capitolo 36 il fuoco macchia
Un paio di giorni dopo si torna a una pseudo normalità.
I controlli sono sempre altissimi, hanno ancora Fernandes con il fiato sul collo, ma la dipartita di Anderson ha dato un fiato di sospiro.
Anche se non a tutti.
Carter osserva dalla finestra Kim, seduta tranquilla in giardino, ad accarezzarsi il vetro.
Entrambi sono caduti in uno strano silenzio, e Carter è troppo preso dalla confusione per chiedersi del mutismo di Kim.
Dovrebbe essere abituato a vederla nel suo stato psycho, la vista torturare decine di volte, eppure quella notte è stato diverso.
Tutti si erano allontanati dalla casa, alcuni se ne sono direttamente andati a festeggiare bevendo qualcosa in un bar.
Ma non Carter.
Era lontano dalla casa, tutto nella sua mente gli diceva di andare via, di non avvicinarsi, ma la curiosità è stata più forte.
Ha assistito a maggior parte della scena, seguito ogni tortura, sentito ogni parola, contato ogni goccia di sangue.
Non è stato la nudità del cruento a farlo tremare, ma lo sguardo e il sangue su di lei.
Da quando ha scoperto la gravidanza Kim ha perso molto del suo lato demoniaco, quasi si era dimenticato del suo lato psycho sull'attacco.
Ma perché è rimasto così scioccato?
Perché continua a vedere quella scena davanti ai suoi occhi ogni volta che chiude le palpebre?
Sospira, passandosi una mano tra i capelli, ha bisogno di prendere aria.
Esce di casa, la vede avvicinarsi, non ce la fa ancora a parlare con lei, la saluta con un gesto della mano e va verso la macchina.
Deve capire cosa succede nella sua mente, cose questo nodo alla gola che non scende giù.
Prima di partire gli occhi, solo un misero istante, lei è lì in piedi con gli occhi rivolti al cielo per il piacere, una sorriso sulle labbra, il sangue che le schizza addosso.
La pancia pronunciata che si macchia di sangue.
E questo ad averlo sconvolto?
Il fatto che sia incinta?
È davvero così semplice?
Sospira e mette in moto, ha bisogno di parlarne con qualcuno.
Di parlare con suo nonno.
Un ultimo sguardo verso lo specchietto retrovisore, lei lo sta guardando ma non lo ferma, vorrebbe ma non lo fa.
E lui lo apprezza.
Non ha difficoltà ha trovare suo nonno, se non è al bar con i suoi compari e non c'è, si trova alla villa di Elia.
Qui c'è sempre un via vai di gente, in realtà non ha ben chiaro cosa faccia Elia e il suo consiglio, dato che la maggior parte della città è gestita dall'angel killer, non gli è mai interessato.
E oggi non è diverso, non si fa domande e cammina dritto verso il salone e ferma uno degli uomini che sta uscendo.
"Sto cercando Albert."
Quest'ultimo gli indica il secondo corridoio, non ha bisogno di altre direzione, sa che li c'è lo studio di suo nonno.
Cammina dritto senza guardare in faccia nessuno, troppi pensieri nella stessa per considerare il resto del mondo.
Si sente completamente scollegato dal corpo, si muove in modo meccanico, per quanto ci prova a mettere a fuoco, non ci riesce.
Tutto quel sangue su di lei, la sua espressione di pura estesi, forse solo quando la vede raggiungere l'orgasmo grazie a lui.
E questo a preoccuparlo?
La sua confusione sessuale?
Sbuffa, non si è mai sentito così frastornanto e confuso, anche consapevole che non l'ha mai vista in questa visione.
Si rende conto che le altre volte per quanto era nello stato psycho, la sua Kim rimaneva in galla e teneva le redini della situazione, un minimo di controllo.
Quella sera no, non c'era niente di Kim nel demone che ha visto.
"Nipote, cosa ti porta qui?"
Carter sbatte le palpebra, si trova sulla porta dell'ufficio del nonno e lui è davanti a lui, a guardarlo come se fosse un alieno.
Si guarda intorno, com'è è arrivato qui?
Ha bussato alla porta o la trovata aperta?
Sospira, inizia a sentire la stanchezza di questo senso di ansia.
"Direi che hai bisogno di un drink.
Tutti fuori per favore."
C'erano altre persone nella stanza e inizia a essere preoccupante il fatto che Carter non se ne sia accorto finché non lo superano e vadono via.
Li segue con lo sguardo finché non sente una mano sulla spalla, è suo nonno e torna a guardarlo.
"Andiamo, parliamo con calma."
Gli fa strada nella stanza, chiudendo la porta alle loro spalle.
Si chiede cosa legga suo nonno sul suo viso, se è esattamente come si sente dentro.
Possono gli occhi essere davvero lo specchio di ciò che si sente dentro?
