The wolf

Russell

La zuffa avvenne circa un mese dopo il nostro ritorno al campo: era ormai pieno inverno e arrivati alle pendici delle Montagne Rocciose il lavoro della ferrovia si era arenato. Il terreno era impossibile da lavorare e bisognava attendere l'arrivo della polvere da sparo che ci avrebbe permesso di scavare facilmente gallerie nelle montagne: era una soluzione pericolosa sia per l'imprevedibilità degli scoppi — che io avevo già sperimentato — sia per i probabili crolli durante la successiva messa in sicurezza dei cunicoli. D'altra parte aggirare le montagne, che si estendevano per miglia e miglia, era impossibile e correvano voci su un nuovo mezzo di esplosione, la dinamite, di cui si raccontavano meraviglie; per il momento evitavamo di preoccuparci troppo del futuro e ci limitavamo a sopravvivere al gelido inverno del Wyoming, bloccati in una delle zone più inospitali dello Stato.
La mia esperienza di caccia presso i Cheyenne mi fu molto utile per garantire spesso a me e ai miei compagni dell'ottima selvaggina da mettere sotto i denti, perché i convogli di provviste tardavano ad arrivare, ostacolati dalla neve e dalle frequenti tempeste. Erano quindi un paio di settimane che il campo era attraversato da un moto di malcontento, che Dodge e i suoi uomini si sforzavano di ignorare pur tenendolo sotto controllo.

«Speriamo che il convoglio arrivi presto.» mormorò Namid un mattino, scrutando con preoccupazione il cielo grigio.

«Non ci sperare troppo, ragazzina: quest'inverno durerà ancora per un bel po' e sarà dura per i nostri arrivare fin quassù. Non credo potremo riprendere il nostro lavoro prima che si sciolga la neve. E questo sarà un grande problema per la compagnia.»

«Perché siete così desiderosi di arrivare prima della Central?» chiese all'improvviso la ragazza, sospettosa. «Cosa c'è sotto?»

Io sorrisi malinconico, sfregandomi le mani davanti al fuoco della nostra tenda e lanciando un'occhiata ad Ayasha che cercava di mettere al riparo i cavalli dal vento sferzante: la pancia iniziava a farsi evidente e il suo umore era sempre più chiuso e solitario, non era rimasto nulla della ragazza attiva e risoluta che avevo conosciuto.
«Lo Stato non può permettersi di pagare tutto il lavoro delle due compagnie, perciò quando hanno iniziato a costruire, nel 1863, hanno raggiunto un accordo: oltre ad una somma prestabilita per ogni miglio raggiunto, la compagnia ferroviaria ottiene la proprietà del terreno circostante per un raggio di venti miglia... È un profitto enorme.»

«No, non credo!» obiettò lei, corrugando la fronte. «La maggior parte dei territori dove passa il treno sono disabitati e vuoti...»

«Lo sono adesso.» la corressi. «Ma quando la ferrovia sarà finita varranno una fortuna perché dove va il treno lo seguono coloni, pastori, imprenditori e molta altra gente che vuole cambiare vita. Persone che sarebbero disposte a pagare questi terreni a peso d'oro! Sorgeranno numerose città lungo i binari e in breve la compagnia guadagnerà milioni. Ecco perché sono così ansiosi di posare più binari della Central, capisci?»

«Sì.» esclamò dura la ragazza, guardandomi con espressione triste. «Sì, capisco che ben presto il mio popolo sarà scacciato nuovamente dalle sue terre e condannato a morte.»

Rimasi senza parole nell'udire quelle parole: non mi illudevo che avesse dimenticato la sua tribù, ma speravo che la vita con me l'avesse aiutata a lasciarsela alle spalle. Evidentemente era una ferita più aperta di quello che avevo immaginato e capii le oscure parole di Chuchip: Namid era costantemente lacerata tra Cheyenne e bianchi, in una lotta che forse non avrebbe avuto mai fine. Fui preso dallo sconforto al pensiero che non potevo aiutarla in nessun modo.
Un clamore improvviso mi distolse dalla conversazione: diversi uomini correvano gridando verso la chiesa.
Fermai Lee al volo:
«Che succede? Sono arrivati i rifornimenti?»

