capitolo 8 anche il diavola puo sognare

" Questi dov'è li metto?"

Cam si muove nella sala principale della palestra senza riuscire a vedere davanti a se o i propri piedi a causa dei tappetini in gomma che tiene in braccio.

Kim sta controllando la fattura del pacco che è appena stato consegnato, per essere certa che ci sia tutta, rispondendo con un semplice gesto della mano verso la sala fitness.
La ditta di ristrutturazione ha gia finito ed oggi sono tutti nella futura palestra per finire le rifiniture.
Il progetto ha ormai preso vita scivolando fuori da quel semplice disegno che ha dato inizio tutto.

Soddisfatta dei carichi, riconsegna la copia della fattura al corriere e lo manda via con un semplice arrivederci senza neppure guardarlo in faccia.
E troppo da fare per pensare alle buone maniere e già che lo ha salutato deve ringraziare.

A passo tranquillo oltrepassa la sala principale, munita di reception dove Mary si sta occupando dei diversi documenti e un enorme ring centrale con sacchi da box intorno e altri attrezzi d'allenamento ancora da montare.

Dietro il ring c'è il muro principale, completamente bianco e pronto a essere qualcosa.

"Kessie."

La chiama a gran voce, arrivando persino nella sala palestra dove la piccola Miller stava lavorando.
Lasciando tutto ciò che stava facendo, raggiunge Kim che è immobile al centro della stanza principale a fissare quel muro.
Non distoglie lo sguardo nemmeno quando parla.

"Vedi quel muro?
So che ami disegnare, perciò voglio che crei qualcosa su questa tela bianca.
Che lo riempì con qualcosa che identifichi questo luogo."

Ora la guarda, trovandola con gli occhi spalancati e la bocca aperta, fa quasi ridere in realtà.
Kessie sposta lo sguardo da lei al muro e viceversa, davvero non capendo dove Kim voglia arrivare.
E si, ama disegnare e i centinaia di taccuini in camera sua ne sono la prova, ma dal fare uno scarabocchio a creare su un muro così grande è un salto nel vuoto.

"Io non sono capace di una cosa del genere.
Dovremmo chiamare dei professionisti, anzi conosco proprio un ragazzo che..."

Ma Kim gli fa segno di tacere, scuotendo il capo.
Questo muro, questo luogo, è suo nato dal suo bisogno e i suoi sogni, nessuno se non lei può decidere cosa può rispecchiare questo luogo.

"Tu hai creato questo sogno, è un tuo dovere dargli colore e un nome."

E la lascia lì in preda ai dubbi, perché nella sua mente crede di essere stata anche troppo chiara, in genere quando qualcuno la contraddice si limita a sbuffare annoiata.
E Kessie lo sa che non avrà altre spiegazioni da Kim.

Guarda questo immenso muro bianco, pensando che sia impossibile, che sbagliera tutto, che rovinerà questo luogo con un disegno inutile.
Si passa una mano tra i capelli, si dice che è meglio arrendersi subito, ma le parole di Kim gli rimbombano crudeli in testa.

Questo è il suo sogno, Kim ci ha messo i soldi, l'esperienza e l'appoggio in generale, ma è lei che ha deciso di seguire questo sogno.
Si alza le maniche e i capelli in una coda disordinata, ha bisogno di pennelli e colore.
Tanto colore.

Intanto Kim si ferma sulla porta degli spogliatoi, dove i ragazzi stanno montando armadietti e panche.
Si sofferma con lo sguardo su Carter, anche se sarebbe più veritiero dire che lo sta mangiando con gli occhi.

La maglietta a maniche corte è leggermente umida per il sudore e la stoffa e completamente attaccata alla sua possente schiena.
Mantiene uno sportello sollevato e i muscoli delle braccia sono talmente tirati che la manica rischia di strapparsi, le venatura in rilievo per lo sforzo e i pantaloni stretti che stringono ancora di più su quel culo perfetto e sodo.
Dio, chissà quanti bei porno iniziano così, si dice leccandosi il labbro superiore.

