Capitolo VIII: Contagio amoroso

Capitolo VIII: Contagio amoroso

 (attenzione: capitolo molto hot!)

Come spesso accadeva, il mattino seguente, sebbene avesse fatto molto tardi, Miriam si svegliò comunque relativamente presto. Tra le altre cose, la sua capacità rigenerativa comportava infatti anche un minor bisogno di sonno.

Stava aprendo lentamente gli occhi nella semioscurità della stanza, già rischiarata dalla luce del sole che trapassava le cortine laddove non erano state perfettamente accostate, quando udì aprirsi la porta. Immaginando facilmente chi poteva essere, sorrise tra sé e tornò a serrare le palpebre.

Wolverine si mosse silenziosamente nella penombra della camera, aggirando il letto; la luce, per quanto scarsa, era più che sufficiente alla sua vista ipersviluppata per distinguere la figura di Miriam, sdraiata su un fianco sotto il lenzuolo che la copriva fino alla vita, la schiena rivolta al centro del letto. Cautamente per non svegliarla, si allungò dietro di lei, accostando il proprio corpo al suo ed avvolgendole un braccio attorno alla vita.

Darkarrow rimase assolutamente immobile, gustando quel contatto colmo di amorevole calore; tuttavia non era possibile ingannare i sensi acutissimi di Wolverine.

“Aahh…”, mormorò infatti l’uomo, in tono assai compiaciuto, “ma sei già sveglia, mia principessa.”

Prima che potesse replicare, le fece scivolare una mano sul seno, sfiorando i capezzoli attraverso la sottile seta del top del pigiama che indossava e poi chiudendo la mano a coppa su una mammella. Miriam soppresse un risolino. Attenta a ciò che chiedi, potresti ottenerlo: l’aveva avvisata, dopotutto. Lei gli aveva domandato un risveglio erotico, ed era esattamente quello che lui le stava dando.

“Oh?”, fece, godendo del suo tocco, “E da quando sono la tua principessa?”

Dalla scorsa notte, si aspettava che lui rispondesse. Fu quindi sorpresa da quello che Logan, in tono basso ed intenso, affermò invece:

“Dal primo momento che ti ho vista.”

Lei chiuse gli occhi, la gola stretta in un nodo di commozione. Le aveva già detto di essere rimasto colpito da lei fin dal primo istante, ma non che lo era stato così tanto.

Si girò tra le sue braccia e lo guardò negli occhi; nella mezza luce della stanza, scorse il loro luccichio, simile a quello di un animale selvatico. E quello era Wolverine: un animale selvatico che si era lasciato addomesticare da lei.

Solo da lei.

Per amore.

L’effetto di quella presa di coscienza fu un improvviso slancio di bruciante desiderio. Miriam gli buttò le braccia attorno al collo e lo baciò appassionatamente; gli si strinse addosso, maledicendo il lenzuolo che faceva da schermo tra i loro corpi.

Rispecchiando il suo pensiero, Logan lo strattonò, levandolo di mezzo; lei sollevò un ginocchio per accarezzare l’esterno della sua coscia, premendo il caldo centro del suo corpo su quello di lui. Wolverine l’afferrò per le natiche e se la schiacciò addosso, muovendo il bacino in modo provocatorio. Sentendolo strusciarsi contro la sua parte più intima, Miriam emise un mormorio di incoraggiamento.

Interrompendo il bacio, Logan la spinse sui cuscini, infilandole una mano sotto il top; con tocco lieve, le accarezzò il ventre, risalendo fino al seno. Nel farlo, sollevò l’indumento per scoprirla, e non appena le sue curve provocanti furono visibili, si abbassò a lambirle i capezzoli già eretti per l’eccitazione. Come la notte prima, lo sfregamento della sua lingua su quella parte così sensibile le provocò piacevoli brividi che le si ripercossero in grembo, aumentandone il calore. Senza rendersi conto di ciò che faceva, Miriam gli affondò le unghie nelle spalle.

Fu questione di attimi perché i pochi indumenti che avevano indossato per la notte sparissero. Quando furono completamente nudi, Miriam tentò di rovesciare le parti, ma Logan scosse la testa:

“Non stavolta”, la pregò in un sussurro, e lei desistette.

Sorridendole con espressione rassicurante, Wolverine le posò una mano sulla base del collo, dove poté sentire il battito accelerato del suo cuore. Lo sguardo che Miriam gli rivolse era di totale fiducia in lui; Logan lo identificò per quello che era: lo sguardo che la femmina rivolge solo al maschio che ha scelto per compagno della propria vita. Un groppo gli si formò in fondo alla gola, per la gratitudine e l’emozione, e dovette deglutire. 

Gli occhi fissi in quelli di lei, spostò la mano verso il basso, sul petto che si muoveva al ritmo irregolare del respiro, sul seno morbido, sul ventre palpitante, fino a sfiorare il triangolo di riccioli che ornavano il suo grembo. Prima ancora che cominciasse a seguire il solco della sua fessura femminile, Miriam allargò le cosce, bramosa di sentire il suo tocco. Logan non chiedeva di meglio: mosse le dita, raggiunse il clitoride e lo strofinò con delicatezza, ma fermamente. La donna ansimò di piacere, una, due volte, mentre lui continuava a toccarla sapientemente. Poi, rapido, Wolverine si portò le dita alla bocca, le inumidì di saliva e tornò a posarle sulla sua apertura fremente; con la stessa delicata fermezza di prima, affondò un dito dentro di lei, muovendolo circolarmente.

