Capitolo VII: Giardini tropicali
Capitolo VII: Giardini tropicali
(attenzione, capitolo molto HOT!)
Passarono altre settimane, e giunse febbraio.
Rogue migliorava sempre più rapidamente le sue capacità di controllo sul proprio potere, mentre proseguiva di pari passo con l’addestramento come membro giovane degli X-Men assieme a Bobby e a Colosso. Jubilee divenne maggiorenne e chiese di entrare a far parte del gruppo degli X-Men junior; venne accettata, perché la sua capacità di manipolare l’elettricità poteva rivelarsi assai utile in combattimento. Tra qualche settimana anche Kitty avrebbe compiuto diciotto anni e pure lei, nonostante la sua timidezza, era fermamente intenzionata ad unirsi a loro.
Durante tutto quel tempo, Logan cercò di cogliere quanti più momenti possibile per stare vicino a Miriam: durante i pasti, nel corso delle lezioni di difesa personale ai ragazzi, oppure facendo una delle numerose attività ricreative che era possibile praticare nelle apposite aree. Imparò perfino a tirare a biliardo, rivelando un talento insospettato. Tutto ciò senza però fare una chiara avance: era consapevole che Miriam ricambiava il suo interesse, ma continuava a percepire in lei una reticenza che non riusciva a spiegarsi, e che tuttavia sentiva di dover rispettare, o l’avrebbe allontanata da sé. Con qualsiasi altra si sarebbe stufato nel giro di pochi giorni e sarebbe andato a caccia di qualcuna più disponibile; ma Miriam non era qualsiasi altra.
Non poteva sperare che le sue manovre passassero inosservate in un ambiente chiuso come quello dell’istituto: non ci volle molto perché tutti capissero che stava facendo il filo a Darkarrow.
Da parte sua, la donna era lieta del perdurare dell’interesse di Logan nei suoi confronti, ma non agiva in alcun modo particolare per incoraggiarlo, perchè era ancora incerta riguardo ai suoi reali sentimenti per quell’uomo; l’unica sicurezza che aveva era che tra loro esisteva una forte attrazione, e non solo fisica.
Era consapevole che aspettare significava rischiare di stancare Wolverine, di natura scarsamente dotato di pazienza; d’altro canto, l’attesa le avrebbe rivelato la reale portata del suo interesse per lei. Quanto a se stessa, non aveva dubbi che, presto o tardi, sarebbe giunto il momento in cui la sua confusione si sarebbe risolta ed avrebbe potuto dare al suo rapporto con Wolverine la svolta più adeguata.
Quel momento era più vicino di quanto immaginasse.
*********
Come di consueto, a pranzo mangiarono tutti insieme, tranne Hank che era andato ad una riunione con la ristretta cerchia dei consiglieri del Ministero per gli Affari Mutanti, di cui faceva parte come rappresentante appunto dei mutanti. L’attuale Presidente degli Stati Uniti era infatti molto sensibile e comprensivo verso questa parte della popolazione che diventava ogni giorno più importante, sia in positivo che in negativo. Il dottor Henry McCoy era stato scelto non solo perché era un mutante, ma anche perché era un prestigioso scienziato, ed inoltre un fine diplomatico.
Durante il pasto, Logan notò che Miriam era insolitamente taciturna e, anche se si sforzava di apparire distesa, più spesso che no la sorprese con la fronte aggrottata. Charles le lanciava occhiate dispiaciute, come se fosse al corrente di ciò che la crucciava e non fosse in grado di aiutarla.
Quando, finito di mangiare, Darkarrow si alzò, Logan la imitò e l’accompagnò fuori dalla mensa.
“Ti vedo giù”, le disse nel suo modo diretto, ma in tono insolitamente gentile, “Vuoi parlarne?”
Miriam trattenne un momento il respiro: quella premura da parte di Wolverine, un tipo sempre sulle sue, era inaspettata. Si rese conto che, nel suo modo tutto personale, le stava dicendo che teneva a lei.
“Credevo d’essere riuscita a nascondere la mia irritazione”, commentò, suo malgrado un poco divertita.
“Penso di conoscerti ormai abbastanza bene per vedere se sei contenta o indispettita”, rispose Logan, facendo spallucce come se stesse parlando di una cosa ovvia. La sua affermazione la fece riflettere: era vero, considerato il poco tempo che si frequentavano, erano giunti a conoscersi in modo stranamente profondo.
“In realtà non è niente di grave”, gli rivelò, mentre si avviavano lungo il corridoio verso il suo ufficio, poco lontano, “Solo un inconveniente.”
“Sì, però ti infastidisce”, insistette Logan.
“Hai ragione”, ammise lei, mentre entravano nello studio, “perché si tratta di qualcosa a cui tengo molto.”
Si sedettero sulle poltroncine davanti alla scrivania, girandole maggiormente l’una verso l’altra per fronteggiarsi.
“Una volta l’anno”, cominciò Darkarrow, “uno dei soci maggioritari del WWF tiene una grande festa da ballo per beneficenza a favore di questo ente; la prossima è stabilita per questo sabato e stavolta l’ho organizzata io, in una delle mie proprietà, il resort ecologico Tamani Island, vicino all’omonima oasi protetta nelle Bahamas. A questa manifestazione, che serve a raccogliere fondi, Warren mi fa sempre da cavaliere, ma un imprevisto gli impedirà di venire”, sospirò, “Non gliene faccio certo una colpa, il suo primo dovere è verso le sue attività, che danno da mangiare a migliaia di famiglie… Però mi secca da morire presentarmi, io che sono la padrona di casa, senza un accompagnatore. Potrebbe farlo Scott, ma non me la sento di chiedergli di partecipare ad un evento mondano di questa portata quando è ancora in lutto per Jean.”
Logan pensò rapidamente alle altre opzioni che Miriam aveva: il Professor X non poteva essere preso in considerazione, trattandosi di un ballo; Hank e Kurt avevano un aspetto troppo appariscente; Peter e Bobby erano troppo giovani.
Non rimaneva che lui.
“Come sai non sono un gran che come ballerino”, disse, “ma se vuoi, sarò lieto di accompagnarti.”
Lei lo guardò come se fosse un alieno e Logan desiderò improvvisamente di sprofondare. Ma come gli era venuto in mente? Il guardiano dei porci che scorta la principessa ad un ballo?
“A meno che…”, mugugnò, “tu non pensi che io non sia all’altezza.”
Miriam sbatté le palpebre, momentaneamente confusa: cosa voleva dire Wolverine con quello? Era stata colta di sorpresa dalla sua offerta e per questo aveva esitato, non certo perché pensasse che lui non fosse idoneo alla situazione.
“Non all’altezza?”, ripeté, “Solo se ti facessi intimidire dal conto in banca di alcuni dei partecipanti, e non mi sembra proprio che sia il tuo caso. Inoltre”, concluse, con un ampio sorriso di apprezzamento, “con un accompagnatore come te farò un figurone! Un mucchio di signore-bene con la puzza sotto il naso schiatteranno d’invidia.”
“Uhm”, brontolò lui, incerto su come interpretare quelle ultime affermazioni, “Dovrò affittare di nuovo lo smoking.”
“Non serve lo smoking”, lo informò lei, sventolando graziosamente una mano come a scacciare una mosca, “Ogni anno il tema del ballo è diverso e viene scelto dall’anfitrione; data la locazione, ho deciso che sarà ispirato ai Carabi, ovvero salsa, merengue e bachata, ma anche reggae, ska e quant’altro. Durante la cena l’orchestra suonerà musica da ascolto; dopo cena, da ballo. Ho stabilito quindi un abbigliamento informale, il che significa che potremo presentarci anche in jeans.”