" Sai.
Potrei denunciarti per molestie sessuali se continui a guardarmi così."

Finito di montare lo sportello, si gira verso di lei con un sopracciglio alzato e sguardo malizioso.
Lo stronzo tira i lembi della maglietta per asciugarsi il viso, sbattendole così in faccia i suoi addominali perfetto e la forma a v che scende verso il cavallo dei pantaloni.
Diavolo tentatore.

"Hai ragione, ma quella è tutta roba mia, perciò la guardo quanto voglio."

Che frase ambigua, se l'avesse detta un uomo verso una donna, sarebbe già stato preso a sassate e messo in croce.
Ma a Kim non frega un cazzo, non ha un filtro tra bocca e cervello e se gli altri capiscono male è un problema loro.
La filosofia di libertà di stampa, che poi non vale per la legge della società.

Carter si avvicina a lei, portandosi dietro una bottiglietta d'acqua.
Lei lo fissa portarsi la bottiglia alla bocca, alzare il capo e il pomo d'adamo che sale e scende mentre ingoia.
Un flash nella sua testa dei momenti in cui lui si ritrova a ingoiare a vuoto per piaceri più dolci la fa sospirare e nonostante tutti stiano guardando si avvicina a lui dando un leggero morso in quel punto, facendo ora sospirare lui.
La tensione sessuale si può tagliare con un figlio di carta.

" Se volete rimanere soli, noi andiamo in pausa."

Si fa subito avanti Jek posando sulla panca un paio di attrezzi.
Sono qui da quattro ore e non gli dispiace se i suoi amici vogliono un po di privacy.

Cosa ha fatto credere a Jek possa essere tanto clemente nessuno di loro lo sa e infatti sorridono osservandola spostare lo sguardo sul ricciolino guardandolo male.

"Vi fermerete quando avrete finito.
Niente pausa e accelerate il passo, non voglio dovermi fermare qui a dormire."

Un occhiolino per Carter e se ne va, sorridendo nel sentirli sbuffare e darle della dittatrice.
Non li contraddice, perché in realtà hanno ragione, con lei si segue solo un ritmo.
Il suo.

Di sfuggita osserva Kessie fare qualche bozza su un foglio e soddisfatta si incammina verso Mary.
Alle sue spalle guarda il suo lavoro, pienamente soddisfatta.
Le locandina e i volantini hanno la capacità di attirare gli sguardi grazie al gioco di parole e allo stile della scrittura.
Ma manca qualcosa.

"Idee sul motto?"

Chiede la rossa, senza sorprendersi della presenza di Kim alle sue spalle.
È abituata ad avere il suo fiato sul collo avendolo subito per molto tempo quando si era appena trasferita a villa queen.

Kim nega, non sa davvero quale dovrebbe essere il loro cavallo di battaglia.
Qualsiasi cosa, da un locale a un negozio per sanitari ha un simbolo che li rappresenta.
A loro quel segno indelebile manca.

"Che ne pensate di auto difesa?"

Chiede Gemma posando sulla scrivania una pila di fogli che verranno poi trasformati in volantini.
La sua idea è semplice e in genere a loro piace la semplicità, ma dire autodifesa sembra così poco, superficiale.

Kim sospira, guardandosi intorno, l'intento della loro palestra è proprio l'auto difesa, ma è davvero solo questo?
C'è qualcosa di più in questo strano sogno ad occhi aperti, ci deve essere qualcosa di più.

Sospira ancora, qualsiasi sia quel piccolo tassello non lo scoprirà finché non ci sbattera contro.
Dice alle ragazze di continuare a lavorarci e va via ammirando come una idea stia prendendo forma e corpo.

