capitolo 14 le apparenze ingannano

Nonostante siano passati un paio di mesi dal loro arrivano, Pedro si rende conto di non aver mai visto la città e di questo un po' se ne rammarica.
Il caso a cui stanno lavorando li ha presi completamente, tanto che ormai i dettagli gli fanno visita anche di notte, non trovando un attimo per guardarsi intorno.

Ogni giorno hanno fatto lo stesso tragitto, ogni giorno meravigliandosi di come la città sia divisa in due parti.
Quella che ce la fatta e quella che sta ancora lottando, strano che la prima sia quella risaputa per essere terreno fertile per la criminalità.
Davvero un ossimoro.

Comunque oggi può finalmente prendere un bel respiro.

"Allora, cosa farai nel tuo giorno libero?"

Chiede curioso Thomas, riempiendo due tazze di caffè, uno per l'amico seduto comodo vicino al tavolo a leggere il giornale.

Da quando hanno preso servizio, si sono finalmente decisi a dare loro un giorno di tregua da turni doppi, a volte anche tripli.

" Farò un giro."

Risponde semplicemente sorseggiando il caffè e mettendo via il giornale.
Finge di non vedere il sorrisetto divertito dell'amico, nonostante sappia che la sua frecciatina non tarderà ad arrivare.
E infatti...

" Certo come no.
E per sbaglio sarai in giro nei paraggi di una certa corvina?"

Anche se non ha fatto il suo nome, entrambi sanno a chi si riferisce e quanto Thomas abbia fatto centro.
Non vede Kim da molto, da quando gli ha fatto visita in ufficio per un pranzo molto veloce, ma hanno continuato a sentirsi via messaggio.
E sempre lui a cercarla in realtà e spesso lei è molto distante altre volte e più dolce, come se fossero più persone a risponderlo.

Un sorriso gli sorge spontaneo sulle labbra, non può negare che la pensata spesso e che è davvero eccitato all'idea di rivederla.

" Mi hai beccato.
Ho scoperto che le ragazze che convivono con lei, hanno aperto una palestra.
Vorrei farci un salto, magari nella speranza di incontrarla.
Vuoi venire?"

L'espressione divertita di Thomas abbandona all'istante le sue labbra, lasciando un senso di angoscia e preoccupazione.
Non capisce davvero cosa gli prende, ultimamente ogni volta che nomina Kim Dich, nonostante sia divertito della cotta dell'amico, non è riuscito a nascondere un velo di ansia.
Lo stesso che vede ora.

"Meglio di no, a essere sincero quella donna mi mette i brividi."

Per poco Pedro non si strozza con il caffè, scoppiando a ridere sperando vivamente che sia uno scherzo.
Ma Thomas mantiene il suo sguardo serio fisso nel caffè fermo nella tazza che tiene in mano.
Senza mostrare nessuna negazione nelle parole dette, cosa che sorprese ancora di più Pedro.

"Andiamo, so che ha uno sguardo particolare e che ha qualche atteggiamento un po' freddo.
Ma al punto di dare i brividi, non pensi di esagerare."

Ha una immagine positiva, bellissima di quella donna fin dalla prima volta che la vista.
Ricorda il suo sorriso cordiale, la sua fragilità e la sua forza di speranza.
Ammette che a volte ha visto di sfuggita un lampo nei suoi occhi di ghiaccio, ma nulla di più.

"Non te lo mai detto, ma qualche tempo fa lo incontrata vicino al parco e abbiamo scambiato quattro chiacchiere."

Gli racconta di averla vista camminare con fatica verso una panchi, fino ad aggrapparsi ad essa come se un dolore allo stomaco la stesse torturando.
E corso da lei, la soccorsa preoccupato inizialmente per il viso troppo bianco e il respiro in affanno.

"Ho cercato di convincerla ad andare in ospedale, ma al sol sentirlo nominare si è ripresa completamente opponendosi con tutta se stessa.
Mi ha detto che non aveva fatto colazione così le ho offerto qualcosa al bar lì vicino."

Continua a raccontare, non c'era niente di strano all'inizio, solo una donna con un giramento di testa che siede davanti a lui a un tavolino qualunque.

Era cortese e gentile, esattamente come la donna che hanno incontrato al loro primo incontro.
Ma poi qualcosa in lei è cambiato.

"Aveva uno sguardo diverso."

Non sa se sono state le sue parole, la sua postura così rigida o il suo sguardo indagatore.
Ma è stato come se i suoi occhi le stessero entrando dentro, profanando i suoi ideali e le sue idee.
Lui sa cosa è giusto e cosa è sbagliato, crede nelle loro capacità e in quello che gli hanno insegnato, eppure quella donna per qualche attimo a fatto tremare il suo mondo, facendolo vacillare.