Miriam sentì le viscere prendere fuoco e perse la testa.

“Logan… Logan, prendimi, subito…”, lo supplicò. Non avrebbe resistito un istante di più al dolce tormento che lui le stava infliggendo e non voleva venire a quel modo, non stavolta, perché bramava sentirlo di nuovo dentro di sé, completamente suo.

Udendo l’urgenza nel tono di voce di Miriam, Wolverine ne fu contagiato. Tolse il dito e si adagiò su di lei; sostenendosi sulle braccia, mosse il bacino per posizionarsi, poi lo spinse in avanti immergendosi in lei.

Sentendolo entrare, Miriam sollevò i fianchi per andargli incontro, impaziente di averlo interamente dentro di sé. Non sembrandole ancora abbastanza, sollevò le ginocchia e gli cinse la vita con le gambe, incrociando le caviglie dietro di lui, permettendogli così di affondare ancor più in lei. Logan mugugnò, deliziato, e cominciò a muoversi; Miriam lo assecondò, dapprima seguendo il suo ritmo, poi incoraggiandolo ad aumentare velocità ed ampiezza. Fu molto più fisico della notte precedente, ma non meno coinvolgente a livello spirituale, perché sebbene stavolta le loro anime non si fondessero nel legame che avevano sperimentato, per tutto il tempo i loro occhi rimasero fissi gli uni negli altri, comunicando silenziosamente reciproche emozioni e sensazioni.

Quella posizione era fortemente stimolante per Logan, che ben presto si accorse di essere vicino al culmine, così si obbligò a rallentare. Per un momento, Miriam ne fu spiaciuta, ma intuì subito la motivazione e gli sorrise, riconoscente, perché lei era ancora un po’ lontana.

Quando sentì di essere tornato abbastanza indietro, Wolverine riprese ad aumentare il ritmo e Miriam, con suo sommo stupore, d’accorse di non aver affatto perso terreno. Anzi, era andata ancora avanti, sopravanzando Logan. Spalancò gli occhi.

“Fermati…”, ansimò. Era presto, troppo presto…

L’uomo si rese conto che lei era sull’orlo e ne fu elettrizzato.

“No”, fece, rauco, “Vieni, piccola. Vieni per me.”

Fu troppo, per lei. Mai nessuno le aveva rivolto parole così roventi. Mai nessuno l’aveva fatta sentire così tanto femmina. Un attimo dopo raggiunse l’acme ed inarcò la schiena; l’orgasmo le strappò un lungo gemito dal fondo della gola.

Reggendosi sulle braccia, gli occhi socchiusi, Logan la guardò godere. Osservare il suo volto trasfigurarsi per il piacere, sentire la sua carne contrarsi tutt’attorno a lui fu meglio, per certi versi, che godere lui stesso. Quella era la sua donna, e niente gli poteva dare più piacere del piacere di lei.

Infine Miriam sentì l’orgasmo esaurirsi, lasciandola accaldata ed ansimante. Allora riaprì gli occhi, che non si era nemmeno accorta di aver chiuso, e li rivolse verso Logan. Il suo sguardo era ancora vitreo di beatitudine, e lui provò un improvviso senso d’orgoglio per essere stato capace di farle assumere quell’aspetto. 

“Accidenti se sei bella…”, mormorò, ancora rapito dalla visione di lei in preda al piacere, piacere che lui le aveva dato.

Quel complimento un po’ grossolano le piacque molto più di qualsiasi altro le fosse mai stato rivolto nella sua lunga vita, anche da altolocati e raffinati nobiluomini, perché sgorgava con incondizionata sincerità direttamente dal cuore di colui che lo aveva pronunciato.

“Grazie”, mormorò; sentendo i muscoli interni rilassarsi, posò le mani sulle natiche di Logan e gli sorrise con espressione da gattamorta:

“Adesso tocca a te. Voglio guardarti mentre godi.”

Lui esitò un istante: come molti uomini, non gli era mai andato particolarmente a genio che lo si osservasse mentre perdeva il controllo; ma ora, d’un tratto, scoprì che il pensiero di farsi guardare da Miriam lo eccitava. Si passò la lingua sulle labbra, pregustando il momento del culmine, e cominciò a muoversi.

Miriam sapeva come aumentare il piacere di un uomo: stringendo ritmicamente i muscoli vaginali, lo stimolò quanto più ne fu capace. Come risultato, non ci volle molto perché Wolverine arrivasse: i suoi movimento si fecero sempre più frenetici, e quando giunse in vetta gettò indietro la testa e chiuse gli occhi; sussultò violentemente dentro di lei mentre spillava il suo seme ed il suo lamento di piacere fu alto e forte. Infine l’uomo si accasciò su di lei, momentaneamente privo di forze; Miriam lo accolse tra le braccia e gli accarezzò la schiena.

