capitolo 20 mani sul collo
"Avete capito?
Voglio quel figlio di puttana, lo voglio subito e lo voglio vivo."
Urla Carter facendo correre via dal giardino un gruppo di uomini pronti e motivati a cercare Anderson.
Arrivare a Kim, mandarle quel video, quell'uomo si è scavato la fossa da solo.
Rabbia, solo rabbia nelle vene, questo sente dentro da un ora circa, da quando Simon la chiamato raccontandogli con voce tremante quello che è successo.
Stringe con forza la mandibola, ha pena di lui, può solo immaginare quello che ha visto, sapendo che non è niente in confronto quello che ha visto lui quando hanno incontrato Josh.
Non sa nemmeno quante volte Simon gli ha chiesto scusa, blaterando che avrebbe dovuto fermarla prima che vedesse il video, che avrebbe dovuto fare di più, che non doveva avvicinarsi a lei in quello stato.
All'ultima scusa il segno ancora vivido sul collo.
Ma non gli dà nessuna colpa, è stato un attacco crudo e inaspettato, nessuno di loro poteva affrontare la situazione tranne chi la fatto, Stefano, solo lui sa cosa vuol dire gestire la crisi di quel tipo di violenza.
"Lei come sta?"
Chiede Alex, gettando via il mozzicone, osservando il gruppo di cui si è occupato lui andare via.
Sono stati tutti avvisati, anche le ragazze che girano in pena dentro casa, tenendo d'occhio Kim.
E lei dovrebbe essere infastidita, dovrebbe aver urlato a tutte loro frustrata, dovrebbero sentirsi porte sbattute in faccia.
E invece.
"Non lo so.
Si è ripresa dalla morfina, ma è rimasta in camera silenziosa e immobile."
E corso da lei appena è arrivato, dormiva sul suo letto con un sorriso angelico e sereno sulle labbra, quasi gli ha fatto credere di stare bene, ma mezz'ora dopo quando è tornato da lei, lei era sveglia.
Immobile a fissare il vuoto fuori la finestra, con una sigaretta tra le labbra e il respiro lento.
La guardata, lei non si è girata, lui le ha parlato, le ha detto che gli avrebbe donato il cuore di quel bastardo su un piatto d'argento, ma lei non si è girata.
Ed è ancora lì.
Entrambi alzano lo sguardo verso la finestra, incrociando il suo sguardo che non li sta guardando davvero, lei vede oltre ma nessuno di loro sa dove o cosa.
"Pensi che sia ancora in piena crisi?
L'abbiamo vista spesso chiudersi nel mutismo quando è stata attaccata dal suo passato."
Carter non nega e non conferma, non lo sa.
Kim ha due modi per affrontare il suo passato, disperazione o distruzione, non ha una via di mezzo.
Ma ora, a vederla li pensierosa, non la vede spenta, non vede la sua posa Psycho, non vede la sua rabbia e neppure la sua disperazione.
Lei è lì, sta pensando a qualcosa e quel qualcosa va oltre le sue cicatrici.
"Non importa.
Casa nostra ha subito un attacco ed io voglio rendere lo stesso prezzo con gli interessi."
Alex annuisce ed entrambi allontanano lo sguardo dalla finestra per andare loro stessi in giro alla ricerca di sangue.
Kim è stata attaccata in prima persona e tutti in villa Queen vogliono la vendetta, il sangue, carne cruda da ridurre al macello.
Più di tutti Carter non credeva di poter provare una rabbia, forse neppure quando è stata rapita da Victor.
Era disperato quella notte, angosciato, perso senza di lei, quella notte desidera solo riaverla con se sana e salva, questa volta è diverso.
Mentre guida una furia cieca quasi gli cammina nella carne, forse persino nell'anima, una sete di sangue che mai e poi mai ha sentito.
Vuole vendetta per lei, distruggere per lei, essere il diavolo che le darà la distruzione che merita.
Poi c'è qualcuno davanti alla porta di Kim, le sue mani non vogliono sangue ma coraggio, gli serve per bussare a questa porta.
Simon si asciuga le mani sudate ai pantaloni, allunga una mano verso la porta ma la ritira prima che faccia rumore.
Non ha il coraggio.
Ha assistito hai crolli di Kim forse più volte degli altri, ha assistito alla sua paura quando gli ha detto che contava su di lui, ha visto il suo sorriso sadico quando l'hanno ferita, la vista dare fuoco a un divano nel suo pieno stato di Psycho e torturare un uomo quello pensava forse il peggio.
Non c'è andato minimamente vicino, solo ora conosce il peggio di lei.
Nega con il capo, glielo deve, deve entrare in questa stanza e parlarle, allunga di nuovo la mano ma si ferma ancora, perché è così difficile ammettere a sé stessi di essere codardi.
