevo una missione urgente, ti è piaciuta la colazione?".
Avrei decisamente preferito fare colazione con Sara.
E invece mi ritrovavo a fumare nervoso sul terrazzo dopo aver scopato Ilaria mentre pensavo a lei.
Bella merda.
"Molto, grazie" mi rispose.
Mi si avvicinò Ilaria di soppiatto.
"Con chi scrivi che stai sorridendo?".
Mi cancellai il sorriso dalla faccia dandomi del coglione.
Borbottai rabbuiandomi:
"Non sono affari tuoi".
♡
Pov Sara
Aggiornai le mie amiche su quello che ci eravamo detti e su come avrebbe organizzato il matrimonio.
Quando stavamo parlando su quella terrazza panoramica avevo sentito un feeling assurdo e quando mi aveva appoggiato il cappotto sulle spalle ero stata tentata di girarmi e attirarlo a me.
Non so se lo sentivo solo io, ma la tensione era alle stelle.
Non avevo mai provato una cosa del genere, c'era un'intesa mentale e fisica da far paura.
Decisi mentalmente di tirare la corda finché potevo, l'eros che aleggiava nell'aria quando stavamo vicini non era comune e una volta consumato sarebbe scomparso e me lo volevo godere più a lungo possibile. Avrei calmato i miei pensieri con qualcun altro per il momento, non volevo rinunciare a quel brivido e a quegli sguardi di fuoco che mi lanciava.
Per tutta la settimana lavorai.
Il sei gennaio tornai a casa e Francesca mi urlò dal balcone che c'era un regalo per me.
Salii, non capendo, e trovai una calza gigante della Kinder con un pupazzetto della befana vestita di viola, come me ad Halloween, pensai.
Aprii il cellulare e trovai scritto:
"Lo so che è da maleducati non averti salutato, ho deviato la strada solo per portarti la calza ma non c'eri e non ti potevo aspettare, da Roma ad Amsterdam sono duemila chilometri in macchina; sto su tutto il mese, spero ti piaccia".
Apprezzai il fatto che mi avesse dato delle spiegazioni.
Sorrisi.
Stavo iniziando ad accettare i suoi regali.
"I dolcetti ti sostituiranno ampiamente, sono tantissimi" scrissi, meravigliandomi di come mi erano venute fuori quelle parole, da quando mi serviva qualcosa per sostituirlo?
Poi aggiunsi sotto un "vai piano".
Un'ora dopo mi vibrò il cellulare mentre studiavo e avevo fatto fuori tre barrette.
Appuntai mentalmente di dirgli che il cioccolato mi piaceva ma di questo passo sarei diventata una pallina.
"Quella che corre sei tu, baby Schumacher".
Scoppiai a ridere sopra il telefono e lo punzecchiai:
"Non si chatta al volante".
Mi mandò la foto della sua mano sinistra con la sigaretta, il rolex e l'anello, sullo sfondo la macchina "sto fumando".
Non lo avrei mai ammesso ad alta voce, odiavo il fumo e i ricchi, ma quando lo vedevo fumare con il rolex che si intravedeva da sotto la camicia mi sentivo elettrizzata.
E poi quell'anello gli stava benissimo.
Guardai di riflesso il mio.
Presi la barretta Kinder tra le dita e gli mandai la stessa foto rispondendo: "anche io".
Tre secondi dopo mi arrivò una chiamata.
Risposi e lo sentii ridere di gusto "sei terrificante" esordì lui.
"Non ti è piaciuto?".
"Dalle mie parti fumare cioccolato vuol dire qualcos'altro" mi disse con tono divertito.
"Cioè? È un doppio senso?" chiesi, allarmata.
"Se te lo dico non c'è gusto" mi rimbeccò.
Poi aggiunse "Devo andare, buono studio".
"Grazie" lo salutai, riattaccando.
Era un tipo di poche parole, al telefono.
Scossi la testa e cercai su google che cosa voleva dire fumare cioccolato.
Rimasi scioccata quando appresi che cioccolato, in gergo, fosse sinonimo di hashish.
La sera avevo finito di trascrivere tutte le prime cento pagine per la tesi, domani le avrei inviate al professore.
Fra quattro giorni, invece, avrei avuto il temuto esame di filologia.
La sera prima dell'esame ero abbastanza nervosa, per staccare decisi di scrivere a Leonardo se era libero.
Mi rispose di sì, presi la macchina e andai da lui.
Il giorno dopo l'esame andò benissimo, ogni volta temevo che la mia media impeccabile si abbassasse, e invece andava sempre tutto per il meglio, avevo portato a casa un altro trenta e lode.
Mi rimanevano solo due esami.
La sera festeggiammo in discoteca con le mie amiche anticipando la serata del sabato, anche a loro era andato benissimo.
Ci piaceva uscire, ci piacevano i ragazzi, i bei vestiti e spesso sembravamo un po' sguaiate ma quando si trattava dello studio eravamo impeccabili, ci passavamo sopra serate intere.
Durante il mese ogni tanto mi mandava qualche messaggio per sapere come stavo, non doveva essere un tipo da social.
Gli ultimi giorni, però, si erano intensificati, mi scriveva ogni sera.
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