Capitolo 24 Eyra
EYRA
Non ho fatto altro che piangere per l'intero tragitto fino a casa di Clint, rincuorata esclusivamente dalla notizia dei prodotti che quest'ultimo ha chiesto di comprare a Nat e Bruce, memore del mio desiderio espresso sulle cose da fare appena giunta su Asgard. Non tornerò più nel mio mondo e il magone non scompare.
Desideravo fuggire via dall'arciere e dai nostri problemi; per la prima volta in vita mia allontanarmi e restare sola coi miei pensieri mi è apparsa una buona soluzione.
La maniglia della portiera non si è aperta e il destino e l'Avenger mi hanno trattenuta nella station wagon.
"Ti porto io" temendo in un mio ulteriore svenimento, il Falco mi prende in braccio. Attraversa l'androne del suo palazzo, moderno e impersonale, sotto lo sguardo allibito del portiere, ed entra nell'ascensore, con me che gli tengo le braccia strette al collo, e i due amici al seguito. Sembrano brave persone e percepisco il loro affetto per il compagno riacquistato.
L'appartamento è un bilocale di esigua metratura, la caverna era il triplo in spazio.
Si accede direttamente nel salone di rappresentanza, dove in un open space la cucina è sacrificata rispetto gli altri ambienti.
Il divano è il principe della casa: rivestito in pelle nocciola e dall'imbottitura morbida e trapuntata, è perfetto per vedere film e partite sulla tv a molti pollici sulla grande parete attrezzata bianca antistante. Alle sue spalle sono appese foto in bianco e nero sul muro, sulle mensole spiccano i libri e vasi dalle strane forme geometriche realizzati in materiale scuro e libri che non hanno l'aria di essere stati letti.
Banner, aperte le persiane per permettere il ricambio dell'aria, continua a spiegarmi il funzionamento dei marchingegni terrestri su cui mi soffermo con un'espressione incuriosita mentre Natasha sistema la spesa fra dispensa e frigorifero.
"Interrompi la conferenza, mostro verde; Eyra pesa e voglio metterla giù" l'arciere mi porta direttamente in camera da letto.
Niente baldacchino di legno intarsiato, lenzuola di seta, cuscini di piume e arazzi, ma un letto spartano in metallo, un poltroncina color carta da zucchero a richiamo delle pareti, un comò squadrato e un armadio abbinato, uno scrittoio sotto la finestra, un tappeto grigio a disegni romboidali bianchi, un altro televisore.
Sul comodino - deduco dalla parte di talamo dove dorme Clint - una cornice in argento rimanda l'immagine degli Avengers, sorridenti.
Poggiati accanto ci sono degli strani bastoni in metallo dall'impugnatura di cuoio che attirano la mia attenzione intanto che mi deposita al centro del materasso.
"Sono mazze da golf, uno sport per ricconi" Bruce mi illumina "Ce le regalò Tony, un set a ognuno di noi, ragazze comprese. Non abbiamo mai imparato a giocare. Clint le tiene lì per spaccare la testa a un malintenzionato che volesse introdursi in casa, sono un'ottima arma di difesa".
"Diamo un taglio alle scemenze. Andiamo, lasciamoli soli. Se doveste avere bisogno di qualsiasi cosa, non esitate a chiamarmi" Romanoff toglie il disturbo; l'amicizia disinteressata e genuina fra lei e l'arciere è palpabile, è un rapporto che non genererebbe gelosia nei loro rispettivi compagni.
"A domani" il professore mi fa una carezza sulla nuca.
"Sono carini, i tuoi amici" dico appena abbandonano la casa.
"Invadenti, a volte. Però hanno lasciato accesa la caldaia dell'acqua calda e puoi fare subito un bagno, io mi sono lavato alla base" accende la luce nell'ambiente adiacente la camera da letto dove accedo.
Una vasca in ceramica chiara incassata in una struttura in muratura piastrellata di bianco e dei mobili scuri confermano la linea stilistica molto maschile dell'intero appartamento, che ha pochi tocchi personali. Uno mi colpisce: quadretti con immagini di volatili, proprio nella stanza da bagno.
"Manca il falco" noto.
"Già" apre l'acqua e mi insegna a regolarne la temperatura. Da un armadietto recupera un paio di teli di cotone e me li porge assieme al bagnoschiuma comprato da Vedova Nera, uscendo "Fai con comodo". E' freddo come un ghiacciolo, anche se ha reagito al mio bacio di ringraziamento, l'ho sentito chiaramente.
Tolgo gli abiti, posandoli su uno sgabello di legno marrone ma ho serie difficoltà col gancio del reggiseno "Clint?".
"Stai male?" domanda con preoccupazione.
"No, è questo coso assurdo. Puoi aiutarmi? Si è incastrato".
"Chi te lo ha dato?" mi scruta in modo strambo, soffermandosi sulle mie curve evidenziate dalle trine e trasparenze della biancheria verde che riempio nonostante la differenza di taglia con mia zia, per via della gravidanza.
"Álmadis".
"E' da arresto, tua zia e il completo intimo; su, alza i capelli" commenta aprendo il fermaglio posizionato al centro della schiena. Le sue dita sganciano la chiusura e si fermano sulla mia pelle. I calli sfiorano le scritte blu: conosco il percorso che Clint sta perlustrando.
"Tutto per una maledetta profezia!" sbotta col respiro cadenzato sul mio orecchio.
Le spalline del reggiseno scendono e mi copro il petto con le mani, non sapendo se voglia guardarmi.
"Credevi fossi l'eroe del vaticinio, Eyra? Sono un semplice arciere, un tizio con un'alta precisione, un cecchino solitario e abbandonato! Ti sei illusa".
Giro il viso verso di lui "Per me lo sei, sei il mio eroe". Stanca di ripeterlo, faccio scivolare a terra le mutandine di pizzo, senza scopi di seduzione ed entro nella vasca, chiudendo l'acqua.
Seduta, poso la schiena sulla ceramica, bagnando anche i capelli e godendo della piacevolezza del tepore del liquido, accogliente, che profumo col bagnoschiuma all'ylang ylang. Lo spalmo lentamente con le mani iniziando dal dorso dei piedi e salendo in calmi movimenti circolari verso le cosce.
Clint è rimasto lì a fissarmi, inebetito. L'effetto del mio corpo nudo è lo stesso che il suo fa a me.
Non abbasso lo sguardo ma non lo provoco né lo invito. Rifletto solo ad alta voce "Non ti sei chiesto perché eri l'unico a vedermi, Falco? L'unico in Nove Regni?" è partito tutto da lì.
Resta muto. Chi tace acconsente.
"Posso domandarti una cosa? Sii sincera. Mi avresti salvato lo stesso se non mi avessi creduto il tuo eroe alato?" è accorato, io furente alla sua insinuazione.
"Esci, sciocco" grido, lanciandogli contro la confezione del bagnoschiuma che lo colpisce sul torace, in mezzo allo sterno. Non se lo aspettava e lo prendo in pieno!
"Ahia! Caspita, che mira! Ti insegnerò a tirare con l'arco e diventerai più brava di me e tua zia assieme!" la raccoglie dal pavimento e mi aspetto che me la rilanci contro. Ma non sarebbe da Clint.
Incede adagio verso di me, invece, si abbassa e la posa sul bordo della vasca da bagno "Ti aspetto per la cena, principessa di Jotunheim, fenomenale lanciatrice di bottigliette di bagnoschiuma".
Giurerei di aver visto un sorriso sghembo increspare le sue labbra.
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