Capitolo 2
Mancava poco all'ora di cena e James stava ancora dormendo profondamente. Ne' l'odore del pasto in tavola, ne' il rumore delle urla di sua madre riuscirono a svegliarlo, ma probabilmente sarà stato perché in quel momento altro passava per la sua testa. Forse perché un bellissimo sogno, degno di un dipinto, stava lentamente annebbiandogli la mente.
Nel sogno, era sdraiato sul crinale di una collina e l'erba mossa dal vento lo accarezzava dolcemente. Dietro di lui, una foresta di pini lo circondava con il suo leggero e dolce profumo. Non stava pensando a nulla di particolare in quel momento. Non stava pensando esattamente a nulla. Era l'unico momento della giornata in cui, probabilmente, avrebbe potuto riposarsi, svuotare la testa e dedicarsi completamente a sé stesso, anche se tutto ciò non stava accadendo solo nella sua testa. Il sole splendeva all'orizzonte, in procinto di tramontare, colorando tutti i dintorni di una tinta simile al bronzo. James adorava quel colore, poiché gli dava una sensazione di caldo e di sicurezza, come l'abbraccio di una madre che non aveva mai davvero avuto, se non quando era troppo piccolo per ricordarselo.
Continuò con questi pensieri fino a quando il sole non tramontò del tutto, lasciando quegli ultimi attimi di luce al cielo, che sarebbe presto stato occupato dall'oscuro velo della notte, illuminata dalle più splendenti stelle. Quando arrivò, però, nessuna stella illuminava il cielo. La luna occupava gran parte di questo, quella sera, e la sua luce gettava lunghe ombre su tutto ciò che circondava il ragazzo. Un lieve alito di vento agitò l'erba, come un fresco respiro portatore di pace e serenità. L'unico problema era quella luna. Così grossa e vicina che se avesse alzato un braccio sarebbe riuscito a toccare la sua candida superficie con la punta delle dita, che lo faceva sentire quasi osservato, impotente, oppresso. Poi successe una cosa che mai si sarebbe aspettato di vedere, anche se in sogno: la luna si divise in quattro parti, quattro parti identiche, che si allontanarono l'una dall'altra per posizionarsi agli estremi del firmamento e per poi riplasmarsi in piccole sfere. Ora, nel cielo notturno c'erano quattro piccole lune, e ognuna ne occupava un angolino. Il terreno tremò, costringendo James ad alzarsi. Da esso iniziarono a crescere delle colonne marmoree, disposte in cerchio attorno a lui e con altezze diverse l'una dall'altra. Un pavimento circolare crebbe, sotto al ragazzo, dal terriccio ormai smosso, sollevandolo da terra fino a che la colonna più bassa non lo superasse di circa un metro. Sì avvicinò cautamente al bordo, tenendosi ad una delle colonne, e guardando sotto vide che un enorme palazzo si stava costruendo come per magia. Non sembrava esserci via di uscita da lì, perciò iniziò a camminare in tondo, fermandosi di colpo quando una scala a chiocciola apparve nel centro del pavimento. Provò a scendere, ma ogni volta che faceva un gradino il suo cuore si faceva più pesante, la testa gli martellava e un rumore assordante si faceva largo nelle sue orecchie, costringendolo a retrocedere. James si appoggiò così ad una colonna, rassegnato, finché non notò degli strani disegni sul pavimento di marmo: tre cerchi in tutto, che formavano due anelli. L'anello più piccolo, verso l'esterno, conteneva dieci cerchi, al cui interno erano disegnati dei simboli. Il primo cerchio conteneva una stella a cinque punte, il secondo due lance incrociate, il terzo uno scudo, il quarto una croce greca, il quinto, il sesto, il settimo e l'ottavo contenevano rispettivamente una goccia, una spirale, una fiamma e una piramide stilizzate, il nono una specie di cristallo e l'ultimo era vuoto, proprio come il cerchio più grande, il più interno, e al suo centro cresceva la scala a chiocciola. Su ogni colonna invece era inciso quel simbolo che tanto aveva tormentato il ragazzo quella mattina: era un cerchio, intersecato nella parte superiore e nella parte inferiore da due mezzelune, e sopra ognuna di esse vi era un piccolo cerchio. Al centro, due linee, con una punta di freccia su entrambe le estremità, si intersecavano. Lungo tutta la circonferenza interna, una linea continua zigzagava, come per indicare delle tacche, e all'esterno del cerchio dei ghirigori lo abbellivano. Se solo aveste potuto vedere il suo volto in quel momento penso che definirlo bianco sarebbe stato riduttivo. Un brivido gli percorse tutta la colonna vertebrale e sentendosi quasi mancare il pavimento sotto i piedi si inginocchiò a terra per evitare di cadere. La sua mano scorreva lenta e tremante sulle scanalature che componevano quella figura, come se dovesse accertarsi che fossero vere e non una semplice illusione. Quando ebbe appurato che si trattasse davvero di quel simbolo, un sorriso sghembo gli si stampò in volto. Avrebbe forse finalmente potuto scoprire il suo vero significato, avrebbe forse capito perché solo lui riusciva a vederlo. Mentre questi e molti altri pensieri annebbiavano la testa del ragazzo, una scossa fece tremare il palazzo, facendo cadere James sul candido pavimento. Nel cielo le quattro sfere stavano iniziando a tingersi di quattro colori diversi: una stava diventando rossa, una verde, una gialla e un'altra blu. Gli occhi di James erano rivolti al cielo, in attesa, colti da un improvviso stupore.