“Non posso dire che mi dispiaccia”, confessò Logan, sollevato, “Lo smoking non è il mio abbigliamento preferito.”
“Comunque hai la fortuna di avere un tipo di fisico che sta bene con tutto”, affermò Miriam.
Anche tu, avrebbe voluto dire Logan, ma scoprì d’avere la lingua legata. I complimenti di lei gli facevano sempre quell’effetto.
“Partiremo venerdì appena dopo pranzo”, proseguì lei, ignara del suo turbamento, “Cambieremo aereo a Miami, e poi da Nassau un aliscafo ci porterà fino a Tamani. Arriveremo verso sera, così avrò tutta la giornata di sabato per controllare gli ultimi preparativi del ballo, ma penso che la cosa non mi impegnerà molto: le persone cui ho affidato il compito di organizzare tutto sono molto efficienti. Ripartiremo poi con calma la domenica in tarda mattinata.”
“Mi sembra proprio un buon programma”, dichiarò Wolverine, poi aggrottò la fronte, “Parlando di farti fare bella figura, come ti dicevo non sono un gran che come ballerino; spero almeno di non pestarti i piedi.”
“Non è necessario che tu balli, se non vuoi.”
E perdere l’opportunità di abbracciarti? Neanche per sogno!
“Ci tengo. Davvero.”
Lei sorrise ed annuì, accettando la sua offerta, poi guardò l’orologio.
“Ho una videoconferenza tra meno di quindici minuti”, annunciò in tono di congedo, “Ti ringrazio ancora moltissimo, Logan.”
“Lieto d’esserti utile”, ribatté lui, alzandosi.
Miriam rimase a guardarlo uscire, chiedendosi perché si sentisse tanto eccitata all’idea di andare al ballo con lui. Non era un vero e proprio appuntamento, no? Lei aveva bisogno di un cavaliere per un impegno precedentemente preso, e lui si era semplicemente offerto. Come avrebbe fatto qualsiasi buon amico. Cioè esattamente quello che avrebbe fatto anche Warren.
Ma Logan non assomigliava a Warren. Non gli assomigliava affatto.
*********
Come da programma, lasciarono la magione il venerdì nel primo pomeriggio per recarsi in taxi all’aeroporto, e prima del tramonto erano al resort, che occupava circa un terzo dell’isola di Tamani che, per gli altri due terzi, era adibita a riserva naturale.
Miriam aveva riservato una suite, dotata di due camere matrimoniali separate da un salotto. L’arredamento era in stile coloniale, caldo ed accogliente.
“Bello”, fu lo stringato ma sincero commento di Logan, poco avvezzo a tanto lusso al di fuori della scuola.
Appoggiò la sua sacca da viaggio su una poltrona ed andò a guardare fuori della porta finestra scorrevole, dove si apriva un ampio terrazzo dotato di ombrellone, sedie e tavolino. Camminò fino alla ringhiera, e davanti ai suoi occhi si presentò il lussureggiante giardino tropicale della struttura, trapunto di fiori dai colori vivaci; più oltre, una spiaggia candida lambita dall’oceano; l’acqua aveva tonalità che variavano dal verde chiaro all’azzurro, fino al blu profondo. Mille profumi colpirono le narici sensibilissime di Logan: lo iodio, la salsedine, la sabbia, la vegetazione… Chiuse gli occhi ed inspirò profondamente.
“Una favola, vero?”, disse Miriam a bassa voce, arrivandogli a fianco. Wolverine riaprì le palpebre e girò lo sguardo su di lei.
“Oh sì”, confermò, ma stava parlando di lei. In jeans e top rosso fuoco decorato da strass, era semplicemente fantastica.
A Darkarrow sorse il sospetto di quale fosse il reale soggetto dell’affermazione di Logan, ma preferì soprassedere.
“A te la scelta della camera”, lo esortò invece.
La tua, pensò Wolverine, mordendosi la lingua per non dirlo ad alta voce.
“Diciamo quella a destra”, disse, con indifferenza. Miriam annuì e tornò dentro, prendendo il trolley per portarlo in camera.
“Va bene se ceniamo tra un’ora?”, si girò a domandargli, “Così faccio una doccia con calma.”
“Okay”, lo udì dire laconicamente.
Poco dopo Darkarrow si infilò sotto il getto caldo dell’acqua, i lunghi capelli raccolti in un turbante di microfibra per non bagnarli; versò il sapone liquido sulla spugna e si strofinò energicamente, fino ad arrossare la pelle, poi si risciacquò frizionando delicatamente con le mani nude.
Fu un errore.
Il contatto delle sue mani sul proprio corpo le scatenò nella mente pensieri piccanti; immaginò Logan in quello stesso box, lì proprio dietro di lei; immaginò le mani di lui al posto delle proprie, che percorrevano le sue curve, il seno, i fianchi, il ventre. I capezzoli le si indurirono, e sentì un gran calore tra le gambe, dove lui l’avrebbe toccata in una carezza erotica…
Riaprì di scatto gli occhi, che non si era neppure accorta d’aver chiuso. Basta, pensò. Quel treno di pensieri non l’avrebbe portata da nessuna parte. Girò la manopola della temperatura e lasciò che l’acqua fredda le scrosciasse addosso, calmando i suoi bollenti spiriti.
Quello che non sapeva era che, nel bagno dell’altra stanza, a Logan non andava meglio.
**************
Per cena Miriam optò per il ristorante cubano; la sua scelta non sorprese Wolverine, che sapeva della sua passione per la cucina etnica. Consumarono con appetito saporiti piatti a base di pesce, innaffiati da un vino bianco molto secco che piacque anche a Logan, di solito più amante della birra, e conclusero il pasto con un dolce semifreddo alla papaia.
Li attendeva una notte turbata da sogni molto più piccanti del cibo.
Mentre Miriam si occupava degli ultimi preparativi per la festa della sera, Wolverine trascorse quasi tutto il mattino seguente da solo, guardando la tv e leggendo i giornali, e si annoiò alquanto.
Pranzarono nel ristorante con vista sull’oceano, stavolta con specialità messicane di carne e verdura, accompagnandole con una leggera birra bionda.
“Tutto sistemato per stasera”, lo informò Darkarrow nel corso del pasto, “Gli ospiti cominceranno ad arrivare tra poco, ma sarà il personale ad occuparsi di loro, per cui sono libera. Ti va di passare il pomeriggio a poltrire in riva al mare, sotto l’ombrellone?”
“Volentieri”, accettò Logan, non tanto perché gli piacesse oziare su una sedia a sdraio quanto piuttosto perché non voleva perdere l’occasione si vedere Miriam in costume da bagno.
Ignorava che lei aveva fatto quella proposta per vedere lui in costume da bagno.
Andarono a cambiarsi, e poco dopo erano sotto uno dei grandi ombrelloni riservati alla loro suite. Darkarrow aprì il pareo bianco che indossava sopra un bikini verde smeraldo e lo ripiegò. Wolverine, occupato a sistemare le sedie a sdraio, per poco non se ne mollò una sul piede: era strepitosa! L’esiguo indumento lasciava ben poco del suo stupendo corpo all’immaginazione, e la gola gli si chiuse per il desiderio: ah, essere solo con lei in una camera da letto per strapparglielo di dosso e fare ben altro che poltrire per il resto del pomeriggio…
Quei folli pensieri ebbero su di lui l’effetto più ovvio.
“Vado a prendere qualcosa da bere!”, annunciò con voce strozzata, sentendo che l’evidenza della sua voglia stava per palesarsi in tutta la sua imbarazzante esuberanza, “Un succo di frutta?”