Prende il corridoio che porta alle diverse sale, la palestra è ancora da montare completamente mentre nella sala fitness Gemma e un paio di ragazzi stanno posizionando i tappetini e i cuscinetti.
Camilla sta lavorando alla stanza ospedaliera insieme a Stefano, controllando più volte la lista delle necessità, con la speranza sincera di usarla il meno possibile.

Ci sono anche un paio di stanze per gli incontri di supporto, perché Kessie non vuole solo che vengo insegnata l'auto difesa, vuole soprattutto che le donne abbiano tutto l'aiuto che serva, sia fisicamente che psicologicamente.

Ogni ragazza ha il suo compito, sono state proprio Rolo a darsi dei ruoli, volendo iniziare questo viaggio da sole e di questo Kim ne è molto fiera.
Kessie si occuperà della box, Mary si sente a suo agio all'entrata anche se le altre pensano che abbia scelto quel ruolo perché molto pigra.
Camilla mantiene il suo lavoro in ospedale e aiuta in sala emergenza quando c'è né bisogno, sostituita per i casi meno gravi da Gemma.
Lei è perfetta in questo ruolo, abituata da anni ha curarsi le ferite e ferite come le altre che verranno.
Chi conosce il diavolo sa mostrare la strada per lasciarlo solo nel suo inferno, scontento e malinconico.
E poi c'è Sara, lei agli occhi di Kim sarà semplicemente il cuore pulsante di tutto, ma forse deve pur esserci qualcosa di più.

Alla fine del corridoio c'è l'ufficio, dove in teoria dovrebbe lavorare Kessie essendo lei a capo del progetto, ma tutte sanno che è uno spazio riservato a Kim.
Qui c'è semplicemente una scrivania, un paio di sedie e una libreria che farà da archivio, semplice come piace a lei.
Simon le sta sistemando un computer, un telefono, tutto collegato al sistema di sicurezza di casa, a cui si aggiungerà il programma di videosorveglianza interno e esterno.

"Serviranno davvero tutti questi quadretti?"

Chiede una volta entrata nell'ufficio osservando Sara di spalle impegnata ad appendere il quinto quadretto al muro.
La biondina come sempre sobbalza per la sorpresa, forse non si abituerò mai al passo silenzioso di Kim ed è strano perché invece quando è in giro da sola mantiene i suoi sensi talmente attivi da sentire il rumore del vento.
Ma alla fine non c'è nessun mistero, semplicemente Kim è un respiro sicuro che  sente di non dover temere.

"È vero che i fatti sono meglio delle parole, ma a volte una frase può far riflettere."

Sorride sicura di sé, appendendo il quadretto con la frase "anche il diavolo puo sognare"

Sui muri c'è solo una foto, fatta qualche tempo fa dove è presente anche Camilla insieme alle altre ragazze, le altre cornici contengono frasi di incoraggiamento che Sara ha sicuramente trovato su qualche sito di aiuto autostima.

Tutte belle, alcune anche filosofiche ma appena Sara si sposta per mostrare a Kim l'ultima appesa, le altre scompaiono.
Anche il diavolo può sognare, perché questa frase ora le gira in testa a Kim come un tormento?

"È strano vero, questa scritta ha un retro scena così ambiguo, eppure sembra perfetto per noi."

Le parla Sara come se stesse leggendo nei suoi occhi il suo tormento.
È lei il diavolo, lo sa bene, ma questo non è il suo sogno e la sua dolce Sara e le altre ragazze non sono demoni come lo è lei.
Non capisce, non vuole capire, ha paura che Sara si sente sbagliata.

"Tu stai bene?
Sei felice qui?"

Chiede Kim appoggiandosi con la schiena alla scrivania, osservando la schiena di Sara fare un lungo respiro.
Per la prima volta da quando ha deciso di sostenere Kessie ha qualche dubbio, inizia a pensare che Sara non stia bene qui, in questa palestra.

