Capitolo XII: Una conferma oltre ogni dubbio

Capitolo XII: Una conferma oltre ogni dubbio 

Non ricordava il momento in cui la Fenice lo aveva ucciso: il suo cervello aveva pietosamente rimosso il terribile trauma di vedersi tradito da colei che credeva la donna che amava. Non ricordava neppure il tempo in cui era stato morto: se c’era un Altromondo come lo intendeva Miriam, oppure un aldilà come affermavano i precetti della religione cristiana, non avrebbe saputo dire.

L’ultima cosa che rammentava era Jean – o meglio, colei che pensava essere Jean – che gli veniva incontro sulle sponde di Alkali Lake, gli toglieva gli occhiali e, bloccando l’energia distruttiva sprigionata dai suoi occhi, lo guardava per la prima volta senza lo schermo delle lenti al quarzo rosso.

Seguiva il buio totale, per un tempo indefinibile che soltanto più tardi avrebbe saputo essere stato di sei giorni.

Poi all’improvviso una nuova luce, una sensazione di benessere incomparabile, di calore rassicurante, di beatitudine totale.

Ed infine, di colpo, si era ritrovato in questo mondo.

Dapprima c’erano stati solo gli odori, quello acre del fumo, quello dolce della terra smossa; poi il tatto, con la sensazione di essere sdraiato bocconi, dei vestiti sulla pelle; subito dopo erano giunti i suoni, il crepitare delle fiamme, gemiti, grida; a questo punto aveva sentito delle dita premergli sul collo, laddove palpitava la carotide, ed un istante dopo una voce ben nota, ma che sul momento non era riuscito ad associare ad un volto, aveva dichiarato emozionata che era vivo; era seguito il gusto, un sentore amaro in bocca, mescolato al sapore metallico del sangue; prima che tornasse anche la vista, era svenuto.

Ora si era risvegliato, ed i suoi sensi c’erano tutti, odorato, tatto, udito, gusto; con l’estrema cautela imposta dalla sua mutazione, evitò di aprire gli occhi per verificare la vista e mosse una mano, portandola al viso per controllare se indossava i suoi speciali occhiali protettivi notturni, simili per foggia agli occhialini da nuoto.

C’erano.

Socchiuse le palpebre e si guardò attorno; riconobbe il posto: si trovava in una delle stanze dell’infermeria della scuola di Xavier. In un angolo del soffitto c’era una telecamera, e lui fece un debole saluto in quella direzione, sperando che qualcuno stesse controllando il relativo monitor e lo vedesse.

Pochi secondi dopo, la porta si aprì e sulla soglia comparve la sua amica e compagna di battaglia Ororo, con un grande sorriso che le illuminava il volto rendendolo ancor più bello.

“Bentornato, Ciclope!”, lo salutò, andandogli vicino e prendendogli la mano.

Scott aveva la gola troppo secca per parlare, così si limitò a ricambiare il suo sorriso, lieto di vederla.

Poi di colpo rammentò… Jean, o colei che aveva preso le sue sembianze.

Il suo sorriso si spense.

Tempesta intuì immediatamente i suoi pensieri e gli strinse le dita tra le sue.

“Jean sta bene”, si affrettò a rassicurarlo; non era del tutto vero, la giovane donna era ancora priva di sensi, ma le sue condizioni fisiche erano ottime, e quelle cerebrali sembravano normali, “È qui nella stanza accanto”, aggiunse.

Scott si rilassò. Non sapeva cosa fosse accaduto, ma per il momento poteva aspettare. Annuì e fece cenno che aveva sete. Ro versò dell’acqua da una caraffa in un bicchiere e lo aiutò a bere con l’ausilio di una cannuccia. Ristorato, il giovane uomo la ringraziò con un sorriso.

Gli occorsero meno di ventiquattro ore per riprendersi completamente. Dormì ancora, poi mangiò una quantità industriale di cibo, come gli accadeva sempre dopo uno stress particolarmente forte, ed intanto Hank, Miriam e Ro si alternarono al suo capezzale. Interrogati, gli raccontarono l’intera storia: la percezione della sua morte da parte di Charles; il ritrovamento di Jean in riva al lago; il suo risveglio, posseduta da quella parte di lei chiamata la Fenice; la sua fuga dal controllo di Charles; l’uccisione del professore; l’alleanza della Fenice con il loro arcinemico, Magneto; l’attacco ai laboratori di Worthington ad Alcatraz; la loro lotta senza esclusione di colpi contro i seguaci della Fratellanza dei Mutanti; l’eliminazione di Magneto, ridotto all’impotenza dopo essere stato colpito dalle siringhe piene della Cura; la terribile decisione di uccidere Jean; la perspicace intuizione di Miriam di sfruttare il momento in cui Jean era riuscita ad avere brevemente il sopravvento sulla Fenice per farle usare le proprie capacità prima per far tornare tutti coloro che aveva ucciso, poi per bruciare dentro di sé il terribile potere della sua controparte oscura; ed infine il ritorno a casa sul Blackbird, le cure, il risveglio, suo e di Xavier.

