capitolo 36 mostrarsi
La mattina di natale, la casa è immersa nel silenzio del riposo e del sonno.
La sera prima hanno festeggiato fino alle tre di notte, per poi fermarsi tutti qui a dormire.
Occupando tutte le stanze per gli ospiti della casa.
Nonostante la possibilità di dormire fino a tardi, i sensi di Kim non riposano mai.
Sopratutto se c'è gente estranea in casa sua.
Percio verso le dieci del mattino, è già sveglia e pronta a mettere ordine un casa sua.
In tutti i sensi.
Lasciando Alex dormiente tra le lenzuola, si concede una doccia lunga, per poi vestirsi con calma indossando anche i regali della sera prima, la collana e l'anello.
Sorpresa di sentire la necessità di indossarli e la felicità con cui infettano la pelle su cui sono posati.
A passo leggero, scivola al piano inferiore, accompagnata dal rumore di sospiri dormienti e la quiete di una casa ancora insensibile al giorno che è già splendente in cielo.
Il piano inferiore è un disastro, sul pavimento ci sono carte, bicchieri e altri resti di una serata di festa.
Per non parlare della cucina, tra bottiglie vuote e stoviglie sporche sembra un campo minato.
Sbuffando e segnando mentalmente di uccidere Sara per questa assurda idea di fare festa a casa loro e non in in semplice locale, si alza i capelli in una coda alta per poi alzarsi le maniche del maglioncino fino ai gomiti.
Pronta a pulire, ma non prima di aver fatto razione di caffè.
Il rumore della macchinetta che ribolle l'acqua facendola salire attraverso il filtro del caffe.
E in fine, la magia, il liquido ambrato che scoppietta dai due fori in cima versandosi nella macchinetta.
Un magnifico buon giorno, se non fosse interrotto da un rumore quasi impercettibile, che proviene dal soggiorno.
Con una tazzina del suo amato caffè in mano, si ferma sulla porta, osservando con attenzione l'intruso del suo risveglio.
Kessie, ignara della sua presenza, si muove nel soggiorno raccogliendo le bottiglie vuote passandole tutte sul tavolo.
Tranquilla pulisce, cercando di fare meno rumore possibile, dando tutto il tempo a Kim di studiarla.
Sara la sera prima le ha parlato di lei, del fatto che frequentano gli stessi corsi, che vive da sola tra i due territori, che ha perso la mamma da poco e che è la persona più gentile che lei abbia mai conosciuto qui in città.
Ma per Sara può essere definito gentile anche Jek perciò non è molto affidabile il suo giudizio.
E poi, due persone buone nella stessa città?
Le stilistiche della realtà di questa città non sarebbero d'accordo.
Con lo stesso passo delicato, torna in cucina versando una seconda tazzina di caffè, portarsi una sigaretta alle labbra, per poi tornare della curiosa ospite.
"Bisogna sempre bere un caffe prima di lavorare.
È un po una regola naturale."
Alla voce bassa e graffiante di Kim, Kessie salta sul posto, facendo cadere a terra dei bicchieri per fortuna di plastica.
Girandosi lentamente, come una pedra che prega di non essere sbranato, rimane immobile non sapendo cosa fare.
Sa chi è lei e sa che il gesto di indulgenza della sera prima non mostra del tutto il suo carattere.
E il suo sguardo invadente e inquisitorio ne ha la prova, facendola sentire come su una bilancia, in attesa che vengano messe le sue colpe in contrappeso, pronta al giudizio.
Kim piega il capo, muovendo la mano con la presa sul tazzina, insistendo nella sua offerta sottintesa.
Sfiorando la sua mano tremante quando la accetta e non avendo pietà con il suo sguardo fisso che potrebbe farle andare di traverso la bevanda calda.
E Kim non nasconde per nulla quanto le piace fare questo effetto.
E ancor di più vederla storcere il naso per il gusto amaro e forte del caffe, sicuramente come Sara abituata a quella strana brodaglia chiamata ginseng o al caffe annacquato stile americano.
Quando finalmente si allontana la sente con chiarezza fate una lungo sospiro di sollievo, lo stesso che ha trattenuto fino ad ora.
"Ora possiamo metterci a lavoro."
Da un cassetto tira fuori un rotolo di buste della spazzatura lanciandone una verso la timida ospite.
