Capitolo XVII

Heath non si era arreso. Non poteva accettare di non sapere tutta la verità su Joyce, anche se il rischio era quello di affezionarsi sempre di più a lei.

Infatti, più scopriva la sua storia, più non poteva fare a meno di constatare che anche la ragazza aveva avuto una vita difficile.

Non era sempre stato facile per lei, e non era di certo la donna decisa e imperterrita che dava a vedere. Almeno non del tutto.

Così aveva ingaggiato qualche investigatore per cercare di saperne di più.

Poteva chiedere delucidazioni a Joyce, ma qualcosa gli diceva che in realtà neanche lei avesse troppe informazioni della figlia.

E al momento non gli restava che attendere, sperando che i suoi uomini riuscissero a scoprire qualcosa prima del loro rientro a Plaingrass.

Alla fine l'incontro con Paulina era una scusa perfetta per distrarsi, tanto che tutta la mattina non riuscì a pensare ad altro che  a quel momento.

Non era tanto preoccupato di parlare con lei, ma che l'incontro avrebbe potuto risvegliare in lui ricordi brutti.

Aveva cercato di soffocare e dimenticare i giorni passati in guerra, anche se continuavano a perseguitarlo comunque.

Non ripensava spesso ai suoi compagni, proprio perché era troppo doloroso. E stava per incontrare la moglie di un suo caro amico. 

Il nervosismo era così palese in lui che Joyce rimase in silenzio per gran parte delle giornata, e in fondo gliene fu grato. Non voleva riempire quei momenti con futili chiacchiere piene di ipocrisia.

Voleva restare da solo con la sua ansia e le sue paure. Perché forse affrontarle era l'unico modo per andare avanti.

Non che fosse il suo primo obiettivo, andare avanti, ma non aveva molta scelta. Anche quando cercava di far capire agli altri che non voleva superare la crisi, facevano di tutto per costringerlo a rapportarsi con la realtà.

Paulina viveva in un quartiere abbastanza lontano dal loro, non proprio di lusso ma neanche squallido come molti vicoli bui e nascosti della Capitale. 

Sapeva che John apparteneva ad una famiglia di mercanti benestanti, e sicuramente era solo grazie al suo lignaggio se la vedova poteva permettersi una casa decente. 

La dimora era piccola e modesta, ma allo stesso tempo confortevole ed accogliente, o almeno è quello che sembrò subito agli occhi di Heath una volta che li accolsero dentro. 

Paulina li stava aspettando per il tè ed aveva preparato dei biscotti fatti in casa per loro. Tutta la disponibilità che mostrò fin dall'inizio mise a disagio Heath, che di certo non si era aspettato tanta gioia nel vederlo. 

Non l'aveva mai vista dal vivo, ma John una volta gli aveva fatto vedere un piccolo ritratto che teneva all'interno di un ciondolo che portava sempre con sé. Perciò non fece fatica a riconoscere la fanciulla dai capelli biondi, raccolti in modo semplice ma elegante, e dal sorriso quasi contagioso. 

«Che gioia vedervi, sir Heath, ho atteso tanto una vostra risposta», furono le sue prime parole, mentre li faceva accomodare nel suo piccolo salotto. E rivolgendosi a Joyce aggiunse: «Mi fa piacere conoscere anche voi, lady Joyce, e sono contenta che siate riuscita a convincerlo a venire».

«Oh, sapete quanto gli uomini possono essere cocciuti», rispose Joyce con un sorriso complice mentre si sedeva su un piccolo divano ben rifinito ma dall'aria vecchia. Paulina prese posto invece su una poltrona e gentilmente servì ai suoi ospiti il tè con i biscotti.

«Posso solo immaginare, anche il mio John era un gran testardo», non c'era alcun velo di tristezza nel tono di voce mentre parlava del marito morto, solo dolcezza e infinito amore. 

«Lui mi ha scritto tutti i mesi mentre era al fronte, e mi parlava spesso di voi, Heath. Del vostro animo coraggioso, della vostra intraprendenza e del vostro umorismo».