Scott parlò anche con Charles che, data l’età molto più avanzata della sua, si stava riprendendo più lentamente. Anche lui non rammentava il momento in cui la Fenice lo aveva ucciso, né cosa fosse seguito fino al momento in cui si era parzialmente risvegliato sul campo di battaglia ad Alcatraz.

Nessuno dei due uomini rimproverava Jean per quanto aveva fatto mentre era preda della Fenice; quando li aveva uccisi, non era lei ad agire, mentre quando li aveva richiamati alla vita sì. Ed era soltanto questo ciò che davvero importava.

***************

Come una settimana prima, Jean giaceva sul lettino dell’infermeria; molti sensori la collegavano ai macchinari che monitoravano le condizioni del suo corpo, mentre un casco trasparente da cui si dipartiva una moltitudine di fili le copriva la testa, tenendo sotto controllo la sua attività cerebrale fisica e mentale.

Adesso a vegliarla c’era Scott. Seduto su una poltroncina al suo capezzale, teneva una mano di lei tra le sue.

La donna sul lettino era pallida, ma i suoi lineamenti erano distesi, sereni. Sembrava dormire pacificamente. Di quando in quando, i suoi occhi si muovevano rapidamente dietro le palpebre abbassate, ed i sensori collegati al suo cervello indicavano attività onirica. Per il resto, era rimasta assolutamente immobile fin da quando era caduta a terra vicino al bordo strappato e contorto del Golden Gate, dopo aver sradicato la Fenice dal proprio DNA.

Scott le accarezzò i lunghi capelli rossi. Non ricordava d’averla mai vista con i capelli così lunghi. Le donavano.

“Sono qui, amore mio”, le mormorò per l’ennesima volta, “Svegliati. So che mi senti. Torna da me, Jean. Sto morendo dalla voglia di baciarti…”

Una lievissima stretta sulle dita lo fece quasi saltare in piedi.

Era la prima reazione motoria che Jean aveva da settantadue ore.

Cosa l’aveva provocata, quale delle parole che aveva or ora pronunciato?”

“Amore mio”, tentò. Nulla.

“Svegliati. Mi senti? Torna! Jean…”

Niente.

“Ho voglia di baciarti.”

Stretta.

Il cuore di Scott balzò talmente in alto che dovette inghiottirlo di nuovo.

“Vuoi che ti baci?”

Stretta, più forte stavolta.

Tremando per l’emozione, Ciclope si alzò dalla poltroncina e si sporse sulla donna; si chinò e le sfiorò le labbra con le proprie.

Stretta, ancor più forte.

Aumentò la pressione delle labbra. Sotto di esse, quelle di Jean si mossero leggermente in una debole, ma inequivocabile risposta. Il petto della donna si sollevò in un ampio respiro.

Scott si ritrasse, gli occhi fissi sul volto di Jean.

Ed infine, come la Bella Addormentata nel bosco, Jean aprì le palpebre e lo guardò. I suoi occhi erano limpidi, colmi d’amore per lui.

“Sono tornata”, sussurrò.

***************

In pochi giorni, con grande gioia di coloro che l’amavano, Jean tornò completamente in sé, fisicamente, mentalmente e spiritualmente. John ed Elaine Grey accorsero subito, e Sarah, la sua sorella minore, giunse il giorno seguente da Houston, dove viveva; erano tutti increduli, sopraffatti da una gioia inenarrabile. Xavier si era dovuto inventare una spiegazione che non sbugiardasse quanto aveva raccontato loro otto mesi prima; aveva quindi confermato che Jean era sì caduta nel fiume ed era annegata, ma che il suo potere l’aveva successivamente fatta tornare in vita. Era stata ripescata molto lontano da dove si trovava al momento dell’incidente, e con tutto il caos seguito al Blackout nessuno si era preoccupato più di tanto di una povera sconosciuta in coma profondo. Era rimasta ricoverata in un anonimo ospedale di provincia – e qui Charles aveva sfruttato alcune conoscenze che gli dovevano dei favori per creare gli incartamenti che lo provavano – finché non aveva ritrovato parzialmente la memoria, alcuni giorni prima. Si era quindi recata subito da loro, i suoi genitori, con l’intento di avvisarli del proprio ritorno, ma non li aveva trovati perché erano andati a Miami per una breve vacanza. Magneto aveva rintracciato Jean e cercato di sfruttare la sua parziale amnesia per farla passare dalla sua parte; Charles aveva tentato di fermarlo, ma non c’era riuscito e la casa dei Grey era andata distrutta nella lotta. A quel punto, i Grey dichiararono che non importava loro niente della casa, erano abbastanza benestanti per comprarne una nuova, e che quello che invece importava era che Jean fosse nuovamente con loro. Il racconto di Xavier si concluse con Jean che ritornava in pieno possesso dei suoi ricordi, fuggiva da Eric e tornava alla scuola, dove si stava riprendendo dai traumi subiti con l’aiuto di Charles. Nessuna menzione della terribile battaglia sull’isola di Alcatraz, né tanto meno della Fenice: quella parte della vita di Jean, riguardante gli X-Men, non era nota alla sua famiglia, né lei desiderava che lo fosse.

