Capitolo IX: Regalo di compleanno

Capitolo IX: Regalo di compleanno

Miriam stava finendo di truccarsi quando sentì bussare alla porta.

“Sì?”, domandò, affacciandosi alla porta del bagno.

“Sono Rogue”, udì la risposta.

“Entra, tesoro”, la invitò allora, tornando allo specchio, “Sono in bagno.”

La ragazza aprì la porta:

“Hai un minuto per me?”, chiese, titubante, “Vorrei chiederti una cosa.”

“Ma certo, vieni avanti”, la esortò la donna, ritoccando le ciglia col mascara, “Sei pronta per stasera?”

Quel giorno era il ventesimo compleanno di Bobby, e come regalo Miriam aveva invitato lui e Marie a cena in un ristorante molto alla moda di Oceanside, a Long Island, il Blue Dream, le cui specialità di pesce stavano avendo grande successo nella Grande Mela. Poi avrebbero dormito in albergo e sarebbero rientrati il giorno successivo. Era venerdì, ed il sabato i ragazzi avrebbero avuto lezione, ma Darkarrow non aveva avuto difficoltà ad ottenere il permesso di Charles a far fare loro un giorno di vacanza.

“Per la festa, sì”, fu la risposta, “E anche… per qualcos’altro.”

Il tono della ragazza era decisamente emozionato ed indusse Miriam ad interrompere le operazioni di maquillage. Depose il flaconcino del mascara e si voltò verso la porta del bagno, sulla cui soglia si era affacciata Marie. La ragazza indossava una maglia scollata color crema, decorata con un grande fiore rosa su un lato e chiusa sul davanti da grandi bottoni di strass, ed una gonna scampanata di panno verde scuro.

“A cosa ti riferisci?”, indagò Miriam, ma aveva già un’idea: il giorno prima, con lei e Xavier, Rogue aveva dimostrato di aver raggiunto il controllo completo del suo talento.

“Penso che stanotte farò l’amore con Bobby”, annunciò Marie in tono sognante, “Sarà il mio regalo per il suo compleanno.”

Darkarrow sorrise: proprio quello che si era aspettata.

“Magnifico”, commentò, strizzandole un occhio, “E che cosa volevi chiedermi?”

Rogue avvampò.

“Ecco, io…”, cominciò, alquanto imbarazzata.

“Ehi”, fece Miriam, in tono rassicurante, “Abbiamo già parlato di cose molto intime, ricordi? O hai paura di scandalizzarmi?”

La ragazza rammentò i loro discorsi sul sesso, che erano andati dalla fredda anatomia alla bollente descrizione di posizioni ed atteggiamenti, fin nei minimi particolari.

“No, certo…”, ridacchiò, rilassandosi, “Insomma, ho comperato questo completino intimo e volevo sapere se lo ritenevi adatto.”

Rapidamente, si sbottonò la maglia e l’aprì, rivelando un reggiseno di pizzo e seta color rosa cipria elegantemente sexy.

“Davvero carino”, approvò la donna più anziana, “E sotto cos’hai, slip o perizoma?”

“Delle culottes”, rivelò Rogue, “Sai… non sopporto il perizoma.”

“Neppure io!”, rise Miriam, “E poi lo trovo più volgare che sexy: molto meglio le culottes, credimi. Hai proprio scelto bene. Calze o collant?”, volle sapere poi.

“Calze, ovviamente… autoreggenti. I reggicalze costano una fortuna!”, si lamentò la ragazza.

“Già, hanno prezzi esagerati”, concordò Darkarrow, segnandosi mentalmente di regalarne uno a Marie alla prima occasione, “Direi che sei assolutamente perfetta”, concluse poi, “E hai pensato alla protezione?”, indagò poi, inarcando un sopracciglio.

“Profilattico”, rispose senza esitazione la ragazza, “Più avanti mi farò prescrivere la pillola, ma per il momento useremo quello.”

“Bene”, approvò Miriam, “E allora, mia cara, ti auguro ogni bene… ma mi raccomando: usa il cervello almeno tanto quanto la passerina!”

Marie divenne rossa come un pomodoro, ma annuì seriamente:

“Andranno di pari passo, te lo assicuro.”

Molto bene”, la donna annuì con enfasi, “Un’ultima cosa, tesoro: non lasciare che la timidezza ti impedisca di dire a Bobby come deve comportarsi per renderti più facile la prima volta. D’accordo?”