“Sì, grazie”, rispose Miriam mentre già Logan si allontanava. Ci rimase male: aveva scelto quel bikini, che sapeva donarle in modo particolare, per far colpo su di lui; ma aveva esagerato, ottenendo l’effetto contrario di quello che sperava e facendolo scappare da lei? Forse sarebbe stato meglio se avesse messo un più castigato costume intero…
Il tempo che occorse a Logan per andare al chiosco del bar, ordinare, attendere le bibite e tornare gli fu appena sufficiente per reprimere segnali compromettenti. Giunto sotto l’ombrellone, depose i due bicchieri sul tavolino e si liberò dei jeans e della canottiera.
Miriam lo osservò spogliarsi sforzandosi di non farsene accorgere, lo sguardo nascosto dagli occhiali da sole; quando Logan rimase in pantaloncini da bagno, fu lieta di essere già sdraiata: la vista del suo fisico statuario le mandò in tilt gli ormoni. Sperò con tutte le sue forze che Wolverine, col suo olfatto sensibilissimo, non cogliesse l’odore della sua eccitazione sessuale; stavolta le andò bene, perché la brezza, lieve ma costante, la poneva sottovento rispetto all’uomo.
Il pomeriggio trascorse pigramente tra chiacchiere, letture, giochi enigmistici e bagni; alle cinque rientrarono in camera, perché Miriam aveva chiamato una delle parrucchiere del resort a pettinarla.
Logan uscì dalla propria camera poco prima delle sette, leggermente in anticipo sull’orario che lei gli aveva dato. Invece degli abituali jeans e maglietta, eccezionalmente per quella sera aveva scelto di indossare un paio di aderenti pantaloni di lino color kaki con una camicia sportiva bianca, da portare aperta sul petto e con le maniche lunghe risvoltate. Era un abbigliamento che gli era stato suggerito da Rogue non appena le aveva detto che avrebbe accompagnato Miriam a quella festa.
“Così vestito”, gli aveva detto la ragazza ridacchiando, “ti cadrà tra le braccia, credimi.”
Lui aveva sbuffato incredulo, ma era proprio quello che sperava.
Qualche minuto dopo, puntualissima, Miriam comparve sulla soglia della sua camera e Logan dimenticò tutto: con l’attillata minigonna a vita bassa di jeans elasticizzato, il top scollato di lamè color argento, allacciato dietro il collo e corto abbastanza da lasciar scoperto l’ombelico, ed i sandali col tacco a spillo, era decisamente una vista da mozzare il fiato. La pettinatura raccolta, semplice quanto intrigante, metteva in risalto l’elegante curva di collo e spalle.
Wolverine si accorse che lei lo stava guardando. Senza rendersi conto che in realtà anche lei lo stava divorando con lo sguardo, si sforzò di mettere insieme una frase coerente:
“Sei… uno schianto, Miriam.”
Lei si riscosse bruscamente dal sogno ad occhi aperti che stava facendo: mandare al diavolo i suoi obblighi di padrona di casa per sbattere Logan su un letto e passare con lui una notte di fuoco.
Ma non poteva.
“Anche tu, Logan”, disse allora, non senza sforzo, “Andiamo?”
La cena iniziava alle sette, ed i primi ospiti arrivarono venti minuti prima, accolti personalmente da Miriam, con Wolverine al suo fianco. Poco dopo, Logan aveva assunto un’espressione alquanto torva: gli pareva che fin troppi degli uomini che Darkarrow gli presentava la guardassero con eccessivo apprezzamento, indistintamente dall’età che potevano avere, e la gelosia cominciò a roderlo. Occupato a tenerla a bada, non si accorse neppure delle occhiate avide che alcune donne gli rivolsero mentre Miriam lo introduceva loro.
Ben se ne accorse invece Darkarrow, che le squadrò con occhi tempestosi. Il risultato fu che nessuna di loro si azzardò a progettare un’avance nei confronti del bel tenebroso che accompagnava la padrona di casa.
Il terrazzo coperto dove si sarebbe svolta la festa era stato allestito con tavoli rotondi da otto posti ciascuno, collocati lungo tre lati, mentre il quarto era occupato dal piccolo podio dove si erano già sistemati i suonatori.
Quando Miriam e Logan si furono accomodati ai loro posti al tavolo centrale della parete opposta al palco, il cantante prese il microfono. Era un bel giovane, scuro di capelli e carnagione, il classico tipo latinoamericano.
“Signore e signori, benvenuti all’annuale festa di beneficenza a favore del WWF”, li salutò tutti, con un leggero accento spagnolo, “Come sapete, la nostra ospite è la signorina Miriam Angelini, alla quale desidero rivolgere i miei più sentiti ringraziamenti per aver scelto il nostro complesso come supporto musicale per questo importante e prestigioso evento.”
Scrosciò un applauso, al che Darkarrow si alzò brevemente per fare un cenno di ringraziamento circolare agli invitati. Logan notò che non si era fatta annunciare col suo titolo di principessa di Valleogra, a conferma di quanto poco rilevante considerasse la sua appartenenza alla nobiltà.
La cena, composta da cinque portate, fu raffinata e abbondante, ma leggera, dato che poi c’era da ballare.
Quando i camerieri iniziarono a portar via i piatti vuoti del dessert, Miriam fece un cenno convenuto al cantante del complesso, che finora aveva suonato pezzi da ascolto.
“Signore e signori, si comincia!”, annunciò l’uomo allegramente, “Ecco a voi una coinvolgente salsa cubana!”
Era stata Darkarrow a richiedere di cominciare con quel tipo di ballo: se aveva passi più complicati del merengue o della bachata, era però anche meno sfacciatamente sensuale. Lei e Logan dovevano aprire le danze e avevano poca o nessuna confidenza fisica, se si escludevano i combattimenti dimostrativi di aikido: era quindi meglio iniziare con il ballo meno impegnativo da quel punto di vista.
Consapevole del proprio ruolo di cavaliere della padrona di casa, Wolverine si alzò immediatamente e le porse la mano, conducendola al centro della pista da ballo.
“Pronta?”, le domandò, allargando le braccia per accoglierla.
Lei annuì e, sentendosi stranamente emozionata, gli posò la destra sulla spalla, infilando la sinistra nella sua mano; lui le cinse la vita col braccio sinistro. Miriam sollevò il viso verso il suo: Logan era considerevolmente più alto di lei; dal canto suo, lui abbassò lo sguardo e lo tuffò in quello di lei. La sensazione della vicinanza dei loro corpi gli diede le vertigini, e gli sembrò che l’esiguo spazio che li separava andasse a fuoco.
La donna si sentì formicolare le labbra per la voglia di baciarlo che l’aveva assalita a tradimento. Cielo, se reagiva così solo per essersi messa in posizione di ballo, cos’avrebbe fatto quando avessero cominciato ad intrecciare le sensuali movenze della bachata? Concentrati!, si rimproverò aspramente, non farti venire strane idee!
La musica era ormai già partita; Miriam si strappò ai pensieri inopportuni che affollavano il suo cervello.
Si mossero, ed inaspettatamente si trovarono subito in sintonia. Era come se avessero ballato insieme già innumerevoli volte, e sebbene le loro menti non ne avessero memoria, non così era per i loro corpi.
Mentre la pista iniziava ad affollarsi di altre coppie, intrecciarono molte figure, via via sempre più complesse, con una disinvoltura che non poteva trovare spiegazione nella sola conoscenza della tecnica.
Dopo un paio di brani, Miriam sorrise a Logan:
“E meno male che hai detto che non sei un gran ballerino!”
“Questa è una sorpresa per me quanto per te”, affermò lui, scuotendo il capo, “Non avevo idea di essere capace di ballare la salsa. È una di quelle cose che non mi ha mai interessato fare, nel tempo della mia vita che ricordo.”