"Forse sto esagerando, ma fai attenzione.
Sento che c'è molto di più dietro a quello che mostra e mi dà i brividi."

Pedro si limita ad annuire, non sa davvero come rispondere a tutto quello che gli ha raccontato e non crede minimamente che gli stia mentendo.
Non capisce, eppure lei si è sempre mostrata tranquilla e come se Thomas avesse incontrato un'altra donna, completamente diversa da quella che conosce lui.

Forse l'amico voleva metterlo in guardia, allontanarlo da lei, ma hanno avuto effetto opposto.
Ora più che mai vuole conoscere quella donna e capire chi è davvero.

E così che dopo circa mezz'ora si trova davanti alla palestra, la Elisabeth House.
L'esterno quasi stona con il resto degli edifici intorno, le mura estranee sono consumate, piena di strani e alcuni volgari murales mentre invece quelle della palestra sono limpide e appena cementate.

La porta non ha nulla di particolare, al contrario dei blindati che ha visto spesso, quasi non ci fosse nessun pericolo di venire rapinati.
Assurdo, in questo quartiere.

Sempre più curioso entra nello stabile, venendo inghiottito dalla musica di sottofondo, chiecchiere tra ragazze e il rumore di attrezzi in uso.
Con il suo solito sorriso cordiale, si avvicina alla ragazza seduta dietro la reception, leggendo il nome Mary sulla maglietta.

"Buongiorno."

Attira la sua attenzione, fino ad ora presa dal PC, notando subito il suo sguardo vacillare.
La donna ingoia a vuoto, osservandosi intorno sospettosa e Pedro si rende conto che anche se non indossa la divisa e come se l'avesse tatuata addosso.

"E non sono accettati uomini.
Arrivederci."

Rimane scioccato dal modo in cui la liquidato, con una tale freddezza da aver nascosto il primo momento di vacillamento.
Oltre a questo, è sorpreso che sia una palestra per solo donne, non ne ha mai vista una e solo ora si rende di non vedere uomini da nessuna parte.
Un lungo sguardo, che fa irritare e sbuffare la donna che ha davanti.

Nonostante senta di non essere il benvenuto, non vuole arrendersi.

" Non sono qui per iscrivermi.
Sto solo cercando una amica, Kim Dich, sai dirmi se c'è?"

Lei si irrigidisce di nuovo, ticchettando nervosa sulla scrivania perima di fargli segno di aspettare.
Pedro annuisce ringraziandola, osservandola prendere il telefono e forse mandare un messaggio.
La sua indole di poliziotto vorrebbe guardarsi intorno e curiosare, ma la donna che ha davanti lo tiene d'occhio come a vietargli di farlo.

Non si abituerà mai a come vengono guardati e trattati i poliziotti in questa città e sospira sapendo che è una sensazione che non scomparirà mai.

" Vada pure.
È in sala box."

Lo avvisa freddamente, indicandogli la terza porta a destra.
La ringrazia, decidendo di non indagare oltre sul suo comportamento, camminando tranquillo per la strada cercando di non fare caso ai bisbigli e agli sguardi delle donne che incontra.
Deve essere strano per tutte loro vedere un uomo in questo posto, confermando quello che gli ha detto Mary.
Non sono ammessi uomini in questo posto.

Fa un sospiro di sollievo quando entra nella stanza box, liberandosi da quella oppressione di dosso.
La stanza è davvero.molto semplice e ordinata, in alto osserva l'impianto ad aria che mantiene lo spazio ben ossigenato e sinceramente privo di odori sgradevoli come invece succede in altre palestre.

" Alza la guardia."

Una voce seria e abbastanza alta, attira la sua attenzione fermandolo dal suo continuare a curiosare.
Lei è sul ring centrale, insieme a un'altra donna, con cui si sta allenando in un corpo a corpo.

Si avvicina cercando di non disturbare, rimanendo a debita distanza, osservandole riprende lo scontro.
Si aspettava qualche tecnica di autodifesa e invece le due donne sono in un vero e proprio scontro, attaccandosi.

" Vai Kessie.
Mettila al tappeto."

Poco lontano, riconosce Sara insieme ad altre due donne sconosciute, che stanno facendo il tifo per la ragazza sul ring con Kim.
Ma tutto passa in secondo piano, rimanendo meravigliato dallo scontro a cui sta assistendo.

Kim è la più preparata, è lei ha governare sul ring con una tecnica che ha visto solo negli addestramenti militare.
Si muove sicura di sé, parando ogni colpo che gli viene servito, spesso ribaltandolo contro l'avversaria.

Kessie finisce alle corde, con il respiro in affanno a riprendere energie e Kim ferma immobile davanti a lei.

" Dai Kessie.
Fatti sotto."