Le guance di Rogue si colorarono nuovamente di rosa, ma la ragazza annuì con decisione:

“D’accordo.”

Dopo essersi sistemata la maglia, Marie si congedò e Darkarrow finì di prepararsi. Una decina di minuti dopo la visita della ragazza, udì bussare nuovamente alla porta. Sorrise perché già sapeva di chi si trattava.

“Avanti”, invitò, accendendo la luce dell’ingresso; poi si appoggiò al muro ed assunse un atteggiamento languido.

Udendo la sua voce, Wolverine aprì la porta e fece un passo avanti… solo per fermarsi nuovamente di botto.

Miriam era posata con la spalla destra contro la parete, le braccia lungo i fianchi con le mani appoggiate sulle cosce in una posa da sirena, il capo leggermente reclinato in avanti in modo da guardarlo di sotto in su con quell’aria da gattamorta che lo faceva impazzire.

Il suo sguardo affascinato la percorse da capo a piedi: i lunghi capelli bruni erano sciolti, tirati indietro solo sulle tempie per non caderle in faccia; portava un’aderente maglia nera di mohair, decorata con cristalli swarovsky che esaltavano la curva del suo seno; la cortissima minigonna di velluto fucsia scopriva le belle gambe, fasciate da pesanti calze nere di microfibra; stivaletti neri dal tacco a spillo completavano la sua mise. Era così incredibilmente seducente che Logan ebbe la tentazione di chiudersi la porta alle spalle per portarla a letto e trascorrere la notte a fare l’amore, invece di uscire con l’altra coppia.

Vedendo il suo sguardo ardente, a Miriam sembrò che lo stomaco le venisse invaso da uno nugolo di farfalle impazzite, mentre un gran calore umido le fioriva tra le gambe. Le balenò il pensiero di chiudersi in camera con Wolverine tutta notte, col solo risultato di sentire l’oramai famigliare formicolio del desiderio serpeggiarle in grembo.

Ma non poteva piantare in asso Marie e Bobby.

Si raddrizzò e nascose il proprio turbamento con un sorriso:

“Come ti sembro?”

“Sei quanto di più sexy io abbia mai visto in vita mia”, dichiarò Logan lentamente, con voce roca. Miriam si sentì rimescolare e batté le palpebre; deglutì per bagnare la gola secca e faticò a trovare la forza di parlare:

“Anche tu… non sei niente male.”

Quella sera, Logan aveva scelto un abbigliamento per lui insolito: pantaloni neri con giacca abbinata e camicia di un celeste molto tenue, indossata senza cravatta, in uno stile disinvolto ma elegante. Come altre volte, Miriam pensò che gli stava davvero bene qualsiasi cosa, dalla più casual alla più formale. Certo, stava meglio senza niente addosso… Le mani le prudevano dalla voglia di toccarlo, ma sapeva che se lo avesse fatto si sarebbero strappati reciprocamente di dosso i vestiti per gettarsi sul letto, o magari non avrebbero neppure perso tempo ad arrivarci…

Wolverine vide tutti questi pensieri riflessi nella sua espressione e si accorse che stava per avere un’erezione. Non era una buona idea, pensò, non in quel momento. Così, si fece violenza e si mise le mani in tasca, invece che addosso a lei:

“È meglio se andiamo, o non rispondo più di me stesso.”

A Miriam occorse un istante per riuscire a muoversi senza che le gambe le tremassero; afferrando paltò, borsetta e trolley con il necessario per la notte e un cambio per il mattino seguente, mormorò:

“Sono d’accordo, o neppure io rispondo più di me stessa.”

**********

Intanto, al piano di sotto, Bobby bussava alla porta della stanza che Rogue divideva con Jubilee, in quel momento assente. Marie andò ad aprire con un sorriso.

“Ciao”, la salutò Iceman, sorridendole di rimando, “Ehi, sei uno schianto!”, aggiunse. Naturalmente Bobby si stava riferendo al modo in cui era vestita, perché era quanto vedeva; per associazione, la ragazza pensò a quanto lui non poteva vedere… non ancora. Sentì una sensazione di calore tra le gambe; non era la prima volta che la provava e sapeva che si trattava di eccitazione sessuale. Arrossì, conscia che finalmente, tra non molte ore, avrebbe potuto soddisfarla, dividendo con Bobby un’intimità fisica che aveva a lungo disperato di poter mai raggiungere.

Inoltre, quella sera Iceman era più attraente che mai, in giacca e pantaloni blu scuro abbinati ad una camicia bianca.