Pwr poi semplicemente dividersi e pulire il disastro della sera prima.
Ma Kessie sa che nonostante Kim sia a distanza e non la stia guardando, la sta analizzando e controllando in ogni minimo gesto che fa.
Sa di star camminando su un campo minato, che ogni suo movimento o forse persino pensiero e tenetuto sotto una lente di grandimento.
Ma, ha qualcosa da dirle.
"Grazie per ieri sera.
Cam mi ha confermato che è grazie a te se Alex mi ha accettato.
Direi che il minimo che posso fare è ringraziarti per la fiducia."
Kim, a distanza di sicurezza, si ferma lasciando cadere nella busta una bottiglia di vetro, facendo risuonare il rumore di vetri infranti in tutta la stanza.
Kessie sente addosso il peso di gesto, come se fosse voluto, ed è così.
I suoi occhi neri vengono rapiti dallo sguardo di ghiaccio della the Queen.
In una caduta lenta e dolorosa.
"Non mi fido di te, perciò non mi ringraziare per una fiducia che non ti ho dato.
E che forse mai ti darò."
Se prima c'era solo ansia e disagio, ora la voce di Kim spezza il silenzio come un filo che regge un corpo a mezz'aria.
Kessie può solo cadere e immobile subire la presenza della famosa donna demone.
"Alex avrà il suoi buoni motivi, oppure no, non mi interessa.
Io semplicemente volevo evitare che la sera si rovinasse, lo fatto per amore di Sara.
Niente di più."
Ed è vero quello che Kim ha detto ad Alex.
Ma riguarda lui e il suo rapporto con Cam.
A lei, sinceramente, non frega nulla di questa ragazza.
Puo essere una santa o il diavolo iin persona, le è indifferente.
Ma una cosa è più che chiara.
"Detto ciò, se proverai a fregarmi o se farai qualcosa che possa ferire Sara o persino Cam.
Ti ritroverai a rimpiangere di essere entrata in questa casa."
La minaccia è palese ma silenziosa, povera e quasi nulla di qualsiasi dettaglio cruento.
Ma Kim non ha bisogno di dare spiegazioni, il suo sguardo tagliente e la sua posa da boa vale più di qualsiasi altra parola.
E Kessie trema, come forse non ha mai fatto prima se non la notte in cui è morta sua madre.
Nemmeno quando ha scoperto chi è Cam ha sentito un tale freddo dentro.
Gli occhi si ghiaccio della donna sono lame che arrivano fino allo stomaco.
Danno brividi che scuotono le viscere fino a far risalire la nausea in gola.
L'aria è puro veleno che soffoca i polmoni, la gola, trovando difficile ingoiare il nodo formato in gola.
"Io, io..."
Non sa che dire, non sa più nemmeno come si fa a formulare un pensiero di senso compiuto.
Sapeva che non sarebbe stato facile entrare nelle grazie di questa donna.
Ma, questo sguardo, è inferno di ghiaccio in terra.
È una minaccia velata in un semplice sguardo.
Ma all'inferno, un angelo biondo la salva dalle fiamme che le stanno consumando l'ossigeno.
"Kessie, tesoro, perché non vai a farti una doccia e a svegliare i ragazzi.
Direi che ci servono parecchie mani qui."
Sara, ferma alla base delle scale, osserva da parecchi minuti le due donne, avendo assistito alla completa conversazione.
In genere non si intromette mai nelle parole di Kim, perché sa quanto ciò può dargli fastidio e perché sa che nonostante i suoi modi c'è un metodo e uno scopo.
"Ti ho lasciato degli asciugamani puliti davanti alla porta.
Il resto lo troverai nel bagno in camera."
Mentre ora sta solo guardando un coniglietto spaventato che lorta per sopravvivere contro una leonessa.
Kessie, ritrovando la forza di muoversi, non se lo fa ripetere due volte e nello spazio di un respiro corre al pieno superiore.
Ringraziando la bionda con un sorriso e un sguardo ancora scosso.
Rimaste sole, Kim sbuffa sapendo già che sta per arrivare una ramanzina.
Poco credibile, Sara a le braccia incrociate e il broncio, con uno sguardo serio che potrebbe anche funzionare se non appartenesse a lei.
"Non rompere."
