Capitolo 6: Esiste un'operazione chirurgica per smettere con le gaffe?
Sembra che la vita ce l'abbia con me: tutti montati di testa che cercano di farmi scherzi di cattivo gusto, smetteranno?
-Oh, ehm.. Scusate, questa non è esattamente la mia giornata.- cerco di scusarmi.
L'uomo mi guarda ancora con gli occhi spalancati, mentre la donna con uno sguardo di compassione, sembra quasi che mi abbia capita.
Lei tira una leggera gomitata all'uomo, cosa che sarebbe dovuta passare inosservata, ma sono troppo vicini a me e io troppo curiosa per non notare anche il minimo movimento.
A quel punto, l'uomo si schiarisce la voce e dice:
-Oh, certo. Ti capiamo bene. Scusaci per il disturbo Charlotte, ma possiamo entrare per parlare?-
Non so cosa rispondere, così mi limito ad annuire e a farmi da parte per farli passare.
Loro entrano e si guardano intorno come se non entrassero qui dentro da anni e sembrano commuoversi entrambi.
Prendono delle sedie che erano poste davanti alla scrivania normale e a quella strana e si siedono davanti al letto, attendendo me.
Mi siedo titubante davanti a loro e rimango in silenzio, così come loro che mi stanno studiando con occhi che esprimono qualcosa che non riesco a decifrare.
-Scusaci se sembriamo così strani, posso assicurarti che solitamente siamo molto diversi da come ci vedi adesso, è solo che siamo così emozionati.- dice con voce dolce e melodiosa la donna.
Lei ha dei lunghi capelli della stessa tonalità dei miei, lisci e lunghi fino alla vita, perfettamente pettinati.
La sua pelle diafana sembra risplendere alla luce che emana il lampadario e i suoi occhi di un dolce marrone chiaro mi trasmettono cose che accolgo con gioia senza che me ne renda conto.
Il suo vestito lungo è molto semplice, di un blu scuro con i soliti ricami dorati, che richiamano la corona dorata, decorata da piccoli zaffiri che tiene sulla testa in maniera disinvolta.
Lui invece ha dei capelli sul castano chiaro e i grandi occhi ambrati come i miei mi studiano con curiosità.
L'assenza di barba mi spiazza, così come il completo da lavoro scuro, con inserti oro, che lo rende così simile a una persona normale.
Mi impappino un po' con le parole, perché non so come approcciarmi, entrambi mi trasmettono strane sensazioni, tra le quali un certo senso di familiarità e soggezione.
Dopo qualche secondo passato a cercare le parole, riesco a uscire con un "Però se sono io a sembrarvi strana, non dovete preoccuparvi: lo sono di mio" che mi fa sperare che si apra una voragine sotto il mio sedere o in un'operazione chirurgica per togliere le figuracce dalla mia vita.
L'uomo accenna a una piccola risata e mormora un qualcosa che assomiglia tanto a un "sei così uguale a me", ma sono sicura di aver capito male.
-Posso fare qualcosa per voi?- chiedo per sviare il discorso.
-Oh, giusto! Eravamo venuti qui per parlarti e ce ne stiamo qui imbambolati come burattini! Scusaci.- inizia la donna.
Faccio un sorriso che spero dica di non preoccuparsi e di andare avanti e sento l'uomo iniziare a parlare.
-Sei a conoscenza che la donna con cui hai vissuto tutti questi anni sia stata solo una donna che ti teneva prigioniera per conto di un malintenzionato che voleva rubarci il regno?-
Sgrano gli occhi per la sorpresa e la schiettezza di quest'uomo tanto austero.
-Dom! Ma come ti salta in mente di dirle certe cose in questo modo?- lo rimbrotta la donna.
-Scusalo cara, ma il tatto non è uno dei motivi per cui l'ho sposato trent'anni fa.- cerca di sdrammatizzare.
Le lacrime agli occhi cercano di tornare, ma non voglio mostrarmi debole.
-Sono venuta a sapere solo recentemente del fatto che mia mamma, cioè la donna che mi ha cresciuta è una donna che mi ha tenuto solo per soldi, anche se ho sempre saputo che i miei genitori biologici mi avevano abbandonata.- ribatto pure io con poco tatto.
-Bè, vedi tesoro, tu..- comincia la donna, interrotta presto dall'uomo.
-Tu sei nostra figlia, sei la principessa di Primtopia, unica erede al trono.-
Bomba sganciata.
Colpita e affondata.
Non so bene cosa pensare, ma sto iniziando a credere che tutto questo non possa essere uno scherzo: è troppo ben architettato.
-Come mi avete trovata?- chiedo, cercando di metterli in difficoltà.
-L'uomo che ti aveva rapita ci ha sempre mandato delle tue foto, una al mese, per mostrarci quanto stessi crescendo bene ed eri felice lontana da noi, per provocarci sempre più.- la donna si blocca a metà discorso a causa delle lacrime, asciugandosele con un fazzoletto che non riesco a capire da dove lo abbia tirato fuori.
-Il mese scorso ha commesso un errore, ha mandato una foto dove eri ritratta davanti all'entrata dell'università che frequentavi. Da lì è stato abbastanza semplice trovarti- finisce l'uomo.
Ripenso a tutti questi anni, c'era davvero qualcuno che mi spiava? Come ho fatto a non accorgermene prima?
-Potrò vedere le foto prima o poi?- chiedo, voglio vedere i loro occhi quando risponderanno a questa domanda.
-Quando vorrai, ovviamente sì.- risponde l'uomo mentre la moglie annuisce, entrambi non danno segni di dire bugie o cose simili, sono sinceri: lo sento dentro.
-Posso farvi un'altra domanda?- chiedo titubante.
-Certo cara! Puoi farci tutte quelle che vuoi.- rispondono entrambi.
-Come vi chiamate?-
-Oddio! Scusaci, eravamo così emozionati di aver ritrovato la nostra piccola Charlotte che non ci siamo presentati! Io mi chiamo Margharet Bellson, Regina di Primtopia.-
-E io sono Dominic Reginald Gonzales I, Re di Primtopia.-
Alla faccia delle presentazioni!
-E come avevate deciso di chiamarmi?- sono emozionata, senza sapere realmente il motivo.
Mi guardano con occhi pieni di lacrime di gioia, gli occhi non mentono mai: il corso di criminologia mi ha insegnato parecchio.
-Charlotte Victoria Gonzales Bellson.-
Un nome davvero regale con tanto di doppio cognome!
Un sorriso si fa largo sulle mie labbra e piccole lacrime di gioia sgorgano dai miei occhi.
-È un nome bellissimo, grazie.-
La loro compostezza crolla, i loro occhi piangono di gioia come i miei e mi abbracciano con un trasporto e un amore che non ho mai sentito in vita mia.
Ho trovato i miei genitori, forse.
Un capitolo un po' più corto degli altri, ma che per i protagonisti ha una forza e una potenza sulle emozioni che io non riesco nemmeno a immaginare.
Vi ho fatto provare anche solo un pizzico di quel che loro hanno provato?
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