Heath odiava essere lodato e non nascoste l'imbarazzo mentre la donna lo riempiva di complimenti. Si sentì molto più a suo agio con lo sguardo sbalordito di Joyce, che ovviamente non riusciva a riconoscere nell'uomo che stava assistendo tutte quelle qualità. 

Lei aveva visto un Heath completamente diverso. Non aveva avuto il piacere di conoscere l'Heath spensierato, pieno di vita e gioia e anche un po' stralunato che era sempre stato. 

«Avrei voluto parlare con voi molto tempo fa...», si azzardò ad ammettere lei, senza però lasciare intendere che tutto quel ritardo era solo dovuto a lui e alla sua poca voglia di vederla.

Nonostante lei fu gentile a non farglielo pesare, Heath sapeva che era stato davvero maleducato e inopportuno a farsi desiderare per così tanto tempo.

«Vi chiedo scusa», ammise con una certa fatica, ignorando lo sguardo sorpreso di Joyce per quella sua completa sincerità: «Non sono del tutto guarito dalle mie ferite morali, e non sono proprio la persona che vi aspettavate».

Per la prima volta da quando era tornato a casa si sentiva in colpa per essere una persona così deludente, perché la verità era che gli importava molto dell'opinione di quella donna sconosciuta. 

Lei si allungò verso di lui, senza alcun timore, e porse la mano sopra la sua, con fare affettuoso, mentre sorrideva affabile: «Non posso neanche immaginare ciò che avete passato laggiù. Per mia fortuna, o sfortuna, a John non piaceva parlare di certe cose e preferiva scrivermi solo di cose belle, per non farmi preoccupare o per non rattristarmi... il mio John pensava sempre prima al benessere degli altri».

Ancora una volta Negli occhi di Paulina si poteva intravedere solo amore e gioia mentre parlava del marito. Come se avesse ormai accettato da tempo la sua dipartita e scelto di ricordare solo il meglio. 

Heath si permise di sorridere, piano, mentre affermava: «Ricordo bene, era un uomo molto altruista, e vi amava tanto. Non smetteva di parlare di voi e del vostro bambino, era così felice di diventare padre...».

Lui non fu abbastanza bravo come lei, perché un groppo in gola gli impedì di continuare a parlare. Ma Paulina non si lasciò rattristare, anzi si alzò di scatto e disse: «A proposito, voglio farvi conoscere una persona».

Uscì dalla stanza quasi correndo, lasciandoli da soli nel pieno del silenzio. Per qualche istante Joyce evitò di guardarlo, in imbarazzo anche lei per tutta quella situazione. Ma non riuscì a resistere a lungo.

Voleva capire cosa stesse passando per le mente di Heath in quel momento, ma era così indecifrabile che fu costretta a chiedere: «State bene?».

Non era convinta che fosse stata una buona idea, quella di fargli conoscere Paulina, ma allo stesso tempo sperava che qualcosa potesse smuoversi in lui.

«Sto bene», rispose con tono secco lui, lasciando intendere che non avrebbe aggiunto nulla di più e che non voleva parlarne. E Joyce rispettò il suo disagio.

Comprendeva quanto quell'incontro potesse essere doloroso per lui, e voleva dargli anche un po' di spazio per metabolizzare. 

Per loro fortuna Paulina tornò qualche istante dopo e non era solo. Fra le sue braccia stringeva un pargoletto che non avrà avuto neanche un anno, che si aggrappava a lei con una manina mentre con l'altra si sfregava gli occhi assonnati.

«Sir Heath, ho l'onore di presentarvi il piccolo Heath, il figlio di John», e ancor prima che lui potesse comprendere cosa stava succedendo, la donna gli mise il bambino fra le braccia e lui fu costretto a tenerlo saldamente per non farlo cadere. 

«Scusate?», chiese osservando il piccolo come se fosse una creatura a lui sconosciuta, decisamente a disagio per tutta quella situazione. Non aveva mai tenuto in braccio un bambino, neanche i figli di Byron, e la cosa lo lasciava perplesso.