«No, purtroppo. Non ho capito bene, ma uno dei nostri è stato beccato con una donna che doveva lasciare stare...»

"Abraham!" pensai, imprecando mentalmente. Sapevo che quella mattina si sarebbe visto con Rachel, non poteva essere che lui!
«È spacciato!» borbottai, infuriato, entrando nella tenda per prendere al volo la pelliccia da buttarmi sulle spalle. «Sono spacciati tutti e due!»

«Ma di chi stai parlando?» chiese Namid, affiancandomi preoccupata.

«Di Abraham e di Rachel!» sbottai, seguendo la folla.

La ragazza sbarrò gli occhi:
«Vuoi dire che loro...?»

«Sì»

Non parlammo più finché, a forza di spintoni, non riuscii a farmi largo tra le persone per assistere ad uno spettacolo inaspettato: Kasper Nowak fronteggiava in silenzio padre Andrew che invece sembrava posseduto e urlava come un ossesso, stringendosi spasmodicamente la Bibbia al petto. Dietro di lui, Annabeth singhiozzava, premendosi la mano sulla guancia, dove iniziava già a vedersi il segno rosso di uno schiaffo; Namid provò a raggiungerla, ma io la fermai. Avevo visto infatti Dodge avanzare verso i due.
«Ebbene, cosa sta succedendo qui?» tuonò il generale.

«È questo miscredente corrotto!» ululò il pastore, puntando il dito contro il polacco. «Ha sedotto mia figlia, l'ha portata sulla strada della perdizione!»

«Senti chi parla!» la voce di Brian si alzò in difesa del compagno. «Siete voi che vi siete allontanati da Roma, non noi!»

«Zitto, paddy*!» ringhiò padre Andrew, tornando a rivolgersi a Nowak:
«Come hai osato avvicinarti alla mia Annabeth?»

Kasper inspirò profondamente, prima di rivolgersi direttamente a Dodge:
«Non ho alzato un dito sulla fanciulla, signore, non l'avrei mai fatto. Mi sono semplicemente fermato a salutarla.»

«Chi ti ha dato il diritto di rivolgerle la parola?» continuò il pastore, indignato.

«Io, padre!»
Annabeth avanzò nel silenzio generale, superando il padre e ponendosi al fianco di Nowak:
«Sono stata io, perché ne sono innamorata. E se voi non ci aveste scoperti, oggi, avremmo potuto evitare tutto questo: Kasper è disposto a convertirsi per me... Per sposarmi.»

Grida di protesta si alzarono dal gruppo degli irlandesi, cattolici e profondamente avversi alla dottrina protestante, ma Kasper non mutò espressione neanche quando padre Andrew, boccheggiante, aveva fatto qualche passo indietro per appoggiarsi alla croce infissa nel terreno davanti alla chiesa.

«Padre!» esclamò Annabeth preoccupata, vedendolo cadere a terra con le mani sul petto. Kasper e Dodge si affrettarono ad aiutarla, sollevando l'uomo e trasportandolo verso il suo letto, mentre quello rantolava e mormorava parole sconnesse:
«Tradimento... Peccato... La mia bambina... Tradimento, tradimento...»

Annabeth li seguì in lacrime e io sussurrai a Namid:
«Adesso va' da lei, se vuoi!»
Poi, insieme a Chuck, Javier e ad Abraham che era giunto in fretta e furia, iniziai ad allontanare i gruppi di curiosi.

•••

L'annunciata conversione di Kasper aveva innalzato il malumore alle stelle e padre Floyd era stato quasi stroncato dall'infarto che lo aveva colto. Appena si era ripreso aveva voluto accertarsi che sua figlia fosse ancora illibata, proibendole poi di avere alcun contatto con il mondo esterno finché non si fosse sposata con il polacco. Namid mi riferì che si riteneva fortunata, perché il pastore non l'avrebbe separata da lui, spedendola lontano dal campo.
Pur sapendo che sarebbe andata a finire così, quella storia mi aveva lasciato dell'amaro in bocca: Nowak era stato costretto a fuggire dalla miseria e dalla fame in patria, solo e con la sua fede come unico ricordo. Adesso avrebbe dovuto rinunciare anche a quella.
La mia frustrazione aumentò quando riconobbi le impronte lasciate sulla neve smossa vicino ai vagoni ferroviari fermi.