I lunghi capelli corvini chiusi in una cosa alta, un top aderente fin sopra all'ombelico e un leggins a fasciarle perfettamente il corpo.
Pedro rischia quasi di sentire la bava sull'angolo della bocca mentre si ritrova a fossa re una goccia di sudore scivolare sulla guancia di lei fino al collo e per finire nella scollatura del seno.

Le due ricominciano a combattere e Pedro fa fatica a seguire i movimenti straordinari e precisi delle due donna, in una tecnica perfetta e arriverebbe persino a definire letale.

Dov'è finita la fragilità di Kim?
Quell'angelo dallo sguardo chiaro e il sorriso dolce e gentile?
Se non l'avesse fissata tanto da riconoscere perfettamente una buona parte del suo corpo e dei suoi tatuaggi, penserebbe persino di aver davanti la sua gemella.
Rimane immobile, a fissare senza fiato, questa donna ora sconosciuta.

Intanto dall'altra parte della città, Alex è tranquillo nell'ufficio del suo locale a recuperare un paio di documenti.
Ha un paio di consegne da controllare e sta per lasciare la stanza, quando il barista dopo aver bussato entra con una espressione confusa.

"Problemi?"

Anche Alex è confuso dal suo comportamento, Dimitri è sempre stato indifferente a tutto e raramente se non mai lo disturba.
Forse è persino la prima volta che entra in questa stanza.

"In realtà non lo so signore, c'è una donna messa davvero male che chiede insistentemente di lei."

Lo sguardo di Alex si spalanca, immaginando una delle ragazze in pericolo lì per chiedere aiuto, un brivido di terrore nel petto, potrebbe essere Gemma.

Lo scavalca senza neppure guardarlo in faccia, correndo come un folle verso l'entrata del bar.
Mille oribili immagini di Gemma ferita e sporca di sangue gli appannano il cervello, già pronto a dare fuoco alla città per colmare la paura che gli attanaglia le viscere.

"Alex."

La donna ferma all'entrata del locale sembra non avere neppure la forza di dire il suo nome, è più un gemito di dolore.
I capelli un tempo luminosi, ora di un biondo cupo a tratti sporchi di sangue, il viso quasi irriconoscibile per via dei lividi viola e neri, il corpo ridotto quasi all'osso e le braccia segnate da violenza e buchi nell'incavo dei gomiti.
Forse la riconosce dallo sguardo lucido e sofferente, lo stesso che aveva l'ultima volta che la vista.

"Mandy."

Non può credere che la donna che ha davanti, sia la stessa che un tempo con la sua bellezza parallizava ogni uomo nella stanza.
Cerca la sua pelle un tempo perfetta sotto tutti quei segni violenti, cerca il suo sorriso malinconico sulle sue labbra ora spaccata da un paio di pugni, cerca il suo sguardo innamorato pazzo dietro alle lacrime che ora macchiano il suo viso di dolore e disperazione.

Fa un passo in avanti, lasciando il muro che la sosteneva perdendo la forza nelle gambe.
Alex per fortuna la afferra tra le sue braccia prima che cada a terra.

"Aiutami ti prego."

È appena un sussurro che potrebbe quasi perdersi tra i bisbiglii intorno a loro, distogliendo lo sguardo da lei Alex osserva tutti gli uomini nella stanza sbavare sulla sua maglia strappata sul seno, sulle sue cosce scoperte ciechi ai morsi e alle ferite che sono arrivati fino all'anima di questa donna.

Quasi ringhia come un animale, volendo gridare loro quanto sono orribili, disgustosi.
Invece di soccorrere la donna, sono lì a fare pensieri porci su una donna che sembra aver perso per molto tempo i diritti sul suo corpo, ma in tutto ciò sarebbe un terribile ipocrita.

La prende in sposa, portandola verso il proprio ufficio, non ha diritto di insultare quelli uomini.
Lui che ha usato fino all'osso  lo stesso corpo che ora sostiene come se fosse di cristallo, lui che ha consumato questa donna fino a fare cedere la di lei sanità mentale, non ha il diritto di giudicare quegli uomini.

Eppure, non riesce a non pensare a questo sia crudele e ironico il destino.
Lui che la buttata all'inferno, ora la tiene lontano dalle fiamme di disperazione che l'hanno spinta fino alla sua porta.

Chiudendo con forza la porta dietro di lui la sistema con cura sul divano, per poi allontanarsi di qualche passo per riempirle un bicchiere d'acqua.

"Grazie."

Sospira lei prendendo dalle sue mani la sua offerta con presa tremante e sguardo basso.
La osserva, ripensando a qunte volte a desiderato la sua carne e violato il suo corpo, mentre ora non sente niente di carnale se non odio verso i lividi che la segnano.
Povero ipocrita, si dice di essere cambiato rendendosi conto di non aver chiesto mai scusa per tutti i suoi peccati.
Non è ancora un uomo migliore.