“È stato fantastico”, gli sussurrò, “Grazie per averlo condiviso con me.”

Logan ebbe un sorriso malizioso e sollevò la testa per guardarla:

“Ah, piccola, è stato un vero piacere!”

Lei ridacchiò, divertita. Quando voleva, Wolverine era capace di essere molto spiritoso.

Rimasero a letto ancora un po’ a coccolarsi, poi Miriam chiamò il servizio in camera per far portare loro la colazione. Quando arrivò, avevano già fatto la doccia e si erano vestiti; mangiarono, poi fecero le valigie e scesero nella hall, dove c’erano diversi altri ospiti in partenza.

Janet Korbes, la figlia minore del più famoso miliardario degli States proprietario dell’omonima rivista, si complimentò con Miriam:

“Magnifica festa, mia cara”, disse con sincerità, poi lanciò un’occhiata a Logan, che si era allontanato per rendere la chiave alla recéption, “E magnifico cavaliere. È il tuo boyfriend?”

“Si può dire così”, ammise Darkarrow, sorridendole: Janet era una delle rare donne del cosiddetto jet set che le stavano genuinamente simpatiche, “Stiamo insieme da poco.”

“Allora goditi il momento”, la esortò la donna, che a quarantasette anni si credeva molto più vecchia dell’apparentemente venticinquenne Miriam, “L’inizio di una storia d’amore è sempre un periodo magico.”

Miriam non aveva mai vissuto una vera storia d’amore, né col marito, né con nessuno degli uomini che aveva avuto dopo di lui. Tuttavia, aveva visto, tra gli altri, Jean e Scott, e sapeva cosa intendeva dire la donna.

“Lo farò, Janet”, le assicurò.

Intanto Logan era tornato; si congedarono cordialmente dalla donna e lasciarono il resort, facendosi sulla via dell’aeroporto.

Quando giunsero al numero 1407 di Greymalkin Lane era quasi sera; ebbero appena il tempo di salire in camera per disfare i bagagli e rinfrescarsi che fu ora di cena.

Miriam sentì bussare alla porta.

“Avanti!”, disse, pensando che fosse Logan. Invece era Scott.

“Ciao, Miriam”, la salutò sorridendo, “Com’è andato il viaggio?”

“Molto bene, grazie.” Non sai quanto.

“E la festa?”

“Un successo, abbiamo raccolto quasi centomila dollari.” E sapessi cos’ho raccolto io.

“Fantastico”, approvò Ciclope, che era un simpatizzante della causa del WWF, “E Logan, si è comportato bene?”

“Splendidamente”, rispose lei, mentre lo sguardo le si faceva distante ed un sorriso le curvava le labbra. Notandolo, Scott inarcò un sopracciglio: era successo qualcosa, tra quei due. Non aveva mai visto quell’espressione sul volto di Miriam. Ma l’aveva vista su quello di Jean, rivolta a lui.

“Ah sì?”, fece, attendendo ulteriore conferma delle sue sensazioni.

Miriam comprese che lui aveva capito e non vide motivo per tener nascosta la cosa.

“Logan ed io abbiamo scoperto di amarci”, disse schiettamente.

Ciclope non poté fare a meno di sentirsi sorpreso: si amavano? Aveva intuito che erano fortemente attratti l’uno dall’altra, la notte di San Silvestro, ma aveva pensato ad una faccenda di sesso, non di sentimenti.

Non con Logan coinvolto.

“Suppongo che tu sappia quello che fai”, disse in tono piatto. Miriam si accigliò: era al corrente dell’astio che Scott aveva provato nei confronti di Logan a causa di Jean, ma aveva creduto che ormai lo avesse superato.

“Questo è poco ma sicuro”, affermò in tono altrettanto piatto. Ciclope si rese conto d’averla offesa.

“Scusami”, disse, contrito, “Non voglio che tu soffra, ecco tutto.”

L’espressione della donna si addolcì, ma solo in parte.

“Ti ringrazio, Scott”, disse, “Credimi però se ti dico che Logan è un uomo molto più perbene di quanto tu sembri pensare.”

Il giovane uomo serrò la mascella in una mimica che mostrava tutta la sua ostinazione.

“Lo so”, dichiarò, “ma tendo a dimenticarmene. Non sono ancora riuscito a perdonarlo del tutto per aver provato a portarmi via Jean.”

Miriam si inalberò di colpo. Non per l’implicazione che Logan si fosse comportato male, insidiando la donna di un altro: aveva letto abbastanza nell’anima di Wolverine per capire che non se la sarebbe sentita di portare fino in fondo il suo tentativo di seduzione. Ciò che la fece infuriare fu la mancanza di fiducia di Scott nei confronti di Jean che quella frase rivelava.

Si piantò i pugni nei fianchi e lo aggredì:

“Portartela via? Avevi così poca stima di Jean?”

Ciclope fu colto di sorpresa e si sentì come colpito da uno schiaffo in pieno volto:

“Poca stima? Ma che dici?”