Si, possono.
Albert osserva il nipote muoversi confuso nello studio, sedersi in un modo goffo sulla poltrona e poi sospira portandosi le mani tra i capelli.
Incrocia di nuovo il suo sguardo e sa di non essersi sbagliato, negli occhi del nipote legge un tormento che mai gli ha visto prima.
I suoi occhi sono lo specchio di una tempesta in cui una nave cerca di rimanere a galla.
Gli dà il tempo di riprendere fiato, gli sembra un affanno, mentre prepara due drink di scotch.
Sente che entrambi ne hanno bisogno.
Il primo pensiero va a Felix, che sia successo qualcosa, ma in fretta si risponde che in quel caso Carter non avrebbe lasciato da sola Kim.
No, deve essere lei il motivo di tanto tormento, ma deve parlarne lui.
Gli passa il drink e si siede davanti a lui, senza dire una parola e il silenzio è l'urlo che scatena la valanga.
"Sai già che abbiamo ucciso Anderson, che è stata Kim ad ucciderlo e non è niente di speciale.
Era scontato che Kim l'avrebbe ucciso, che lo avrebbe torturato e ucciso, quel figlio di puttana se l'è meritato.
Ha meritato ogni tortura, ogni colpo ricevuto, una morte lenta, agoniata e terribile."
Non ha la minima pietà per quel figlio di puttana, non dopo quello che ha fatto a quelle bambine, alla sua famiglia.
Forse al posto di Kim avrebbe fatto di peggio, più volte ha immaginato a come sarebbe stato soddisfacente farlo in tanti piccoli pezzi mantenendolo vivo fino all'ultima goccia versata.
In un certo senso Kim è stata anche troppo gentile.
"L'ho vista torturare più volte, il suo viso in espressioni sadiche e sorridenti.
Lo vista giocare come una bambina mentre faceva a pezzi un uomo."
Era sempre lì vicino a lei, a pulire quando lei aveva finito, a volte gli ha persino passato i ferri, con semplice indifferenza.
Conosce quel lato di lei, non l'ha mai spaventato e nemmeno ora sente paura.
In realtà quel lato di lei lo ha sempre affascinato.
"Mi sono innamorata di quel lato di lei, dalla prima volta che lo vista combattere come un demone mi ha incantato.
Io non ho accettato il suo demone, me ne sono innamorato, di ogni sua sfumatura, ogni luna storta, amo tutto di lei."
Ricorda quando è entrata in casa sua, mettendo k.o i suoi uomini, guardandolo con un sorriso ampio e soddisfatto ad ogni colpo che infleggeva.
La sua eleganza a tavola, la sua intelligenza, il fuoco nei suoi occhi sul ring.
Si è innamorato di lei, di ogni sua personalità malata o sana.
"Lo vista nei suoi momenti peggiori, ma quella notte era completamente diverso, un demone nuovo dentro di lei.
Non aveva controllo, il sangue le macchiava il viso e i suoi occhi erano girati all'indietro in pieno piacere.
È stato traumatico vederla in piedi, circondata dalla distruzione e le mani lontane dalla pancia."
E nel momento in cui ne parla se ne rende conto, è questo ad averlo spaventato?
Ultimamente la vede coccolare Felix continuamente, le mani sempre sul ventre, parlare con la pancia e sorridere.
Quella notte lei si era scordata completamente di Felix.
"Pensi che possa dimenticarsi di Felix?
Che possa tornare la donna che era prima di conoscere Sara?"
Il nonno centra il punto al primo colpo, senza pietà.
Ogni volta che era nel suo stato maniacale era per salvare loro, una delle, Sara o semplice vendetta come è successo al braccio destro di Victor.
Lui la violentato, lei gli ha fatto esplodere il culo, ma era giustizia.
Questa volta era diverso e lui si limita ad annuire.
Albert sospira, cercando le parole giuste per dare sollievo al nipote.
E una situazione molto sensibile, un filo di cui bisogna camminare con attenzione.
"Voglio che tu rifletta molto su chi è quella donna, e non perché devi avere dubbi su di lei, ma perché devi capire per avere le risposte che cerchi."
Lo osserva annuire di nuovo e fare un lungo corso di scotch, nonostante sia ancora primo pomeriggio.
È la prima volta che lo vede così frastornanto, ma può capirlo, persino per lui non ha ancora capito in pieno Kim.
E non la capirà mai fino infondo.
Sospira.
"Quella donna è stata in casa famiglia, abbandonata e sola.
L'unica famiglia che ha trovato, la violentata, la fatta prostituire e la quasi uccisa.
L'unica ragazza a cui ha voluto bene è stata uccisa dalla droga e da allora a passati anni a sterminare intere famiglie di pedofili."
