Prologo: L'uomo di adamantio e ciò che venne dopo

Prologo: L’uomo di adamantio e ciò che venne dopo

 (Dal film “X-Men”, di Bryan Singer)

 La dottoressa Jean Grey, elegantissima nel suo semplice completo rosso, composto di maglia e gonna a tubo, osservava a braccia conserte la radiografia appesa alla bacheca luminosa. Vi si vedeva in orizzontale lo scheletro intero di un essere umano; solo che quello scheletro non era costituito d’osso.

“Il metallo è una lega chiamata adamantio”, esordì, il tono accademico che mascherava quasi alla perfezione, ma non del tutto, lo sconvolgimento che provava per quanto aveva scoperto, “Suppongo indistruttibile. È stato trapiantato chirurgicamente su tutto il suo scheletro.”

Ororo Munroe, detta Tempesta, seduta di fronte alla radiografia, stentava a credere alle proprie orecchie, così come ai propri occhi. Nervosamente, respinse dietro l’orecchio una ciocca di capelli, il cui candore contrastava vistosamente con la sua carnagione color cioccolato al latte e con la sua giovane età, e si sporse in avanti:

“Come ha potuto sopravvivere ad una procedura come questa?”, domandò.

“La sua mutazione”, rispose Jean, senza distogliere gli occhi dall’incredibile figura in controluce, quasi ne fosse ipnotizzata, “Ha una straordinaria capacità rigenerativa che gli rende possibile guarire rapidamente. Questo rende anche impossibile determinare la sua età. Potrebbe essere tranquillamente più vecchio di lei, professore”, concluse, lanciando un’occhiata all’uomo calvo sulla sedia a rotelle, alla sinistra di Ro.

Scott Summers, o Ciclope, seduto dalla parte opposta, intervenne:

“Chi gli ha fatto questo?”

Jean girò rapidamente lo sguardo sul proprio fidanzato e convivente, un bel giovane bruno che indossava grandi occhiali dalla forma insolita con lenti al quarzo rosso; in realtà, quegli occhiali servivano a tenere sotto controllo l’energia distruttiva che si sprigionava dai suoi occhi, simile a rossi laser di devastante potenza.

“Non lo sa”, rispose, “Né ricorda alcunché della sua vita prima che accadesse”, aggiunse, con una punta di compassione che trapelava dal tono freddamente professionale, da medico e ricercatore qual era.

Il professor Charles Xavier aveva sul volto un’espressione sgomenta.

“Sperimentazione su mutanti”, commentò amaramente, “Non è una cosa nuova. Ma non ho mai visto niente di simile, finora.”

Scott si girò verso di lui:

“Che cosa vuole Magneto da lui?”, chiese, riferendosi a Erik Lensherr, il loro acerrimo nemico. Il Professor X strinse impercettibilmente le labbra:

“Non sono del tutto sicuro che sia lui che Magneto vuole”, rispose a bassa voce, mentre il suo pensiero correva alla ragazza che si faceva chiamare Rogue, che si trovava assieme a Logan, l’uomo di adamantio detto Wolverine, quando Sabretooth, il bestiale tirapiedi di Magneto, li aveva attaccati. Gli altri tre lo fissarono, in attesa che si spiegasse, ma Charles non era il tipo da parlare se non era più che sicuro di quanto diceva e così si limitò a scrollare le spalle.

Pochi minuti dopo, Xavier e Jean rimasero soli, essendosi Ro e Scott congedati per andare ad attendere ai loro doveri di insegnanti, rispettivamente di storia e di matematica: la Scuola per Giovani Dotati doveva andare avanti malgrado qualsiasi evento esterno, per quanto sconvolgente.

“Guarigione pressoché istantanea…”, mormorò Xavier, rivolto solo apparentemente alla giovane donna in piedi vicino a lui, “Conosciamo altri con lo stesso talento.”

“Già”, confermò Jean, sapendo esattamente a chi in particolare si stava riferendo il suo mentore; uno era un seguace di Magneto, ma l’altra era una loro amica, “E magari Miriam è addirittura più vecchia di lui.”

“Nata nel 1901”, annuì il professore, “ma la sua età biologica è venticinque anni.”