“Stammi bene a sentire, ragazzino”, gli disse lei nel tono secco che assumeva coi bambini testardi, “Una donna come Jean non si sarebbe lasciata portar via da chicchessia. Semmai avrebbe deciso lei di andar via. Sarebbe stata una sua scelta. Ma non l’ha fatto. Ti amava più della sua stessa vita, renditene conto una buona volta, razza di mulo cocciuto!”, concluse, agitando i pugni come a volerlo colpire.

Scott dapprima era arrossito, poi impallidito. Ora cadde seduto di schianto su una delle poltroncine della camera, come se le ginocchia gli avessero ceduto di colpo. Miriam non si lasciò impietosire.

“Ti lascio a meditare”, gli disse freddamente, ed uscì dalla stanza senza girarsi.

Logan, che stava recandosi da lei per accompagnarla a cena, la vide venirgli incontro a passo di carica. Si rese subito conto che era più furiosa della sera prima con le due VIP svampite ed istintivamente sfoderò gli artigli.

“Dimmi chi ti ha fatto imbestialire e lo affetto”, ringhiò, e stavolta lo intendeva davvero. Miriam si fermò nel bel mezzo di un passo per fissare i suoi pugni con gli artigli sguainati, poi scrollò le spalle e rise. La tensione la abbandonò.

“L’ho già affettato io”, rispose, “anche se solo metaforicamente. Ma, ad ogni modo, grazie, Logan: apprezzo la tua offerta.”

Wolverine si rilassò e rinfoderò le micidiali lame di adamantio.

“Lasciamene un pezzo, la prossima volta”, brontolò.

Miriam gli accarezzò la fonte, spianando il suo cipiglio. Le piaceva il senso protettivo di Logan, che col trascorrere del tempo aveva esteso dalla sola Rogue a tutti i ragazzi della scuola, ed ora anche a lei. Sebbene non avesse affatto bisogno di protezione, le era di conforto sapere che in caso di necessità lui era lì per lei.

“Vieni, andiamo a mangiare”, lo invitò, prendendogli una mano ed avviandosi. Dopo due passi, Wolverine le passò un braccio attorno alle spalle con fare rassicurante, adattando il passo delle sue lunghe gambe a quelle molto più corte di lei.

Mentre mangiavano, Hank accennò alla sedia vuota di Ciclope e si rivolse a Miriam:

“Sai dov’è Scott?”

“A leccarsi le ferite”, rispose Miriam, alzando una spalla, “Abbiamo avuto un vivace scambio d’idee, per così dire, e gli ho dato qualcosa su cui riflettere intensamente.”

“Capisco”, fece lo scienziato, senza chiedere ulteriori dettagli comprendendo che lei non aveva voglia di addentrarsi nei particolari.

Logan aveva ovviamente sentito lo scambio di battute.

“Allora era Monocolo, quello che hai affettato?”, domandò a Miriam.

“Precisamente”, confermò lei, “Diciamo che ha detto una parola di troppo, così si è beccato una ramanzina.”

Wolverine sogghignò con una certa dose di malignità:

“Avrei voluto esserci…”

Lei gli scoccò un’occhiata di riprovazione:

“Non farlo.”

Incerto sul significato della frase, Logan sbatté le palpebre:

“Cosa?”

“Il perfido. So molto bene che non sei così.”

L’uomo lanciò fiamme dagli occhi: non permetteva a nessuno di rimproverarlo. Aprì bocca per partire al contrattacco, ma lei lo precedette.

“Non arrabbiarti, zucchero”, gli disse a bassa voce, posandogli una mano sulla coscia, sotto il tavolo, “Quel che voglio dire è che ti prego di essere te stesso, con me. Non devi impressionarmi. L’hai già fatto.”

Gli stava sorridendo con quel sorriso a cui lui non sapeva resistere. E lo aveva chiamato zucchero… Maledizione, quella donna sapeva proprio come prenderlo! Ed a lui andava bene esattamente così.

“Oh? E quando l’avrei fatto?”, bofonchiò. Perché non faceva salire quella mano tra le sue gambe?

“L’ultima volta, stamattina”, rispose lei a voce ancor più bassa. La bocca gli si inaridì.

“Allora spero di impressionarti in continuazione”, mugugnò.

“Ci conto”, concluse lei, togliendo la mano.

Per tutto il tempo, Xavier, seduto di fronte a Miriam all’altro capotavola, li aveva osservati; non aveva bisogno del suo senso telepatico per capire che il rapporto tra lei e Logan si era evoluto nella direzione che si era augurato: era chiaro anche solo dalle loro posture, per non parlare degli sguardi che si scambiavano. Non per nulla era uno psicologo: al suo occhio acuto sfuggiva ben poco. Sorrise tra sé: sebbene conoscesse una da molto più tempo dell’altro, era contento in ugual misura per entrambi.

Finita la cena, Rogue si avvicinò e si chinò verso Logan:

“Sbaglio, o i miei consigli sull’abbigliamento hanno dato i loro frutti?”, domandò in un bisbiglio.