Fa una pausa, anche lui ha bisogno di farsi un sorso, fa davvero strano pensare che è la stessa persona tanto fiera quanto forte, ma forse è questo il punto.
Dietro quella maschera di sicurezza c'è una bambina che ha passato l'inferno e una ragazzina che ha raso a fuoco e cenere l'inferi.
"Sicuramente ha reso tutto ciò forza per combattere e non è più la ragazza in cerca di vendetta.
Ora è una donna diversa, ha creato la famiglia che voleva e combatte per giustizia e per proteggere i suoi amati."
Carter sospira, conosce bene questa storia, ancora oggi ogni tanto la guarda, ci pensa e si chiede quanto sia forte per aver superato tutto quello schifo.
E si, sa che è una donna diversa da quei tempi, la vista cambiare, o meglio, maturare la sua anima umana seguendola in ogni passo.
Non dubita la donna che è, ma qualcosa lo turba ancora, come se ci fosse un tassello in più in un puzzle già finito.
"Ma, tutto ciò che è stato, tutto quello che ha subito, è stata una fiamma che l'ha ustionata.
Immagina di bruciarti, pian piano il dolore scompare, ma resta la cicatrice.
Un segno indelebile dentro di lei, un demone."
Niente che già non sa in realtà, non ha mai pensato che si possa dimenticare o guarire da un passato del genere.
Per questo comprende la sua insanità mentale, quel suo lato che ogni tanto sorge in superficie, i suoi crolli.
Ma quel piccolo pezzo ancora non trova posto nella sua confusione e suo nonno continua.
"È una donna forte, ha imparato ad amare, si è creata una casa, ma quel demone è sempre dentro di lei.
La incapsulato, legato con catene resistenti, la tenuto lontano dalle persone che ama.
Ma è dentro di lei, comodo in uno spazio della sua mente."
Albert ha sempre visto quel demone nello sguardo di Kim, già dal loro primo incontro lo ha visto muoversi sotto la pelle e incendiare i suoi occhi di ghiaccio.
Quella notte ha conosciuto quel demone, ma forse perché un tempo viveva anche dentro di lui.
Non biasima il nipote, chi è accecato dall'amore non riesce a vedere l'oscurità più profonda, più angosciante.
"Non so dirti cosa la fatta scattare, potrebbe essere stato un odore, una parola, un quadro sul muro, non ne ho idea.
Ma aveva davanti un pedofilo, che ha fatto a una bambina quello che ha subito lei, è il demone ha preso il controllo."
A questa conclusione Carter ci era già arrivato, ancor prima di quella notte sapeva che Kim non ci sarebbe andata leggera con quel figlio di puttana, con tutte le ragioni.
Sospira, il ragionamento non fa una piega e Kim ne ha tutte le ragioni per essere esplosa.
Ma...
"Potrebbe succedere ancora Carter, quel demone ora è soddisfatto e dormiente, ma è ancora lì dentro di lei.
Scatterà quando il passato busserà alla sua porta.
Ma tu sarai lì quando il demone tornerà a dormire?"
Si, non ha bisogno di pensarci, la risposta è si.
Non importa se si sente confuso, se è rimasto frastornanto, la risposta sarà si.
Ma è a lei che deve dirlo.
Ha bisogno di dirglielo.
Intanto Kim dopo aver visto Carter andare via, ha deciso di andare in palestra, non sapeva dove altro andare.
Pugni contro il sacco, non scarica l'adrenalina ma pura paura.
Poche volte ha provato paura, quando le sue ragazze erano in pericolo, quando Sara era in pericolo.
Ed ora è Felix a essere in pericolo, il problema è che è lei ad essere il nemico.
Il mostro.
Pugni contro il Saccone.
Quante volte le hanno detto che è un mostro, una misera parola che le è sempre scivolata addosso.
Ma adesso sa di esserlo e la macchia terribilmente, è un fuoco che sente salire su tutta la sua pelle.
Pugni contro il Saccone.
Ha perso il controllo, non le mai successo prima, forse solo quando quella parte di lei la teneva seppellita dentro di sé.
Era lei ad essere prigioniera del demone, dopo aver conosciuto Sara è riuscita a tornare a galla, ma quel demone ci ha messo poco a rimetterla in gabbia.
Un lungo respiro, un pugno contro il Saccone.
Quell'odore di candeggina e colonia pesante, le tende con piccole margherite ricamate, un pedofilo a pochi passi da lei.
Ha iniziato a pensare a cosa ha fatto quel pomeriggio, lo ha immaginato con una bambina ed è sprofondata.
Non ricorda nulla di quello che è successo se non spezzettoni, offuscati come se fossero solo brutti sogni, quando si è risvegliata era in macchina a molti kilometri di distanza dalla casa di Anderson.
Un pugno, il sudore che scivola sulla fronte e il respiro in affanno.
