Capitolo 23 Clint


CLINT

Natasha ha acquistato una nuova macchina. Venduta l'auto sportiva e potente che possedeva in precedenza, del colore nero del ragno velenoso di cui porta il nome, ha optato per una banale station wagon grigia metallizzata "Giganteschi cambiamenti. A che lo devi?".

Al volante, nello scorrere del traffico mediamente congestionato, commenta "Alla perdita di due compagni. Uno, per fortuna. Volevo vedermi diversa, esorcizzare la vecchia Nat. Mi sono comportata come le donne che si lasciano col fidanzato e filano dal parrucchiere a modificare taglio e colore di capelli riponendo in forbici e tinta le speranze di chiudere col passato. E no, il metodo con me non ha funzionato".

"Dovevamo imballare le tue cose e donarle all'esercito della salvezza. Non siamo riusciti ed è il motivo per cui il tuo appartamento è a posto" Banner si è seduto dietro con Eyra perché non riesco a tollerare la sua vicinanza. Per fortuna: le maniere educate e cortesi di Bruce gli permettono di tenere una conversazione allegra e disinvolta, con commenti dettagliatissimi di ciò che vediamo dall'abitacolo della vettura. Spiega all'asgardiana del nostro mondo che è diventato il suo, colmando le lacune del mio silenzio.

E abbiamo parecchia strada da percorrere, perché il quartier generale è ubicato appena fuori New York, nel vicinissimo New Jersey; il mio bilocale invece si trova in un grattacielo al centro di Manhattan. I rumori delle altre vetture, il paesaggio che conosco a menadito e che non è cambiato dalla mia trasferta su Vormir mi rimandano un senso di comoda e rassicurante familiarità.

Eyra non ha detto una parola; dallo specchietto laterale del posto del passeggero accanto a Romanoff la osservo rannicchiata sul sedile, con la testa girata verso la spalla a nascondere il viso di una giusta vergogna.

A metà tragitto, all'altezza di un drugstore, il professore avverte Natasha "Accosta, Nat, per favore" e mi dà un colpetto con due dita sulla scapola sinistra, indicando l'asgardiana bugiarda con un movimento del capo. E' allora che sento un singhiozzo accorato.

Vedova Nera svolta velocemente nel parcheggio del supermercato.

"E' crollata: è il minimo che potesse accadere date le notizie drammatiche ascoltate oggi. E non erano poche" appena la station wagon si ferma, Banner apre lo sportello e scende con discrezione, Romanoff fa lo stesso e viene dalla mia parte "Tocca a te, adesso, Clint. Nel frattempo io e Bruce prenderemo qualcosa per la vostra cena di stasera e la colazione di domani mattina, perché la tua dispensa è vuota. Preferenze?".

Tentenno, ho il sedere di piombo che non vuole sollevarsi.

"Allora? Bello, la signora seduta dietro di te porta in grembo tuo figlio, mi pare un po' tardi per ripicche infantili. Non ti ha puntato una pistola alla tempia per stare con lei e ricordati sempre che ti ha salvato la vita. Sei in debito con lei come io lo sono stata e lo sono con te... due volte, visto quanto accaduto su Vormir!" Natasha lo sibila al mio orecchio rammentando anche l'inizio della nostra amicizia. Mi avevano spedito a eliminarla e invece la risparmiai, vedendo in lei buone qualità.

Mi decido. Prendo un pacchetto di fazzolettini di carta dalla tasca portaoggetti laterale dello sportello e le elenco alcuni prodotti da acquistare "Un olio profumato all'ylang ylang, un cartone di latte intero, un barattolo di miele di castagno e un pacco di biscotti alle mandorle, artigianali se possibile".

Banner annota tutto su un taccuino che tiene perennemente nella tasca esterna sul davanti della giacca e si allontana verso i carrelli con Romanoff che sbuffa "Che pretese, però".

Raggiungo Eyra sul lato opposto del sedile posteriore e le porgo un fazzoletto all'altezza del naso "Soffia".

Lei interrompe il pianto per un attimo e ubbidisce.

Le pulisco il viso arrossato e gonfio dove le lacrime sgorgano e non si fermano. Mi impressiona la sua umana debolezza, la restituisce ancora più incantevole ai miei occhi.

"Non ho più nulla" bisbiglia "né una casa né i miei nonni. Il mio pianeta non esiste più. E forse neanche mio papà".