“Grazie”, riuscì infine a spiccicare, arretrando, “Prendo la mia roba e arrivo.”

**********

Miriam aveva chiamato una limousine per portare tutti al Blue Dream. Sia Bobby, il festeggiato, che Rogue ne furono impressionati.

“Non ero mai salita prima su una Rolls Royce”, dichiarò Marie, accarezzando la morbida imbottitura di pelle di quello che pareva più un divano che un sedile d’automobile.

Guardandosi attorno nell’ampio abitacolo, Iceman fece un fischio d’ammirazione:

“Accidenti, sembra un palazzo ambulante!”

Wolverine guardò Miriam con un sopracciglio sollevato:

“Quando ti ci metti, fai proprio le cose in grande, eh?”, borbottò, divertito dall’evidente emozione dei due ragazzi.

“È questa la parte più piacevole della faccenda”, confermò lei sorridendo altrettanto divertita.

Il tragitto durò quasi due ore, dovute più alle trafficatissime strade di New York che all’effettiva distanza, ma tra chiacchiere e risate il tempo volò. Quando giunsero davanti al Blue Dream, l’autista aprì loro la portiera e Logan fu il primo a scendere; controllò rapidamente i dintorni con tutti i suoi sensi ipersviluppati all’erta – si poteva definirla una deformazione professionale – e poi porse la mano a Miriam per aiutarla a smontare. La donna, abituata alla galanteria d’altri tempi, l’accettò con disinvoltura, solo per soffermarsi poco dopo a riflettere sull’atipicità di quel gesto in Logan, che normalmente era ben lontano dall’essere il perfetto cavalier servente. Non che a lei importasse, beninteso: semplicemente, non era da lui. Poteva però essere una reminiscenza inconscia del suo misterioso passato: chi poteva dire che non fosse stato un esponente dell’alta società, magari addirittura un nobile, chissà quanti anni prima?

Bobby imitò Wolverine, scendendo prima di Rogue e poi porgendole la mano, che la ragazza accettò compiaciuta.

L’autista rivolse loro un rispettoso cenno di saluto, che ripeté con maggior enfasi quando Miriam gli allungò una generosa mancia; aveva già pagato in anticipo per il servizio, che comprendeva il trasporto del loro bagaglio all’albergo, una seconda macchina al termine della cena per portarli in hotel, nonché una terza il giorno seguente, per il ritorno a Westchester. Tuttavia il conducente aveva guidato in modo molto piacevole, senza accelerate o frenate brusche, ponendo grande attenzione al comfort dei suoi passeggeri, cosa che lei aveva apprezzato e che quindi ora ricompensava.

All’ingresso della sala ristorante li attendeva il maitre, un uomo biondo sui quarantacinque anni, abbigliato in modo elegante ma non eccessivamente formale, seduto su un alto sgabello dietro ad un leggio sul quale c’era la lista delle prenotazioni.

“Sono Miriam Angelini”, si presentò la donna con un sorriso, “Ho riservato un tavolo per quattro.”

Il direttore di sala le sorrise di rimando con aria vagamente ebete, prima di abbassare la testa e controllare la lista. Per una frazione di secondo, Logan provò l’impulso di mollargli un pugno sul naso – come osava guardare Miriam in quel modo? – poi si riprese: quello era semplicemente l’effetto che lei aveva su gran parte degli uomini, non c’era niente da fare. Ma solo lui possedeva il suo cuore e godeva delle sue grazie; stentava ancora a credere alla propria fortuna, per questo ogni tanto gli veniva voglia di prendere a sberle chi si permetteva di guardarla in una certa maniera.

“Eccovi qua”, disse il maitre, “Tavolo numero otto. Cathy!”, chiamò poi. Si avvicinò una giovane donna dai capelli rossi, che rivolse loro un sorriso cordiale:

“Prego, seguitemi.”

Li condusse ad un tavolo apparecchiato con grande eleganza, quasi al centro esatto della sala. Bobby scostò la sedia imbottita per Marie, e Logan si affrettò a fare altrettanto per Darkarrow. La donna pensò divertita che i due parevano fare a gara a chi di loro si comportava meglio come cavaliere.

La cena si aprì con un delicato cocktail di gamberetti, seguito da un delizioso sauté misto di cozze e vongole all’aglio e prezzemolo, dal sapore più deciso; poi giunse una piccante zuppa di pesce con crostoni di pane abbrustolito. Seguirono i secondi, un filetto di pesce persico in salsa con puré di patate ed un dentice in crosta con spinaci alla panna. Il tutto venne accompagnato da un ottimo chardonnay californiano, scelto personalmente da Miriam che lo aveva giudicato all’altezza dei suoi esigenti gusti italiani. Bobby e Marie, poco avvezzi al vino, ne bevvero modicamente, ma lo trovarono molto gradevole.