È un codardo, si urla di bussare a questa maledetta porta.
"Entra."
Trattiene il respiro, si guarda le mani ma lui non ha bussato eppure Kim gli ha detto di entrare.
Lo stava aspettando, paziente lo ha lasciato elaborare il malessere dentro ad entrambi, ed ora sa che è pronto ad entrare.
Lo fa, con passo silenzioso, chiudendo con calma la porta alle sue spalle, si nega lui stesso una via d'uscita.
La osserva immobile davanti alla finestra, sapeva che l'avrebbe trovata così, in casa non si parla d'altro ma lui fa un respiro trattenuto e lei si gira verso di lui.
Il primo a cui rivolge la sua attenzione, il primo a tirarla via dai suoi pensieri o forse stava solo aspettando lui
Parlare con lui prima di poter tornare al mondo.
Kim osserva il suo collo, sa quello che ha fatto, sa che i segni quasi viola sulla sua pelle li ha lasciati lei, rilascia un sospiro sciocco per lei credere di poter proteggere la sua famiglia dal mondo senza calcolare che lei stessa fa parte del mondo.
Si siede su una sedia, passandosi una mano tra i capelli, cercando di non pensare.
Ma non ci riesce, è un qualcosa che la tormenta da quando si è risvegliata.
"Dimmi che mi sbaglio, che non è come penso, che è solo una idea folle nel mio cervello."
Anche Simon sospira, tra loro non sono mai servite tante parole, un meccanismo di movimento e occhio perfetto, lei che cammina nel vuoto con gli occhi Bennati e lui che la guida.
Entrambi sapevano che Simon avrebbe combattuto la confusione nella testa con il lavoro, che avrebbe analizzato quel video con attenzione, come lo avrebbe fatto Kim con il suo istinto.
"La penso come te."
Si siede poco lontano da lei, accendendosi una sigaretta per poi passarla a lei, sfiorando le dita lasciandola a lei poi accendendone una per se.
Entrambi non vogliono parlare, il silenzio è piacevole, uno scudo verso ciò che devono affrontare, la verità più scomoda che abbiano mai affrontato.
Così Kim sospira, non sa se vuole parlare del pensiero che la ingoiata da quando si è svegliata.
Sposta lo sguardo su di lui, quei segni sono crudeli, non può lasciarli in silenzio, questo non li farà passare.
"Mi dispiace per averti attaccato, ero fuori di me.
Bè, più del solito in realtà."
Simon ingoia a vuoto, non respira e quasi patetico in realtà.
Ma chi cazzo può capire cosa vuol dire sentire Kim scusarsi, le volte si contano su una mano e Simon rimane scioccato che la prima volta che succeda con lui sia per qualcosa che in realtà crede essere colpa sua.
"Eri fuori di te, non dovevo avvicinarmi, non dovevo illudermi di poter affrontare un qualcosa che non so gestire."
Sulle labbra di Kim scorre un sorriso ironico, mentre lascia uscire dal naso due righe di fumo.
Lo guarda, cerca di capire se sta scherzando e lui distoglie lo sguardo.
Non lo ha mai fatto.
"Sembra di sentire una moglie che giustifica il marito violento perché non avrebbe dovuto bruciare la cena.
Che se l'è cercata.
Ironico che sia diventata io il bastardo della storia e tu stai malissimo con un grambiule da cucina."
Si alza, spalanca la finestra nonostante il freddo di ottobre, questa stanza sta diventando stretta e l'angoscia e quasi palpabile.
Simon sospira, ogni sera sente le storie di Camilla, le parole e le giustificazioni che danno le donne in cerca di aiuto e ogni sera vorrebbe urlare che sono cazzate.
Ma questo è diverso.
È diverso.
Vero?
Ormai non lo sa neppure lui cosa pensare, i lividi sul collo non gli danno neppure dolore, al contrario dell'immagine di lei a terra a piangere disperata.
"E facile darsi la colpa, credersi dei mostri, lo fatto anche io quando fuori da quella porta non trovavo il coraggio di entrare perché mi davo la colpa ed ora non è diverso è cambiato solo il carnefice."
Kim ascolta con attenzione, osservandolo li piegato su se stesso a fumare con fame quella dannata sigaretta già quasi finita.
Non lo capisce, cosa c'è di così difficile da accettare in quello che è successo.
Lei lo ha aggredito, se non fosse intervenuto Stefano lo avrebbe ucciso cazzo, perché sembra così stupido da non capire.
"Io ti ho messo una mano sul collo, ho sentito il sangue pulsare nelle tue vene, ho cercato con le dita l'osso da spaccare.
Un respiro ancora e ti avrei ucciso."