“Quella di Logan è fra i trentacinque ed i quaranta, ma non significa nulla in rapporto a quella che potrebbe essere la sua vera età”, proseguì Jean, scuotendo la testa di capelli rossi raccolti in uno chignon alquanto formale, “Come per Miriam, neanche in lui sono in grado di stabilire se l’invecchiamento è completamente fermo oppure soltanto rallentato al punto da non essere rilevabile. Come sa, la mia opinione propende per la seconda ipotesi, più accettabile dal punto di vista biologico che non l’assoluta immobilità, sebbene la capacità di rinnovare le cellule del proprio corpo comprenda anche i neuroni, il cui decadimento è la causa principale del declino fisico e mentale.”

Xavier si distolse dalla contemplazione dello scheletro di indistruttibile adamantio di Logan e si voltò verso la sua allieva e seguace.

“Hai parlato con Miriam?”, domandò. Jean sorrise: voleva molto bene alla donna che, molto probabilmente, era la mutante vivente più vecchia del pianeta, a parte forse Logan.

“L’ho sentita ieri”, rispose, “Ha concluso l’acquisto sbaragliando gli avversari come al suo solito, e mi ha raccontato che faccia hanno fatto i venditori quando hanno saputo che, invece del mega complesso alberghiero previsto, su quelle tre isole avrebbe creato un parco naturalistico!”

Xavier sogghignò:

“Conosco Miriam da oltre trent’anni”, dichiarò, “ed i suoi successi negli affari non mi stupiscono più, tuttavia sono sempre compiaciuto quando riesce a salvare dei territori vergini dalle speculazioni edilizie o industriali.”

“Già”, annuì la dottoressa, a sua volta soddisfatta, “Oramai le sue proprietà, in tutto il mondo, ammontano a centinaia di migliaia di chilometri quadrati, tra parchi naturali, riserve forestali e santuari marittimi.”

“Ed il bello è che nessuno sa che appartengono tutti alla stessa persona, la principessa Miriam Angelini-Valmonti di Valleogra”, ridacchiò Xavier, “Il suo nome è accuratamente nascosto dietro una serie inestricabile di società di facciata. Ti ho mai detto che il nostro primo affare insieme è stato proprio l’acquisto di questa proprietà?”

Jean sorrise: certo che lo sapeva, il professore e la stessa Miriam glielo avevano raccontato molte volte.

Era accaduto trentadue anni prima, quando Charles Xavier, non ancora ridotto sulla carrozzella, era alla ricerca di un luogo da rendere la sede di una fondazione che sarebbe apparsa un esclusivo collegio per ragazzi prodigio, mentre in realtà sarebbe stata un centro di raccolta di giovani mutanti allo sbando: a quell’epoca si cominciava appena a sentir parlare di mutanti, solitamente indicati come aberrazioni – ed a volte il loro aspetto non li aiutava – che venivano rifiutati dalle loro famiglie, cacciati dalla società come diversi e perciò temibili.

Il giorno in cui si erano incontrati, non ci erano voluti più di alcuni minuti perché Xavier, dotato di straordinari poteri telepatici, comprendesse di trovarsi di fronte ad una sua simile, una mutante come lui. Le aveva allora confidato il proprio scopo, e Miriam si era subito unita con grande entusiasmo al progetto: virtualmente immortale in quanto in grado di guarire istantaneamente da ferite e malattie, nonché capace di muoversi ad una velocità accecante, era stanca di nascondersi, di dover ogni trent’anni circa sparire per cambiare identità e ricominciare tutto daccapo in una città lontana, cosa che stava diventando sempre più difficile da fare a causa della crescente informatizzazione della burocrazia, e la fondazione di una simile associazione l’avrebbe di certo aiutata, promuovendo con il tempo l’accettazione dei mutanti tra gli esseri umani cosiddetti normali. Così, unendo le loro più che ragguardevoli risorse economiche, avevano acquistato quella grande proprietà nella contea di Westchester, a nord di Salem nello Stato di New York, ed avevano attrezzato adeguatamente la grande dimora, dotandola non solo di aule, biblioteche e laboratori didattici, dormitori e stanze private per gli insegnanti, ma anche di una scuderia con molti cavalli di razza, una piscina coperta, due palestre, una serra, un campo da basket e uno da tennis, ed un parco giochi per i più piccoli.

Miriam non era portata per l’insegnamento, così si era limitata ad aiutare Xavier dal punto di vista finanziario; ben presto erano arrivati i primi allievi, di cui si era occupato personalmente Charles, ma nel giro di pochi anni avevano dovuto trovare altri insegnanti. All’inizio non era stato facile, perché la maggior parte si rifiutava di avere a che fare con abomini della natura, come comunemente venivano percepiti i mutanti; ma poi, col trascorrere degli anni, i ragazzi erano cresciuti ed erano diventati gli insegnanti degli allievi venuti dopo di loro.