I Grey rimasero alcuni giorni ospiti della scuola, dove la vita velocemente tornò pressoché alla normalità, con l’eccezione che era ancora Hank ad occuparsi dell’infermeria. Nightcrawler, che era rimasto alla scuola a vegliare sui ragazzi durante la battaglia a San Francisco, inizialmente fu restio a mostrarsi a loro, sempre tristemente memore della reazione che le sue sembianze demoniache suscitavano tra le persone cosiddette normali, ma Jean gli fece presente che essi già conoscevano ed accettavano senza problemi di sorta il dottor McCoy, il cui aspetto non era certo meno intimidante del suo. Così, Kurt uscì dal suo bozzolo e fu lieto di riscontrare che Jean aveva avuto ragione: i Grey, dopo l’iniziale stupore, privo però del disgusto o del timore a cui il sensibile tedesco si era dovuto dolorosamente abituare, lo trattarono né più né meno che come tutti gli altri.

**************

Era l’antivigilia del solstizio d’estate. I Grey erano partiti il giorno prima, rassicurati sulle condizioni di Jean.

Era stata una magnifica giornata estiva; nel cielo, di un azzurro reso pallido dall’intenso calore, il sole aveva brillato splendente, ormai allo zenit della sua ascesa astronomica.

In quel tardo pomeriggio, il galoppo di Sirona era stranamente controllato, sebbene Miriam le avesse lasciato briglia sciolta; probabilmente la cavalla captava lo stato d’animo malinconico della sua amica umana e ne era influenzata.

Dopo aver vagato una mezz’ora a caso, Darkarrow s’accorse di essere nelle vicinanze del laghetto che, otto mesi prima, aveva vista il punto d’arrivo della sua prima uscita a cavallo con Logan.

Impulsivamente, diresse la giumenta verso quel luogo; arrivata sulla riva, smontò e lasciò Sirona libera di pascolare, mentre lei andava a sedersi su un masso piatto che sporgeva sull’acqua. Fissò la superficie immota e trasparente, attraverso la quale si scorgevano i ciottoli tondeggianti del fondale. Faceva ancora molto caldo; dopo qualche minuto, Miriam si sfilò gli stivali da equitazione e le calze, risvoltò i pantaloni ed immerse i piedi nell’acqua, in cerca di refrigerio. Sguazzò per un poco, poi, non riuscendo a star ferma, abbandonò le calzature sulla sponda e cominciò a vagare a piedi nudi tra il piccolo lago ed il boschetto di pioppi poco lontano, immersa in pensieri tormentosi.

Cos’avrebbe fatto se ora Logan si fosse accorto di essere ancora innamorato di Jean?

Un nodo doloroso le chiuse la gola. Per due volte, la sua anima aveva incontrato quella di Wolverine e vi aveva trovato le tracce del sentimento che aveva provato per la sua amica e sorella. Era stato un sentimento d’amore autentico, ma profondamente diverso da quello che sentiva per lei, Miriam. Allora non era stata gelosa di Jean, perché il passato era passato, e l’altra donna era morta. O così avevano creduto tutti. Ma la verità era che Logan non aveva risolto il suo sentimento per Jean, perché esso era stato interrotto, troncato dall’apparente morte di lei. Se Logan si fosse rassegnato al fatto che Jean non lo avrebbe mai ricambiato, se avesse smesso d’amarla prima di volgere il suo cuore a Miriam, allora non ci sarebbero stati dubbi. Ma ora? Jean era tornata, ed i sentimenti di Logan per lei, che ne fosse conscio o meno, si erano risvegliati. Lo vedeva da come la guardava, da come tendeva l’orecchio ogni volta che udiva la sua voce. Ciò che la confondeva era che comunque lui non aveva cambiato atteggiamento verso di lei, non era diventato freddo o distante. Da quando Jean era tornata, avevano fatto l’amore diverse volte e con uguale trasporto di prima.

Era possibile che le amasse entrambe? Miriam sapeva che il cuore umano è strano e che è ben possibile che un uomo ami due donne contemporaneamente ed in ugual misura, così come viceversa una donna può amare due uomini, ma per lei né una versione né l’altra era accettabile: per come la pensava, per il suo modo di sentire, di amare, il rapporto doveva essere esclusivo.

Dunque, doveva obbligare Logan ad affrontare i suoi sentimenti ed a scegliere tra lei e Jean. Dato che l’altra era già impegnata, poteva anche essere che Wolverine decidesse per Miriam solo per un fatto di opportunità, ma lei se ne sarebbe accorta la prima occasione in cui le loro anime si fossero nuovamente toccate e non l’avrebbe accettato: sarebbe stata con Logan solo se lui l’avesse voluta veramente, profondamente e senza riserve.