“Non sbagli”, rispose lui laconicamente, ma con un sorrisetto che diceva tutto. Marie si raddrizzò e lanciò un’occhiata a Miriam, che gliela rese con aria interrogativa. La ragazza si spostò allora tra i due adulti e si abbassò.

“Complimenti a tutti e due”, disse sottovoce, strizzando loro un occhio.

“Grazie”, rispose Darkarrow, ricambiando la mimica scherzosa della sua giovane amica. Wolverine si limitò ad un sogghigno silenzioso.

Logan e Miriam proseguirono la serata guardando un altro episodio di Star Trek: Enterprise in compagnia di Ro e Kurt; quando si ritirarono per la notte, la bella donna di colore attese che avessero lasciato la stanza per rivolgersi al tedesco:

“È bello vedere sbocciare l’amore tra due persone, nicht wahr?”

A quelle parole, Nightcrawler si sentì bruciare la orecchie: invece di veder sbocciare l’amore tra due persone, avrebbe di gran lunga preferito che sbocciasse tra di lui e Ro… Guardò subito altrove, temendo che lei potesse leggergli quel pensiero negli occhi.

Si obbligò a superare la propria timidezza ed a rispondere.

Ja, l’amore è sempre una cosa molto bella”, confermò, “Soprattutto quando accade a persone che stimi come io stimo Miriam e Logan.”

Tempesta annuì pensierosamente:

“Già… anche se lo è ancor di più quando accade a te.”

Stavolta Kurt si sentì bruciare tutto il viso; se la pelle tatuata del suo volto fosse stata bianca invece di blu scuro, sarebbe diventata del colore della buccia di pomodoro.

Ach…” bofonchiò, “ja, ja...”

Ro sospirò piano.

“Hai visto come si guardano?” proseguì sottovoce, senza notare l’imbarazzo di Nightcrawler, “Nessuno ha mai guardato me a quel modo…”

Kurt ne fu sinceramente sorpreso:

“Non riesco a crederci…”, mormorò, “Una persona bella come te? Unmöglich!”

Non era la prima volta che il tedesco la definiva così. Non una bella donna, ma una bella persona.Tempesta lo fissò negli occhi e ciò che vide le fece balzare il cuore in gola.

“Vuoi dire che… che invece c’è qualcuno che mi guarda così?”, domandò pianissimo, senza osare credere.

Kurt deglutì vistosamente. Racimolò tutto il suo coraggio ed annuì:

Ja… io.”

Subito dopo averlo detto, desiderò di sprofondare. Aveva parlato d’impulso, spinto dal desiderio di consolarla, perché gli era parsa così rattristata al pensiero di non aver nessuno. Ma adesso, come avrebbe fatto? Se ora lei lo respingeva, gli diceva che provava solo amicizia per lui, come avrebbe mai più potuto anche solo posare gli occhi su di lei?

Ro era senza parole. A dire la verità, Kurt l’aveva sempre guardata in modo speciale. Come se la adorasse. Pacato, dolce, comprensivo, le era piaciuto fin dal primo istante, e con lui si era sentita a suo agio con un’immediatezza che, a causa della sua personalità naturalmente riservata, non aveva mai provato prima. Ma poi, pian piano, i suoi sentimenti per lui si erano approfonditi, trasformati, ed era giunta al punto in cui non desiderava più che lui la adorasse, ma che l’amasse. Ed ora… possibile che ora i suoi occhi le stessero dicendo proprio questo…?

“Kurt…”, sussurrò, in tono incredulo. Sollevò una mano e gliela posò sulla guancia. Kurt chiuse gli occhi e si appoggiò al suo palmo, godendo di quel contatto. Per lunghi istanti, rimasero immobili, come fuori dal tempo, col fiato sospeso.

Poi Kurt tornò a riaprire gli occhi e li tuffò nuovamente in quelli di Tempesta. Ora che le aveva confessato i propri sentimenti, dopo il primo momento di panico si sentiva sereno. Se Dio aveva deciso che quella donna bellissima e fiera lo ricambiasse, sarebbe stato l’essere più felice del Creato; ma se così non fosse stato, allora si sarebbe però ugualmente chiamato fortunato per averla potuta conoscere.

Tempesta sapeva che lui era troppo timido per fare il prossimo passo; era già un’enormità che avesse avuto il coraggio di rivelarle quello che provava. Quindi la mossa successiva toccava a lei.

Si sporse verso di lui ed appoggiò le labbra sulle sue.

Nightcrawler sussultò, come se quel contatto lo bruciasse. Per un momento, la sua mente si oscurò e poco mancò che stramazzasse. Poi le sue braccia, come animate di vita propria, si chiusero attorno al corpo di Ro e lo strinsero al proprio. La sensazione di quelle morbide curve contro di sé gli tolse il fiato; con un singhiozzo, la strinse ancor più forte e schiuse la bocca. Con la punta della lingua le sfiorò la giunzione della labbra, chiedendo accesso; Ro prontamente glielo concesse e gli allacciò le braccia attorno al collo. Le loro lingue intrecciarono una danza più dolce che sensuale, intrigante ed emozionante. La donna era deliziata: aveva creduto che lui non avesse alcuna esperienza, invece scopriva che sapeva baciare molto, molto bene…

Quando si staccarono, si guardarono negli occhi con espressioni tra l’estatico ed il meravigliato.