Infine giunse il dolce, una pasta sfoglia farcita di crema pasticciera profumata al cointreau e decorata con piccole spumiglie e riccioli di panna, con sopra venti candeline accese. Accorgendosi che veniva festeggiato un compleanno, gli altri commensali sorrisero ed applaudirono, mentre il maitre in persona faceva saltare il tappo ad una bottiglia del più famoso spumante italiano nel mondo e lo versava nelle coppe. Miriam sollevò la sua e propose il brindisi:

“A Bobby ed ai suoi splendidi vent’anni!”

Toccarono i calici e bevvero, poi si lasciarono servire la torta. Erano oramai le undici quando terminarono; Miriam si allontanò per chiamare la compagnia di noleggio della limousine – trovava infatti di estremo cattivo gusto, nonché maleducato, telefonare dal tavolo – e Iceman ne approfittò per recarsi alla toilette.

“Dov’è che hai imparato così bene le maniere da gentiluomo che hai sfoggiato stasera?”, domandò Rogue, sorridendo al suo fratellone putativo.

“Non ne ho idea”, le confidò Wolverine, aggrottando la fronte in una mimica che gli era tipica, ma che da qualche tempo era diventata più rara – tutto merito di Darkarrow, pensava Rogue, “Deve far parte del mio passato.”

“Sarai stato un qualche damerino dell’alta società d’inizio Novecento”, ipotizzò la ragazza con un risolino, “Magari un lord… Per questo fai una così bella coppia con Miriam.”

Logan lanciò un’occhiata alla donna, che era ancora al telefono, in un angolo della sala. Il pensiero che era una vera principessa, e che quella principessa lo amava, amava proprio lui, gli fece saltare il cuore in gola.

“Può essere, cucciola”, rispose distrattamente. Marie se la rise tra sé: mai avrebbe immaginato il rude e burbero Wolverine con quell’espressione in faccia. Era sicura che, se solo Darkarrow glielo avesse chiesto, lui le avrebbe portato l’acqua con le orecchie.

Logan si accorse del suo divertimento.

“Che c’è?”, borbottò, piantandole in faccia quei suoi ferali occhi bruni. Ottenne solo di farla ridere più apertamente.

“Sei proprio perso, vecchio mio”, sghignazzò la ragazza. Wolverine prese fiato per redarguirla – tollerava molto male le prese in giro – poi si avvide della sua espressione affettuosa e si ammorbidì. Beh, che male c’era ad essere perso di una donna come Miriam?

“E tu lo sei di Bobby”, ritorse allora, non potendo comunque soprassedere all’impudenza di Rogue. Lei si limitò a sollevare un sopracciglio:

“E allora?”

“E allora siamo pari, direi”, concluse Wolverine con il feroce mezzo sorriso che gli era tipico quanto il cipiglio.

Pochi istanti dopo Miriam tornò al tavolo e si sedette.

“L’auto sarà qui tra dieci minuti”, annunciò, “Il tempo di bere l’ultimo sorso.”

Tre quarti d’ora più tardi, la lussuosa Rolls Royce, guidata da un autista diverso dal precedente, si fermò davanti ad una delle pensiline d’ingresso al Pierre Hotel, l’albergo in assoluto più prestigioso – e costoso – della Grande Mela, situato sulla 5th Avenue, sul lato est di Central Park: duecento stanze, quaranta suite, dodici grand suite, ed ospiti leggendari come Jaqueline Kennedy e Frank Sinatra.

L’usciere, abbigliato con una sfarzosa livrea rossa e nera, si affrettò ad avvicinarsi e ad aprir loro la portiera. Scesi dalla limousine, Bobby e Marie non dissimularono neppure stavolta la loro profonda impressione.

“Miriam, sono senza parole”, disse Iceman, quasi balbettando, “Non so proprio cosa dire…”

“Un grazie è più che sufficiente”, gli assicurò Darkarrow, sorridendogli con simpatia.

“Ma è davvero troppo…”, protestò il ragazzo. La donna si rese conto di averlo messo in difficoltà.