-Alzati- una voce risuonò tutto intorno, rendendo difficile capire da dove provenisse. Era come se fosse ovunque. James, comunque, obbedì.
-Chi parla?- chiese lui, sul punto di urlare, mentre si guardava intorno, confuso.
-Noi-
Un silenzio infinito calò su quel quadro notturno. La tensione era così tanta da potersi quasi tagliare con un coltello.
-Powell James- disse la voce indefinita facendo poi un breve attimo di silenzio -Ti abbiamo esaminato. Ti abbiamo messo alla prova. E, secondo noi, tu sei il predestinato-
James era confuso, molto più di prima. Avrebbe fatto qualche domanda se non fosse stato costretto a svegliarsi.
-Ci rivedremo, Powell- continuò la voce -stanne certo-
Questa fu l'ultima cosa che James riuscì a ricordare, prima che si svegliasse. Aveva la fronte madida di sudore e si ritrovò per terra al risveglio, essendo però sicuro di essersi addormentato sul suo letto. Il ragazzo si mise così a sedere e, sentendo l'ennesimo richiamo della madre per la cena, si alzò e finalmente si diresse in cucina. Uscendo dalla camera passò davanti allo specchio e lì si bloccò, fissandosi per un po'. Era davvero cresciuto molto nell'ultimo periodo. Si era alzato di almeno dieci centimetri, superando quindi la madre di almeno cinque. I suoi capelli castano scuro si erano allungati, formando dei piccoli boccoli dietro la testa. Gli occhi color nocciola risaltavano come sempre sulla carnagione pallida. Passarono pochi minuti prima che James si decidesse a scendere per andare a mangiare. Soppesò ogni passo che faceva per scendere le scale, richiamando l'attenzione della madre che gli urlò dalla cucina -Finalmente!-
Riluttante, il ragazzo si sedette a tavola.
Non toccò cibo quella sera, tornandosene in camera sua dopo un paio di minuti seguito dalle urla di sua madre.
Si buttò sul letto,restando a faccia in giù sul cuscino. La finestra della camera si spalancò all'improvviso, costringendo James ad alzarsi per chiuderla. Si affacciò, guardando in strada. Tutto era immobile e silenzioso. Soltanto il vento che soffiava faceva un minimo rumore. Il velo oscuro della notte era sceso anche nel mondo reale, oltre che nei sogni di James, ma stavolta le stelle brillavano in cielo. Il ragazzo restò per un po' appoggiato al bordo della finestra, guardando il cielo stellato, e, dopo un po', andò placidamente a dormire. Le luci in quella casa si spensero molto presto quella sera, ma circa un chilometro più avanti, nel quartiere ricco, le luci di una casa erano ancora accese. La casa in questione era quella della famiglia Campbell.
I due figli, Allen ed Elisabeth, erano infatti ancora alzati. Il figlio maschio era in camera sua, intento a terminare un disegno con colori ad olio su tela. La figlia minore, invece, era nella biblioteca di famiglia, seduta su un divanetto a leggere.
Allen stava dando l'ultima pennellata al suo dipinto. Era assorto nei suoi pensieri, quando improvvisamente la finestra si spalancò. Il ragazzo si avvicinò ad essa,appoggiando il canovaccio sporco di colore sul bordo della finestra, e guardò fuori. Il cielo era stellato e un vento leggero rinfrescava l'aria di quella serena notte. Si appoggiò al bordo della finestra e sospirò.
La sorella, Elisabeth, si trovava in biblioteca. Era sdraiata sul divanetto, esattamente sotto la finestra, che all'improvviso si aprì. Il vento fece girare le pagine del libro che la ragazza stava leggendo, facendola infuriare. Si alzò e sistemò il libro, poi si risedette sul divanetto, abbracciandosi le gambe e guardando la notte stellata dalla finestra aperta.
Una cosa in quel momento accomunava quei tre ragazzi; o forse più di una, ma loro ancora non potevano saperlo.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top