capitolo 28 addio
Ormai questa città non gli appartiene più, Pedro dopo tutto quello che ha scoperto si sente completamente fuori posto, un estraneo.
In compenso finalmente quel peso nello stomaco, quel senso di insoddisfazione è scomparsa, come se scoprire chi è davvero Kim abbiamo messo al suo posto ogni cosa.
Ironico quanto gli abbia incasinato il cervello.
Le valigie sono ormai pronte e caricate in macchina, ma deve ancora fare due cose prima di dire addio a questa città.
Piena di sicurezza e forse un pizzico di arroganza, guida sicuro con in mente un solo pensiero.
Chiudere il cerchio.
Una volta fermo, parcheggiato, davanti alla Elisabeth house, nota poco lontano la macchina di Kim e sorride.
Per tutta la notte ha immaginato di incontrare Kim, di avere un definitivo confronto faccia a faccia, di dirle tutto quello che pensa di lei.
E sapere che è lì, che la incontrerà, che niente potrà nasconderla da lui gli dà una scossa di adrenalina in vena.
È il momento di dire addio e di chiudere questa storia una volta per tutte.
Appena entra, Mary prova a fermarlo come può, ma ora che Pedro sa tutto capisce perché lei lo ha sempre trattato con disgusto e Diffidenza.
È cazzo, sono loro i criminali, dovrebbe essere lui a essere disgustato.
Ormai è un fiume in piena, la rabbia spinge ogni suo passo, la cover di Mary che gli intima di fermarsi è solo un ronzio fastidioso e lontano.
Lui vuole Kim.
Conosce il suo ufficio e quando si trova davanti la porta, non ci pensa due volte ad aprirla senza neppure bussare.
Subito il suo sguardo è su Kim, seduta comodamente dietro la scrivania, mentre una ragazza lo supera.
"Scusa Kim, ho provato a fermarlo..."
Mary, con un po' di fiatone, si scusa con Kim ma lei velocemente gli fa un cenno con la mano invitandola a lasciarli soli.
Mandy la sera prima le ha detto tutto, sapeva benissimo che oggi l'avrebbe cercata per parlargli o arrestarla ed è per questo che è qui nonostante in realtà non abbia nulla di cui occuparsi.
È qui solo per lui.
"Vuoi un caffè o direttamente accusarmi di tutto?"
La voce così tranquilla e ironica di lei, lo fa innervosire ancora di più.
Lei sa, sa tutto cazzo, ed è lì tranquilla ad offrirgli un caffè.
Ma se sa che lui sa, come fa a essere così tranquilla?
Come può non aver paura che lui sia qui per arrestarla?
"Dopo avermi usato per i tuoi loschi piani, credo che tu mi devi qualcosa di più di un caffè."
Stringe i pugni, sentendo i denti degrignare, ha talmente tanta rabbia che non riesce nemmeno ad urlare.
Ha immaginato di gridare, spaccare le sedie, rovesciare la scrivania e invece non riesce ha scaricare quello che sente dentro.
E lei invece è tranquilla, indifferente a tutto ciò che è successo, sembra persino annoiata cazzo.
Annoiata cazzo.
Povero Pedro, non è il primo ne l'ultimo che subira l'indifferenza di Kim.
"Usato?
Io direi che invece sei tu a dovermi un favore.
Ma tranquillo, mi sento generosa, facciamo che siamo pari."
Un favore?
UN FAVORE?
Con forza sbatte i palmi delle mani sulla scrivania,facendo tremare il porta penne quanto il suo sguardo, contro quello di Kim sempre indifferente.
Dopo averlo trattato come un burattino, con quel finto vittimismo e quell'aspetto gentile che ora sembra impossibile su di lei.
Ora, pretende anche di fargli credere di essere in debito con lei?
"Un favore?
Mi hai usato per non essere sospettata, quando invece sei un criminale.
Io ho visto i cadaveri, le torture e so la droga che gira tra le tue mani insieme ai soldi di quei poveracci persi nella dipendenza.