“Ascoltami, Bobby”, disse allora seriamente, “Se non posso fare queste cose per i miei amici, per chi altri posso farle? Non devi sentirti imbarazzato, o peggio ancora in obbligo. Lo faccio perché mi fa piacere, e basta. Accettalo per ciò che è: il regalo di un’amica.”

Iceman aveva aggrottato la fronte, ma mentre lei parlava lentamente si era rasserenato. Lanciò un’occhiata a Marie, che annuì incoraggiante, ed allora i suoi dubbi si dissolsero completamente.

“Va bene, Miriam”, disse quindi, “Grazie. Di cuore. È il regalo di compleanno più bello che abbia mai ricevuto.”

“La notte è ancora lunga”, dichiarò Darkarrow con un sorriso enigmatico, poi si voltò e, preso il braccio di Logan, si avviò verso l’ingresso, camminando in fretta sul tappeto rosso per non dar il tempo al ragazzo di domandare a cosa si stesse riferendo.

Wolverine le lanciò un’occhiata interrogativa, ma lei gli fece cenno di aspettare. Il portiere si toccò il frontino del berretto mentre passavano, ripetendo il gesto un momento dopo per la coppia più giovane intanto che la prima superava le porte girevoli.

Nell’atrio rotondo, arredato in perfetto stile georgiano, Miriam si diresse con sicurezza alla réception, dove diede il proprio nome ed ottenne le chiavi delle due suite che aveva prenotato.

“I vostri bagagli sono regolarmente arrivati, signorina Angelini”, le disse il concièrge, “Abbiamo provveduto a portarli nelle stanze, come da sue istruzioni.”

“Molto bene”, approvò Miriam, annuendo compiaciuta, “Buona notte.”

In ascensore, mentre salivano al piano dove si trovavano le suite, consegnò una chiave a Bobby.

“Ho ordinato la colazione in camera”, li informò, “Basterà che chiamiate il servizio, sono aperti dalle sei del mattino in poi.”

I due giovani annuirono; osservando Rogue, Miriam si accorse che era leggermente pallida, ma che gli occhi le rilucevano, colmi d’aspettativa. Quando si separarono davanti alla porta della suite che avrebbe ospitato Darkarrow e Wolverine, le due donne si scambiarono un sorriso complice che non sfuggì a Logan.

“Allora, cos’avete architettato, tu e Marie?”, indagò, una volta che furono in camera, fuori portata d’orecchio. Miriam fece un sorriso a trentadue denti:

“Stanotte una fanciulla diventerà donna”, spiegò. L’uomo sollevò un sopracciglio, perplesso, poi arrivò alla logica conclusione.

“Ah!”, fece, preso in contropiede dalla notizia. Per una frazione di secondo, il suo senso protettivo nei confronti della sorellina elettiva gli fece provare l’impulso di precipitarsi nell’altra camera, poi si dominò: Marie era maggiorenne, e sicuramente Miriam l’aveva istruita per bene. Era nell’ordine naturale delle cose che succedesse.

***********

Bobby prese Marie per mano e vi depose un galante bacio. Era sempre una grande emozione per lui toccare la sua pelle nuda, dopo tanto tempo in cui si era dovuto limitare a sfiorarla attraverso i guanti, gli abiti e le sciarpe.

“Al ristorante eri la ragazza più bella presente in sala”, le mormorò. Rogue si sentì rimpicciolire lo stomaco ed una sensazione di calore le riempì il grembo.

“Grazie”, sussurrò di rimando.

Mano nella mano, percorsero i pochi metri per la loro suite, e qualche istante dopo vi entrarono.

“Ma è una reggia!”, esclamò Marie, sgranando gli occhi. Il piccolo soggiorno, che separava le due camere da letto che con esso componevano l’appartamento, era arredato con sontuosi mobili chiari in stile georgiano; sul tavolino c’era un cestino di frutta fresca ed un vaso di fiori dai colori sgargianti.

“Miriam è proprio forte”, commentò Iceman, guardandosi attorno sbalordito.

“Andiamo a vedere le camere”, propose Rogue, tirandolo verso destra. Posero piede nella stanza e Bobby accese la luce; sul ripiano portavaligie c’era il borsone di Marie, per deduzione quindi il suo doveva essere nell’altra camera da letto.

L’arredamento era in linea col soggiorno, in legno chiaro con modanature dorate; la trapunta era di pura seta color avorio, adorna di un volant lungo fino a terra, uguale ai paralumi delle abat-jour sui comodini.