Sposta malamente la sedia, il rumore graffia il silenzio nella stanza, ma Simon rimane immobile non è minimamente scalfito perché sa che questa è la verità.
Non si è illuso dalla l'idea "lei non mi avrebbe ucciso", no lui sa che stava per ucciderlo accecato dalla malattia che ormai consuma la sua mente.
Lei lo avrebbe ucciso, se non fosse intervenuto Stefano lo avrebbe ucciso senza neppure rendersene conto.
Senza rendersene conto.
"Chi era contro il muro Kim.
Chi era che non respirava, che sentiva il sangue fermarsi sul viso, il cervello annebbiarsi e le ossa tremare sotto quella mano."
Kim ingoia in mano, fa un passo indietro, con lo sguardo terrorizzato che fa capire a Simon di aver fatto centro.
Lei non fa mai un passo indietro, le sue mani non tremano mai e non distoglie mai lo sguardo come ha appena fatto.
Ricorda i suoi occhi spenti, quasi poteva vedere l'immagine nella sua mente attraverso le lacrime sul suo viso, nella sua bocca socchiusa a trattenere il respiro come se i ruoli fossero scambiati.
"Vuoi che non mi sento in colpa?
Bene, fallo anche tu, io ho avuto la stupidita di non capirti facendoti più male di quanto tu stessi.
E tu, ti sei lasciata sopraffare dal tuo passato difendenti, attaccandomi.
Direi che siamo pari."
Si alza, l'affronta, il senso di colpa ci mettere giorni se non settimane ad andarsene e lo stesso è per lei che continuerà a sentirsi un mostro finché i lividi non spariranno dal suo collo.
Faccia a faccia ognuno deve fare i conti con i suoi demoni, ma non possono nemmeno prendersi per il culo.
"Questa non è la famiglia del mulino bianco, mi dispiace disilluderti Kim, ma qui non ci sono principi senza macchia e principesse da salvare.
Ci sono demoni che cercano di sopravvivere, un gruppo che si sostiene contro il mondo lì fuori e quello che ci portiamo domani.
Oggi è toccato a te, mesi fa ad Alex e Carter con quella cazzo di guerra, quando eri in coma a Sara che lanciava piatti addosso a Jek, e potrei continuare per ore.
Siamo tutti marci dentro, non puoi salvare nessuno di noi."
E Kim ingoia a vuoto ancora una volta, la cruda verità che ti viene sbattuta in faccia senza pietà.
Perché Kim è sempre stata brava a sputare su se stessa, a gestire la propria merda, ma la verità è che ad unirli tutti sono lividi, dolori, rabbia e sangue.
"E quindi?
Che senso ha tutto questo?"
Kim crolla seduta, si sente sconfitta, non ha salvato nessuno in realtà e la bella immagine della bella famiglia e appena finita una pozza di fango.
Simon sospira dispiaciuto, non aveva intenzione di darle un dispiacere e sicuramente non in un momento di tale fragilità.
Ma non può più vederla mettersi in croce come se fosse Cristo per salvare innocenti e la parte buona dell'umanità.
Non è questa la sua storia, nonostante la croce che si trascina dietro, non è questa la loro verità.
Si avvicina a lei, inginocchiandosi per poterle prendere le mani e incrociare i suoi occhi.
"Ha senso, forse non quello che vorremmo, ma lo ha.
Perché non siamo solo quello, siamo semplicemente anime macchiate che camminano sullo stesso piano e si stringono quando fa troppo freddo per sopravvivere.
Siamo una famiglia se quella croce la portiamo insieme, cercando di aiutarci anche se lo facciamo in modo sbagliato o prendendo a pugni le persone che amiamo di più.
Non sei una vittima tu e non lo sono nemmeno io."
Sono quello che sono, con i loro sbagli, la loro rabbia e un lato Psycho che in realtà hanno tutti loro.
Sono quelli che dormono con la pistola sotto al cuscino e poi ridono a tavola per qualche cazzata di Cam.
Sono quelli che hanno ucciso e massacrato uomini e poi si sono emozionati al compleanno di Sara.
Non sono la famiglia del mulino bianco, ma possono amarsi come mai nessuna famiglia ha fatto.
"Ora, messo in chiaro che sono io il marito e tu la stupenda moglie con il grambiule..."
Si scansa prima che lei gli tiri uno schiaffo per la sua stupida battuta, ridendo cercando di tornare a una realtà che forse non è del tutto bella come vorrebbero, ma va bene così.
Lei sbuffa, nascondendo un sorriso divertito, tornando in piedi e di nuovo pronta a combattere, se non fosse che c'è ancora quella cruda verità che le preme sul fianco.
Torna seria, si avvicina alla finestra a tornare con lo sguardo nel vuoto.