Altro che favore, dovrei arrestarti."
La sua voce trema per la rabbia, ma il suo tono è duro e quasi arrogante.
Le mani ancora sulla scrivania pian piano diventano umide per il sudore a freddo, i suoi crudeli e rigidi senza esitazione.
Ma Kim rimane immobile, sistema il porta penne leggermente spostato e sorride con quella espressione di pura eroina.
Mettendo le mani avanti, come a chi vengono messe le manette.
"E perché non lo fai?"
Lo sguardo di Pedro tintenna e le mani lentamente si allontanano dalla scrivania, quella insana sicurezza ora lo abbandona.
Vero, perché non la arresta?
Il pensiero lo ha sfiorato, l'idea di dire tutto al suo capo e arrestare lei e tutta la sua famiglia.
Vedere l'angel killer con le manette ai polsi e infondo fare il suo dovere.
Ma allora perché non lo ha fatto.
Ingoia a vuoto, non sa rispondere e Kim per l'ultima volta gli va incontro.
"Sai, io ho fatto molte cose brutte e non mi nascondo.
Ho ucciso quelle persone e sappi che mi sono divertita a torturare quei figli di puttana.
È tutto vero, io ho mandato quelle persone all'inferno e lo rifarei ancora, forse farei anche di peggio."
Gli sta mostrando il suo vero volto, quella espressione sadica che in molti hanno conosciuto, Pedro per la prima volta.
Ammette ogni cosa, ogni goccia di sangue sulle sue mani, gli da tutti i motivi per fare "il suo dovere" e gli lascia persino un paio di secondi per farlo.
Ma Pedro si limita a stringere i pugni, come se una forza sconosciuta lo sta tenendo lì immobile davanti a lei.
Kim ritira i polsi, sapeva già chi è davvero Pedro, sapeva già che una volta qui avrebbe voluto solo una conferma.
Ma lui la verità la sa.
"Mi piace credere che la giustizia esista e ho sempre avuto stima di te, perché sapevo che quella divisa la vestivi nel giusto.
Ma se stai partendo, se hai quelle valigie nel cofano della macchina e perché tu sai la verità come la so io."
Pedro spalanca gli occhi, chiedendosi come faccia a sapere lei tutto questo, ma non è così stupido da rimanere perplesso per troppo.
Una donna abituata a governare una città, lui è solo una formica fastidiosa, semplice da decifrare e controllare.
I pugni si sciolgono, la sicurezza lo ha abbandonato completamente.
"Mandy ti ha detto ogni cosa, non mi piace essere ripetitiva o logorroica.
Sai chi erano quei cadaveri, sai che meritavano di diventare cibo per i vermi, come sai che la tua polizia non ha mai fatto nulla.
Sai che l'angel killer non sono io, ma un simbolo di giustizia, di protezione."
Nulla da ridire, Pedro sperava forse che questa discussione fosse più soddisfacente.
Sperava di vederla dispiaciuta, colpevole e che magari lo pregasse di non arrestarla.
E invece piega la sua mente a suo piacimento, colpendo punti giusti e usando le giuste parole.
La SUA polizia, la SUA casa, la SUA giustizia.
Kim intanto tira fuori un foglio, posando glielo davanti, facendogli fare un passo in avanti piegandosi in avanti sul foglio.
Una lista di nomi, troppo lunga, qualcuno femminile famigliare alla sua memoria.
"Queste sono in parte le donne che le ragazze hanno aiutato.
Gli altri sono negozianti che avevano chiuso i battenti per disperazione, che abbiamo aiutato a riaprire, senza avere quasi nulla in cambio.
E gli ultimi sono i pazienti che sono stati salvati da quando abbiamo acquistato l'ospedale, da quando abbiamo speso soldi in attrezzature e personale in tutti i reparti.
Questo è l'Angel Killer, lo stesso che ha reso i luoghi pubblici sicuri per le famiglie, è una promessa di punizione per chi fa del male.
L'angel killer è l'unica giustizia in questa città."
