capitolo 19 gli incubi profumano di bruciato

(capitolo pesante e cruento, se si è sensibili, saltare al prossimo."

Kim fuma una sigaretta con calma, ascoltando la casa svuotarsi man mano.
Ognuno a un compito e a Carter ha lasciato quello di occuparsi di Pedro, ma sospira chiedendosi da quando si sente così stanca.
Persino di litigare.

Sbuffa il fumo dal naso, sentendo le narici bruciare dall'odore forte del tabacco e carta.
Pedro era il suo asso nella manica, la sua giocata fortunata, eppure il sol pensiero di litigare la fermata da qualsiasi discussione, troppo stanca per sbattere contro un muro.

"Perché sei così stanca?"

Le ha sussurato Carter per tutto il tempo in cui hanno fatto l'amore, gli ha risposto che non lo sa ma forse è stata una bugia.
Perché ha un dubbio, un tarlo, che le fa cadere la cenere sul tavolo a causa del tremolio della mano.

Il telefono suona, la privacy di qualsiasi pensiero stesse facendo viene strappato, ma sbuffa alla vista di un semplice messaggio.
Mary come molti altri giorni sarà adoperata di lavoro, sospira, deve davvero parlare con quella ragazza perché tutto questo lavoro non va bene.
Non è per questo che ha aiutato a creare quel luogo, non per vedere le sue ragazze consumate dl salvare il mondo.

Un altro messaggio arriva...

"Kim non guardarlo..."

Irrompe nella stanza Simon, con il fiatone e lo sguardo terrorizzato ma è troppo tardi, Kim ha già aperto  il messaggio e il video destinato a lei.

Gli occhi che si dilatano all'istante, una stanza vuota se non per un materassino a terra e una luce che pende dal soffitto.
Le risate di sottofondo accompagnano le ombre che si muovono nella stanza, finché una creatura non viene spinta sul materassino

"Ti prego, voglio tornare a casa."

Una voce innocente che supplica in lacrime, una piccola creatura innocente dai lunghi capelli biondi macchiati di terra, un corpo minuto nudo come mai dovrebbe essere con solo un orsacchiotto da stringere a sé.
A proteggerla.

Nel petto di Kim è il terremoto, non sa neppure cosa vuol dire la parola stanchezza, il respiro è talmente difficile che la bocca è succhiusa e un ricciolo di saliva scivola sul mente.
Come una belva, una bestia che sbava pronta a fare una carneficina, a distruggere l'inferno che sa sta per ingoiare quella creatura, mentre gli occhi ormai completamente oscurati e opachi non lasciano quelli azzurri della piccola creatura che continua a pregare.
A chiedere aiuto.
A chiamare la sua mamma.

"Si buona piccola stella, sei una brava bambina vero?
Farai la brava per me?"

Il vomito che sale in gola torna giù spinto dal veleno, Kim è in quella stanza ormai, nella carne di quella creatura, lo stesso tremore tocca la sua pelle e i suoi sensi sono tossicati dallo stesso odore di bruciato.

Simon dall'altra parte della stanza, non osa muoversi, non ci riesce.
Tutti i loro telefoni sono collegati al sistema di sicurezza per evitare hakeraggio, mai si sarebbe aspettato di vedere un video la cui copertina era una bambina.
Ci ha messo poco a capire che cosa era, che era destinato a Kim, ma non abbastanza per fermarla prima che lo vedesse.

Il silenzio è soffocato dalle voci e dalle urla provenienti dal telefono, ma più di tutto dal respiro pesante di Kim.
Che Dio lo perdoni, ma non riesce a intervenire terrorizzato da lei, dalla sua postura rigida, dalla pelle tremante, dallo sguardo completamente fatto di dolore.
Non riesce a muoversi, per quanto voglio strapparle via il telefono dalle mani, non ci riesce e si sente una nullità, mentee Kim neppure sa più della sua esistenza.

"Ti prego, mi fai male."

Un uomo, il cui viso è coperto da una maschera, tiene giù la piccola e innocente creatura a faccia in giù, spingendole il viso contro il materasso fino a soffocare le sue urla mentre lui ride divertito per come si ribella al suo peso che la opprime.

Kim non ha bisogno di vedere cosa quella bestia le stia facendo, non le serve sentire la carne lacerarsi e l'odore del sangue che le scorre addosso.
Non ha bisogno di sapere cosa le stanno facendo, lo ha già subito sulla sua carne, conosce ogni dettagli di quel dolore che sta consumando pezzo dopo pezzo un angelo
I suoi occhi ormai disumani sono persi in quelli azzurri e distrutti della creatura.
Affoga in nel suo dolore, vede la sua anima spezzarsi e bruciare, non vede nient'altro se non il paradiso cadere.

"Brava bambolina.
Sei una brava bambina."