Da una parte aveva paura di farlo cadere, e non sopportava molto quella vicinanza, ma dall'altra doveva ammettere che apprezzava il suo odore e il suo corpo soffice che si accollava sulla sua spalla. 

Paulina si rimise seduta, senza accennare a riprendersi il figlio, e osservando la scena con un sorriso dolce e contento: «Ho deciso di chiamare nostro figlio con il vostro, sir Heath, in onore del vostro coraggio e di tutto ciò che avete fatto per lui».

A quelle parole Heath non riuscì a non trattenere un singulto di emozione, anche se non riuscì a capire subito cosa fosse. 

«Io non sono riuscito a salvare vostro marito», ammise lui, come se fosse una cosa talmente ovvia che non aveva bisogno di altre parole. Il tono di voce pieno di rimpianti ne era la conferma.

 Ma Paulina non la pensava come lui: «Voi avete fatto tutto il possibile per salvarlo, e io non avrei potuto chiedere di meglio».

«Avrei dovuto morire io al suo posto, non si meritava di fare quella fine».

«Ma voi non vi siete arreso, avete tentato di tutto e quanto non c'è stato più nulla da fare siete comunque tornato indietro, rischiando la vostra vita, per riportarlo a casa, in qualsiasi condizione».

Joyce non riusciva a smettere di guardare Heath e della sua reazione mentre ascoltava le parole di Paulina.

Lei non sapeva cosa fosse veramente successo in guerra e venire a scoprire i dettagli finalmente per lei era un grande passo avanti. Non avrebbe compreso tutto fino in fondo, ma era già qualcosa. 

«Era il minimo che potessi fare», si sminuì lui, continuando a guardare il bambino che sembrava stranamente a suo agio tra le braccia di un perfetto sconosciuto. 

«No, voi avete perso la vostra gamba per permettere a me di riabbracciare un'ultima volta il padre di mio figlio... e non potete neanche immaginare quanto questo abbia significato per me».

la notizia sconvolse così tanto Joyce che non riuscì neanche a trattenersi, con la bocca spalancata e gli occhi sbarrati fissò Heath come se non lo avesse mai conosciuto veramente.

Fino a quel momento si era sempre rifiutato di rivelarle come aveva perso la gamba ed era sicura che se fosse stata Paulina a rivelarlo, sarebbe rimasto un segreto. Per qualche ragione se ne vergognava, anche se non ne aveva motivo. 

«Voi siete un eroe, sir Heath, dovete prenderne atto e fare pace con il passato», concluse lei, continuando a sorridergli.

«Quindi voi non provate rancore nei miei confronti?».

«Perché mai dovrei?».

«Perché io sono vivo mentre John no».

Era questo il punto di tutta la faccenda. Non riusciva ad accettare quella tremenda ingiustizia. Un uomo come John, padre di famiglia, non era tornato a casa, mentre lui, che non aveva nessuno ad aspettarlo, era salvo. 

Si sentiva in colpa, come se non fosse stato degno della vita che aveva guadagnato con tanta fatica, perché era convinto che John sarebbe stato più bravo di lui a ringraziare la sua buona sorte. 

E invece Heath viveva a metà, perennemente arrabbiata e frustrato, incapace di continuare ad andare avanti e perdendo così la sua seconda opportunità. 

Paulina glielo lesse negli occhi, quello che stava pensando in quel momento, perché si permise di aggiungere, con fare saggio: «Potrei avercela con voi solo se sprecasse la vostra vita, la vostra seconda vita. Godetevela, e siate grato per aver avuto questa opportunità. E se proprio non ci riuscite per voi, fatelo per John... vivete anche per lui».

Heath non avrebbe mai immaginato di sentire tali parole dalla moglie del suo amico, ma invece di rispondere con qualche parola di circostanza - non sapendo bene cosa dire - si limitò a tornare a fissare il piccolo Heath che, a sua volta, lo osservava incuriosito.

«Ha gli occhi di John», disse soltanto, regalandogli un sorriso pieno e sincero. 

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