Ha visto le cartelle di quelle ragazze, Mandy gli ha raccontato dell'ospedale e dei negozianti, ma avere davanti dei nomi è sempre sconvolgente quando si ha un cuore buono.
Non sono soldi, non sono dati, ma sono nomi, persone vere.
È facile calcolare su dei numeri, su delle voci oggettivi, dire che aiuta la gente, ma vederlo con i propri occhi e quasi toccare la realtà è tutt'altra cosa.
Alza gli occhi su un assassino, che ha ucciso, che ha ucciso persone cattive e fatto del bene, ma pur sempre un criminale, pur sempre una speranza.
Cosa è giusto qui?
È ogni cosa, con questo pensiero, torna davvero al suo posto.
La sua ira è ormai passata, la confusione si colpa di verità e davanti a lui non c'è più un assassino.
"Ti ho usato, è vero.
Hanno creato delle prove false su di me, una persona con la tua stessa bella divisa.
Ma lo hanno fatto per fare del male alla mia famiglia, alla minato alla loro sicurezza ed io non potevo permetterlo.
Nessuno tocca la mia famiglia."
Ed ora gli mostra il lato migliore di se, a parere di Pedro, in tutta la sua bellezza quasi a sembrare una leonessa.
I denti serrati, i pugni stretti, lo sguardo infuocato ora che parla della sua famiglia, se lei fosse davvero un animale ora la vedrebbe strisciare con sfida la zampa sulla terra, in segno di protezione e forza.
Rimane ammaliato da questo sguardo così pieno di lei, vuoto quando è indifferente o annoiata, dilatato quando parla di uccidere, infuocato quando protegge le persone che ama.
" Sei diventato inutile prima di quanto pensi e quando è successo avrei potuto sbarazzarmi di te.
Come la chiamano i tuoi colleghi, vacanza?"
Sorride, facendo le virgolette sull'ultima parola e lui non ha bisogno di pensarci troppo per capire cosa intende.
Ne ha sentito di colleghi andati "in vacanza", già sapeva all'ora quale era la verità.
Comunque la facilità di come questa donna maneggi la morte, come un illusionista con il suo mazzo di carte è strabiliante, da i brividi.
Ma poi si ricorda che è anche l'angel killer, anche ma non solo.
"Ma non ho voluto.
E non perché sei innocente o cazzate da ipocriti, ma perché non mi importava, non eri una minaccia per me.
In compenso però dovevi sapere, conoscere la realtà di questa città, lo schifo con cui le mie ragazze combattono ogni giorno.
Tu sei un bravo poliziotto, ma la tua giustizia in questa città non vale quanto la mia."
Lui è stato buono finché serviva, poi è diventato inutile, inutile, è inutile la sua giustizia, la sua divisa, in questa citta, lo sapeva in cuore suo ancora prima di entrare in questo ufficio, ma sentirselo dire fa comunque male.
Fa un passo indietro, è uno schiaffo in faccia, può quasi sentire i segni rossi sulla guancia.
"Non è comunque giusto, la tua è giustizia privata, se io ti dessi ragione sarebbe come mettere in mano una pistola a tutte le persone e a dir loro di vendicarsi senza che abbiano nessuna conseguenza.
Armare il mondo ed aspettare che esploda."
Per la prima volta Pedro risponde e per Kim ha completamente ragione.
La giustizia privata non può esistere, perché diventerebbe vendetta e il mondo rimarrebbe cieco e senza denti.
Occhio per occhio e dente per dente.
Kim lo sa bene.
Ma per lei, in lei, la giustizia è una questione più vitale, è nel suo corpo con il sangue che scorre e la carne che trema.
"Non cerco la tua comprensione, ne tantomeno la tua approvazione.
Ma sappi che ho sempre pagato le conseguenze delle mie azioni in anticipo, ogni morte che ho inferto ha prima ucciso me.
Ho un credito con la vita, del sangue da reclamare e se per proteggere la mia famiglia, questa città, dovrò versare sangue io lo farò."
Ancora una volta Pedro è senza parole, sa cosa ha subito e non si sente degno di replicare.
