capitolo 24 linee
La vita di Kim è sempre stata una linea, un filo rosso solitario che con il passare del tempo si è annodato, intrecciato con linee nere e si è un po' consumato.
Poi, alla sua linea si sono aggiunte altre, che con la sua si sono unite, mischiate e legate con doppio e triplo nodo, anche qualche nodo alla marinaia.
La vita è una linea che si piega curva e torna dritta tra alti e bassi, cercando di schivare angoli, altre volte prendendo in pieno ostacoli e rimbalzando.
Infondo il destino, il senso di ogni cosa, è sempre disegnato con un filo, una linea.
Come la linea separatrice tra due corsie, quella bianca fissa in mezzo alla strada, a camminare a cavallo di essa ma senza mai separarla, cercare di rimanere a distanza di sicurezza e a volte quando tratteggiata superarla per cercare di arrivare in tempo, per oltrepassare uno ostacolo che potrebbe fermare.
Una linea di arresto decorata con uno stop, che può dare e togliere la vita.
Questa è la linea della vita e per Kim è più o meno la stessa cosa, se non fosse che quella linea dritta per lei è sempre stata confusa.
Ondeggiava in un Zig Zag pericoloso, cercando di rimanere nella parte giusta, a volte ubriaca a superare leggermente quella riga, come un colpo di sonno.
I fari sparati negli occhi, a riprendersi e tornare oltre la linea.
Ma è sempre stata una linea, anche quella linea dritta quando il suo cuore più volte si è fermata, per poi tornare un movimento su e giù.
Una linea, semplice e chiara.
Ma ora, tra le mani, due linee.
Rosse e parallele a non incontrarsi mai, due linee come due vite insieme che vivono in simbiosi legate dallo stesso piano.
Due linee, positivo e Kim trattiene il respiro.
La sua vita non è più una linea singola e desolata, non può più confondere nel buio quella striscia poiché di fianco una più scura e chiara mantiene l'attenzione.
Il test è positivo, due linee e lei non è più sola.
Stringe quel piccolo oggetto, illudendosi di essere sorpresa, ma non può essere così stupida.
Da mesi il suo corpo le urla che qualcosa stava cambiando dentro di lei, che il respiro affannato e la nausea erano una vita che piano piano si stava creando dentro di lei.
Due linee, test positivo, è incinta.
Le mani tremano e l'oggetto scivola tra dita cadendo a terra, con quelle due linee che ancora sono visibili nonostante l'oscurità della stanza.
"Kim, tutto bene?"
Sussura Sara prendendole le mani, lasciandole condividere quel tremolio, dopo essere rimasta silenziosa per tutto il tempo a un passo da lei, quanto basta per lasciarle il respiro di pensare.
La casa è completamente spoglia e nuda, ci sono solo loro due ed è forse questo che ha dato il coraggio a Kim di avere le conferme ai suoi dubbi.
Passata da una farmacia, è tornata di fretta a casa, chiedendo a Sara di andare con lei in camera, di stare insieme a lei.
All'inizio la bionda non capiva cosa intendesse, cosa volesse e perché fosse così agiata, poi la vista uscire dal bagno, quell'oggetto ancora bianco in mano ed è rimasto solo silenzio e immobilità.
Le ha chiesto se va tutto bene, le mani ancora tremano e ancora non lo sa cosa prova.
Una vita sta crescendo nel suo ventre che credeva ormai arido e morto, in lei che è stata morte per sé stessa e per molti altri, ora cresce qualcosa di così puro e vivo.
È incinta, trema...
"Io.
Non lo so..."
Gli occhi di Sara sono lucidi e sorpresi, non ha mai visto Kim così fragile, così confusa.
La grande roccia, la colonna portante della intera famiglia, se non della città, ora davanti a lei trema ed è solo umana.
Ha davanti agli occhi la forma più pura dell'umanità di Kim, quella parte che ha paura, che trema, che brilla di vita.
Ma ingoia a vuoto, sa che questo potrebbe farla risplendere o crollare.
"Kim, se vuoi...
Se vuoi...
Devi decidere tu, ma io ti appoggerò e ti aiuterò.
Qualsiasi cosa tu decida di fare."
Interrompere la gravidanza, questo sta cercando di dire Sara con il suo balbettare e la voce tremante.
Sarebbe la scelta più logica, in un periodo di guerra come questo e con la vita che fanno, sarebbe la scelta giusta da fare.
A volte una donna deve prendere delle decisioni importanti, piangere per salvare una vita, essere altruista.
Salvare dalla crudeltà e dalla sofferenza questa nuova vita.
Questa vita.
Si posa le mani sulla pancia, accarezzando questo corpo che ha conosciuto la distruzione ora essere creazione.