“Eppure balli così bene che non può essere qualcosa che non ti piace…”
“Infatti, non riesco a spiegarmelo. Chissà…”, concluse, guardandola di sghembo, “forse aspettavo la partner giusta.”
Il sorriso di Darkarrow si allargò, ma era solo una maschera per nascondere l’improvvisa emozione che l’aveva colta, facendole sussultare il cuore.
“Vediamo come te la cavi con il merengue”, disse, mentre il complesso attaccava il primo brano di quel tipo di ballo. A scanso di possibili interpretazioni errate, pensò che era meglio avvisarlo:
“Ti avverto, questo è un ballo molto sfacciato ed io lo ballo, appunto, molto sfacciatamente.”
“Oh?”, fece lui, incerto sul significato della sua affermazione. Lo capì un attimo dopo, quando lei iniziò a muoversi in modo provocante. D’accordo, pensò, posso giocare anch’io lo stesso gioco. Cominciò a rispondere mossa per mossa, e di nuovo i loro corpi parvero muoversi all’unisono.
È come se stessimo facendo l’amore, pensò all'improvviso Miriam. Sentì un’ormai famigliare prurigine in grembo e d’un tratto la terrazza aperta le parve di gran lunga troppo calda. Tra poco sentirà l’odore della mia eccitazione, pensò, ma non provò né imbarazzo né timore; al contrario, quell’idea non fece che accrescere ancor più il suo desiderio. Era come se, di colpo, tutta la sua confusione e le sue incertezze in merito ad un rapporto intimo con Logan si fossero sciolte.
Esattamente come aveva previsto.
Logan captò il suo odore di femmina stuzzicata e gli mancò il fiato. Senza rendersene conto, la strinse più forte; solo quando il bacino di lei sfiorò il suo in un passo di danza particolarmente allusivo si rese conto che, nonostante tutti i suoi sforzi per controllarsi, stava avendo un’erezione. Come quel pomeriggio. Come la notte di San Silvestro.
Miriam se n’accorse, e ciò aumentò ulteriormente la sua eccitazione.
Attaccò una bachata, danza meno spudorata del merengue, ma assai più sensuale. Miriam alzò gli occhi verso quelli di Logan e ciò che vi lesse le diede le vertigini. Molti uomini l’avevano guardata con desiderio, nel corso della sua lunga vita, ma nessuno a quel modo.
Come se fosse la cosa più preziosa al mondo.
Wolverine abbassò lo sguardo sulle sue labbra; piene, lucide, schiuse e terribilmente invitanti. Il desiderio lo travolse, spezzando qualunque freno imposto dalla società civile. Quella donna doveva essere sua, e subito.
Si sciolse dalle sue braccia, ma solo per prenderle una mano e condurla fuori dalla pista, verso i giardini tropicali che circondavano il resort.
Miriam non oppose resistenza. Sapeva esattamente quello che stava per accadere, e non aveva alcun desiderio di impedirlo. Non le importava neppure di abbandonare i suoi invitati: a quel punto della serata, se la sarebbero cavata anche da soli.
Dubbi ed esitazioni erano svaniti come neve al sole. Semplicemente, come a volte accade nella vita, era venuto il momento di lasciar perdere la ragione e di seguire l’istinto, quali che fossero le conseguenze.
Si fermò soltanto un attimo, sul limitare del sentiero, per togliersi i sandali, poi seguì Logan tra gli alberi, nel buio appena interrotto dall’illuminazione esterna del complesso alberghiero; la musica si affievolì alle loro spalle.
Non appena furono a distanza di sicurezza, ben fuori della visuale, Wolverine si fermò e si girò verso di lei. Ardeva dalla voglia di prenderla tra le braccia, ma improvvisamente fu colto dal pensiero che Miriam potesse avere l’impressione che lui stesse tentando di forzarla. Poiché era l’ultima cosa che voleva, decise di lasciarle l’iniziativa del prossimo passo e se ne stette immobile a fissarla nell’oscurità; i suoi occhi dalla vista straordinariamente acuta si erano già adattati e furono in grado di scorgere la sua espressione accesa. No, decisamente Miriam non pensava che stesse tentando di forzarla.
Se mai avesse avuto ancora qualche dubbio, ci pensò Darkarrow a toglierglielo: lasciò cadere i sandali, gli posò le mani sulle spalle e gli si schiacciò addosso; allora Wolverine la cinse con le braccia, stringendola, le mani che gli prudevano dalla voglia di accarezzarla tutta. Chinò il capo verso di lei, schiudendo la bocca nell’imminenza del bacio.
“Ti voglio, Miriam”, bisbigliò in un sussurro rauco. Ora e per sempre, aggiunse una vocina dentro di lui, tuttavia la testa gli girava troppo perché se ne rendesse conto con chiarezza, “Ma”, aggiunse, ancora disturbato dal pensiero di starle forzando la mano, “solo se anche tu mi vuoi.”
Ormai le loro labbra erano tanto vicine che entrambi percepivano sulle proprie il respiro dell’altro.
“Sì”, mormorò lei, “Oh, sì. Ti voglio, Logan. Non ho mai voluto nessuno quanto te…”
“Neppure io…”, gracchiò Wolverine, ed era vero. Il desiderio e l’anticipazione gli stritolavano lo stomaco in una morsa, come mai gli era accaduto in precedenza, per quel che poteva ricordare.
E finalmente posò la bocca sulla bocca di lei. La trovò già schiusa, pronta al bacio. Dalla gola gli sfuggì un suono strozzato. La strinse più forte, quasi a voler fondere i loro corpi. Le labbra di lei erano ancor più morbide di quanto avesse immaginato. La sua lingua si mosse per sfiorarle, ed un istante dopo fu nella sua bocca, scivolando lungo quella di lei. Iniziarono una danza molto più sensuale della bachata, che li stordì.
Quando le labbra di Logan toccarono le sue, Miriam sentì le ginocchia diventare di gelatina; per sostenersi, sollevò le braccia e gli cinse il collo. Quando lui sollecitò un bacio più profondo, spinse la lingua in avanti per andargli incontro, avidamente. Il sapore della sua bocca era delizioso, e le diede il capogiro come se fosse ebbra. E lo era: ebbra di lui, del suo profumo, del suo tocco, del suo calore, del suo respiro…
Logan le divorò la bocca, ugualmente ubriaco, travolto da sensazioni finora sconosciute che andavano molto oltre la sfera dei sensi. Toccarla, fiutarla, gustarla, erano solo una parte di ciò che sentiva, e non sapeva come gestire il resto. Rinunciò, lasciandosi trascinare via dalla marea, certo che, da qualunque parte lo avesse condotto, sarebbe stato un posto meraviglioso.
Il cuore che batteva così forte da minacciare di schizzarle dal petto, Miriam si aggrappò all’uomo; smaniosa, sollevò una gamba, strusciandola contro l’esterno della sua coscia. Logan l’afferrò dietro il ginocchio e si abbassò sulle gambe, in modo da premere l’inguine contro quello di lei. Entrambi gemettero al contatto.
Infine interruppero il bacio, respirando affannosamente. Wolverine pensò che gli sarebbe piaciuto prendere Miriam lì, tra gli alberi, sul soffice terreno del giardino; in fondo, era esattamente quello il motivo per cui l’aveva portata lì, no? Ma d’un tratto considerò che invece lei probabilmente avrebbe preferito la comodità di un letto.
“Andiamo in camera”, disse, la voce così arrochita dal desiderio da essere quasi incomprensibile.
“No”, rispose lei col fiato corto, “Qui, adesso. Tempo e luogo perfetti.”