Ricorda di essere tornata a casa, di essersi chiusa in bagno e di essersi specchiata.
Il sangue sul viso non la sconvolta, neppure quello sulle mani, ma le gocce schizzate sul ventre le hanno bloccato il respiro.
Felix e il sangue, quello la fatta tremare.
Un pugno, sempre più affanno, le gambe che tremano.
Non ha mai perso così tanto il controllo, non può perdere così il controllo, Felix non deve conoscere il sangue.
È un mostro, non merita la vita dentro di lei, non può permettere che il fuoco diventi una macchia su Felix.
Le gambe tremano sempre di più...
"Kim."
Cedono e se non cade a terra e solo perché Sara e Kessie la prendono al volo, accompagnandola a terra.
Non merita tanta gentilezza, la carezza di Sara sul viso e lo sguardo preoccupato di Kessie.
Lo sguardo di Carter, come può dimenticare il modo in cui la guardata quella notte fino a stamattina.
Il silenzio di entrambi, una lacrima le scivola sul viso.
"Carter mi odia e ha tutte le ragioni.
Sono un mostro.
Felix non merita un mostro come madre.
Io non merito questa vita nel ventre."
Scoppia in lacrime, lasciando andare l'angoscia che la consumata per giorni e notti intere.
Sara subito la tira a se, abbracciandola e accarezzandole la schiena, coccolandola con piccoli baci sul viso.
"No amore mio, non è così.
Tu sei una persona meravigliosa che ha vissuto tante cose brutte, non sei un mostro.
Ami Felix e Felix amerà te, non ci sono dubbi."
Continua a ripeterlo cercando di convincerla, ma Kim piange negando più volte con il capo.
Non è mai stata una ipocrita, non ha mai giustificato le azioni delle persone in base al suo passato, non lo farà con sé stessa.
Non ha giustificazione, non può perdere il controllo in quel modo, è un mostro.
Piange come non ha mai fatto prima, versa anni anzi una intera vita di sofferenza e incubi, gli ormoni aprono le porte al dolore.
Sara non la lascia neppure un secondo, accoglie il suo dolore cercando di darle puro e vero amore, nonostante non sappia perché questa crisi.
Lei non era lì, nessuno le ha detto nulla, ma non gli interessa.
Kim non è un mostro, e solo stata macchiata dal fuoco.
"Tutti ti amiamo Kim.
Carter ti ama.
Felix ti ama."
Continua a sussurarle, ascoltando i suoi singhiozzi, accogliendo tra le braccia i suoi tremori.
Finché tutto cessa e Kim diventa un peso su di lei.
Le sposta i capelli dal viso, trovandola con gli occhi chiusi e il respiro troppo lento.
Le tocca la faccia, ripetendo più volte il suo nome, ma Kim non risponde sembra svenuta.
"Chiama Camilla, veloce."
Urla verso Kessie, tornando a parlare con Kim nella speranza di farla risvegliare.
La scuote, preoccupandosi quando vede la sua pelle sempre più bianca.
Kessie torna pochi minuti dopo con Camilla che subito si inginocchia vicino alle due, controllandole le pupille per poi misurarle la pressione.
Kessie rimane immobile osservando la scena confusa, è la prima volta che vede Kim crollare così.
A volte è crollata dopo un lapsus di rabbia o di adrenalina, mai è svenuta per le troppe lacrime.
È la prima volta che vede il suo viso tanto macchiato di lacrime.
A risvegliarla è il suono del telefono di Kim, lo osserva pochi secondi e deve prendere una decisione.
Afferra il telefono, il numero è sconosciuto, non sa cosa fare ma si allontana dalle altre chiudendosi nella prima stanza vuota.
Segue l'istinto e risponde.
"Brutta puttana, non mi è piaciuto lo spettacolo dell'altra sera."
L'accento spagnolo dell'uomo che parla, le fa fare subito due più due, sta parlando con Fernandes.
Deve capire cosa fare, quell'uomo non deve sapere che Kim non sta bene, non deve.
Fa un lungo respiro, cosa farebbe Kim?
Una illuminazione.
"È un peccato, io mi sono divertita molto.
Anzi, perché non lo rifacciamo dal vivo, solo io e te."
Cerca di imitare la noia di Kim, la sua sicurezza, cerca persino di mantenere una postura ferma.
Anche se con la mano libera sta torturando l'orlo della maglia.
Allontana un po' la cornetta, evitando che possa sentire il suo respiro accelerare e rimane in silenzio, non gli mette fretta, non si mostra ansiosa.
"Te la farò pagare.
Presto.
Molto presto."
La linea cade, il suono del bip continuo assomiglia molto al suo respiro accelerato.
Fernandes non ha riconosciuto il bluff, non distingue lei e Kim.
Una pessima idea in testa...
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