Una vita cazzo, dove lei ha sempre visto la morte di se stessa.
A volte una donna deve fare la cosa giusta, quasi altruista se ci si pensa, e Kim è sempre stata una persona giusta.
Ha sempre combattuto per gli altri, sacrificata al dolore, rinunciando al respiro per gli altri.
Ma ora.
"Io...
Voglio tenerlo..."
Sussurra, stringendo la presa su questa vita che è legata a lei, che è parte di lei e per una volta in vita sua vuole essere egoista.
Era terrorizzata, incredula nel dubbio di essere incinta, sapeva che avrebbe fatto la cosa giusta.
Ma ora, ora che sa che è tutto vero, che il suo ventre è culla di vita, non vuole rinunciarci.
È strano quello che la vita può fare, il battito di questa creatura batte furioso animando il suo, scrostando dalla sua anima la fuliggine e il fango.
Lei a creato questa vita, è lei a dare cibo e respiro a questa vita?
No, è questa vita a dare vita a lei.
"È mio.
La mia piccola luce.
La mia vita.
È mio."
Sussurra Kim con un sorriso sulle labbra, e Sarà ne rimane incantata e commossa tanto che una lacrima le segna la guancia.
Tutti conoscono i sorrisi della the Queen, il broncio sadico dell'Angel killer, ma il mondo in questo momento vede per la prima volta il sorriso di Kim, quello vero.
La osserva toccarsi la pancia, guardarsi con una splendida luce negli occhi, sorridere alla vita che per la prima le dona qualcosa.
Vorrebbe abbracciarla, accarezzarle le mani che la stanno coccolando, ma non osa avvicinarsi più di così.
"È mia questa vita.
È mia."
Continua a sussurare già gelosa di questa creatura ancora prima che il mondo lo conosca, Sara si sente persino di troppo in questa stanza perché lei ha creato una bolla su di loro, impenetrabile.
Kim da seduta si tira sul letto, fino a sedersi al centro del materasso con la schiena appoggiata alla testiera, sempre con la mano sulla pancia come se fosse già grande, come se quella mano stesse già cullando la sua vita.
Sara rimane ai piedi del letto, nell'assoluto silenzio di mille cose che dovrebbero essere dette o no, non ha importanza.
Davanti alla vita, non ha importanza.
"Diventerò mamma Sara, questa creatura sarà il mio respiro, il battito nel mio cuore, la mia intera vita devota a lui e solamente a lui.
Ne sarò degna?"
Sara sorride alle sue parole, vedendola risvegliare dal suo stato di ipnosi, ma solo un po', quanto basta per avere paura.
Perché con la vita, anche la paura muove i suoi passi dentro di lei.
Sale sul letto fino a mettersi seduta di fianco a lei, sospirando mentre lei piano si appoggia sulla sua spalla con le mani sempre a culla.
Le accarezza la guancia, baciandole il capo, come fa sempre lei nei loro momenti di fragilità.
È strano vederle scambiarsi i ruoli.
"Tu sei la donna più umana che io conosca, hai attraversato tempeste diventando parte di essa fino a domarla.
Quindi se mi chiedi se sono sicura che difendersi questa vita con la tua, ti rispondo che non ho dubbi.
Se mi chiedi se ne sei degna, ti rispondo che non esiste al mondo un cuore più vero e degno del tuo."
Ironico, la donna demone, l'angel killer, la regina del trono di spine, la nobile del Bronx definita pura di cuore e degna di vita.
Ma Sara è sempre stata sicura di quello che vede in Kim, dove gli altri vedono una corona e sangue, lei ha sempre visto un angelo caduto.
La sente addormentarsi, continuando ad accarezzarla e a baciarle il capo di tanto in tanto.
Sente il suo respiro calmo, i suoi occhi completamente chiusi, non un sussulto al vento che smuove le foglie fuori dalla finestra, non crede di averla mai vista dormire così profondamente, non crede che abbia mai dormito totalmente inebriata da Morfeo.
Ripensa a tutti quello che sa di lei, Sara più di chiunque altro conosce ogni incubo, ogni angolo buio del suo passato, ogni pezzetto di anima che le stato strappato.
La vista nei suoi momenti peggiori, la vista essere distruzione, furia, odio e vendetta.
La vista soffrire, sanguinare nella sua anima, cercare di uscire dal suo personale inferno graffiandosi e distruggendosi le unghie contro l'asfalto.
La vista amare, la vista combattere, la vista sadica e la vista felice, la vista in tutte le linee delle sue personalità.
Ed ora la guarda, ruba dalla sua espressione di pace la sua umanità, quell'ultimo pezzo che le mancava di lei.
Scivola via, sistemandole il cuscino sotto il capo, coprendola con cura con una coperta, sorridendo nel vederla ancora così rilassata e dormiente.