Non si preoccupò che qualcuno li potesse vedere o sentire. Nascosti nell’ombra profonda delle piante tropicali, tra palme e felci lussureggianti, e coperti dal suono della musica, era altamente improbabile. E tutto il suo essere si ribellava all’idea di interrompere la magia del momento.
Per affermare ancor più chiaramente le sue intenzioni, si scostò leggermente e fece scivolare le mani nell’apertura della sua camicia, sulla calda carne dei muscoli pettorali coperti di peluria, fino a raggiungere i bottoni. Li aprì, imprecando mentalmente contro il tremore delle proprie dita impazienti, poi gli scostò la camicia dalle spalle. Wolverine lasciò ricadere le braccia per permetterle di levargliela.
“Sono d’accordo”, bisbigliò affannato, perché anche lui pensava che sarebbe stato un peccato interrompersi per andare da un’altra parte.
Le posò le mani dietro la schiena, sulla striscia di pelle scoperta tra il top e la gonna; lentamente, le infilò sotto il corpino, cominciando a sollevarlo. Miriam portò le mani dietro il collo e slegò il nodo che lo fermava, poi sollevò le braccia per permettere a Logan di sfilarle l’indumento. Sotto, indossava un reggiseno di satin viola, anche questo allacciato intorno al collo. Allungò le mani dietro la schiena per aprire i ganci, ma Logan la fermò, desideroso di farlo lui; guardandola negli occhi, lo slacciò e gentilmente glielo fece passare dalla testa, lasciandolo infine cadere a terra accanto al top. Poi abbassò lo sguardo sul suo seno; la scarsa luce lunare che filtrava tra il fogliame fu sufficiente alla sua vista eccezionale per scorgerne la perfetta bellezza, coronata dalle areole scure su cui spiccavano i capezzoli eretti. Inspirò bruscamente, sia per l’emozione, sia perché oramai era così duro che gli faceva male. Posò le mani a coppa attorno alle morbide rotondità e si chinò in avanti, chiudendo le labbra attorno ad un capezzolo.
Fu la volta di Miriam di inalare bruscamente; come prima, le gambe minacciarono di cederle e si aggrappò alle spalle reclinate di Logan. Mentre lui cominciava a suggerle l’apice di un seno con inaspettata delicatezza, sentì come una corrente elettrica a basso voltaggio passarle da lì direttamente nel grembo incandescente di desiderio.
“Oh Logan…”, sospirò.
Lui le lasciò un seno per dedicare le stesse attenzioni all’altro.
“Miriam…”, mormorò in risposta, prima di ricominciare a stuzzicarla. Contro la lingua, sentì anche il secondo capezzolo diventare più grosso e duro, chiaro indicatore di come l’eccitazione della donna fosse pari alla sua.
Con le mani le accarezzò verso il basso la curva delle anche, poi tornando su passò dietro, sulla soda rotondità delle sue natiche. Sotto le dita sentì la cerniera della minigonna; l’aprì, poi le fece scivolare l’indumento lungo i fianchi e lo lasciò cadere a terra. Lei ne sgusciò fuori con un piede ed usò l’altro per calciarlo via.
Wolverine le lasciò il seno per tornare a raddrizzarsi, voglioso di stringerla a sé per sentire quelle magnifiche rotondità contro il proprio petto. Anticipandolo, Miriam gli passò le braccia dietro la schiena e gli si premette addosso. Le loro bocche tornarono ad incontrarsi in un bacio ancor più rovente del primo.
Darkarrow sollevò le mani verso le sue spalle e gli piantò la punta delle dita nella carne, facendole poi scorrere verso il basso in una carezza energica quanto sensuale. Logan emise un basso suono di gola per esprimere il proprio apprezzamento.
Senza interrompere il bacio, Miriam si scostò da lui quanto bastava per infilare una mano tra i loro corpi e posarla sulla sua erezione fremente. Wolverine mandò un lamento strozzato e schiacciò l’inguine nella mano di lei, bramosamente. La donna interruppe il bacio e cominciò ad armeggiare con la fibbia della cintura; Logan si affrettò a sfilare le leggere scarpe di tela traforata, ben lieto che il clima lo avesse dissuaso dal mettersi i calzini.
Miriam gli abbassò i pantaloni lungo i fianchi, poi li lasciò cadere a terra. Come precedentemente lei con la gonna, Logan li scalciò via. Prima che completasse il movimento, la donna gli aveva già infilato le dita sotto l’orlo dei calzoncini; glieli allargò sul davanti, liberando il suo membro eretto, poi glieli tirò giù fino alle caviglie, accucciandosi con la schiena dritta, elegante anche nella frenesia del desiderio. Lui sollevò rapidamente i piedi per liberarsi dell’ultimo indumento.
Ancora accovacciata, Miriam levò il viso, lo sguardo fisso sulla sua virilità puntata direttamente verso di lei. Si sentì seccare la gola e si passò le lingua sulle labbra nel tentativo di salivare ed inumidirla, senza pensare al potere erotico che quel gesto aveva finché non sentì Logan trattenere il fiato. Allora sollevò lo sguardo; guardandolo negli occhi ardenti di desiderio, mise un ginocchio a terra per sostenersi e, curvando le labbra in un lieve sorriso, gli posò una mano sul pene.
L’uomo schiuse le labbra; ne sfuggì un ansito per il piacere di quel tocco.
Lentamente, Darkarrow lo accarezzò per tutta la lunghezza, prima in su fino alla punta, poi giù fino alla base; tornata in cima, cambiò presa, chiudendogli le dita attorno, e di nuovo lo accarezzò.
“Miriam…”, gemette Wolverine. Lei sentì il membro pulsare sotto il palmo della sua mano.
“Logan…”, mormorò di rimando. Non ancora soddisfatta, distolse lo sguardo e si chinò in avanti, chiudendo la bocca attorno al glande. L’esclamazione deliziata che lui emise la incoraggiò; cominciò a succhiarlo, dapprima piano, poi sempre più avidamente, mentre sentiva il respiro di Logan farsi affannoso.
Wolverine stava per stramazzare per il godimento. Era la realizzazione del suo più sfacciato sogno erotico su di lei: quella magnifica donna seminuda inginocchiata davanti a lui che lo suggeva ingordamente… Per un momento pensò che sarebbe stato fantastico venire così, ma poi invece pensò a quanto più fantastico sarebbe stato far venire lei, guardarla mentre il piacere la travolgeva, godere del suo orgasmo quanto del proprio…
Si sottrasse alla dolce tortura e si inginocchiò davanti a Miriam, allungando una mano dietro di sé per prendere la camicia. La stese sul terreno soffice, poi afferrò la donna per le spalle e, con una gentilezza che lo sorprese data la violenza della passione che lo consumava, la sdraiò su di essa, allungandosi poi sopra di lei. Miriam gli passò le braccia dietro la schiena ed istintivamente allargò le gambe: era già pronta per lui.
Ma Logan aveva altri piani.
Abbassò la testa e tornò ad impadronirsi della sua bocca, baciandola profondamente. Poi si mosse lungo il corpo di lei, scivolando verso il basso; si soffermò di nuovo sul suo seno: le titillò un capezzolo con la lingua, lo mordicchiò delicatamente, e dopo fece lo stesso con l’altro. Miriam sospirò di piacere, avvertendo nuovamente la corrente tra di essi ed il proprio grembo. Si sentiva tanto madida tra le gambe che era certa di aver inzuppato le mutandine.
Poi Logan si mosse nuovamente, proseguendo verso la sua meta; tracciò una linea di piccoli baci dal seno all’addome; esplorò il suo ombelico con la punta della lingua. Altre scariche elettriche a basso voltaggio scossero le viscere di Miriam, facendola gemere. I muscoli del suo ventre sussultavano sotto il tocco delle labbra e della lingua di Logan.