"Sai, qualche anno fa pensavo che il mondo fosse chiaro.
Bianco o nero, giusto o sbagliato, notte o giorno, angel killer o Elisabeth house."

Kim ingoia a vuoto, non percependo più la terra sotto i piedi finché Sara non si gira verso di lei con gli occhi lucidi e il sorriso più bello del mondo.
La bionda si avvicina all'amica prendendole la mano e Kim vede il mondo ancora separato, la sua mano sporca di sangue in che di salvezza di Sara.

"Ma poi ho capito che la vita non segue queste regole, che il sole può eclissare dietro alla luna e che il diavolo era un angelo prima di cadere."

Kim cerca di seguire il suo discorso, di capirlo, ma lei non ha il cuore che ha Sara.
Per lei il mondo è rimasto diviso e il diavolo ha deciso la sua caduta e da solo si è tagliato le ali.
Sara sorride dolce accarezzando l'inchiostro che le macchina la pelle, studiando le curve del disegno che si perdono dietro la manica.

"Ci si può sentire sbagliati, colpevoli, diavoli delle proprie scelte, eppure chiunque di noi ha un sogno anche quel diavolo che ha scelto di cadere e di perdere le ali.
Anche io sono un diavolo, semplicemente noi vediamo i demoni con occhi diversi."

Sembra leggerle nella mente o forse hanno fatto questo discorso troppe volte.
Sara prova sempre una strana angoscia ogni volta che si accorge di come Kim si veda, si sente incapace di riuscire a mostrarle quanto i suoi demoni siano colonne importanti di questo sogno.

"E per rispondere alla tua domanda, non sono mai stata più felice di così.
Sento questo luogo diventare il mio scopo, la mia lotta personale.
Un modo per essere più simile a te."

L'ultima frase la dice in un sussurro, guardandosi i piedi che muove come una bambina beccata in fragranza.
Kim sbuffa, avvicinandosi a lei e spostandole una ciocca dietro l'orecchio, facendole alzare il viso.
Quante volte le deve dire di non dover mai abbassare il capo.

"Non voglio che diventi come me Sara.
Tu mi guardi come se fossi una super eroina, chissà cosa vedi con i tuoi grandi occhi azzurri.
Ma io sono un diavolo, sono caduta all'inferno e ne ho fatto la mia casa, amo le fiamme e la vendetta è la mia stella.
E tu non dovrai mai provare il sapore xhe io sento in bocca ogni giorno, è una marà verità corretta con dolore."

E sempre così fredda quando parla di sé, la sua voce sempre così bassa e crudele, Sara ne sente I brividi sulla schiena.
Le accarezza la mano, questa mano fredda dipinta di vita e a volte sporca di sangue e terra, non sempre degli altri.
Questa sarà sempre la sua guerra, il suo scopo, mostrarle come la vede lei.

"Se ti aiuta a sentirti bene, descriviti così guardandoti allo specchio, ma io vedo molto di più.
Vedo una donna che è caduta e si è rialzata.
Vedo una donna che mi ha salvato da una vita infelice e vuota.
Vedo una donna che ha dato la vita, la carne e l'anima per le persone che ama.
Vedo un diavolo che ha un sogno, troppo grande per poterlo accettare."

Mani nelle mani, non ricordano quante volte hanno avuto questa discussione e quante volte Sara ha già detto queste parole.
Sarà logorroica e forse una illusa, eppure Kim sente dentro di sé un calore che cresce ad ogni volta che Sara le parla così.

"Le altre combattono, insegnano a lottare, a superare i propri demoni, curano ferite che non dovevano essere inflitte o semplicemente stanno dietro a una scrivania ad accogliere con un sorriso chiunque sia benvenuto."

Le altre hanno uno scopo ben preciso, quasi fisico, un cammino che hanno già iniziato nel loro passato e che ora portano avanti per aiutare altre come loro.
Sara invece, passata l'euforia, si è chiesta spesso quale fosse il suo scopo qui dentro e forse nemmeno ora lo sa con certezza.