Kim lo osserva, come se lui fosse una creatura misteriosa, perché nei suoi occhi legge il giusto ed è quasi "felice" che questa città non lo abbia fatto marcire dall'interno.
Sbuffa, questa gravidanza la sta di già rammollendo.
Si alza dalla sedia, avvicinandosi a lui, con il pensiero di posargli una mano sulla spalla, ma non lo fa.
È vero che oggi si sente positiva e cordiale, ma non così tanto, meglio non esagerare.
"Io ti stimo davvero tanto, perché in te vedo davvero il giusto e so che lo tano da questa città potrai davvero indossare la tua divisa con fierezza.
Per quanto siamo su fronti contrari, io ti auguro di trovare il tuo mondo, il tuo giusto nel giusto."
Pedro alza lo sguardo su di lei, due mondi che si sfiorano e si accarezzano.
Bianco e nero, il grigio tra di loro e i loro pensieri così simili, eppure così contrastanti.
La giustizia, in due prospettive diverse.
Nulla è andato come Pedro aveva immaginato, eppure si sente soddisfatto di questo addio.
Annuisce e le porge una mano, come due vecchi amici che si salutano, come due giocatori che hanno vinto o perso una partita.
Kim guarda la sua mano e solleva un sopracciglio con aria confuso, per poi allungare la mano ma invece di stringere la sua, afferra la maniglia dietro di lui e apre la porta.
"Non esagerare Pedro, non sono così positiva oggi e non lo sarò mai.
Ora va, hai sicuramente qualcosa di più importante qui."
Pedro sorride, anzi ride leggermente per la prima parte del discorso, poi però torna di nuovo confuso.
Non è venuto qui solo per Kim, ha davvero una cosa più importante da fare, ma lei come fa a saperlo.
Vorrebbe chiederle spiegazioni, ma lei si limita a fargli cenno di andare, non dirà nient'altro e lui lo sa.
Va bene così, finalmente ha concluso il suo percorso in questa città, ha le risposte che gli toglievano il sonno e gli davano angoscia.
Piega il capo in segno di saluto, alla fine può anche solo pensare che è felice che questa città sia nelle sue mani.
È una buona speranza per questa gente.
La supera camminando per il corridoio senza soffermarsi sugli sguardi curiosi delle donne, sta cercando lei.
Nella sala principale si guarda intorno, tanti visi, tanti sorrisi, ma non lei.
Per fortuna Kim, anche se annoiata, gli fa cenno con la mano verso la sala aerobica che proprio ora si sta svuotando.
Si avvicina con calma, notando gli sguardi luminosi delle donne che ridono e chiacchierano tra di loro.
Questo posto fa davvero del bene...
"Pedro, che sorpresa vederti qui."
Ed ecco lei, la vera ragione per cui è qua, la donna che gli ha aperto gli occhi su questo mondo e sul loro.
È bella, è sempre bella, anche leggermente sudata e accaldata.
Ripensa al loro primo incontro, al loro primo appuntamento, alla loro prima notte, a tutte quelle prime volte che hanno creato qualcosa di così puro e bello, nei giorni bui e crudeli.
Si avvicina a lei, accarezzandole la guancia, perdendosi nei suoi occhi lucenti, ripensando ai loro ricordi che ripenserà nel suo addio a questo luogo.
E la bacia, baciando ogni dettaglio che lo ha fatto innamorare di lei, ogni sorriso che gli ha migliorato la giornata.
Si stacca da lei, sospira e posa la fronte sulla sua.
"Io sto andando via, ho fatto richiesta di essere trasferito a New York, non tornerò."
Il sorriso di lei scompare, si allontana da lui come scottata e le lacrime le segnano le guance.
E qui per dirle addio, per lasciarla per sempre e allora cosa valgono i loro momenti e loro ti amo.
Veloce come il loro bacio ai allontana, vuole solo scappare via, non vuole sentirlo dire quelle parole maledette, quell'addio.
Ma lui la afferra e con uno slancio la fa finire tra le sue braccia stringendola.