Non prese neppure in considerazione la possibilità che Jean si accorgesse di essersi disamorata di Scott a favore di Logan: il trattamento che le aveva fatto il giorno prima, per aiutarla a superare gli ultimi strascichi dei traumi inflitti alla sua psiche dalla Fenice, le aveva chiaramente rivelato che il suo amore per Ciclope era inalterato, se non più forte di prima proprio a causa degli eventi accaduti.

In lontananza udì il suono sordo degli zoccoli di un cavallo sul terreno erboso. Miriam si fermò sotto le fronde di un pioppo, voltando la testa per vedere di chi si trattava; scorse il cavaliere solitario che stava avanzando al galoppo nella sua direzione e lo riconobbe immediatamente.

Era Logan.

Avvistandola, immobile sotto l’albero, l’uomo rallentò l’andatura di Nice Boy e finì di avvicinarsi al piccolo trotto. Fermò il castrone vicino a Sirona, smontò e si diresse verso Miriam.

In silenzio, lei lo guardò approssimarsi a grandi passi. Era così attraente, così virile, e lei lo amava così tanto… Un fremito le corse nel cuore e nelle viscere, ma si obbligò ad ignorarlo.

“Ti ho cercata dappertutto”, esordì Logan in tono sommesso, fermandosi di fronte a lei, “Ho bisogno di parlarti.”

“Ora mi hai trovata”, commentò Miriam, con voce resa piatta dallo sforzo di non farla tremare.

“C’è qualcosa che ti rode”, continuò Wolverine, impacciato ma risoluto, “Lo sento da giorni. Vorrei sapere di cosa si tratta. È colpa mia?”

Per un lungo momento, Darkarrow si estraniò, mentre la sua mente ponderava la domanda. Quel momento andava bene come qualsiasi altro per affrontare l’argomento Jean. Lentamente, annuì.

Il suo gesto d’ammissione impensierì Logan profondamente. Per quanto di sforzasse, non riusciva a capire cos’avesse fatto di così sbagliato da inquietarla tanto.

“Qualsiasi cosa sia, l’ho fatta senza rendermene conto”, disse allora, a bassa voce, “Mi dispiace, Miriam.”

Che lui si scusasse per qualcosa di cui non era neppure consapevole, soltanto perché la turbava, era una prova lampante del suo amore per lei. Ma non era di questo che Darkarrow dubitava.

“Non è qualcosa che hai fatto”, lo corresse pacatamente, “Piuttosto è qualcosa che non hai fatto.”

Wolverine corrugò la fronte nel cipiglio che gli era caratteristico; non capiva cosa lei volesse dire, e decise di andare in fondo alla questione.

“Spiegami”, la esortò, “Per favore”, aggiunse, rendendosi conto d’essersi espresso in modo troppo asciutto.

Miriam si portò una mano chiusa a pugno alla bocca, premendola contro le labbra mentre aggrottava la fronte nello sforzo di pensare ad un modo di intavolare il discorso. Con Wolverine, il sistema migliore era sempre quello di affrontarlo di petto.

Sollevò gli occhi e li piantò in quelli di Logan.

“Cosa provi per Jean, adesso che è tornata?”, gli chiese a bruciapelo.

Colto di sorpresa, l’uomo si limitò a fissarla, sbattendo lentamente le palpebre mentre tentava di capire quale motivo potesse avere Miriam per porgli quella domanda.

Riuscì a trovarne solo uno: Miriam temeva che lui fosse ancora innamorato di Jean. Ma com’era possibile? Gli aveva letto nell’anima due volte, doveva aver pur visto la verità sui suoi sentimenti nei confronti di Jean e di se stessa.

“Che cosa?”, sbottò quindi, accigliandosi ancor di più.

“Voglio sapere cosa provi per Jean”, insistette Darkarrow, senza sorprendersi della sua stolidità per quanto riguardava i propri sentimenti: lo conosceva abbastanza per sapere che non amava soffermarsi ad analizzarli, che si limitava a prenderli come venivano.

Wolverine si arrabbiò: come poteva Miriam dubitare di lui, della sincerità del suo amore per lei?

“Credi che io non ti ami più?”, ringhiò a denti stretti, serrando e riaprendo ripetutamente i pugni.

“No”, si sentì rispondere inaspettatamente; la sorpresa fu tale che la sua ira svaporò, sciogliendosi come neve al sole, “Ma ami anche lei?”, lo incalzò Darkarrow.

Logan aprì bocca per protestare, poi la richiuse di colpo: il dubbio aveva colto anche lui, mentre vegliava Jean appena riportata da Alkali Lake. Onestamente quindi non poteva ora biasimare Miriam perché quello stesso dubbio era venuto a lei.