Sedendosi davanti a lei, non le chiede perché è qui, perché è venuta da lui e non la caccia come lei aveva paura che sarebbe successo.
No, lui rimane fermo davanti a lei, aspetto di sapere cosa le è successo, quasi fregandosene del perché.
Ed è il suo sguardo così diverso da quello crudele che lei ricordava a farla sciogliere.

"Ho passato le ultime 24 ore a bussare alla porta di vecchie amici, di qualche famigliare, di mio padre ma ho ricevuto solo porte in faccia.
Non sapevo dove andare."

Disperata si accarezza le ginocchia piene di lividi portandosele vicino al petto, sembrando sempre di più una bambina.
La stanchezza ce l'ha impressa nella carne, nella pelle pallida e nelle occhiaie nascoste dai lividi.
E persino caduta parecchie volte, le ginocchia e i palmi ne sono la prova, ma la disperazione era troppo forte per lasciarsi abbandonare a terra.

"Sono venuta a casa tua, ma mi hanno detto che non vivi più lì e che forse ti avrei trovato qui."

Non lo guarda, non ci riesce, come potrebbe dopo tutto quello che gli ha fatto spinta da un amore che ora sa essere stato malato e morboso.
Aspetta che lui la cacci via, che le sputi addosso tutto l'odio che un corpo può contenere, sa di non avere il diritto di essere qui a chiedergli aiuto.
È solo tanto disperata e in bilico verso un caduta fatale.

Alex la osserva, non le chiede dei lividi che indossa, dei buchi per la droga sulle braccia, non ne ha bisogno.
La guarda e vede solo una donna disperata e priva di forza persino per vivere, un guscio quasi vuoto che qualcuno ha provato a distruggere.

Sa di essere la sua ultima possibilità e torna in quella macchina a tanto tempo fa a stringere il corpo di Gemma per la prima volta.

"La sofferenza non è solo sul corpo Alex, ma è più in profodita, è in uno sguardo che chiede solo un po' di speranza."

Sara, la dolce Sara, lei saprebbe meglio di lui cosa fare.
Un flash nella mente, no, anche lui ora sa cosa fare.
Forse per la prima volta la cosa giusta.

"Ti porterò da una amica, lei ti aiuterà a recuperare la tua vita Mandy.
E una donna straordinaria e piena di dolcezza, loro sapranno aiutarti ed io rimarrò al tuo fianco finché ne avrai bisogno."

Dire che Mandy è sconvolta sarebbe ridicolo, riduttivo.
Osserva la mano di Alex che ora sfiora con rispetto e premura la sua mano, il suo sguardo gentile e un senso di colpa che è un sospiro nel suo ampio petto.

"Forse non lo sai, ma sono io che ho fatto la spia con Carter.
Ti ho tradito, non merito il tuo aiuto, non so nemmeno perché sono qui."

Trema, scoppia in lacrime, la disperazione le attraversa il petto con la forza di uno tsunami.
Si lascia andare a una crisi di panico, a tutto il dolore che fino ad ora a trattenuto nella speranza di trovare aiuto, sentendosi ridicola a chiederlo proprio a lui.

Cade, ma Alex la prende ancora una volta tra le sue braccia stringendola in un abbraccio che sa di pace.
Alex le accarezza la schiena cercando di fermare i singhiozzi che la fanno tremare, mettendo in ogni carezza una richiesta silenziosa di perdono per ciò che è stato.

Tutti a villa Queen sanno dell'incontro che Mandy ha avuto con il loro vecchio nemico, uscita fuori una sera per puro caso e Alex non la nemmeno presa da conto quando pochi attimi fa a rivisto lei anche perché poi è stato un destino che  dalla scelta malata di Mandy sia nata una vita straordinaria.

Non riesce a vederla come un nemico, una traditrice, è solo una donna che sta perdendo la speranza.

"Quello che hai fatto non è niente paragonabile al modo disgustoso con cui mi sono comportato con te.
Eri una donna innamorata ed io ho usato il tuo sentimento per sfogare ilio odio verso mondo.
Ora lo so, so il male che ho fatto e ti chiedo scusa."

Forse è già morta e non se n'è resa conto o si è fatta una doppia dose dopo mesi in cui era pulita, non può credere di avere davanti lo stesso uomo che quasi un anno fa la cacciata umiliandola dal suo letto, non può essere lui.

Prova a fuggire dal suo calore, ma lui non glielo permette stringendo la presa.

"Ti chiedo perdono per ciò che ho strappato da te, ora lascia che io ti risia indietro almeno un pezzo della tua vita."

Le apparenze ingannano sempre, un lupo può sembrare un agnello e ciò che ricordavamo un pugno può diventare una carezza.





Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top