Lascia la stanza, guardandola un ultima volta così immersa nei suoi sogni, con la mano ancora sulla pancia.
Che strana notte, il silenzio della casa le permettono di pensare a quello che è appena successo.
Kim diventerà madre, questa casa presto accoglierà una nuova vita.
"Sara?
Ancora sveglia a quest'ora."
Pensiero dopo pensiero, passa davanti all'ingresso di casa, diretta alla cucina proprio mentre Kessie sta entrando in casa, bagnata dalla testa ai piedi e gli occhi con leggere occhiaie.
Sara si limita ad annuire, facendole segno di seguirla in cucina, entrambe hanno bisogno di un buon thè caldo.
I ragazzi resteranno fuori fino all'alba per lavoro, Mandy è a un appuntamento e da come era emozionata sicuramente con un ragazzo, Camilla è di turno...
"Mary e Gemma?"
Le due mancanti erano con Kessie in palestra per una emergenza, rare ultimamente ma non sparite.
In genere si muovono in due, facendo a turni in modo da essere disponibili a qualsiasi ora del giorno e da non crollare dal sonno, ordine di Kim.
Se non sono riposate e in salute non possono aiutare nessuno, non possono salvare il mondo, come dice lei.
Sono state chiamate poco dopo cena dal numero di emergenza, una donna con due figlie in cerca di rifugio.
Sara stava per raggiungerle, nonostante non fosse di turno, quando Kim la tirata con sé in camera.
"Gemma è da Maria, le bambine hanno tutte il virus intestinale e la poverina aveva bisogno di aiuto tra vomito e altro."
Kessie fa una leggera smorfia disgustata, mentre si leva velocemente i vestiti bagnati, rimanendo con un felpa umida e macchiata qui e lì di qualche goccia di sangue e fango.
Sara si limita ad annuire, ormai abituata a stati peggiori, riempiendo le due tazze e passandone una a lei.
Sia lodata Loredana che lascia sempre una teiera di ottimo the solo da riscaldare.
"Mary è rimasta con la donna in attesa dell'ambulanza, è messa troppo male e le bambine sono denutrite e forse con qualche frattura.
Ci abbiamo messo un ora a tranquillizzarle e a convincerle ad andare all'ospedale.
Abbiamo già avvisato Camilla che è di turno al pronto soccorso e Mary si occuperà dei documenti per la dimora d'accoglienza.
Insomma un'altra nottata del cazzo."
Ancora una volta annuisce, spostando lo sguardo sul thè caldo nella tazza, perdendosi nel fumo umido che sale dalla porcellana.
Cerca di distogliere la mente, come le altre ha promesso di lasciare le storie della Elisabeth house all'interno della palestra, non portarsi mai a casa quel dolore e quella angoscia.
Come ha detto Kim, bisogna che il loro lavoro per quanto emotivo non venga portato a casa, poiché diventerebbe tossico.
Kessie sospira stanca, muovendo il collo cercando un po' di sollievo al torcicollo, lasciando che la pelle gelida si abitui al calore in casa e lo stomaco si riscaldi con il buon thè, non fa miracoli ma è un piacere per i sensi dopo una nottata tale.
"Cosa faresti se rimanessi incinta, con il lavoro che facciamo e la situazione in cui siamo?"
Le parole di Sara la fanno quasi strozzare con il thè e alcune gocce le colano sul mente e il vestito.
La bionda si morde il labbro trattenendo la risata, avrebbe dovuto prepararla alla domanda o andarci più piano, ma semplicemente le parole le sono uscite dalle labbra.
"Tu...
Tu sei..."
Kessie tossisce ancora un po', cercando di finire la frase indicando un pancione con le mani.
Le guance di Sara si colorano di rosso tanto che anche le punte delle orecchie si tingono, facendola sembrare un pomodoro.
"No, no, niente di più lontano.
Ma, non so, dici che sarebbe strano?
Facciamo un lavoro duro, la situazione in casa è tesa, per non parlare della guerra in atto.
Io, non so...
Non so cosa farei."
Non lo sa davvero.
Ha visto Kim illuminarsi di vita alla notizia, sorridere felice e decidere di diventare mamma con l'unica paura di non essere all'altezza.
Senza mai dubitare che lo proteggerà con la sua stessa vita, scontato dato come difende la sua famiglia, può solo immaginare cosa arriverebbe a fare per quella creatura.
Ma lei avrebbe lo stesso coraggio.
Kessie sospira, poi dando un'altro sorso alla bevanda calda, decide di raccontarle una storia.
"Sai, quando avevo 16 anni, ero innamorata pazza di un ragazzo, ero davvero cotta.