Simon non regge agli ansimi di quella bestia, alle urla della bambina e agli incitamento di altri uomini depravati e schifosi.
Si lancia sul secchio della spazzatura, vomitando fino all'ultimo brandello di stomaco e anima.
Ma Kim è ancora lì immobile quando alza lo sguardo, ancora con lo sguardo fisso su quello schermo, un vetro che la separa da lei.

Non vuole chiudere il video, non deve farlo nonostante ogni secondo che passa la stia tirando di nuovo all'inferno.
I loro sguardi sono aggrappati uno all'altro, lei e quella creatura sono legati dalla stessa ombra che mai più lascerà le loro menti e quando una delle due distoglierà gli occhi, l'altra morirà di nuovo.

È in quella stanza, davanti a quella creatura, assordata dalle sue urla,  prova a salvarla allungando una mano cercando di strapparla via dalle grinfie del diavolo, ma non ci riesce, non riesce a salvarla.
E come correre contro una tempesta, ad ogni passo che fa viene spinta di tre indietro vedendola sempre più lontana
Non può salvarla.

Ed è quella bambina, la stessa carne, la stessa anima bruciata, respira appena quasi non ci riesce.
È il suo corpo che viene toccato, graffiato, violato della propria innocenza.
Sente il dolore della lacerazione, le grida che rompono la gola, gli ansimi dell'uomo che le sta addosso, l'odore di colonia e sudore che si mischia alla muffa e alla polvere.

Il suo piccolo corpo trema per il pianto e la mente cerca di fuggire in una preghiera rivolta a Dio, senza poter scappare ammanettata all'odore di bruciato.
Dove la mamma?
Perché non è lì ha salvarla?
Lei vuole il suo papà.

La creatura distoglie lo sguardo arrendendosi a una morte che non le farà la grazia  e Kim muore ancora una volta insieme a lei.
Un fremito di rabbia e il telefono viene lanciato contro il muro, le urla di quella creatura muoiono ma solo in quel pezzo di ferro.
Nella mente di Kim continuano a rimbombare senza pietà, le bruciano nella gola, la violenza continua senza sosta per ore e ore, non il ticchettio di un orologio a segnare il tempo, neppure una finestra dove vedere il sole segnare un nuovo giorno.
L'oscurità e dolore, tutto ciò che la circonda è il vuoto che si riempie di crudeltà.

Simon la osserva guardarsi intorno in uno stato di confusione,  come se non fosse lì con lui, in questa realtà.
Mai la vista così persa e tremante, non sembra neppure lei ma una bambina persa e spaventata.
Non capisce cosa sta succedendo, non conosce questa Kim, ma sa che deve salvarla da qualsiasi luogo la stia imprigionando.
Come ha potuto rimanere immobile mentre lei guardava quello schifo, perché cazzo non la fermata?
Si fa schifo da solo, ma sa che avrà altro tempo per commiserarsi, ora deve fare quello che avrebbe dovuto fare fin dall'inizio.
Aiutarla.

Con passo più silenzioso possibile si avvicina a lei, sussurando il suo nome mentre le posa una mano sulla schiena nella speranza di  tranquillizzarla, o almeno provarci.

Un sigaretta le viene spenta sul piccolo braccio, una mano le stringe le guance costringendola a tenere la bocca aperta, lo schifo le scivola sulla lingua fino a mischiarsi con nausea e resti di latte risaliti dallo stomaco.

Una presa sulla spalla la spinge in ginocchio, stringendo tanto da rischiare di rompere l'osso.
La mano sul corpo di quella creatura, la mano che la teneva giù mentre una bestia profanava il suo corpo troppo acerbo per essere colto.
Quella mano che osa toccare ciò che di più sacro esiste, non di nuovo, non può più permetterlo, mai più.
Si gira di scatto, liberando la bambina da quella sporca mano, prendendo per il collo quel demone che ha osato distruggere un angelo, fino a spingerlo contro il muro.

Simon non riesce a respirare, prova a liberarsi dalla presa di Kim sulla sua gola cercando di chiamare il suo nome, ma non ci riesce.
Non riesce a respirare e lo sguardo di Kim non è lì con lui, lei non è in questa stanza, in questa realtà, completamente dilatato e opaco non sta guardando lui, non è lì con lui.

E lei quella contro il muro, è il suo piccolo collo ad essere stretto in una morsa mentre l'uomo, la bestia, davanti a lei sorride divertito allungando l'altra mano sotto la sua gonna.
Le dita callose sfiorano le sue cosce morbide, al passaggio lascia una scia di veleno che inietta senza pietà dentro di lei.
E grida, il dolore, il suo corpo e la sua anima troppo piccola per essere distrutta.
E urla, chiede pietà, il dolore e l'odore di bruciato.

"Kim, cosa stai facendo?"