Ich liebe dich“, mormorò Kurt; ora che si era buttato, non poteva attendere oltre a dirglielo, “Ti amo dal più profondo del cuore, Ororo. Ti amo come non ho mai pensato fosse possibile amare qualcuno. Per te darei non solo la vita, ma la mia anima immortale, e che Dio mi perdoni se questo è peccato. Sei quanto di più bello abbia mai potuto sognare. E se anche tu non mi contraccambiassi, mi riterrei fortunato ed appagato soltanto per questo bacio.”

“Sei pazzo se credi che mi accontenterò di questo”, bisbigliò Tempesta, “Kurt, anch’io ti amo. Mi sei piaciuto fin da subito, ma non so esattamente quando ho cominciato ad amarti. So soltanto che ad un certo punto ho capito di essermi innamorata di te. Quanto al fatto che il tuo amore per me possa essere un peccato… ti ricordo che nella Bibbia ci sono numerosi esempi di amore tra uomo e donna che non suscitano alcun sentimento di gelosia in Dio: Abramo e Sara, Ester e Assuero, Davide e Betsabea…”

Kurt fu stupito della conoscenza di Ro del libro fondamentale della sua religione, che sapeva bene lei non condivideva. Le sorrise e tornò ad accostare il viso a quello di lei.

Richtig…”, confermò, “Inoltre, il Cantico dei Cantici esalta l’amore tra l’uomo e la donna con parole molto ardenti”, le mormorò sulle labbra, prima di baciarla nuovamente.

Stavolta fu un bacio appassionato, carico di desiderio reciproco. Ro sentì un gran calore in grembo e si aggrappò a Kurt; per un momento, fantasticò che lui l’arrovesciasse sul divano e la prendesse, ma naturalmente non avrebbe mai fatto niente del genere, non in un luogo dove poteva entrare chiunque. Inoltre, considerando la timidezza di lui, mostrarsi troppo vogliosa poteva intimorirlo invece di eccitarlo; così si costrinse ad allentare la morsa in cui lo aveva stretto.

Nightcrawler si scostò, l’espressione del suo viso adombrata.

“Perdonami”, le disse, chiaramente dispiaciuto, “Non volevo spaventarti. Il fatto è che ti desidero talmente tanto che non sono riuscito a controllarmi…”

Aveva creduto che lei si stesse ritraendo sgomenta di fronte alla sua bramosia… Ro gli sorrise dolcemente: il suo animo gentile non cessava mai di intenerirla.

“Non sono spaventata”, gli assicurò, “Non posso esserlo, dato che ti desidero altrettanto.”

Kurt la scrutò profondamente negli occhi.

“Davvero?”, sussurrò, in tono incredulo, “Davvero?”

Tempesta capì che lui non pensava di essere degno di tanto, probabilmente a causa del suo aspetto. Era vero, esso era strano, in un certo grado anche spaventoso, ma una volta che si giungeva a conoscere la persona che albergava in quel sembiante da gargoyle medievale non vi si badava più.

“Andiamo di sopra”, gli propose allora, un lampo malizioso negli occhi simili a perle nere, “e ti convincerò coi fatti.”

Un sorriso curvò le labbra del tedesco.

Einverstanden”, disse, ma non si mosse. Si concentrò brevemente e poi bamf!, li teleportò entrambi in camera sua. Normalmente preferiva vedere il luogo in cui trasportare se stesso ed eventualmente chi era con lui, per evitare di materializzarsi all’interno di una parete o di un mobile, ma conosceva ormai molto bene la magione e la posizione della propria stanza in rapporto al resto della casa per poter muoversi a memoria.

La sorpresa di Tempesta durò solo qualche istante, poi la donna chiese a bassa voce:

“Puoi accendere una luce, per favore?”

Voleva vederlo. Voleva scrutarlo mentre lo abbracciava e lo accarezzava. Voleva guardare il suo viso mentre facevano l’amore e osservare il suo piacere.

Kurt li aveva portati accanto al letto e così gli bastò chinarsi per accendere l’abat-jour sul comodino. Non appena tornò a raddrizzare la schiena, Ro infilò le mani sotto la sua lunga redingote scura di seta damascata e gliela fece scivolare dalle spalle lungo le braccia. La giacca non fece in tempo a cadere a terra che già la donna aveva cominciato a sbottonargli la camicia. Nightcrawler comprese che Ro aveva veramente intenzione di convincerlo coi fatti che lo desiderava tanto quanto lui desiderava lei.

O Liebchen…”, mormorò con voce strozzata per l’emozione. Ro gli infilò le braccia sotto la camicia e si chinò a baciargli il petto coperto di bellissimi tatuaggi. Segni angelici, li aveva definiti lui la prima volta che glieli aveva visti. Li aveva disegnati lui stesso sul proprio corpo demoniaco, in cerca di redenzione, ma inutilmente. Ora gli sembrò che lei li benedicesse con i suoi baci, rendendo finalmente attivo il loro scopo. Emise un verso che era a metà strada tra un singulto ed un lamento, espressione della sua profonda commozione.