L'anticipa Kim, entrando in cucina per accendersi la seconda sigaretta, pulire questa zona e forse risparmiarsi una rottura di scatole.
Ma Sara per quanto sia buona, in ugual misura è testarda, soprattutto se ha la ragione dalla sua.
"L'hai spaventata."
La segue Sara, gesticolando nervosa, indicando il soggiorno ma sopratutto la discussione a cui ha assistito.
"Bene, è quello che volevo."
Non la guarda, pulendo con la sigaretta accesa tra le labbra.
Non risente per nulla il tono accusatorio della amica, semplicemente perché ha fatto il giusto.
Mostrare come stanno le cose, che le piaccia o no.
E a Sara questa indifferenza indigna, fino a farle sbattere i piedi a terra.
"Quella ragazza non è come il genere di persone a cui sei abituata.
E stata l'unica a essere gentile con me, prima del tuo arrivo e ne ha già passate tante nella sua vita.
Non le servi tu che la fai sentire come se stesse con una pistola puntata alla testa."
E la prima volta che Sara si mostra così, sempre con un carattere passivo ora mostra la sua vera natura.
Gentile e dolce, ma sopratutto giusta e protettiva verso chi le ha dato una mano o forse a chi semplicemente non le ha fatto del male.
Ma Kim, nonostante apprezzi vederla uscire dal suo guscio, rimane ferma sulla sua posizione.
Si, la difesa con Alex ma per un semplice senso di giustizia, verso Cam che gli ha chiesto un po di fiducia e verso un etichetta che Kessie è costretta ad indossare.
Ma da questo, ad avere fiducia, ci scorre un mare si sangue e di esperienze.
"Sara, devi ancora capire la città in cui vivi.
La gente non è mai come sembra e nella vita che mi scorre in vena, non posso fidarmi della prima bastardina che bussa alla mia porta.
Sopratutto perché so che chi si veste d'agnello, alla fine è più crudele di un lupo."
Lei deve capire.
Deve aprire gli occhi e guardare la realtà in cui vivono.
Non può vivere di sensazioni e di bei gesti, di sorrisi senza chiedersi dove si può spingere la crudeltà umana.
E Sara, immobile e ancora indignata, ora però la guarda con un velo di tristezza negli occhi fino al cuore.
"A volte ho pena per te, per la tua poca fiducia verso il mondo."
Una lacrima scivola sulla sua guancia rosea, fino a sfiorarle le labbra secche e screpolate.
E, nonostante sia ancora un po arrabbiata, si ritrova a sospirare quando la mano macchiata di nero le accarezza la guancia umida e calda.
Con un semplice e delicato gesto, Kim la incoraggia ad alzare gli occhi verso i propri.
Creando quel contatto che si sono create il giorno in cui i loro sguardi si sono incontrati per la prima volta.
"Fidati, dovresti avere pena della me che un tempo si fidava e che per questo errore, ha pagato un caro prezzo."
Ancora una volta, Kim le mostra un pezzetto di sé, investendola come uno tsunami.
E come se ogni volta che si confidano, lei le iniettasse una bassa dose di tossina, solo per renderla pian piano immune all'inferno che vive dentro la sua anima.
Un bacio sulla fronte sfiorata da una ciocca bionda ribelle, sospirando tra le labbra una preghiera di perdono per averla macchiata un po di più.
Poi, semplicemente si allontana, lasciandola sola sulle gambe fragili, confusa più di prima.
Ma questo è l'effetto che fa Kim, persino a Sara che non può fare altro che guardarla andare via.
Come succede ogni volta che le mostra un po di sé per poi lasciarla abbandonata tra i troppi pensieri.
Per fortuna il soggiorno, pochi minuti dopo, si riempie di lamenti e schiamazzi.
Nemmeno il tempo di far ordine nella mente, che si ritrova a parlare con Kessie e Mary mentre i ragazzi seguono gli ordini di Kim nelle pulizie di casa.
Qualsiasi discussione ci sia stata, ora sembra essere scomparsa, dimenticata.
Cancellata dagli sbuffi dei ragazzi contro le direttive di lavoro da parte di Kim, le risate delle ragazze per le loro smorfie storte.
Persino Kessie sembra molto più tranquilla, grazie soprattutto a Cam che non ha giustificato Kim, ma ha spiegato i suoi modi di fare e le sue buone ragioni.