"Vieni via con me.
Questa città mi è nemica, io non posso rimanere, ma non posso lasciarti qui, non posso dirti addio.
Vieni con me.
Ricominciamo insieme."
È pronto a partire, vuole lasciare questa città, ma non può lasciare lei non dopo quello che abbiamo condiviso.
Stanno insieme da quasi un mese, non è tanto se ne rende conto, ma quello che hanno condiviso è troppo profondo per dirle addio.
La stringe a sé, non vuole lasciarla andare, ha paura che lei gli possa dire di no.
Non può dirle addio.
Dopo aver lottato un po', Mandy si stacca da lui prendendogli le mani.
Con gli occhi pieni di lacrime e lo sguardo malinconico nega con il capo.
È disperazione, non è pronto a dirgli addio, non sono pronti.
"Ti amo, ti amo davvero tanto e vorrei davvero venire via con te.
Ma ho un debito con questo luogo, mi hanno dato la vita, non posso girare loro le spalle.
Lo capisci?"
Lo capisce davvero, sa quanto questo luogo, queste ragazze hanno fatto per lei, salvandole letteralmente la vita.
Si mette nei suoi panni, anche lui non potrebbe girare le spalle a chi lo ha salvato, ma il cuore comunque sanguina e si strugge.
Tiene le sue mani, non sa cosa fare, non vuole restare e non vuole lasciarla.
"Non essere sciocca Mandy, non hai nessun debito qui."
Si girano di scatto, a parlare è stata Kessie con al suo fianco le altre ragazze e Kim che annuisce d'accordo qualche passo dietro di loro.
Sara da qualche passo in avanti fino ad arrivare a loro, con lo sguardo lucido, le mani al petto ma un sorriso gentile sulle labbra.
"L'unico debito che hai è con te stessa Mandy.
Hai sofferto tanto, ti è stato tolto tanto, hai tutto il diritto di essere felice e se lui ti dona l'amore di cui hai bisogno, devi andare."
Pedro fa un passo indietro, non è una scelta che aspetta a lui, così si fa da parte lasciando che le ragazze vadano da lei stringendola nella loro amicizia, nel loro amore, forse nel loro addio.
Tutte le ragazze la appoggiano completamente, augurandole tutta la felicità di questo, dicendole più volte di farsi sentire ogni tanto.
Mandy ancora frastornata si guarda intorno, sentendosi così circondata da amore e calore, sentendo il cuore spezzato a metà tra due case.
Poi guarda Kim, rimasta immobile sulla porta, lì con la sua solita aria indifferente quanto maestosa.
"La vita ci dona delle possibilità, sono poche a volte rare, sarebbe stupido da parte tua dire no.
Se lui non è quello che vuoi, se dubiti dei tuoi sentimenti o dei suoi, se non vuoi partire allora va bene resterai qui.
Ma non farlo perché hai paura di lasciare un porto sicuro.
La vita è una avventura, bisogna cogliere ogni sfumatura, e comunque qui troverai sempre le nostre porte aperte."
Si limita a dire Kim, per poi andare via, i sentimentalismi non fanno per lei e inizia a sentire una leggera orticaria sulla pelle.
Decisamente troppo gentilezza oggi.
Così Mandy, ora piena di sicurezza sposta lo sguardo su Pedro.
È lui l'uomo che vuole, è lui l'uomo giusto, sa quanto la ama e quanto lei ama lui, è con lui che vuole affrontare questa avventura che è la vita.
Corre verso di lui, abbracciandolo, saltando ad aggrapparsi come un koala, baciandolo con tutto l'amore che sente dentro.
"Vengo con te, ti amo, vengo con te."
Continua a ripeterlo ad ogni bacio, ad ogni battito che sentono dentro di lei.
Le altre la salutano con una lacrima e un sorriso, un arrivederci malinconico.
Alcuni addii hanno un dolce sapore, sanno di rinascita, altri lasciano una dolce malinconia e ricordi senza tempo.
Non sempre è facile dire addio...
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