Stefano corre verso di lei, completamente scioccato nel vederla strangolare un suo amico.
La stava cercando per parlarle della sua salute, ma mai si sarebbe aspettato di doverla tirare via di forza prima di assistere a un omicidio.

Finalmente Simon riprende a respirare, crollando in ginocchio senza il coraggio di alzare lo sguardo.
Quanto dolore in quegli occhi, era davvero umano quell'urlo?
L'inferno ha lo stesso aspetto?
Respira, ma non sa se ci riesce davvero, è completamente sotto shock.

"Che succede Simon."

Gli chiede Stefano cercando di capirci qualcosa, ma lui nn reagisce, non alza neppure lo sguardo.
Ci mette qualche secondo a riprendersi e solo quando Stefano gli sfiora la pelle livida del collo dandogli una scossa di dolore.
Non riesce a parlare, quella mano stretta alla gola gli blocca ancora le parole in gola, così si limita a negare per dire di non preoccuparsi, non muovendosi ancora da una posizione rigida e sofferente, dolorosa dentro.

Stefano cerca risposte, chiedendosi se stia male per l'attacco di Kim o per la stessa che ora cammina per la stanza con le mani tra i capelli. Stefano fa per raggiungerla ma Simon lo ferma afferrandogli la mano, negando con il capo.
Per la prima volta da quando la conoscono, Kim potrebbe essere pericolosa per sé e per gli altri.

Le urla non cessano, bambolina continua a sussurargli, sente le loro mani addosso a strapparle i tatuaggi che fino ad ora la hanno protetta.
Il materasso puzza di mussa, il suo orsacchiotto si bagna di lacrime e si sente anche lei di pezza, pronta a strapparsi in mille pezzi.

"LasciaMI."

Urla l'ultima sillaba, lanciando lontano da se una sedia e poi un'altra e un'altra ancora, è distruzione.
Ormai non sa più chi sta gridando, se lei o la lei bambina o quella piccola creatura tirata all'inferno, forse tutte e tre.

Qualsiasi cosa finisce nelle sue mani viene lanciata contro il suo muro, finendo a pezzi, ma il rumore è inesistente.
La distruzione è dentro di Kim, dentro una creatura che prega di essere salvata dalla sua mamma e il suo papà.
Dov'è la sua mamma?
Dov'è il suo papà?
Dov'è Dio?

Lo schifo cola sopra e dentro di lei, è viscido nelle vene, sotto la pelle cammina e ha l'illusione di vederlo muoversi nelle sue braccia.
Cerca di fermarlo, di graffiare la pelle fin quando non si strapperà e non riuscirà a tirarlo fuori da se.
Il sangue le macchia le mani, una luce pende dal suo fitto e lei stessa è a terra a rischiare di soffocare nel suo stesso vomito mischiato al piacere di quei mostri.
Nelle narici polvere e puzza di bruciato.

Quegli occhi azzurri, i suoi occhi azzurri, lo schifo sotto la pelle deve strapparlo via, deve strappare la sua stessa carne, la puzza di bruciato le grafia la gola.
O forse sono le sue stesse urla.

Quancuno le blocca le braccia, viene spinta giù contro il materasso, è solo un gioco le sussura un altro uomo, uno sconosciuto, l'ennesimo demone.

"NO, TI PREGO."

Supplica pietà, ma che valore ha una preghiera all'inferno?
Prova a combattere, ma sa che non può nulla, la bestia gli sussurra quanto è piccola e innocente, che non può fare nulla.
Non importa quanto lotti, il polso che si sloga e i lividi che si formano sotto la presa, non può nulla contro il diavolo.

Lo schifo sotto pelle continua a cammire, bruciato, la carne sta bruciando, non può grattare via la carne, è immobilizzata.

"Kim, sei a casa tesoro, sei al sicuro."

Le sussurra Stefano tenendola ferma per evitare che si faccia ancora del male, fregandosene della camicia bianca che si macchia del suo sangue.
Le parla con dolcezza, cercando di trasformare la sua presa in carezze, ma Kim è ormai in un incubo senza riuscire a svegliarsi.

Qualcosa brucia, si guarda il braccio dove un mozzicone di sigaretta viene spenta e urla ancora tra dolore e delirio.

"Fai la brava bambolina.
Sei una brava bambina vero?"

La carne viene stretta in una morsa, qualcosa entra nel suo corpo lacerandola dall'interno, l'odore del sangue è ormai polvere nel bruciato.
Un secondo uomo si avvicina, vede la sua ombra, la cintura che viene sbottonata e il rumore del tintennio della fibbia.

"No, non avvicinarti.
Vai a prendere la mia borsa, ora."