In più Kim non ha più tolto fuori il discorso e in compenso Sara come sempre ha illuminato la giornata.
Un pranzo meraviglioso, nonostante formato dai resti della sera prima, pieno di risate e serenità.
Tanto che quando il pomeriggio la casa si svuota, lasciando soli sul divano Kim e Alex, la casa sembra risentirne innebriandosi di un sottile silenzio.
Kim nonostante abbia fatto finto di nulla per tutto il giorno, onde evitare di creare amarezza soprattutto in Sara, la discussione avuta con entrambe le donne le batte ancora le tempie.
Ma i sospiri di Alex le disturbano i pensieri, richiamando tutta la sua attenzione.
Come sempre quando si tratta di lui, ogni cosa cade in secondo piano.
E Kim ancora non capisce perché lui stia diventando così importante.
"Ne vuoi parlare?"
Alex sorride, per nulla sorpreso dalla domanda dei Kim.
Questa donna ormai sembra leggerlo dentro, anche quando cerca di nascondersi per bene sotto la cenere e la polvere da sparo.
Alzando lo sguardo su di lei, nei suoi stupendi occhi di ghiaccio, capisce subito cosa vuole sapere.
La consapevolezza che lei sa già le risposte alle domande che fa.
"Io e Carter un tempo eravamo molto amici.
Io, Jek e lui eravamo migliori amici, sempre insieme.
Fregandocene delle regole e della rivalità tra le nostre famiglie."
Ricorda tutte le loro avventure, le scaramucce da ragazzini e le risse sempre contro uomini più grossi di loro.
Ricorda tutte le volte in cui in padre la sgridata, dicendogli di essere un traditore dato che se la faceva con i Miller e a volte sono persino volati schiaffi e botte.
Inutilmente la loro amicizia valeva molto di più di qualche livido e da come Carter indossava con orgoglio i suoi, era chiaro che la pensasse allo stesso modo.
"Poi, suo padre è morto, pochi mesi dopo il mio la seguito sotto terra ed entrambi siamo saliti sul trono dei nostri territori.
Ci siamo ritrovati a litigare per il porto, per il controllo del traffico navale, fino a spararci addosso e la situazione è andata fuori controllo.
Fino a diventare nemici, ad odiarci."
Per tutto il tempo Kim lo ascolta con attenzione, capendo che manca un pezzo, un dettaglio, un passaggio tra l'amicizia e l'odio.
E aspetta qualche minuto, finché non capisce che quel pezzo non uscirà fuori, almeno non oggi.
"Ma parliamo di te invece.
Alla fine quello che racconta sono sempre io, mentre di te so davvero poco niente.
O meglio, del suo passato."
Sentendosi vulnerabile, alex scatta sulla difesa, volendo un reciproco scambio con lei.
Fino ad ora è sempre stato lui a confidarsi, a dire di sé, senza che mai Kim si esponesse più del dovuto.
Ed è normale ciò che chiede, ma Kim come un un'animale selvaggio, appena si sente minacciata si mette in posizione di difesa, preparandosi as attaccare.
"Non c'è nulla da sapere su di me."
E Alex si ritrova a sospirare, scontrandosi ancora una volta contro il muro.
Alzandosi dal divano, si passa le mani tra i capelli con frustrazione, per poi incrociare i suoi occhi freddi e indifferenti.
Ancora una volta Kim si sta chiudendo a guscio.
"Sai, essere uma coppia non vuol dire solo scopare.
Ma anche confidarsi, fidarsi dell'altro e condividere.
Ed è assurdo che sia proprio io a dire tutto ciò."
Ma Kim rimane immobile e in assoluto silenzio, come succede ogni volta che Alex chiede qualcosa di lei.
Un riccio che si chiude in se stesso e mette in bella mostra gli aculei.
Continua a guardarla, come se con lo sguardo potesse spingerla ad aprirsi, a parlare con lui di qualsiasi cosa.
Anche della più stupida.
Ma niente, da Kim non riceve nulla se non gelo ed è la solita delusione e frustrazione che lo colpisce a pugni in faccia.
"Sarà meglio che io vada."
Come sempre, quando trova un ostacolo tra loro, Alex preferisce andarsene.
Ormai Kim c'è abituata a guardare la sua schiena mentre si allontana.