Wolverine si alzò in ginocchio tra le cosce aperte della donna, spostandosi poi all’esterno. Agganciò le mutandine di satin ai lati e cominciò ad abbassarle; lei sollevò i fianchi da terra per agevolarlo e Logan poté sfilarle l’esiguo indumento dalle caviglie. Miriam tornò a schiudere le gambe, invitante; gli occhi gli corsero allo scuro triangolo di riccioli che le copriva il pube. L’odore della sua voglia lo frastornò ed inalò profondamente, voluttuosamente, il suo profumo. Poi allungò una mano e la posò all’interno di una coscia. La pelle di Miriam era come seta e le sue dita vi scivolarono quasi fossero animate di vita propria, verso l’alto, verso il calore del centro della sua femminilità. Come aveva fatto lei prima, guardandola negli occhi la toccò, e lei emise un ansito soffocato. La accarezzò lungo tutta la sua apertura, poi tornò indietro e le strofinò sapientemente il clitoride. Vide Miriam boccheggiare, ed un’ondata di calore umido gli investì le dita. Comprese che lei era più che pronta, ma non aveva ancora finito: c’era una cosa che desiderava ardentemente fare fin da quando aveva cominciato a fantasticare su di loro due. L’aveva guardata, fiutata, toccata, udita… ora voleva gustarla.
Tornò ad inginocchiarsi tra le sue gambe e chinò la testa.
Miriam comprese le sue intenzioni all’istante e sentì le viscere che le si torcevano, spasimando per ciò che stava per accadere. Quando la bocca di Logan si posò sulla parte più intima del suo corpo, fu scossa da un tremore incontrollabile ed ansimò forte. Poi sentì la lingua dell’uomo entrare in lei, lentamente, come se stesse assaporando una prelibatezza. I suoi muscoli interni fremettero e Miriam si morse un labbro per non urlare. Non ricordava un’altra volta in vita sua che un cunnilingus le avesse fatto un effetto tanto devastante.
“Logan…!”, ansimò in tono supplice. Se lui non l’avesse presa subito, sarebbe morta di desiderio.
L’urgenza nella sua voce lo strappò dal suo dolce banchetto. Leccandosi le labbra dal delizioso sapore di lei, Wolverine le si adagiò sopra; avrebbe voluto penetrarla immediatamente, ma si costrinse a controllare la propria smania. Non sapeva da quanto tempo Miriam non aveva un rapporto sessuale, ed entrando in lei troppo bruscamente rischiava di farle male. Una preoccupazione che non gli era mai venuta, con le tante donne che aveva rimorchiato nei bar nel corso dei quasi sedici anni che ricordava e che aveva vissuto da vagabondo; ma Miriam non era una di loro.
Si posizionò attentamente, poi affondò adagio dentro di lei.
Miriam sentì il glande allargare dapprima le grandi labbra, poi le piccole labbra, ed infine scivolare nel suo profondo; la lentezza del movimento le disse quanto riguardo Logan avesse per lei e si sentì pungere gli occhi dalle lacrime.
Logan cominciò a muoversi dentro di lei e non fu più in grado di pensare coerentemente. Escluse tutto il mondo da sé e dalla donna sotto di lui. Esistevano solo loro due, avvinghiati nell’atto d’amore; tutti e cinque i suoi sensi erano pieni di lei. La vista, i suoi occhi colmi di passione, il piacere sul suo viso; l’udito, il suo respiro affrettato, i suoi versi di godimento; l’olfatto, il suo profumo di vaniglia e muschio bianco, l’odore della sua libidine; il tatto, la sua carne morbida, le sue profondità ardenti; il gusto, il sapore della sua bocca e della sua pelle.
Ma c’era qualcosa di più, qualcosa che non aveva mai sperimentato con nessun’altra: la sua anima si stava protendendo verso quella di lei, alla ricerca di un’unione ben più completa di quella dei soli corpi.
Il dono secondario di Miriam era proprio quello: toccare l’anima degli altri, per alleviare le loro pene, i loro tormenti. Solitamente era lei a sporgersi per cercarla; l’afferrava, la cullava e la conduceva amorevolmente nel luogo dove poteva mondarsi di tutti i dolori. Ma stavolta accadde il contrario: sentì che era lui che si stava protendendo, ed istintivamente fece altrettanto. L’anima di Logan incontrò la sua, brancolando ciecamente; lei l’abbracciò, così come stava abbracciando il corpo dell’uomo.
Logan fu colto alla sprovvista dalla sensazione che provò ed ebbe un moto di sgomento, che però passò immediatamente non appena si rese conto che si trattava di Miriam. Poiché si fidava di lei come di nessun altro al mondo, si abbandonò.
Le loro anime si fusero.
Ciò che Miriam percepì in Logan era il riflesso di quanto lei stessa provava per lui: in superficie, una fortissima attrazione, fisica tanto quanto spirituale; al di sotto di essa, una solida base formata da calore, attenzione, stima, considerazione, fiducia, rispetto.
Amore.
Fu una rivelazione folgorante per entrambi. Si erano innamorati senza accorgersene… o lo erano stati fin dall’istante in cui i loro sguardi si erano incrociati? O perfino da prima, forse in un’altra vita, forse in più di una?
La scoperta li lasciò esterrefatti, basiti; si guardarono con gli occhi spalancati, gli sguardi stravolti. Poi, contemporaneamente, si sorrisero. Rallentarono un momento per baciarsi, stavolta con dolcezza.
“Ti amo”, le bisbigliò Logan sulle labbra. Per quanto poteva ricordare, non l’aveva mai detto ad alcuna donna.
“Anch’io ti amo”, mormorò lei di rimando. Ricordava di non averlo mai detto ad alcun uomo.
Quella confessione reciproca eccitò le loro anime così come le carezze ed i baci avevano eccitato i loro corpi. Logan ricominciò a muoversi, e Miriam lo assecondò prontamente. Ripresero il ritmo precedente, ed il piacere tornò a salire, raggiunse il punto in cui si erano fermati, salì ancora, ed ancora, sempre più velocemente, pervenendo a vette sempre più vertiginose. Ogni volta pareva loro che non fosse possibile andare oltre, ed invece continuava ad accadere, ad ondate successive, ogni volta più irresistibili. Miriam sentì i muscoli interni che cominciavano a tendersi ed a tremolare nelle prime avvisaglie dell’orgasmo ed emise un lamento deliziato. Logan comprese che era prossima al culmine ed aumentò il ritmo e l’ampiezza delle spinte, desiderando darle il massimo piacere.
Poi Miriam raggiunse l’acme e le parve di esplodere; chiuse gli occhi, sopraffatta, e non riuscì, non volle trattenere l’alto gemito che espresse tutto il suo godimento.
Wolverine la sentì sussultare tutt’attorno a lui, udì il suo grido di piacere e non fu più in grado di contenersi; lanciò un’esclamazione inarticolata e venne, riversandosi dentro di lei con un getto di potenza inaudita.
Le sue contrazioni ne provocarono altre in Darkarrow, prolungando il suo orgasmo molto oltre qualsiasi altro avesse mai sperimentato. Il suo gemito si trasformò in un verso incredulo.
Finalmente i loro spasmi di piacere di placarono, lasciandoli svuotati d’ogni energia. Giacquero abbandonati l’uno tra le braccia dell’altra, le fronti appoggiate; avevano il fiato mozzo, il sangue che rombava negli orecchi, il cuore che batteva all’impazzata.
Pian piano i loro corpi si calmarono, ma non si scostarono, riluttanti a lasciarsi, ad interrompere quell’unione perfetta. Logan sollevò la fronte da quella di Miriam per poterla guardare nuovamente negli occhi. Nel buio, erano dilatati ed immensi, colmi d’amore.