"Loki è un serpente, fossi in te non mi preoccuperei della sua sorte. Sopravvivrai anche tu, siete fatti della stessa pasta" la conforto nel modo più sbagliato, scacciando propositi di pace. Eppure dei due sono il più grande di età, dovrei dimostrarle maturità ed autorevolezza ma non ci riesco. Il vecchio Clint sta prendendo il sopravvento, lo scudo respingente mi allontana da lei per ripararmi dalle altre eventuali ferite che potrebbe infliggermi.

Alza le ciglia bagnate su di me, provocandomi un brivido che maledico "Indossi ancora il bracciale che ti donai. Perché, se mi odi così tanto?".

Il monile aureo è attorcigliato al mio polso destro, non ho potuto toglierlo. Dopo la doccia e il cambio di abiti è tornato al suo posto "Perché me lo hai regalato tu!" sbraito, infastidito "Non è vero che ti odio però ho una grande confusione in testa e mi sembra di non conoscerti affatto".

"Ti sbagli, nessuno mi conosce bene come te. Sei entrato nelle sfumature più nascoste della mia anima e io nella tua. Oggi, quando mi hai detto che la rotta era sbagliata, il resto è passato in secondo piano. Ho avuto il solo conforto di credere che saremmo morti assieme, che saresti stato il ricordo che avrei portato con me nel Valhalla e il rammarico che il tuo sacrificio era stato causato dalla mia smania di realizzazione della profezia" non ha smesso di piangere nemmeno per un attimo.

Ha ragione, la conosco. E ho sentito il suo grido, la parola perdonami strillata quando pensavamo di schiantarci. Vagheggio che sia sincera: è un lumicino di illusione, il miraggio che mi abbia amato per davvero, che non volesse buttarmi via come uno straccio vecchio, ottenuto il suo scopo.

"Non mi hai raccontato di Asgard perché non volevi farmi soffrire. Mi sono trovata nella tua stessa situazione perché mi sono innamorata di te" punta i fanali smeraldo sul mio viso per sottolinearlo "Avevo paura che ti avrei perso se ti avessi spiegato chi ero, la mia discendenza e il mio piano, avresti creduto che ti avevo manipolato. Così ho sperato che, giunto sul mio pianeta, dato il nostro rapporto e il bambino in arrivo, mi avresti almeno capita. Scusami se ti ho ferito adesso, non lo meritavi dopo le sofferenze dei comportamenti di tuo padre e delle persone a cui eri stato dato in affido. Perdonami, se puoi" usa la stessa parola "Non sentirti in obbligo per la frase di Álmadis sulla convivenza a casa tua. Andrò per la mia strada, posso cavarmela" dopo Vormir non la spaventa nulla "Però nostro figlio nascerà perché è stato concepito con amore. Anche se non sarà sovrano di alcun regno e non si compiranno profezie, puoi scommetterci il tuo arco". Accarezza la pancia e piange più accoratamente, cercando di scendere dall'auto "Non ho più neanche te!".

La portiera non si apre dall'interno, però, nonostante i tentativi vigorosi; Nat ha inserito il fermo di sicurezza, a motivo.

Non posso lasciarla andar via. Non posso! "Eyra, io..." la stringo a me, in automatico, è un riflesso condizionato di cui l'asgardiana è lo stimolo.

Non se lo aspettava e si raggomitola nel mio abbraccio quasi sedendosi sulle mie ginocchia. La cullo come si fa per acquietare e facilitare il sonno di un bebè.

Oscilla in modo lento e molto delicato, quasi impercettibile, le punte dei suoi capelli mi solleticano la faccia, sento il cuoricino che batte tumultuosamente a riprova della sua reale agitazione.

La posizione strappa una battuta a Bruce, quando apre il portabagagli e ci infila due buste di carta marrone coi manici, stracolme di spesa, che finiscono accanto ai nostri sacchi di iuta portati da Vormir "Ti alleni per dondolare il bambino, Falco?".

Natasha sale in macchina e noto piacevolmente che non ha perso il suo sarcasmo "Ho trovato tutto ciò che hai chiesto, tranne l'olio all'ylang ylang: al suo posto vendevano un bagnoschiuma della stessa fragranza e ho preso quello per il bagnetto del falco, accontentati".

In un impeto deciso, Eyra, compreso il senso degli acquisti che Vedova Nera ignora, mi scocca un bacio intenzionale e trepido, a fior di labbra.

Sono un novellino con arco e frecce, al suo confronto. Perché il mio cuore va in extrasistole, nonostante l'arrabbiatura per le sue bugie. 

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