Per la sua prima volta, Marie non avrebbe potuto sognare un ambiente più romantico di così. Non avrebbe mai potuto ringraziare abbastanza la sua amica.

Andò a posare la borsetta sul comodino più vicino, poi tornò rapidamente da Bobby e gli mise le braccia al collo. Il ragazzo la strinse a sé, lieto di quel contatto. Gli piaceva baciarla e coccolarla, anche se non poteva concludere.

“Bobby…”, cominciò Rogue, per poi interrompersi, improvvisamente colta dalla timidezza. Accorgendosi della sua incertezza, Iceman le fece posare il capo sulla sua spalla e le accarezzò i capelli, attendendo pazientemente.

Poco a poco, Marie ritrovò il coraggio; sollevò il viso verso quello di Bobby, avvicinando le labbra a quelle di lui. Iceman accettò prontamente l’invito, piegò il collo e posò la bocca su quella di lei in quello che cominciò come un bacio gentile, per poi diventare sempre più appassionato ed ardente, espressione di tutto il desiderio che entrambi erano stati obbligati a reprimere per così tanti mesi, a causa della mutazione di Rogue.

Quando infine si separarono, la ragazza guardò Bobby dritto negli occhi con una sicurezza che non pensava d’avere.

“Stanotte voglio farti un regalo speciale”, dichiarò.

“Qualsiasi cosa tu abbia pensato di regalarmi sarà speciale”, affermò Iceman sorridendole, “per il solo fatto che viene da te.”

Lei gli sorrise di rimando, poi si staccò da lui e sbottonò rapidamente la maglia, lasciandosela scivolare giù dalle spalle fino a terra. Il viso di Bobby assunse un’espressione frastornata, che si accentuò quando lei si fece scivolare di dosso anche la gonna e rimase davanti a lui con la sola biancheria intima. E indossava calze! Gli mancò il respiro.

“Voglio che tu mi renda donna”, disse Marie con voce leggermente tremante, “La tua donna. Adesso mi è finalmente possibile… fare l’amore con te.”

Per un lungo momento, ad Iceman sembrò che il tempo si fermasse. Rimase lì impalato a fissarla, stentando a credere alle proprie orecchie ed ai propri occhi, senza fiato, la mente annebbiata. Naturalmente avevano parlato di quel traguardo che entrambi desideravano fortemente, al punto che da un paio di settimane Bobby teneva un pacchetto di profilattici nel cassetto del comodino, ma non si era aspettato che il sogno si realizzasse proprio quella notte.

Poi il suo sguardo scivolò in basso, sulle rotondità evidenziate dal reggiseno color rosa tenue; attraverso la striscia di pizzo che attraversava diagonalmente le coppe, intravide la pelle più scura delle areole, e sentì un nodo nello stomaco. Irresistibilmente, i suoi occhi scesero ancor più in basso, ammirarono il ventre morbido adorno dell’ombelico, giù fino alle mutandine a culottes… ed il fiato gli mancò completamente: al di sopra del minuscolo triangolo di seta che le copriva il monte di Venere, attraverso il pizzo era chiaramente visibile un’ombra scura. Il colpo di grazia gli fu dato dalle calze autoreggenti nere.

“Marie…!”, esclamò con voce strozzata, prima di prenderla tra le braccia e baciarla con una passione che fino ad allora non si era mai consentito di dimostrare, temendo di perdere il controllo e di subire – e far subire a lei – le conseguenze del suo dono letale.

La giacca del suo completo fu la prima a cadere a terra, seguita attimi dopo dalla camicia e dalla sottostante tshirt. Si strinsero l’uno all’altra, accarezzandosi freneticamente le spalle e la schiena: mai avevano avuto tanta pelle esposta tutta in una volta.

Incapace di trattenersi, Bobby slacciò il gancio del reggiseno; troppo tardi gli venne in mente che forse era stato eccessivamente precipitoso, che magari lei avesse bisogno di più tempo per abituarsi all’idea di esporre il seno nudo alla sua vista – l’aveva solo fuggevolmente toccato qualche volta, infilando la mano sotto gli strati di stoffa – ma Rogue si mosse per consentirgli di sfilarle l’indumento dalle spalle e drizzò il busto per permettergli di ammirarlo nel migliore dei modi. Aveva un bel seno pieno, rotondo, ed i capezzoli erano ritti per l’eccitazione. Iceman sentì aumentare a dismisura la pressione nei pantaloni; mosse una mano dalla vita di Marie al seno e la chiuse a coppa attorno ad una mammella morbida, passando il pollice sul capezzolo in una carezza lieve quanto conturbante. Rogue ansimò, mentre una scossa elettrica le saettava dall’apice del seno direttamente nel basso ventre. Il calore che sentiva tra le gambe aumentò e divenne decisamente umido.