Amore per lui.
Si sentì stringere la gola per la commozione, mentre un’ondata di calore gli circondava il cuore: nessuna donna, mai, lo aveva guardato in quel modo. Era del tutto inconsapevole che i suoi occhi esprimevano l’identica cosa per Miriam, facendole provare un’emozione uguale alla propria.
“Mai…”, cominciò, ma la voce gli si ruppe. Si schiarì la gola e riprovò, “Mai avrei creduto che potesse essere così…”
Non riuscì a spiegarsi meglio, il suo vocabolario non era né ampio né raffinato. Per la prima volta in vita sua, nella vita che riusciva a ricordarsi, gli dispiacque: avrebbe voluto essere un poeta per poter esprimere a parole i sentimenti che si agitavano nel suo cuore.
Ma non aveva ancora capito tutta la portata del talento di Miriam: una volta che era entrata in contatto con un’anima, un pezzetto di essa le rimaneva dentro, così come un pezzetto della sua propria anima rimaneva nell’altra persona, rendendo possibile una comprensione profonda come null’altro avrebbe mai potuto fare.
Così, non ebbe bisogno di spiegarsi meglio: Miriam intese perfettamente.
“Neppure io”, gli rispose sottovoce. Era vero: era stata sposata, ma lo aveva fatto solo per motivi di interesse economico, suo e della propria famiglia, e pur essendo giunta a voler bene al marito, non ne era mai stata innamorata. Un paio di volte aveva perso la testa per un uomo, ma, a parte un’unica volta, erano state solo sbandate, magnifiche quanto effimere. Poi era giunta la consapevolezza della sua virtuale immortalità, e non volendo soffrirne le conseguenze, aveva chiuso il suo cuore all’amore per un compagno.
Ora con Logan le pareva non già di scoprire, bensì di ritrovare qualcosa che aveva dimenticato.
Di nuovo quella sensazione di riconoscimento.
“Che strano…”, mormorò, in tono pieno di meraviglia, “ora mi rendo conto che sapevo che poteva esserlo.”
Wolverine sgranò gli occhi, attonito.
“Stavo pensando la stessa identica cosa”, disse in un soffio.
A Miriam occorse qualche istante per elaborare, poi un lento sorriso le affiorò sulle labbra:
“Credo che dovremo farci l’abitudine”, disse, “Oramai è evidente che questa non è la prima vita in cui ci incontriamo e ci amiamo.”
Lui si sollevò sui gomiti e le accarezzò una guancia col dorso delle dita.
“Già”, fece, pensieroso, “Dev’essere così. Mi sento come se… come se avessi ritrovato qualcosa che avevo perso, qualcosa di un valore incalcolabile.”
Le parole erano molto semplici, ma il concetto assai chiaro, ed ancora una volta rifletteva esattamente ciò che provava anche Miriam. Commossa, gli prese il volto tra le mani:
“Per me è lo stesso”, mormorò. Poi lo attirò a sé e lo baciò, perdutamente. Lui la ricambiò con lo stesso completo abbandono.
Rimasero così abbracciati a scambiarsi tenerezze per qualche tempo; poi, lentamente, il cervello di Miriam, prima annebbiato dai fumi inebrianti della passione, tornò a funzionare in modo razionale. Il primo pensiero che formulò fu Oh Dea, chissà cosa staranno pensando gli ospiti! Il secondo fu E chi se ne importa? Il terzo, infine, la riportò completamente coi piedi per terra.
“Devo tornare dai miei invitati”, mormorò con rammarico.
“Mmmh…?”, fece Logan, intento a baciarle una tempia, poi il significato della frase penetrò nella sua mente ancora alquanto distratta, “Mandali al diavolo”, suggerì, sbuffando.
“Mi piacerebbe”, affermò lei, con un risolino, “ma noblesse oblige, come si dice”, sospirò, “Devo andare.”
Lui le fece eco con un profondo sospiro e si sollevò. Per un momento prese in considerazione la possibilità di indurla ad un altro amplesso appassionato, ma il rispetto che aveva per lei lo dissuase: se diceva che doveva andare, allora lui doveva lasciarla andare.
“E va bene”, brontolò. Era ancora dentro di lei, e fu solo con estrema riluttanza che si scostò. Anche a Miriam dispiaceva, ma il suo senso del dovere era molto forte.
Cominciarono a rivestirsi; guardando Logan infilarsi la camicia, Darkarrow notò che era macchiata sulla schiena, sia di terra che dei loro umori.
“Sarà meglio che ti cambi la camicia”, disse, poi le sovvenne un’altra cosa, “ed io che mi rifaccia il trucco”, aggiunse con una buffa smorfia che lo fece sogghignare.
“Non ho portato un’altra camicia”, disse, stringendosi nelle spalle, “Mi metterò una maglietta.”
Lei sbruffò in un’improvvisa risata. Wolverine la guardò aggrottando la fronte, senza afferrare il motivo del suo scoppio d’ilarità.
“Tutti capiranno cosa siamo andati a fare!”, boccheggiò la donna, “Già mi raffiguro le espressioni di riprovazione dei più bacchettoni, e quelle di invidia di molte civette vanitose! Ho visto, sai, come qualcuna di loro ti guardava… sembrava volessero mangiarti con gli occhi!”
“A me sembrava che fosse la maggioranza degli uomini a mangiare te con gli occhi”, borbottò Logan, “Avrei voluto infilzarli tutti”, aggiunse, senza nascondere il fatto d’essere stato geloso di loro, ma sorridendole per farle capire che ora sapeva che non aveva più bisogno d’esserlo.
Ridacchiando, lei raccolse i suoi sandali; mano nella mano, tornarono verso il complesso alberghiero, aggirarono il terrazzo dove si stava ancora svolgendo la festa e, non visti, salirono nella loro suite, dove Logan cambiò la camicia con una maglietta sbracciata bianca e Miriam si sistemò il trucco; rimise approssimativamente a posto anche la pettinatura, ma il risultato lasciava un po’ a desiderare. Fece spallucce al proprio riflesso nello specchio: che gli altri sparlassero pure, se volevano, lei era al settimo cielo e niente la poteva toccare!
Tornarono sul terrazzo esattamente da dove erano usciti, fingendo indifferenza; entrando, Darkarrow notò che l’orologio da parete segnava appena le undici e dieci: erano stati via poco più di un’ora. Le era sembrato un lasso molto più lungo: strana la qualità soggettiva che poteva avere il tempo.
Logan adocchiò il bar e, accorgendosi d’aver sete, le domandò:
“Qualcosa da bere?”
“Sì, grazie”, rispose lei, “un cocktail alla frutta, per favore.”
Mentre l’uomo si allontanava, udì una voce nota apostrofarla:
“Oh, eccoti qua!”, tubò la bionda e svampita Florence Carlton, fasciata in un paio di costosissimi jeans di Versace cosparsi di cristalli swarovsky, “Io e Brittany ci stavamo giusto chiedendo che fine avessi fatto.”
“Logan ed io siamo andati a fare una passeggiata sulla spiaggia”, rispose prontamente Miriam all’ereditiera dell’omonima catena di alberghi di lusso ed alla famosa cantante pop, “Avevate bisogno di qualcosa?”
Dal modo in cui la guardarono le due giovani donne, entrambe bionde, ricche e celebri, era chiaro che avevano capito perfettamente cos’erano invece andati a fare, Logan e lei. Quello che le due svanite non sapevano era che avevano sì lasciato la festa per andare a fare sesso, ma che avevano finito invece col fare l’amore. Provò compassione per la loro visione superficiale della vita.