Lo ferma Stefano prima che Simon si avvicini ancora di più a Kim, può immaginare cosa la sua mente stia vivendo, non le serve un altro uomo intorno.
E Simon si limita ad annuire correndo via, non sapendo davvero cosa pensare, cosa fare se non fidarsi del medico.

Una porta viene sbattuta, quanti uomini dovrà soddisfare questa notte, quando potrà tornare nel suo letto con il suo orsacchiotto?
Chiude gli occhi, non vuole vedere, quello sguardo azzurro così dolce ora pieno di lacrime.
I suoi occhi, li stringe non vuole vedere.

"Ti prego."

Ormai non urla più, la gola non ce la fa, i polmoni non le danno abbastanza ossigeno, riesce appena a respirare mentre quegli uomini ridono della sua supplica.
Si spegne completamente, sa cosa deve fare, chiude gli occhi e immagina di essere lontano da qui.
Al sicuro, non possono farle del male quando è sotto le coperte con il suo orsetto a proteggerla.
Terry non ha paura, la proteggerà.

Trattiene il respiro, lo sa fare, sente una puntura fastidiosa nella gamba, apre gli occhi e si trova in un ufficio ridotto a macerie.
Alza il viso, Simon è immobile davanti a lei con sguardo terrorizzato e preoccupato, qualcuno la sta ancora abbracciando.
Un lungo respiro dal naso, l'odore di casa riempie quel vuoto sostituendosi al dolore.
E poi l'oscurità, la morte deve avere lo stesso fastidioso pizzichio, crolla finalmente come quella notte in cui hanno cercato di ucciderla da bambina, con un sorriso di pace sulle labbra.

Stefano fa un lungo respiro, sentendo la fronte imperlata di sudore mentre la mano le trema lasciando cadere a terra la siringa ora vuota di tranquillizzante.
Insieme a Simon la sollevano facendola sdraiare sul divanetto, nel silenzio perché non sono pronti a parlare.

La distruzione è ormai di casa su Kim, non abituati a vederla nella sua fase Psycho pronta a compiere un omicidio, al viso leggermente piegato e a quel sorriso sadico, ma questo è tutto un altro inferno.

Osservano i graffi profondi sulle bracce, le dita di lei sporche di sangue incrostato, il viso sporco di lacrime.
L'hanno mai vista piangere?
Ha questo aspetto un angelo a cui hanno strappato le ali lasciandolo cadere all'inferno?

"Prendi dell'acqua calda e una pezza."

Non sa cosa altro dire Stefano, in realtà lui ci è già passato.
Questo è solo il flash di un ricordo, la sorella in preda a una crisi, a farsi male da sola, gli stessi graffi sulle braccia e lo stesso sangue sulle mani.
Sospira, spostandole i capelli dal viso, fissando quel sorriso troppo innaturale sulle labbra, lo stesso che aveva lei quanto ha smesso di soffrire, di vivere.

Bagna la pezza, Simon lascia la stanza in bisogno di aria, invisibile mentre Stefano le pulisce la pelle e quanto vorrebbe cancellare anche le ferite, smettere di tremare ed essere coraggioso.
Le lacrime si uniscono alla scia bagnata, ripensando a quando la stretta a sé pregandola di resistere.
Forse se avrebbe abbracciato di più la sorella ora sarebbe ancora viva, ancora qui con lei.

Preme la pezza nell'acqua ormai colorata di rosso, macchia il sangue e non se ne va via facilmente, il respiro di entrambi è tenue in una bolla che sa di inferno.
Le pulisce le mani con delicatezza, accarezzando le cicatrici di vecchie catene sui polsi, anche lei le aveva.
Tutti gli angeli caduti le hanno.

Respira un singhiozzo, si dice di farsi coraggio, ma resta in lacrime e tremante come davanti al corpo senza vita della sorella.
Un respiro, il petto di Kim sale scende, gli occhi ancora chiusi.

"Lei è in paradiso, non sente più l'odore di bruciato."

La voce di Kim è un graffio, scatta con lo sguardo su di lei, ma è di nuovo addormentata lasciandolo a chiedersi se sia stata una illusione o la realtà.
Si alza, cambia l'acqua nella bacinella e sciacqua la pezza per poi tornare da lei.
Non farà lo stesso sguardo, non smetterà di stringerla a sé, non lascerà che l'inferno se la porti via.
Carezza dopo carezza il sangue si cancella lasciando solo i segni, madaglie sono i lividi per chi è sceso all'inferno ed è tornato.

"Lei è in paradiso, non sente più l'odore di bruciato."

Si ripete mille volte le parole di Kim, si aggrappa ad essere con disperazione, perché è come se gli avesse detto che la sorella ora sta bene, ora non trema più.
Una magra consolazione.

E guarda Kim, stesa immobile dopo aver bruciato all'inferno, serena in un riposo senza sogni e senza incubi che profumano di bruciato.

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