Capitolo due (Samæl) - Il guerriero

Samæl incassò un colpo, poi un altro. Il sangue fuoriusciva dal naso ma nessuno si preoccupava per lui; era un semplice allenamento e perdere "la vita rossa" aiutava a rigenerare l'anima.
Non provava dolore; solo un po' di fastidio, leggero come una puntura, nei punti in cui veniva colpito... non avrebbe neanche avuto bisogno di farsi medicare.
Una sacerdotessa di Ryvius suonava la cornamusa in fondo alla tenda mentre sua madre canticchiava a voce bassa. La musica aveva il potere di rilassarlo e aiutarlo nella concentrazione.
Era cresciuto molto negli ultimi dieci anni, oramai era un uomo adulto nonché, a detta di tutti, un valido  condottiero per quella gilda leale; le sue abitudini però erano sempre le stesse, il ripetere le stesse azioni giorno dopo giorno riuscivano a non farlo sbagliare mai.
Si svegliava all'alba, andava a bagnarsi nelle acque del fiume Kore assieme ai suoi uomini più fidati, si allenava prima e dopo pranzo e fino a sera si dedicava alle pratiche governative; era un uomo esemplare e perfetto... almeno finché non giungeva la notte e in ogni superficie riflettente non appariva Lei.
<< Samæl!>> gridò qualcuno, come un avvertimento, e il guerriero riuscì a riprendersi giusto in tempo per evitare di essere colpito di nuovo.
<< Sciocco ragazzo. Sciocco.>>
Il suo maestro stava scuotendo la testa mentre con il dito faceva cenni negativi; la barba bianca arrivava al pavimento e sembrava volerlo pulire da tutte le impronte impure.
<< Se il fiume segue il percorso sbagliato finirà per straripare.>> disse alzandosi dalla sedia di legno. Le ossa magre produssero uno scricchiolio simile ad una porta che si apriva.
<<Se l'uccello vola al contrario, finirà per essere trascinato dal vento. .>> continuò camminando davanti agli uomini che erano seduti sul pavimento.
<<E se io non presto attenzione in battaglia, finirò per morire.>> continuò Samæl come una filastrocca cha aveva sentito un milione di volte prima.
<<Bravo ragazzo. Bravo.>> disse il vecchio.
Prese un bastone di legno e lo suonò in testa a tutti gli uomini presenti mentre le donne, dopo aver fermato improvvisamente la musica, scoppiarono in una dolce risata.
<<Saggezza ragazzi. Saggezza.>>
Anche Samæl sorrise del modo in cui, da sempre, il suo maestro usava ripete le parole. Una volta, da bambino, gli aveva chiesto il perché. Il maestro l'aveva legato mani e piedi su uno sgabello di legno per insegnargli la pazienza e poi, dopo tredici ore senza  mangiare o potersi muovere, gli venne spiegato che gli uomini difficilmente imparavano qualcosa se non gli veniva ripetuto più volte. 
Il suono di un flauto dolce inondó la tenda e tutti i presenti si alzarono.
Samæl li congedó uno ad uno per la notte, anche se il sole ancora non era al tramonto.
Dopo aver salutato anche sua madre e il suo maestro lasciò la tenda del combattimento e andò verso quella che definiva "casa".
Il suo popolo non amava restare nello stesso posto per più di 10 anni, quindi, invece di edifici, eregevano grandi tende dai colori scuri. Una per ogni famiglia.
Casa sua era composta da quattro tende color porpora, divisa tramite separé color dell'oro.
Samæl non cenò quella sera, era solo stanco e bisognoso di lei...
Mandò via la servitù e sistemó diversi specchi intorno al suo letto, in modo da poterla vedere da ogni angolazione.
Chiuse gli occhi per un istante e quando li riaprí le fatiche dell'intera giornata furono ripagate...

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