Le sue spalle si afflosciarono, mentre chinava il capo e chiudeva gli occhi per l’intensa concentrazione. Strinse le labbra fino a ridurle ad una linea sottile: il fatto che non gli piacesse analizzare i propri sentimenti non significava che non fosse capace di farlo, solo che non era avvezzo a quello sforzo e perciò gli occorreva del tempo per riuscirci.

“Credo di sì”, rispose infine, lentamente, “ma non come temi tu.”

Riaprì le palpebre e sollevò lo sguardo per fissare negli occhi la sua donna, l’unica che era riuscita a penetrargli fino in fondo al cuore, all’anima, alla mente, l’unica che voleva. Ricordò la conclusione a cui era giunto la notte precedente la vigilia di Natale, e le parole gli vennero infine spontaneamente alle labbra:

“Amo Jean in modo diverso da come amo te. Quanto a questo, amo anche Rogue, ma in modo ancora diverso. Se non sei gelosa di Marie, non devi esserlo neppure di Jean.”

Fece una pausa per raccogliere le idee, poi proseguì:

“Marie è stata la prima che mi ha fatto capire che ero capace di affezionarmi a qualcuno, di volergli bene. Ha aperto il mio cuore, per così dire. Poi ho incontrato Jean, e mi sono innamorato. Ma non di lei, come credevo, e come credi tu. Ho visto il modo in cui guardava Scott, e ho desiderato essere guardato così anch’io. Insomma, ciò di cui ero veramente innamorato era il pensiero di poter essere amato come lo era Scott. Un pensiero che non mi aveva mai sfiorato prima, in vita mia.”

Prese un profondo respiro.

“Infine ho incontrato te. Ti ho riconosciuta subito. Non era la prima volta che le nostre strade si incrociavano. Ma all’inizio ho ignorato quello che provavo per te, era troppo strano, troppo differente da tutto ciò che conoscevo. E poi mi sentivo anche in colpa verso Jean: possibile che il mio sentimento per lei fosse stato così debole che bastava aver posato gli occhi su di te perché svanisse dal mio cuore? Ci ho messo settimane a capire che il mio amore per lei era stato per la maggior parte frutto della mia immaginazione e del mio desiderio d’essere amato.”

Si sporse verso Miriam, lo sguardo acceso da una certezza incrollabile:

“E ora lo sono: sono amato come desideravo esserlo. Ma con la differenza che anch’io amo così.”

Mai in vita sua – non nel tempo che ricordava – aveva fatto un discorso anche solo lontanamente simile a questo, né per contenuto, né per lunghezza. Non era nello stile di Wolverine. Eppure sentiva che ogni parola, ogni sillaba era assolutamente, indubitabilmente vera, qualcosa che scaturiva dalle profondità della sua anima sconosciuta, occultata dalla nebbia impenetrabile della sua amnesia.

Miriam era combattuta: vedeva la sincerità negli occhi di Logan, ma temeva di sbagliarsi. Cosa poteva darle la certezza che non stava vedendo ciò che voleva, accecata dal suo disperato desiderio di essere l’unica donna da lui amata?

L’uomo vide la sua insicurezza e per un momento si sentì smarrito, impotente. Uno stato d’animo in cui odiava essere; per reazione, sentì rimontare la rabbia, e lottò per tenerla sotto controllo.

Pensa, Logan, pensa!, si disse. Se le sue parole non erano riuscite a convincerla, cosa mai poteva farlo? La risposta gli giunse all’improvviso, quasi prima ancora che avesse finito di formulare la domanda.

Le prese le mani e se le portò al viso, posandole sulle proprie guance.

“Trattami”, la invitò.

Miriam fece tanto d’occhi. Le occorse qualche istante per realizzare il motivo della sua inaspettata richiesta: doveva aver intuito la sua incertezza ed aveva deciso di spazzarla via una volta per tutte. Trattarlo ora significava toccare la sua anima volontariamente, non per caso come le altre due volte; razionalmente, non nella tempesta della passione; in una ricerca mirata e non alla cieca. Facendolo, avrebbe saputo con certezza assoluta cosa Logan provava per Jean.

Raddrizzò la schiena e si accostò maggiormente all’uomo, poi chiuse gli occhi e si concentrò. Wolverine si obbligò a rilassarsi: quel genere di cose lo faceva sempre sentire a disagio, vulnerabile, e lui detestava sentirsi vulnerabile. Ma si fidava di Miriam come di nessun altro. Neanche in Xavier aveva tanta fiducia, eppure gli aveva permesso di frugare nella propria mente nel tentativo di portare alla luce i ricordi che aveva soppresso. La verità era che conosceva Miriam. Una conoscenza che derivava dal fatto che si erano già incontrati molte altre volte, in altri luoghi, in altri tempi. Oramai su questo non aveva più dubbi, per quanto irrazionale ciò potesse essere.

La dinamica stavolta fu diversa dalle altre; infatti, in precedenza le loro anime si erano tese l’una verso l’altra contemporaneamente, cercandosi in un’azione istintiva, mentre ora fu soltanto Miriam a protendersi, in un atto di volontà precisa, mentre Logan rimaneva in passiva attesa.