Ma forse questa volta ha ragione.
Nonostante la questione "coppia", le crei ancora un nodo allo stomaco, lui ha ragione.
Ha preteso molto da lui, del suo passato, più volte e senza dargli nulla in cambio.
E quando lo vede con la mano sulla maniglia della porta, capisce che non è giusto.
E che gli deve qualcosa, anche se un piccolo dettaglio di sé.
"Aspetta."
Sussurra con voce leggermente inclinata, mostrando il suo lato umano che raramente Alex ha potuto ammirare.
La mano che abbandona la maniglia, i passi che tornano indietro verso di lei, per la prima volta da quando stanno insieme.
Rimane in piedi, davanti a lei, ma per pochi secondi.
Perche vede nei suoi occhi quanto essere guardata dall'alto le crei fastidio e disagio.
Cosi si siede di fianco a lei, posandosi frontale in modo da mantenere in contatto visivo, ma con una leggera distanza tra loro sia per lasciarle i suoi spazi, sia per creare metaforicamente il distacco mentale che devono superare.
"Prima di Sara, ho avuto una sola migliore amica, quando avevo 17 anni.
Martina, la prima ragazza in assoluto ha vedere qualcosa in me, a sentire il legame malato che c'era tra me e lei."
Ricorda i suoi occhi castano chiaro, simili ai suoi capelli ramati.
Un corpo classico, il tutto a farla sembrare una qualunque ed era forse il suo aspetto che poteva permetterle di passare inosservata tra la gente.
Se non fosse per i suoi numerosi tatuaggi, piercing e quello sguardo da cerca guai.
"La maggior parte dei tatuaggi che ho addosso, li abbiamo fatti insieme.
Le corse, gli incontri, la droga, sempre insieme tossiche di adrenalina.
Sempre pronte a spingerci fino ai nostri limiti."
E lei che le ha insegnato come muoversi in questo mondo.
A mostrarle quanto una dose di adrenalina potesse dare l'illuminazione di essere vive.
A modo suo, Martina la salvata dal l'inferno in cui è inciampata, ma solo per spingerla in un inferno più accogliente e tossico.
Ma mentre Kim ha abbandonato presto la droga, semplicemente perché non le dava l'effetto desiderato.
Martina ne era assuefatta.
"Ii limiti per me erano i lividi sulla pelle, la velocità della macchina, l'adrenalina in un incontro di box.
Ma per lei, era la droga, l'assunzione di una dose maggiore.
Fino a morire tra le braccia a causa di una dose tagliata male."
Quella notte, le aveva chiesto di accompagnarla dal suo spacciatore.
Per poi guardarla tirare dal naso.la sua amata polvere bianca.
Più volte la pregata di smettere, di rinunciare a quella merda.
Ma Martina le dava dell'ipocrita, perché era come chiedere a lei di smettere di combattere.
Erano dipendenti di due vizi diversi, ma entrambi tossici e pericolosi.
Ricorda il suo corpo collassare, la schiuma uscirle dalla bocca gli occhi girare verso l'interno diventando così bianchi.
Ha urlato Kim, chiedendo aiuto mentre la stringeva a se, ricevendo solo un sorriso da parte del suo spacciatore, poi la sua schiena mentre andava via.
Martina è morta tra le le sue braccia e con lei l'umanità che ha ritrovato poi solo con Sara.
Era stato grazie a Martina se Kim non si era suicidata, smettendo persino di autodistruggersi.
Ed ora, mentre Martina moriva in un ultimo respiro, con lei anche un pezzo di Kim è andato all'inferno, forse quello che conteneva la sua sanità mentale.
"Da all'ora sono sempre stata sola, così da non perdere più nessuno.
Ma è iniziata anche la mia lunga vendetta, la pila di cadavere che ho accumulato per 5 anni prima di arrivare qui."
Per tutto il tempo in cui ha parlato, ha fissato iil muro davanti a se, leggendo questa storia tra le linee della pittura.
E, solo ora che ha finito, incrocia lo sguardo di Alex.
Legge in esso tutte le domande che ha da fare ma anche la consapevolezza che quel piccolo spiraglio che gli ha mostrato si è richiuso a doppia mandata.
Ad entrambi non resta che accontentarsi di ciò che l'altro gli ha mostrato...
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