Epilogo

Qualche mese dopo.

Anni prima, se Byron avesse pensato al futuro suo e del suo migliore amico Heath, avrebbe visto con chiarezza quella che per lui era sempre stata una certezza.

Due scapoli amanti della bella vita, del divertimento e senza il minimo interesse a prendersi responsabilità.

Era così che si era sempre immaginato la sua vita.

E ripensandoci, dopo tutto quello che era successo, in quel giorno così speciale, si era appena reso di quanto di quanto per l'ennesima volta avesse avuto torto.

Gli veniva da ridere, se pensava che un Byron più giovane di soli tre anni avrebbe trovato quella scena ridicola.

Poteva immaginarselo, in disparte ad osservare un se stesso più maturo - con figli e moglie a carico - sistemare la cravatta ad Heath per il suo matrimonio.

Non avrebbe apprezzato, il Byron più giovane e sicuramente avrebbe passato l'intera giornata a prendere in giro il suo amico e a scuotere la testa, indispettito.

«Nervoso?», chiese ad Heath, che tamburellava sul pavimento in legno con la sua stampella destra.

«No, va tutto bene».

Non serviva neanche vederlo in volto per capire che stava mentendo.

Ma visto che era già agitato di suo, Byron non glielo fece notare.

«Stai molto bene, quest'abito ti calda a pennello», Byron fece due passi indietro per osservarlo.

Avevano fatto così tante prove di abbigliamento che avevano perso il conto, ma alla fine Heath aveva optato per un completo rosso scuro con intarsi argentati.

Aveva un aspetto molto gotico, e gli si addiceva. In linea con il suo carattere.

«Anche tu non sei male», Heath ammiccò nella sua direzione.

In risposta Byron si si sistemò il colletto della giacca con espressione di chi è ben consapevole di essere affascinante.

«D'altronde ho sempre avuto un certo stile».

Heath annuì, sorridendo e rilassandosi un po'.

«Hai qualche consiglio dell'ultimo minuto da darmi?».

Byron gli sorrise, non in modo canzonatorio, ma con dolcezza.

Gli posò una mano sulla spalla e con tono serio disse: «Dopo quello che ti ho dato nella stalla, non c'è molto altro da dire in verità... Se non che un matrimonio vero deve sempre basarsi sul rispetto reciproco. E soprattutto, se hai un problema, non tenerti tutto per te. Parlane con lei, confidati e non chiuderti. Da oggi non sono sarete solo marito e moglie, ma anche complici...».

«E tu quanto ci hai messo a capirlo?».

Byron ci pensò su qualche istante, prima di lasciare andare la presa sulla sua spalla, e soprattutto prima di ammettere: «Un po'».

Prima ancora che Heath scoppiasse a ridere, però, aggiunse: «E non credere che una volta imparata la lezioni non ci sia più niente da conoscere sulle donne e sul matrimonio. È e sarà sempre una sfida... Proprio per questo è bellissimo».

Ancora una volta immaginò il se stesso più giovane guardarlo come se fosse un matto.

E forse anche Heath stava pensando lo stesso mentre affermava: «Chi avrebbe mai scommesso che un giorno Heath e Byron si sarebbero sposati?».

«Io no di certo», e a quel punto scoppiarono a ridere entrambi, di gusto.

«Ora però è il momento di andare... O sarò l'unico dei due ad essere sposato».

E anche se una parte di Heath era piena di paura e ansia, era anche eccitato e non vedeva l'ora di dire quel fatidico "sì".

Per questo si fece accompagnare fuori dalla sua stanza con un sorriso speranzoso in volto.

Ad aspettarlo c'era sua madre, pronta ad accompagnarlo fino all'altare.

E il suo di sorriso era anche più gioioso di quello del figlio.

Forse perché quando era tornato dal fronte la povera donna si era quasi convinta di non poterlo più vedere felice.

E invece era lì, sotto braccio al suo unico figlio, che attraversa la "navata" al centro del parco, tra le file delle sedie, quasi tutte occupate.

Quello era lo stesso luogo dove Byron ed Astrid si erano sposati, quasi tre anni prima, e Heath lo ricordava quasi fosse un ricordo talmente passato da sembrargli quasi nebuloso.

Forse perché erano successe tante cose, in quegli anni, che l'Heath testimone di nozze che aveva presieduto al matrimonio di Byron non esisteva più.

E se fino a quel momento se ne era quasi dispiaciuto, o arrabbiato, ormai aveva imparato a conviverci.

Per questo raggiunse il prete a testa alta, fiero del percorso che aveva fatto. Nonostante tutte le difficoltà.

Questo per lui era un nuovo inizio. Con la donna che amava al suo fianco e una famiglia da allargare.

E da quel momento niente gli avrebbe più impedito di essere felice.

Era a questo che avrebbe dovuto pensare nei momenti massimi di depressione.

A Joyce, che alla fine era riuscita ad ottenere in lavoro come levatrice anche lì a Plaingrass, e che quindi non era stata costretta a scegliere tra l'amore e la sua indipendenza.

Alla piccola Emily, che in poco tempo gli aveva riempito il cuore di un amore che non aveva mai provato.

E anche ai suoi amici, che non si erano arresi con lui, e avevano lottato per la sua felicità anche quando lui non ne aveva più voglia.

E per l'ennesima volta Byron gli aveva dimostrato quanta fiducia aveva in lui, offrendogli un incarico importante all'interno della sua azienda di famiglia.

Arrivato all'altare, salutò sua madre, che andò a sedersi ai primi posti, mentre Byron prendeva posizione al suo fianco, come testimone.

Voltandosi a guardare il punto da dove era venuto, non poté non cercare con lo sguardo i volti di chi conosceva.

Astrid, Trevor, Sebastian, perfino Paulina con il suo piccolo. Erano tutti lì, sorridenti e felici per lui.

E poi, alzando lo sguardo, la vide.

Lei era bellissima, con il suo lungo abito chiaro, dalla gomma voluminosa.

I capelli scuri erano legati in un elegante acconciatura e il suo sorriso, soddisfatto e teso allo stesso tempo, oscurava ogni cosa.

Il cuore di Heath perse un battito nel vederla e mentre lei si avvicinava, affianco dalla figlia - l'unica che aveva voluto al suo fianco in quel momento - non riuscì a non pensare a quanto fosse bella.

La vita non era stata facile per entrambi ma aveva imparato ad affrontare i pericoli da soli.

Poteva solo immaginare quanto sarebbe stato più facile farlo insieme.

Da quel momento non avrebbero più dovuto cavarsela da soli. Piangere di nascosto e affrontare gli ostacoli contro tutto il resto del mondo.

Byron aveva ragione. Sarebbero stati marito e moglie... Ma soprattutto complici.

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