Con delicatezza, Miriam toccò l’anima di Wolverine; i suoi sentimenti erano dispiegati davanti a lei, senza veli, pronti ad essere letti come un libro aperto. Era la dimostrazione concreta che Logan riponeva in lei la più completa fiducia, una fiducia tale da trascendere perfino il suo amore per lei. Ed eccolo lì, quel sentimento ribollente, luminoso, incandescente, eppure stabile e forte come una roccia. Se Darkarrow avesse avuto delle incertezze su di esso, ora avrebbe avuto la prova che esse non avevano ragion d’essere.

Ma non era questo ciò che aveva bisogno di sapere; distolse il suo sguardo interiore per cercare quello per cui era venuta. Non faticò a trovarlo, perché Logan non stava cercando di nasconderglielo.

Ciò che trovò fu un sentimento d’amore, sì, ma ben diverso da quello riservato a lei. Era fatto di ammirazione, di affetto, di amicizia, di senso protettivo, di un pizzico di attrazione fisica e perfino di una punta d’invidia. Ma non era il tipo d’amore che un uomo prova per la donna che ha scelto come sua compagna.

Non aveva bisogno d’altro. Cominciò a ritirarsi, e nel farlo tornò a guardare il sentimento di Logan per lei. Era così caldo, così emozionante, così bello. E così eccitante…

Le sue profondità femminili vibrarono.

Riaprì lentamente le palpebre, trovando il viso di Logan a pochi centimetri dal suo, gli occhi ancora chiusi. Fu sommersa da un’ondata d’amore così forte da farle venire un groppo in gola; si sporse verso di lui, gli mise le braccia al collo e gli baciò le labbra.

Una volta, poi un’altra.

Wolverine le prese il volto tra le mani ed aumentò la pressione. Miriam gli si strinse addosso e schiuse le labbra, invitandolo ad approfondire il bacio; lui non si fece pregare e le invase amabilmente la bocca con la lingua, esplorando i suoi caldi recessi, con la ferma gentilezza che lo caratterizzava. Lei rispose con ardore, quasi con urgenza. Aveva bisogno di lui, aveva bisogno che le dimostrasse col corpo ciò che le aveva appena dimostrato con l’anima.

La natura ferina di Wolverine non tardò punto a risvegliarsi, facendogli sentire una certa tensione nei jeans. Logan interruppe il bacio, seppure con riluttanza, ma non voleva farle pressione, perché sapeva che praticare un trattamento era piuttosto stancante, per lei.

Fu quindi colto completamente alla sprovvista quando le sue narici captarono l’inequivocabile profumo del desiderio di Miriam, e non poté impedirsi di guardarla con sorpresa.

La donna non capì il motivo del suo stupore e ricambiò il suo sguardo con espressione confusa.

“Qualcosa non va?”, gli domandò sottovoce. Wolverine scosse la testa.

“No, no, per niente… Al contrario!”, rispose, allargando le narici per farle capire che aveva captato il suo odore, “Sento che hai voglia di me, e non me lo aspettavo, tutto qua.”

Lei piegò la testa di lato, ancor più perplessa: aveva sentito la sua erezione contro il proprio ventre, quindi anche lui la desiderava: davvero non capiva la sua meraviglia.

“E perché non te lo aspettavi?”, indagò, muovendo lentamente il bacino per strofinarsi contro il suo gonfiore, “Non hai forse voglia di fare l’amore anche tu?”

Logan boccheggiò e le afferrò i fianchi per fermarla: Miriam si rendeva conto di cosa gli faceva?

“Beh… pensavo che, dopo il trattamento, ti sentissi stanca…”, farfugliò.

“Non stavolta”, mormorò la donna, stringendosi addosso a lui, “Non mi è mai successo prima… Ma non ho dovuto disperdere emozioni negative, solo cercare dei bei sentimenti… il motivo dev’essere questo…”, concluse in un sussurro, sfiorandogli le labbra con le proprie.

“E se arriva qualcuno?”, domandò Logan con voce bassa e rauca, accarezzandole il labbro superiore con la punta della lingua.

“Difficile”, bisbigliò la donna, toccandogli la lingua con la punta della propria, “È ora di cena, saranno tutti a mangiare.”

Wolverine convenne che le probabilità erano quasi inesistenti, così smise di fare obiezioni e tornò a baciarla. Miriam aprì le labbra ed accolse la sua lingua nella bocca, suggendola con un’avidità che la sorprese: nessun uomo era mai riuscito ad incendiarla a quel modo, fino a farla addirittura smaniare dal desiderio. Voleva essere presa, lì e subito, sotto il pioppo, sul morbido tappeto erboso.