"Io non sono una pugile, non so gestire documenti e sono troppo timida per stare ferma senza essere nervosa.
Non ho una storia macabra posata sulle spalle e mi tremano le mani anche solo a mettere un cerotto."

E sorride, ricordando quella notte dove Kim aveva preso un proiettile nella spalla.
Ricorda la paura, le mani nervose che non riuscivano a stare ferme e la sensazione di essere inutile.
All'ora, come ogni giorno, Kim la capita facendole chiudere gli occhi e raccontandole la storia della fenice che porta sul petto.
E forse ora sa con chiarezza quale è il suo scopo.

"Ma posso essere quella bambina che ha visto la fenice rinascere dalla cenare.
Posso prenderla tra le mani senza paura di bruciarmi e aiutarla a tornare a volare."

A Kim le si illuminano gli occhi capendo, anche dopo così tanto tempo, il riferimento al suo tatuaggio.
A lei.

Si accarezzano a vicenda le mani, così diverse eppure entrambe qui a combattere una guerra, ognuna con le proprie armi.

"Perché anche un diavolo può sognare e un angelo sarà al suo fianco per vivere quel sogno con lui."

Kim la attira a se, abbracciandola forte, senza dire una parola.
Sara si commuove come ogni volta ed è fantastica la sensazione delle sue lacrime sulla pelle.
Stanno camminando insieme tra la fuliggine e i girasoli, prima o poi Kim tornerà a sognare, ma per ora si accontenta di vivere nei sogni della sua biondina.

Arrivata la sera, sono tutti andati via e Kim silenziosa mette via gli ultimi documenti pronta a tornare a casa.
Spegne ogni luce, osservando le stanze finalmente quasi pronte, godendosi il silenzio di un luogo che presto sarà pieno di donne.
Leo sa che sarà così.

Arriva nella stanza principale e un rumore silenzioso attira i suoi sensi.
Lenta si gira verso il ring, appoggiandosi con la schiena al muro e le braccia conserte al petto.

Kessie è completamente sporcqbdi pittura, persino I suoi capelli sono ormai un quadro di un artista sconosciuto.
Troppo concentrata a dare gli ultimi tocchi di pittura, non sente Kim avvicinarsi e non sente il suo respiro bloccarsi.

Quello che era una tela bianca ora è un pugno posato su una carezza, alle spalle delle mani un tramonto che dopo l'orizzonte, li dove dovrebbe diventare notte diventa invece alba.
Non c'è bisogno di una scritta, di una spiegazione, è un messaggio che arriva al cuore e lo tormenta.

Un pugno che viene fermato da una carezza, l'odio che muore ai piedi dell'amore e un tramonto che in realtà è solo l'alba di un nuovo giorno.
Di un nuovo giorno.

"C'è l'hai fatta Kessie.
Ecco cosa è questo luogo."

La stanchezza nella braccia, la pelle ormai secca che quasi brucia sotto le macchie di pittura, la fronte imperlata di sudore eppure un sorriso sulle labbra.

Fa qualche passo indietro, ammirando finalmente il suo lavoro nel suo completo.
Era solo una idea, una immagine astratta nella sua mente ma ora è qualcosa di fisico.
Di importante.

E quella mano stretta in un pugno è la vita crudele che sbatte in faccia la sofferenza a chi è già in ginocchio.
E quella mano aperta in una carezza, Kim non lo sa, ma è la sua mano pronta ad accogliere il dolore, a fare da scudo a un sole che vuole solo tramontare e rinascere.
E Kessie si sente quel sole, che era stretto in un pugno a soffocare, liberata da una carezza forte, tanto forte da accompagnarla a calare nella notte e tornare più luminosa nel giorno dopo

"Speranza."

Per quel diavolo che vuole ancora sognare e quell'angolo che vuole vedere un sogno diventare realtà...

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