Capitolo 8 Eyra
EYRA
Clint mi ha tenuto vicino al cuore per ore, l'ho percepito finanche nel sonno. Mi sta scaldando con il suo corpo, dopo averlo fatto con le sue mani. E mi tiene ancora vicino al suo cuore, ne posso sentire ciascun singolo battito.
Ho posato il volto fra la sua spalla destra e il collo, accanto alla fossetta del giugulo da cui le sue pulsazioni rimbombano.
L'arciere accarezza la mia schiena continuamente sotto i capelli, massaggiandola, le mie mani posano sul suo petto.
La nostra nudità non mi imbarazza, il mio fisico reagisce d'istinto e diventa la corda di un arco, muovendosi impercettibilmente verso di lui.
Il mio seno pungola il suo torace.
La mia virtù incastonata in un tenero batuffolo scuro si scontra con la sua rigida mascolinità.
Pudicamente, perché Barton non cerca alcun contatto con malizia; il rispetto che ha per me lo frena da mosse audaci. È soprattutto preoccupato per le mie condizioni, nonostante la chiara percezione che ho del suo desiderio spiccato ed evidente.
Parlo per prima, il mio senso di colpa non può aspettare "Clint, ho sbagliato, dovevo dirti da subito che non mi sentivo bene, non saremmo arrivati a questo punto, perdonami. Sono stata meschina!" la mia gamba sale sulla sua coscia, il mio braccio sinistro cinge il collo dell'uomo che mi sta scaldando, la mia salvezza.
L'ho escluso deliberatamente da ogni genere di conversazione negli ultimi tre giorni; avevo bisogno di capire se mi ero illusa, rimettendo in lui la speranza di compimento della profezia e di ritorno nel mio Regno. Ho preferito concentrarmi su ciò che sentivo per lui, sulle sensazioni che mi ha trasmesso da quando i nostri destini si sono intrecciati. E continuo a non vedere cattiveria o egoismo nel Falco, sotto la patina delle sue angosce. Mi ha spinto in un momento di confusione che io stessa avevo contribuito a creare; se la freccia che ha scagliato avesse sfiorato Steve Rogers, quest'ultimo si sarebbe accorto della nostra presenza e il mio piano probabilmente sarebbe andato in fumo.
"Eyra, no, è il contrario, sono stato io la causa della tua ferita, perdonami tu se puoi". Credo di averlo già fatto! "Scu-sa, non sapevo come altro scaldarti" balbetta, accennando alla nostra contiguità, poi si riprende "Una popolazione che vive nell'estreme regioni settentrionali della Terra abita in costruzioni di ghiaccio e sopravvive a basse temperature esterne. Ho letto che dormono nudi, pelle a pelle e ho deciso di replicare le loro abitudini. Ti senti meglio?".
La febbre sta calando, la medicazione all'avambraccio è stata efficace, l'Avenger bravo a ricordare i miei consigli. Annuisco e la mia bocca segue la sagoma del suo mento, la mascella fino all'esterno della guancia per posarsi sul morbido lobo del suo orecchio.
Al contatto tanto intimo e al mio respiro affannato, un brivido netto attraversa il fisico dell'umano che sto abbracciando. "Mi dispiace, mi dispiace" ripete in una cantilena tormentosa.
Cingo la sofferenza della persona con cui sto interagendo, con le braccia e con lo spirito.
L'anima non si può conoscere. L'anima si ascolta, parla da sé ma solo chi la sa leggere la può sentire. Provo a leggere quella del mio arciere. "Shhh, è tutto a posto" la mia mano accarezza il suo petto, le dita si infilano tra le peluria castana in un intreccio di sensi.
I nostri sospiri riempiono l'aria della caverna, insieme all'aroma di bruciato della legna che arde.
Pian piano superano in intensità il vento che si affievolisce portandosi via nei suoi fruscii le armonie delle note dell'arpa che mia madre suona per me, le dolci soavità che in casa allietavano me e il suo sposo. Ovunque lei sia, è il suo modo per farmi pervenire un messaggio importante - che è viva! - e sottolineare una presenza che non mi ha mai abbandonato, una ninnananna perenne che mi culla nelle notti finora solitarie.
"Eyra" le falangi tatuate di Clint inanellano i miei capelli intanto che i nostri visi si incrociano. Guancia a guancia, ci guardiamo negli occhi.
Basterebbe un secondo per cadere in un bacio, pochi millimetri separano le nostre labbra.
Aspiro il respiro di Barton e lui il mio.
"Voglio che sia perfetto... il nostro primo bacio" è una confessione sincera che gli pesa.
Il suo odore di uomo adulto è un potente filtro amoroso per una fanciulla estranea a qualsiasi esperienza di legame fisico: perché è il suo. "Anche io" la mia bocca scende sul quadrante sinistro del suo sterno. Gli do l'unico bacio che accetterebbe da me adesso, e l'unico che ora desidero donargli.
Un solo, lunghissimo, appassionato bacio all'altezza del muscolo cardiaco "Hai un cuore grande".
Lui si irrigidisce "Me lo hanno già detto" mormora, digrignando i denti e facendo un nome a me caro: quello di mio padre "Loki".
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