Si liberarono frettolosamente dei vestiti, gettandoli tutt’attorno fino a rimanere completamente nudi. Logan le prese i seni tra le mani, accarezzandone con la punta dei pollici i capezzoli, già induriti per l’eccitazione. Miriam si afferrò alle sue spalle ed inarcò la schiena all’indietro; cogliendo il suo invito inespresso, Wolverine si chinò e li baciò entrambi, dapprima vellicandoli con la punta della lingua, poi prendendoli in bocca; contro la lingua, li sentì indurirsi ulteriormente. Proseguendo a stuzzicarle le punte dei seni, andando continuamente dall’una all’altra, le posò una mano sul dorso per sostenerla, poi bagnò di saliva due dita dell’altra mano e l’infilò tra i loro corpi avvinghiati. Depose le dita sul triangolo di riccioli scuri che le ombreggiava l’inguine e sfiorò l’inizio della sua apertura femminile, insinuando una falange nelle calde e umide pieghe.

Miriam gemette e, vogliosa, allargò le gambe per consentirgli accesso; subito lui mosse le dita più in basso, raggiunse il clitoride e prese a tormentarlo deliziosamente. Sentì Darkarrow boccheggiare e cominciare ad emettere lamenti di piacere; nel giro di pochi istanti si bagnò tanto che i suoi caldi umori gli colarono sulle dita, una sensazione che lo esaltò, mentre l’odore della sua voglia lo inebriava al punto da fargli quasi perdere il lume della ragione.

“Basta, basta…”, la udì supplicare con voce strozzata. Logan la rilasciò, sollevando la mano e leccandosi le dita inondate dei suoi dolci succhi femminili; nei suoi occhi divampava il desiderio allo stato puro, fiero e selvaggio, una vera forza della natura che avrebbe intimidito qualsiasi donna. Ma non Miriam, perché era la sua donna, lo era in questa vita e lo era stata in altre, ed era preda di un desiderio ugualmente fiero e selvaggio.

Vederlo leccarsi le dita per gustare il suo sapore le fece mancare il fiato.

“Siediti”, lo invitò con voce strozzata. Logan eseguì e subito lei gli si adagiò in grembo, si posizionò contro la dura asta della sua virilità pulsante, poi scese lungo di essa, colmando la propria cavità muliebre.

Mentre lo sentiva entrare dentro di lei, Miriam emise un sospiro tanto di piacere quanto di sollievo: non avrebbe potuto resistere un istante di più prima di svenire dal desiderio. Si sistemò meglio, poi gli circondò le spalle con le braccia e cominciò a muoversi. Data la posizione, era lei a condurre la danza d’amore, e lui rispose colpo su colpo, seguendo il suo ritmo. Le accarezzò il collo con le labbra e la lingua, nel punto esatto in cui s’incurvava nella spalla; lei ricambiò lambendogli il lobo di un orecchio, che poi mordicchiò.

Darkarrow era così eccitata che non le occorse molto altro tempo ancora per giungere al culmine. I prodromi dell’orgasmo iniziarono ben presto a serpeggiarle nei muscoli vaginali e la donna cominciò a gemere, ancora ed ancora, sempre più forte. Il piacere stava salendo come l’alta marea, con una potenza che non le pareva di aver mai provato fino ad allora.

“Oh Logan…”, barbugliò, quasi incapace di parlare coerentemente, “Ho voglia di urlare…”

“Urla, mia principessa”, rantolò Wolverine, “Urla…”

Spinse più velocemente, bramoso di vederla e di sentirla godere. E di udirla.

Miriam gettò indietro la testa, gli occhi chiusi, la bocca aperta, il respiro sempre più irregolare.

“Logan… Sì, ah, sì… Logan…”, cantilenò, in un crescendo che rispecchiò quello del suo piacere, sempre più alto, sempre di più, ancora ed ancora; giunse all’acme e strillò:

“OH LOGAAAAN!!!”

L’uomo sentì la sua carne contrarsi violentemente attorno a lui e non resse oltre: l’orgasmo lo travolse un istante dopo, strappandogli un alto gemito prossimo all’urlo di Miriam.

Sussultarono in un parossismo di godimento così eccezionalmente acuto da mandarli quasi in deliquio, perché poderoso tanto nella carne quanto nello spirito, espressione fisica della profondità del sentimento che li univa, simile alle acque della vita, che li avvolgevano in un caldo abbraccio infinito, rassicurante, esaltante. Proprio nel picco più alto del piacere, per un istante, breve ma intenso come l’esplosione di una supernova, le loro anime tornarono a toccarsi; la percezione fu così forte e coinvolgente che ad entrambi spuntarono le lacrime.

Rimasero abbracciati a lungo, senza parlare, lasciandosi cullare dalla meravigliosa sensazione di completezza che li pervadeva. Lentamente, molto lentamente, i loro corpi si acquietarono; i respiri si fecero più lenti e regolari, ed il loro battito cardiaco tornò pian piano alla normalità. Darkarrow posò la testa alla spalla di Logan e ridacchiò:

“Non avevo mai urlato così, prima d’ora”, mormorò, le labbra premute contro il collo dell’uomo, “Sono proprio senza ritegno, con te.”