“Sa, professore”, disse Jean in tono confidenziale, “ho sempre pensato che lei e Miriam avreste fatto una bellissima coppia.”

“L’ho pensato anch’io, per un certo periodo”, le confidò Charles, ricambiando il suo sorriso, “ma Miriam non è mai stata interessata a me in quel modo, così dopo un poco ho lasciato perdere. Si vede che non era destino”, concluse, ma senza rimpianto: amava quella donna di un amore che trascendeva il rapporto tra maschio e femmina, e sapeva di esserne riamato allo stesso modo.

“Del resto”, proseguì dopo una pausa di riflessione, “come biasimarla? A causa del suo fattore di autoguarigione è virtualmente immortale, il che comporta la condanna a veder morire tutti coloro che ama. Se ha scelto di non legarsi sentimentalmente ad un compagno, è perché sa che non potrà mai avere qualcuno al suo fianco per tutta la sua vita.”

“Come nel film Highlander”, osservò Jean, annuendo. Inaspettatamente Charles le sorrise:

“Da chi credi che gli sceneggiatori abbiano avuto l’imbeccata?”

La giovane donna fece tanto d’occhi, poi scoppiò a ridere:

“Avrei dovuto immaginarlo!”, esclamò, divertita, “Scommetto che si è intascata un lauto compenso per l’idea… Non compare nei titoli, ma questo è in linea con il suo modus operandi.”

“Proprio così”, confermò Xavier, girando la sedia a rotelle per prepararsi ad uscire, “Quando pensi che sarà di ritorno?”

“Tra qualche giorno”, rispose Jean, spegnendo la bacheca luminosa e riponendo la radiografia di Wolverine in una grande busta di carta pesante, che più tardi avrebbe archiviato, “Sono sicura che avrà l’aria soddisfatta del gatto che si è mangiato il canarino!”, soggiunse con una smorfia divertita.

Il Professor X ridacchiò:

“Già, se la gode un mondo a farla in barba a quegli imprenditori senza scrupoli”, commentò, “Gongola in un modo che definirei addirittura scandaloso, se non fossi d’accordo con lei.”

Uscirono dal laboratorio; percorsero il corridoio illuminato da abbaglianti luci al neon, Xavier guidando con sicurezza la sua carrozzella a motore e Jean camminando al suo fianco, i tacchi alti che risuonavano sul pavimento d’un grigio così chiaro da essere quasi bianco. Quel piano sotterraneo dell’edificio era sconosciuto ai più, essendo in realtà la base operativa di una task force creata pochi anni prima da Xavier per contrastare la Fratellanza dei Mutanti, l’associazione criminale fondata dal suo antico amico Erik Lehnsherr, detto Magneto, allo scopo di imporre il dominio suo e dei propri simili sul mondo, fine per raggiungere il quale era disposto a tutto. Charles, che invece auspicava la convivenza pacifica tra mutanti ed umani normali, si era visto quindi costretto a dar vita ad un gruppo di combattenti, scelti tra coloro che condividevano il suo sogno ed erano dotati di talenti adatti: c’era Jean, come lui molto forte nel campo della telepatia ed inoltre della telecinesi, ed eccellente medico; Scott Summers detto Ciclope, in grado di emettere raggi distruttivi dagli occhi, ottimo pilota di jet e formidabile comandante sul campo; Ororo Munroe, nome in codice Tempesta, capace di controllare gli eventi atmosferici creando ad esempio fulmini e tornado; il dottor Henry McCoy, detto Beast, dotato di una forza straordinaria, che si era però ritirato qualche tempo prima per dedicarsi completamente alla ricerca genetica; e naturalmente Miriam, che la mirabolante velocità rendeva imprendibile, vice comandante del gruppo. Per ora gli X-Men, come si chiamavano, erano soltanto in quattro, ma Xavier contava di chiedere a Logan, detto Wolverine, di unirsi a loro: la sua forza formidabile, dovuta all’impianto dello scheletro di adamantio, e la capacità di guarire istantaneamente da qualsiasi ferita ne facevano un combattente eccezionale. L’unico problema era che le esperienze passate avevano reso Logan diffidente e cinico; tuttavia, il fatto che avesse raccolto dalla strada Rogue, adolescente disperata fuggita di casa dopo aver scoperto d’essere una mutante, e l’avesse protetta dall’attacco di Sabretooth, gli lasciava una speranza.

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