L’afferrò per le spalle, respingendola leggermente per potere a sua volta sbottonarle la camicetta. Quando le scostò l’indumento dalle spalle, Ro lasciò ricadere la braccia lungo i fianchi per permettergli di sfilarglielo dalle braccia, poi raddrizzò il busto per evidenziare le morbide curve che prorompevano dal reggiseno. Kurt chinò la testa e posò le labbra sul solco tra i seni, facendo poi guizzare la lingua sulla serica pelle color cioccolato al latte. Tempesta emise un gemito sospiroso ed affondò le dita nei corti ricci neri di Nightcrawler.

Frattanto, lui le aveva circondato la vita con le mani; ora le fece salire carezzevoli dietro la sua schiena, fino a raggiungere il gancio del reggiseno. Lo slacciò, e l’esiguo indumento cadde sulla camicetta; allora Kurt posò le mani a coppa ai lati dei seni di Ro e li pressò leggermente l’uno contro l’altro, si abbassò ulteriormente e passò la lingua prima su un capezzolo e poi sull’altro, avanti ed indietro, per poi cominciare a suggerne delicatamente uno ed a titillare l’altro con il polpastrello di un dito. Ro trasalì di piacere e sentì le viscere sussultare in risposta alla deliziosa stimolazione dell’uomo. E lei che, fuorviata dalla sua timidezza, aveva pensato che fosse inesperto!

Lo fece rialzare e lo guardò negli occhi incandescenti di desiderio; le iridi gialle avevano assunto una sfumatura dorata che risplendeva nella discreta luce dell’abat-jour. Sotto quello sguardo ardente, Tempesta avvampò di un calore mai provato e sentì le viscere fremere di anticipazione. Quasi senza respirare, abbassò una mano e la posò sull’erezione che gonfiava i pantaloni di Kurt. Il tedesco trasalì e chiuse gli occhi per un istante, assaporando il suo tocco: ora non poteva avere più alcun dubbio, Ro lo voleva quanto lui voleva lei, anima e corpo, cuore e carne.

La respinse gentilmente, poi finì di spogliarla, si liberò della camicia e la fece sedere sul bordo del letto. Si genuflesse davanti a lei e le scostò le ginocchia, si infilò tra di esse e tornò a prenderla tra le braccia. La baciò nuovamente, un bacio divorante, esigente, cui lei rispose con uguale intensità. Oramai il suo grembo pulsava di un desiderio cocente e non voleva altro che sentirlo dentro di sé, ma Kurt aveva dell’altro in serbo per lei prima di farla sua. Tenendola per le spalle, gentilmente la sdraiò sulla schiena, poi le fece scorrere le mani su tutto il corpo, carezzandole i seni, il ventre, i fianchi; infine, senza preavviso, si chinò tra le sue gambe ed affondò il viso nel suo centro, cominciando a lambire gli umidi petali della sua femminilità. Ro cacciò uno strillo di sorpresa e di delizia.

“Sì… oh sì!”, gemette. Il piacere era così intenso che artigliò il copriletto e si contorse ansimando. Dopo pochi istanti, Kurt comprese che era a breve distanza dall’orgasmo; in fretta, si slacciò i pantaloni e li abbassò alle ginocchia, liberando la sua erezione oramai quasi dolorosa. Ro si inarcò convulsamente, sulla soglia dell’acme; Nightcrawler si ritrasse e l’afferrò per i fianchi; posizionò la sua dura virilità contro la calda apertura di lei e spinse garbatamente, ma con decisione, strusciandole il clitoride col glande.

Quando Kurt si era ritirato, Ororo aveva preso fiato per emettere una protesta, ma quando un istante dopo sentì la sua verga maschile entrare in lei, sostituendo la lingua e rendendoli tutt’uno, gettò invece un verso di approvazione. Avvertì la punta del pene sfregare contro il duro nodo del suo piacere, stimolandola impietosamente; una, due volte.

“Sì…”, ansimò, “Così… così!”

Poi raggiunse la vetta; le sembrò di essere scagliata in cielo e godette con un’intensità che non ricordava d’aver mai sperimentato. O Dea!, pensò stordita: mai era venuta così velocemente.

Nightcrawler esplose dentro di lei pochi istanti dopo, sussultando violentemente in un delirio di estasi non solo fisica, ma anche profondamente spirituale.

Quando le sue contrazioni si esaurirono, si adagiò su di lei, abbracciandola e posando la testa sul suo seno. Sentì il cuore di Ro battere a gran colpi irregolari, echeggiando il suo. Lei gli accarezzò i corti capelli neri.

“Ti amo, Kurt”, mormorò. L’uomo sollevò le testa per guardarla.

“Anch’io ti amo, Ororo”, le rispose. Tempesta fece un mezzo sorriso:

“Allora, ti ho convinto?”