Bobby abbassò la testa e posò le labbra sull’altro capezzolo, suggendolo gentilmente. Contro la lingua lo sentì indurirsi ulteriormente, mentre Marie gemeva più forte di prima. Inconsapevolmente, la ragazza mosse il bacino contro quello di Bobby, strofinando il grembo contro la sua erezione e facendolo gemere a sua volta. Tornando a raddrizzare la schiena, il giovane l’afferrò per le natiche e la schiacciò contro di sé, muovendo a sua volta il bacino per strusciare la propria durezza contro il pube di lei e strappandole un ansito.

Le labbra di Bobby catturarono nuovamente quelle di Marie in un bacio a bocca aperta, le lingue che duellavano in una tenzone rovente di desiderio. Rogue cominciò a strattonargli la cintura, finché lui non si scostò abbastanza da consentirle di raggiungere la chiusura; mentre lei apriva la fibbia, Bobby sfilò i piedi dalle scarpe, lieto d’aver indossato un modello a mocassino piuttosto che uno con i lacci, poi, con qualche contorsione degli alluci, si liberò anche dei calzini.

Nell’abbassargli la cerniera, le dita di Marie toccarono il duro pacco all’inguine di Bobby. Altre volte lo aveva accarezzato in quel punto, ma sempre attraverso i pantaloni. Ora, non appena riuscì a togliere di mezzo l’ingombrante indumento, la ragazza infilò la mano sotto l’elastico degli slip e la posò sulla punta gonfia del suo membro; Bobby sussultò e mandò un lamento di piacere, premendo la propria virilità contro il palmo della mano di Marie. Afferrandolo meglio, la ragazza fece scorrere le dita lungo l’asta rigida, così come le aveva suggerito Miriam, ma dopo pochi istanti lui si ritrasse, timoroso di perdere il poco controllo che ancora aveva. Le afferrò la mano che lo aveva accarezzato, se la portò alle labbra e ne baciò le dita ad una ad una, guardando Rogue negli occhi.

“Ti amo, Marie D’Ancanto”, le disse con voce traballante. La ragazza deglutì, commossa dalla sua evidente emozione, che andava chiaramente oltre il semplice turbamento fisico.

“Anch’io ti amo, Robert Drake”, sussurrò. Lui annuì solennemente, poi aggrottò la fronte: gli era venuta in mente una cosa fondamentale:

“Non ho un profilattico…”

“Ci ho pensato io”, rispose Marie, lieta di constatare che il suo ragazzo ragionava ancora anche con la testa e non solo con il pene, “Ho portato un pacchetto, è nella mia borsetta.”

“Fantastico”, commentò Bobby, sollevato. Tenendola per mano, la guidò verso il letto, ne scostò le coltri con la mano libera e la fece stendere sulla schiena, poi accese la luce del comodino e spense quella principale, lasciando la stanza immersa in una romantica penombra. Voltandosi verso Marie, la guardò sdraiata tra le lenzuola e pensò a tutte le volte che aveva immaginato quel momento: la realtà superava di gran lunga la fantasia.

Si sedette sul bordo del letto e la prese per le spalle, poi si chinò su di lei e la baciò; Rogue gli allacciò le braccia dietro la nuca, stringendolo, ma dopo pochi istanti il giovane si staccò. Posò le punte delle dita ai lati del suo seno, poi le fece scorrere lungo i lati del suo bel corpo in una lenta carezza lieve come ali di farfalla, sui fianchi, sulle anche, sulle gambe, man mano spostandosi verso il basso fino a giungere alle caviglie. Le tolse le scarpe, poi risalì nuovamente con dita carezzevoli verso la parte alta delle cosce, al bordo superiore delle calze adorno di pizzo elastico; lentamente, le sfilò prima una calza, poi l’altra, ed infine Marie rimase con le sole culottes. Era così sexy che Bobby deglutì per bagnare la gola arsa.

A quel punto sentì di doverle confidare una cosa:

“Marie… anche per me è la prima volta”, dichiarò, non senza un lieve imbarazzo, “Ho cercato di informarmi…”, proseguì, sentendosi arrossire, “soprattutto perché non voglio farti male. Ho letto dei libri… fatto delle domande. Ma se faccio qualcosa che non va, ti prego di dirmelo, perché potrei non rendermene conto. Mi fermerò in qualsiasi momento, puoi fidarti di me.”