«Lupi!» ringhiò Chuck, sputando per terra.
Io alzai lo sguardo verso le rocce imbiancate di fronte a noi, alla ricerca del branco. Da quando Namid aveva espresso la nostalgia per la tribù i miei pensieri tornavano con insistenza su Hevataneo e la cosa affossava ulteriormente il mio animo.
Avvistammo il branco un paio di giorni dopo, ma fu subito chiaro che non avevano alcuna intenzione di attaccarci: sembravano grassi e in salute ed erano troppo pochi per riuscire a sopraffare anche solo un paio di noi. I lupi sono animali intelligenti e quegli esemplari si limitarono a fiutare il nostro odore rimanendo a distanza di sicurezza; quando uno degli uomini provò ad ucciderne uno per la pelliccia si defilarono senza lasciare traccia. O almeno così pensavo.
Il mattino dopo, infatti, uscii dalla tenda di corsa, allarmato dalle esclamazioni di Namid: la trovai accucciata a terra, intenta a parlare con qualcuno che si rivelò essere un giovane esemplare di lupo.

«Sei impazzita, ragazzina? Mi hai fatto prendere un colpo!» urlai, cercando di allontanarla dall'animale. Ma osservandolo da vicino compresi perché la ragazza non ne fosse stata spaventata: aveva una taglia molto più piccola del normale, il pelo sporco e corto ed era talmente magro da potergli contare le costole.
Mi passai una mano sul mento, mentre Namid riprendeva a coccolarlo:
«Come ha fatto ad arrivare fin qui? E perché è ridotto in questo modo?» mormorai.

La ragazza mi indicò la zampa anteriore del lupo, piegata in modo innaturale:
«Il branco è feroce con i più deboli, devono averlo lasciato qui a morire! Guardalo, poverino, è stremato, non ce la fa neanche a reggersi in piedi!»

«Bene, così morirà in fretta e potremo mangiarlo!» esclamai, soddisfatto, ma Namid inorridì.

«Stai scherzando, vero?»

«No, perché?»

«Il lupo è uno dei nostri animali sacri, lo mangiamo solo in condizioni di grave carestia! Non puoi lasciarlo qui a morire e poi pretendere che io lo cucini!»

Sospirai: quella situazione iniziava ad assumere una vena comica e la cosa peggiore era che la mia arrendevolezza mi rendeva ridicolo ai miei stessi occhi.
«Cosa suggerisci di fare, allora?»

Le labbra di Namid si schiusero in un sorriso raggiante:
«Tenerlo con noi, naturalmente! È poco più che un cucciolo, non dev'essere più nato più tardi dell'ultima primavera... Sarà un buon compagno per la caccia!»

«Come no!» sbuffai. «Con quella zampa non riuscirà mai a correre dietro ad una preda, Namid! Ma fa' pure come ti pare, l'importante è che non morda nessuno e che non mangi più cibo del necessario.»

«Bene. Vedrai, alla fine sarai contento di questa scelta: sento che questo cucciolo saprà esserti riconoscente!»
"Le donne e le loro sensazioni, bah!"
«Russell?»

«Cosa c'è?»

«Come lo chiamiamo?»

Alzai gli occhi al cielo: tra la relazione clandestina di Abraham da proteggere, il pericolo latente di King e la preoccupazione per l'apatia di Ayasha, non avevo davvero tempo per quelle idiozie, ma Namid aspettava, sorridente e fiduciosa, così...
«Ti va bene Hutch?» chiesi, pronunciando il primo nome che mi venne in mente. La ragazza rise e vedendola così, seduta a gambe incrociate in mezzo alla neve con il lupacchiotto placidamente adagiato sul suo grembo, mi parve una bambina felice.
"Non sei un po' troppo vecchio per fantasticare?" mi dissi, riscuotendomi dalla visione che avevo avuto: io e Namid lontani dalla ferrovia, in una casa vera, Tasunke e quel dannato lupo che scorrazzavano nel prato... Una famiglia.
Ma avevo imparato che la vita non dà mai niente per scontato e il mio sogno avrebbe dovuto attendere.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top