Nightcrawler le sorrise di rimando:

Ja, vollständig”, ammise, sentendosi improvvisamente leggero come una piuma. Una bellissima donna come Ororo Munroe lo voleva, lo desiderava! Non solo, lo amava… Continuava a pensare di esserne indegno, ma se Dio aveva deciso di concedergli quella grazia, chi era lui per rifiutarla?

La baciò con tenerezza infinita.

***********

Il mattino seguente, Ro e Kurt giunsero in sala mensa insieme. La cosa non era insolita e non suscitò alcuna curiosità, tuttavia Miriam, che stava finendo il suo secondo cappuccino in compagnia di Logan, notò che entrambi avevano espressioni radiose. E gli occhi pesti.

Posò di colpo la tazza e ridacchiò brevemente. Non poteva crederci: prima lei e Logan, poi Ro e Kurt, nel giro di ventiquattro ore. Che l’amore fosse contagioso?

“Che c’è?”, domandò Wolverine, sorpreso dalla sua improvvisa ilarità. Nello sforzo di controllarsi, lei rispose concisamente:

“Kurt e Tempesta.”

Logan gettò un’occhiata ai due che ora si stavano avvicinando coi vassoi colmi.

“Buon giorno”, li accolse, senza ancora capire l’allegria di Miriam.

Guten Morgen”, rispose Kurt con un ampio sorriso, sedendosi al suo solito posto accanto a Wolverine, con Ro dall’altra parte. Alle narici di Logan giunse, inconfondibile, l’odore di sesso, proveniente da entrambi; improvvisamente gli fu tutto chiaro. Scambiò uno sguardo con Miriam e ghignò: quei due avevano appena fatto l’amore.

“Dormito bene?”, domandò a Kurt, con malizia. Anche lui e Darkarrow erano da poco usciti da un incontro amoroso. La donna si morse un labbro per non erompere in una risata.

Kurt non raccolse, o forse non comprese l’intento provocatorio di Wolverine.

“Bene, sì, danke”, rispose. Ma Ro aveva capito perfettamente:

“Diciamo tanto quanto te, Logan”, puntualizzò in tono soave, arricciando le labbra per nascondere un sorriso. Nightcrawler passò lo sguardo da Wolverine a Tempesta: forse era un po’ ingenuo, ma certo non era stupido. Incrociò gli occhi di Miriam, che gli stava sorridendo con simpatia, e la ricambiò.

“Penso che sia il caso di farci congratulazioni reciproche”, disse Darkarrow a bassa voce. All’improvviso tutti e quattro scoppiarono a ridere, attirandosi le occhiate incuriosite degli studenti in sala.

***************

Più tardi quella mattina, dopo aver tenuto lezione, Scott andò in cerca di Miriam. Non ebbe difficoltà a trovarla: come al solito, stava lavorando nel suo ufficio.

“Entra pure, Scott”, lo invitò lei, vedendolo esitare sulla soglia. Non era pentita di averlo strapazzato, la sera prima: riteneva che se lo fosse meritato. Era da vedere se lui se ne rendeva conto.

“Ho riflettuto su quello che mi hai detto ieri sera”, esordì il giovane uomo, accomodandosi nella poltroncina che lei gli aveva indicato, “Non avevo mai pensato alla questione nei termini che tu mi hai esposto. Tuttavia ho concluso che hai torto: io avevo stima di Jean… la verità è che, in questo merito, non ne avevo abbastanza di me stesso.”

Darkarrow inarcò le sopracciglia, in attesa che lui proseguisse; aveva cominciato bene, ma adesso doveva finire di svuotare il sacco da solo.

Lui si agitò sulla poltroncina, a disagio: non amava parlare di se stesso e dei suoi sentimenti.

“Se ho avuto paura di perderla”, proseguì faticosamente, evitando di guardare negli occhi la sua interlocutrice come se si vergognasse di quanto stava ammettendo, per la prima volta con qualcun altro che se stesso, “non è stato perché Logan ci ha provato, né perché temessi che Jean gli desse retta… ma perché mi sono reso conto di ritenermi inadeguato a lei.”

Miriam annuì, lentamente. Di sei anni più giovane, Scott aveva dovuto faticare molto per persuadere Jean a prenderlo in considerazione, e questo lo aveva evidentemente lasciato con la convinzione di essere in qualche modo indegno di lei.

So che lei mi amava come io amavo lei”, concluse Ciclope in un soffio.

“Sono contenta che tu dica così”, affermò Miriam, “Per un attimo, ieri sera, ho temuto davvero che tu ne dubitassi”, si sporse verso di lui e gli tese la mano, “Senza rancore?”

Scott gliela afferrò e la strinse con entrambe le proprie. I suoi occhi erano invisibili dietro le lenti al quarzo rosso, ma la sua espressione era inequivocabilmente di sorpresa:

“Rancore?”, ripeté, “Siamo amici, e gli amici si dicono le cose in faccia, anche quando non sono piacevoli. Sai che non amo l’introspezione, e che ogni tanto ho bisogno di qualcuno che mi dia un calcio nel sedere.”

Ridacchiarono: la loro amicizia era ben più forte di un occasionale diverbio.

Lady Angel

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