“Mmmhh… mi piace”, commentò lui, in tutta sincerità, “Comportati sempre così, con me: mi fa impazzire.”

Indugiarono ancora qualche minuto ad accarezzarsi ed a scambiarsi tenerezze; dopo un po’, Logan sentì prepotente l’esigenza di esprimere in qualche modo a parole il suo amore per lei.

Le prese il volto tra le mani e la guardò intensamente negli occhi.

“Ti amo così tanto che mi fa quasi male”, dichiarò con voce zeppa d’emozione, “Quando ti guardo mi si torcono le viscere…”, s’interruppe e si morse un labbro, rendendosi conto di essere tutto tranne che romantico. Maledizione, avrebbe tanto voluto esprimersi come un poeta, per lei!

Ma Miriam era stata dentro il suo cuore e nella sua anima, anche poco prima, e poté vedere ben oltre le sue goffe parole.

“Anch’io ti amo così”, gli rivelò quindi, “Ogni volta che ti guardo sento le farfalle nello stomaco, e mi vengono le ginocchia molli al solo pensiero di te che mi tocchi…”

Wolverine le abbassò il viso e le catturò le labbra con le proprie; la baciò perdutamente, e venne baciato altrettanto perdutamente.

*************

Era ormai buio quando tornarono, molto più tardi dell’orario di cena. Dopo aver sistemato Nice Boy e Sirona, si recarono in cucina per cercare qualcosa da mangiare; Edna notò il loro aspetto disordinato e raggiante e fece un’espressione saputa, ma con discrezione non espresse alcun commento. Si limitò ad informarli che poteva preparar loro dei sandwich con roast beef ed un’insalata di patate, da accompagnare con della birra. I due accettarono volentieri, poi vennero invitati ad accomodarsi ad un tavolo della mensa, dove poco dopo la donna portò loro un grande vassoio coi panini, le patate e le birre.

Calmati i morsi della fame, riportarono il vassoio in cucina, poi salirono di sopra per andare a dormire. Come di consueto, si separarono per recarsi ognuno in camera propria, ma mentre si trovava sotto il getto caldo della doccia, Logan si rese conto di non essere soddisfatto. Si sentiva come se gli mancasse qualcosa.

Per la seconda volta nel giro di due ore, analizzò i propri sentimenti, alla ricerca della causa della propria scontentezza.

Onestamente, gli sembrava di aver tutto, ma proprio tutto, anche ciò che non aveva saputo di desiderare prima di averlo: in ordine di tempo, una sorellina putativa, amici che erano diventati la sua famiglia, una casa in cui vivere, una causa a cui dedicarsi, ed infine anche una donna con la quale condividere la sua esistenza.

Sei mesi prima aveva affidato ad una Dea che non conosceva la realizzazione del desiderio segreto del suo cuore.

Era stato accontentato oltre ogni sua possibile aspirazione.

E allora, cosa mai gli mancava, ancora?

Poi una lampadina gli si accese nel cervello, ed un sorriso gli sollevò gli angoli della bocca.

Aveva trovato.

*************

Dopo aver fatto la doccia, Miriam si infilò una succinta camicia da notte in seta color blu oltremare e, a piedi nudi, tornò in camera, dove preparò il letto. Aveva appena acceso l’abat-jour e spento la luce principale che sentì bussare alla porta.

“Chi è?”, domandò, allungando la mano per prendere la corta vestaglia di seta.

“Logan”, udì la risposta; con un sorriso lasciò perdere l’indumento.

“Avanti”, lo invitò, voltandosi verso la porta. L’uomo entrò, richiuse l’uscio dietro di sé e si avvicinò. La guardò da capo a piedi, con apprezzamento; i suoi occhi le stavano dicendo che era bellissima, ma la sua espressione aveva un sottofondo stranamente solenne.

“Che cosa c’è, Logan?”, lo interrogò allora, un po’ perplessa da quell’atteggiamento per lui insolito. Wolverine le sorrise, dissipando all’istante la vaga ansia che l’aveva presa.

“Vorrei dormire con te, stanotte”, disse, semplicemente.

Colta di sorpresa, Miriam se ne stette impalata a guardarlo, aprendo e chiudendo le palpebre un paio di volte prima di esser sicura di ciò che lui aveva appena detto.

Poi il suo volto si aprì ad un sorriso dolcissimo e, senza dire niente, gli tese le braccia. Logan si affrettò a percorrere gli ultimi passi verso di lei e la strinse a sé; Darkarrow posò la testa sulla sua spalla, e lui le baciò i capelli. Poi la sollevò tra le braccia e la trasportò fino al letto, dove la depose nel punto in cui il lenzuolo era stato scostato; la baciò leggermente sulle labbra, poi si liberò dei vestiti rimanendo coi soli boxer, l’unico indumento in cui dormiva; infine si sdraiò al suo fianco.

Continuando a sorridere, Miriam spense la luce.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top