“Niente d’importante, solo una curiosità”, rispose Brittany Lance, “Flo pensa che la tua mise sia firmata Roberto Cavalli, io dico invece Bluemarine.”
Rimase in attesa delle sua risposta, e Miriam faticò a non scoppiare a ridere loro in faccia. Hall Mart, avrebbe voluto dir loro, anche se in realtà si serviva di una boutique, ma decise di prenderle in giro:
“Nessuna delle due ha indovinato”, disse quindi con segreto divertimento, “È Dolce & Gabbana.”
“Ah, era la mia seconda scelta!”, esclamò trionfante Brittany. Florence si era già distratta e stava occhieggiando Logan, al bancone del bar in attesa di essere servito. Decise di tornare alla carica per cercare di sbottonare la padrona di casa.
“Scusa, Miriam”, disse in tono cospiratorio, “ma il tuo accompagnatore non aveva una camicia, prima?”
Darkarrow nascose un sogghigno: era molto più vecchia di qualsiasi altra persona presente, eccettuato forse Logan, e quella giovane oca non aveva speranze di coglierla alla sprovvista.
“Sì, è vero”, ammise con disinvoltura, “aveva una camicia, ma si è macchiato, così si è cambiato. Perché, hai qualcosa contro le magliette?”
“Oh no, tutt’altro!”, si affrettò a dichiarare l’ereditiera, “A dire la verità, sta molto meglio così.”
“Cielo, è così virile!”, cinguettò Brittany, “Come hai detto che si chiama… Logan? E cosa fa nella vita?”
“Insegna arti marziali”, rispose Miriam, scrollando le spalle con una certa dose di irritazione, che tuttavia si curò di nascondere, dato che era un atteggiamento sconveniente per una padrona di casa.
“Wow, che cosa fantastica!”, squittì Florence, “Così maschia! Senti, Miriam, ti dico in tutta sincerità che se ti dovessi stancare di lui correrei subito a prenderlo io: quanto serio è il vostro rapporto?”
Darkarrow si sentì uscire il fumo dalle orecchie ed inchiodò la svampita ereditiera con un’occhiata al vetriolo; la sua espressione era così minacciosa che entrambe le allocche istintivamente si ritrassero.
“Molto serio”, ringhiò, “Quindi vi consiglio di non avvicinarvi troppo. E ora, se volete scusarmi, il mio cavaliere mi aspetta.”
Ciò detto, si allontanò in direzione di Wolverine, che stava tornando verso di lei con un bicchiere in ciascuna mano, seguita dagli sguardi sbalorditi delle due giovani VIP.
Logan si accorse subito che Miriam era furiosa.
“Allora, cosa volevano quelle smorfiose?”, le domandò, “Devo affettarle?”
La donna sbottò a ridere suo malgrado, la sua ira subito svaporata.
“Non è necessario”, dichiarò; prese il cocktail che Logan teneva in mano, poi infilò il braccio sotto quello di lui con fare possessivo. L’uomo comprese che stava dicendo, alle due bionde ed al resto del mondo, Costui è mio, guai a chi tocca! Se ne sentì lusingato.
“Volevano farti”, proseguì Darkarrow concisamente. A quell’uscita, Logan quasi sputò il sorso di birra che aveva appena preso.
“Eh?”, fece, preso in contropiede, “Ti hanno detto questo?”
La sua reazione di sbalordimento fece ridacchiare la donna.
“Non certo in termini così espliciti”, chiarì, “ma in pratica, sì.”
“Oh, beh”, bofonchiò lui, lanciando loro un’occhiata in tralice, “Di’ loro che ci provino pure, se vogliono, tanto non hanno nessuna possibilità contro di te.”
Fu la volta di Miriam di sentirsi lusingata.
“Davvero?”, chiese a bassa voce. Logan le mise un braccio attorno alle spalle e l’attirò verso di sé, gli occhi bruni fissi in quelli altrettanto bruni di lei.
“Davvero”, confermò fermamente, con la massima serietà. Darkarrow avrebbe voluto perdersi nel suo abbraccio, ma di nuovo il suo senso del dovere e del decoro la trattenne.
Ballarono ancora, meglio di prima ora che i loro corpi avevano acquisito una confidenza che precedentemente non avevano avuto. I loro movimenti proclamavano tanto chiaramente che appartenevano l’uno all’altra, che nessun uomo pensò di invitare Miriam, e nessuna donna osò invitare Logan.
Poco dopo l’una gli ospiti cominciarono a ritirarsi; in qualità di padrona di casa, Darkarrow rimase finché gli ultimi non si congedarono, circa un’ora dopo. A quel punto, la donna ringraziò graziosamente gli orchestrali e gli inservienti e salì con Wolverine nella loro suite.
Entrando, Miriam accese la luce e si voltò verso Logan.
“Da me o da te?”, gli domandò lei con un sorrisetto, ma lui notò la stanchezza sotto il tono birichino. Le prese le mani tra le sue e se le portò alle labbra, baciandole le dita: anche se non ci avrebbe messo molto a riprendersi, con la sua capacità rigenerativa, non le avrebbe chiesto di fare nuovamente l’amore, quella notte. Poteva aspettare l’indomani mattina. L’attesa avrebbe reso ancora più fantastica la loro seconda volta.
“Preferisco dormire da solo”, disse, e vedendo che l’espressione di lei si oscurava, si affrettò a spiegare, “Soffro di incubi atroci che mi fanno perdere il controllo e svegliare in preda al panico, gli artigli sguainati… Una volta ho pugnalato Rogue, che mi aveva sentito gridare nel sonno e voleva svegliarmi. Anche se da qualche settimana sembra che gli incubi stiano scomparendo, non voglio rischiare di infilzarti come lei.”
Miriam annuì: Rogue le aveva raccontato quella brutta avventura. Fortunatamente, il suo potere di assorbire momentaneamente quello di un altro mutante le aveva consentito di usare la capacità di Wolverine di risanarsi, guarendo la lesione alla spalla in pochi istanti.
“Apprezzo la tua preoccupazione”, disse allora dolcemente, “ma dimentichi che posseggo il tuo stesso fattore di risanamento. Se anche tu mi ferissi, guarirei in un batter d’occhio.”
Ma lui stava già scuotendo il capo:
“Non potrei sopportare di farti del male”, bisbigliò, “Hai idea di quanto mi sia sentito in colpa per Marie? Con te sarebbe anche peggio…”
Le baciò nuovamente le dita, una ad una.
“Ti ho detto che mi sembra che gli incubi stiano diminuendo”, proseguì, “Se… no, quando scompariranno, allora dormiremo insieme, va bene?”
Avrebbe dato il braccio destro pur di poterlo fare subito, ma per niente al mondo era disposto a correre il rischio di trafiggere Miriam con i suoi letali artigli.
Lei comprese.
“Va bene”, assentì con gravità, poi tornò a sorridergli, “Comunque non vedo l’ora.”
Si abbracciarono e si scambiarono un bacio colmo di tenerezza, sotto al quale però pulsava il desiderio.
Quando si staccarono, Logan le fece l’occhiolino e dichiarò:
“Se domattina mi sveglio prima di te vengo in camera tua e mi infilo nel tuo letto.”
Darkarrow ridacchiò:
“Solo se hai intenzione di darmi una sveglia erotica!”
Wolverine ebbe quel suo irresistibile sogghigno lupesco:
“Attenta a ciò che chiedi… potresti ottenerlo!”, la minacciò. Lei gli mostrò la lingua:
“Attento tu… potrei essere io quella che si sveglia prima!”, lo contraccambiò.
Si strinsero in un altro abbraccio, poi si diedero la buonanotte ed andarono a dormire, ciascuno nel proprio letto.
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