Avrei fatto di tutto per lui e lui sembrava così preso da me, mi faceva sentire la più bella del mondo, così amata."
È strano quanto si può essere stupidi da ragazzini, un amore passeggero sembra essere il più grande che si possa provare e quando finisce si è convinti di poter morire per il dolore.
Ad oggi, con la maturità della sua età, del suo passato e l'amore folle ma così concreto che la lega a cam quegli amori adolescenziali le sembrano così frivoli e vuoti.
Eppure a quei tempi le sembrava tutto il suo mondo.
"Credevo di essere innamorata, che lui mi amasse e ho dato a lui la mia prima volta.
Non me ne pento, penso che se ci si dona per amore non bisogna mai pentirsi del proprio amore.
Ma..."
Lo pensa davvero, ogni scelta che si fa per amore non bisogna mai essere un rimpianto, lei era innamorata e ha deciso di perdere la sua verginità per amore, di aver fatto l'amore con una persona che amava, anche se in fin dei conti non era così ricambiata.
Ma...
"Dopo averlo fatto, lui mi ha lasciato.
Ho scoperto che ero solo un ulteriore tacca sulla sua cintura, una scommessa tra stupidi ragazzi.
Ma dopo un mese avevo un ritardo e ho fatto il test.
Positivo, ero incinta."
Ricorda ancora quelle due linee rosse, il terrore che le faceva tremare le mani, la notte passata con Mary tra lacrime e singhiozzi.
Quelle due linee erano così chiare, crudele e non sono cambiate con gli altri quattro test.
Quelle due linee c'erano e lei era terrorizzata.
"Mia madre si era appena ammalata, da lì a una settimana ho dovuto lasciare scuola e tutto per andare a lavorare e con il mio cognome era difficile avere una paga decente.
I soldi se ne andavano alle cure di mia madre ed io ero stanca, terrorizzata e con i morsi della fame."
È facile dire "sto morendo di fame", ma in pochi sanno quanto possono essere dolorosi i morsi della fame.
Lo stomaco che si piega, sembra divorare dall'interno, quasi si possono sentire i denti della miseria.
Inutile dire che anche avere la corrente e l'acqua calda sera un lusso, non ricorda nemmeno più quante volte le hanno staccato la corrente e l'acqua.
"Che vita avrei dato alla creatura dentro di me?
Sarebbe morta di fame tra le mie braccia, odiata dal mondo perché con il mio stesso cognome, oppure avrei abortito naturalmente in gravidanza avanzata per lo stress, la fame e la fatica.
Ho preso una decisione, la più dura della mia vita, con un senso di colpa che ogni tanto ancora sento.
Ma ho deciso di interrompere la gravidanza, di dirgli addio."
Le mani tremano, ricorda quel giorno, il raschiamento e la sensazione di vuoto e sporco che sentiva dentro.
Mary era lì a tenerle la mano per tutto il tempo, asciugando le sue lacrime, baciandole il capo e stringendola a sé.
Fuori dal consultorio gente con cartelloni orribili "omicidio", "assassina", "era solo un bambino".
Ha avuto gli incubi per mesi.
Sara le prende le mani asciugandole una lacrima con le labbra, con un bacio.
"Non posso nemmeno immaginare quanto sia stato difficile per te.
Ma ti conosco e so che se hai preso quella dura decisione avevi tutte le ragioni.
Hai fatto la cosa giusta."
Annuisce, pensandoci lucidamente Sara ha ragione e direbbe la stessa cosa se una amica si troverebbe nella stessa situazione.
Eppure ogni tanto, quando vede dei bambini giocare in un prato o una mamma con un neonato in braccio, si sofferma a immaginarsi al loro posto, una realtà alternativa in cui ha tenuto il bambino e le cose sono andate bene.
Ma resta solo questo, una immaginazione, una illusione di qualcosa che non potrà mai essere.
"So che il senso di colpa ti logora ancora oggi, ma vorrei che lo pensassi come un arrivederci e non un addio.
Un giorno diventerai mamma, abbraccerai quel bambino e potrai donargli tutto ciò che a quei tempi non avresti potuto dargli.
Non sei stata egoista Kessie, anzi gli hai detto arrivederci per potervi rincontrare quando sarà il suo momento."
Kessie annuisce, con le guance bagnate di lacrime e le labbra leggermente inclinate in un sorriso.
Sara la prende e la stringe a sé, lasciandola piangere sulla sua spalla, accarezzandole la schiena.
Due linee, possono cambiarti la vita...
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"Se domani succede a me, voglio essere l'ultima."
Se siete in una relazione tossica, se avete paura, se vi tremano le mani chiedete aiuto.
Non pensate che non è nulla, non credete si essere paranoiche.
Chiedete aiuto, se non per voi, fatelo per Giulia...
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