"Sai che quel video era mirato a te, a farti vedere la bambina più di quanto avrebbero potuto farti vedere la scena in se.
Chiunque lo ha fatto, sa del tuo passato, voleva colpire te."
Non ha bisogno di confermare, lei lo sapeva già.
Appena si è svegliata quelle immagini l'hanno iniziata a torturare, ma poi ha lasciato che il suo lato razionale prendesse il sopravvento.
Quel video è stato girato per farla tornare con la mente al suo passato, lo stesso che sanno in pochi.
"Con Josh è morta l'ultima persona che sapeva del mio passato.
Ogni traccia a livello di documenti è stata distrutto e Stefano si è occupato delle cartelle cliniche.
Le uniche persone che sanno del mio passato, oltre a mio padre, erano sedute intorno al falò."
Fa riferimento al falò che hanno fatto dopo il suo salvataggio e Simon sospira, sperava davvero di sbagliarsi e che lo sapesse qualcun'altro.
La guarda, spera che lei dica che il padre può averlo detto a qualcuno, magari alla moglie o a quel cagnolino che si porta dietro, ma lei nega e le speranze sono vane.
Non vuole crederlo, non può crederci, sapeva che qualcuno sta muovendo contro di loro dall'interno ma pensavano che fosse qualcuno dei loro uomini, non pensavano che...
"La talpa è dentro questa casa, sotto il mio stesso tetto, qualcuno che ha cenato alla nostra tavola e che ogni giorno fa colazione con noi.
Qualcuno ci sta tradendo e io non ho idea di chi sia."
Si può sentire i loro cuori spezzarsi, non volevano davvero credere che tra le persone che amano ci sia qualcuno pronto a pugnalarli alla schiena.
Carter intanto si pulisce le mani sporche di sangue con una pezza vecchia fregandosene dei leggeri graffi sulle nocche, ancora la sete di vendetta non si è saziata e non si saziera finché non arriverà al bastardo.
E il terzo uomo che picchia in cerca di risposte, ma è l'ennesimo buco nell'acqua, forse l'idea di colpire finché non arriva al pezzo di merda non è stata una buona idea, ma in compenso si sono liberati di alcuni scarafaggi ad infestare le loro strade.
È pronto a partire per incontrare la quarta vittima, quando il telefono suona, sospira, spera davvero che chiunque lo stia disturbando abbia qualche novita.
"Dimmi Black."
No, nessuna novità anzi solo brutte notizie in un certo senso.
Fa segno a Jek di finire il lavoro mentre corre verso la sua macchina, quello che Black gli sta dicendo non promette nulla di buono e ha davvero fretta di tornare a casa per cercare di placcare la situazione prima che degeneri.
"Non le piacerà black, è una mossa del cazzo."
Accellera tenendo l'orecchio al telefono, ascoltando preoccupazioni giuste per carità, ma è davvero stupido pensare che questa cosa finirà bene.
Non sa neppure se si è ripresa, se è ancora immobile davanti alla finestra, ma sa sicuramente che quella donna non rimarrà indifferente alla presenza di uno sconosciuto in casa sua.
Cazzo, perché i problemi devono accavallarsi così tanto e perché Black non si è fatto i cazzi suoi per una volta.
Per fortuna non è troppo lontano da casa, entrando dal cancello sommando sulla ghiaia e lasciando la macchina davanti al portone fregandosene di abbandonarla con la chiave ancora nel quadro, pronta ad essere rubata.
Si ferma.
"E già qui cazzo."
Riconosce una macchina poco lontano, questa cazzo di situazione non finirà per nulla bene.
Entra in casa, con il respiro in affanno e Black ancora a blaterare la sua preoccupazione dall'altra parte della cornetta.
Alza lo sguardo è lei è già qui, sorride nel vederla di nuovo in sé ma sa che è solo un sospiro di sollievo.
Kim che scende le scale seguita da Simon e Sara, sicuramente quest'ultima ad averla avvisata del loro ospite.
Osserva Kim girarsi verso la sua amata poltrona, lo sguardo che si dilata e la mano che corre alla pistola che in genere porta dietro schiena scordandosi di non averla con se, ma non ne ha bisogno.
Scatta sul loro ospite prendendolo per il collo fino a sollevarlo.
"Che bel benvenuto the Queen."
Kim stringe la presa sul collo e pronta a spezzarglielo senza neppure voler sapere che cazzo ci faccia a casa sua.
La mano di Carter scatta sulla sua spalla per fermarla, lo osserva confusa dal perché invece non la incita ad ammazzarlo.
Così torna con lo sguardo su di lui, senza però lasciare la presa sul suo collo.
"Che cazzo ci fai qui Stuart?"
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