Marie era commossa da quella ammissione, e dal suo tentativo di rassicurarla: dava la misura del sentimento che Bobby provava per lei. Per reazione, il suo desiderio per lui si accrebbe ed il grembo cominciò a formicolarle in modo intollerabile.

“Oh, amore mio… Io mi fido completamente di te”, gli disse sottovoce, “Se non fosse così, non sarei qui, adesso”, si mosse nervosamente, passandosi una mano sul ventre, “Sto morendo dalla voglia che tu mi tocchi”, confessò, “Dappertutto”, aggiunse avvampando, senza riuscire a dirgli chiaro e tondo che desiderava essere toccata tra le gambe.

Bobby si alzò ed in un lampo si liberò degli slip. Marie lo guardò da capo a piedi, per pudore soffermandosi solo brevemente sulla sua virilità esposta, la cui vista ebbe il potere di provocarle un’ulteriore ondata di calore umido all’inguine.

Poi Iceman allungò entrambe le mani e le sfilò le culottes, lasciandola finalmente completamente nuda. I suoi occhi la percorsero tutta, avidamente, ma quando notò il suo imbarazzo distolse lo sguardo dal suo corpo per fissarlo sul suo viso, che era arrossito per la timidezza.

“Sei bellissima, Marie”, le disse con voce rauca. Il suo tono fece fremere delle corde sconosciute dentro di lei, tanto nel corpo che nell’anima, ed ancora una volta la ragazza sentì le viscere che si torcevano per il desiderio. Incapace di esprimersi a parole, gli tese le braccia.

Bobby si stese al suo fianco e l’abbracciò. La baciò con passione, ma gentilmente, mentre le accarezzava il fianco; risalì lentamente al suo seno, passò i polpastrelli prima su un capezzolo, poi sull’altro. Le lasciò le labbra per coprirle il volto di baci, poi scese al collo, al petto, fino a tornare a chiudere la bocca attorno alle punte dei suoi seni.

Marie gli teneva la testa, le dita infilate nei corti capelli castani, godendo del suo tocco e dei suoi baci. Lo sentì titillarle delicatamente i capezzoli con le labbra, la lingua ed i denti, e fitte di desiderio trapassarono le sue profondità bollenti. Ansimò mentre sentiva la mano di Bobby scenderle lungo il ventre, anticipando il suo tocco sul fiore non ancora sbocciato della propria femminilità. Quando le raggiunse i riccioli che le ricoprivano il pube, del tutto istintivamente, dimentica di timidezze e remore, aprì le gambe per accoglierlo. Nel momento in cui lui toccò le tenere pieghe, per la prima volta senza la barriera di uno strato di stoffa, mandò un alto gemito.

Bobby le fece eco con un ansito: era così calda e umida, così morbida e cedevole, che gli venne l’acquolina in bocca. Di colpo comprese il desiderio maschile di leccare lì la propria donna, una pratica che sinceramente lo aveva lasciato perplesso, soprattutto perché non sapeva proprio se il sapore poteva piacergli o meno. Con le dita percorse la fessura madida e sentì Marie tremare; piano, si fece strada con un dito tra le soffici, calde pieghe, immergendo solo la prima falange del medio e muovendola leggermente in circolo. Nel farlo, sfiorò il clitoride e la ragazza gemette di piacere. Incoraggiato, ripeté il movimento più volte, ed ogni volta lei gemeva e si bagnava ulteriormente.

A Marie sembrava di star per esplodere da un momento all’altro. Il tocco di Bobby era terribilmente piacevole, ma voleva di più, sempre di più. Cominciò a muovere il bacino in corrispondenza ai movimenti delle sue dita, ed il piacere aumentò. Ancora, ed ancora. Poi Bobby allontanò la mano e lei emise un verso di protesta, aprendo gli occhi per capire il motivo del suo ritiro. Lo vide portarsi le dita alla bocca e leccarle una ad una con espressione estatica; non lo credeva possibile, ma si sentì bagnare ancor di più, e si chiese con vago imbarazzo se stesse inzuppando le lenzuola.

Poi Bobby si mosse, andando ad inginocchiarsi tra le sue gambe. Miriam le aveva parlato del cunnilingus, e Marie pensava che la sensazione che poteva aspettarsi dovesse essere molto simile alle dita. Non aveva idea di quanto ancor più gradevole invece fosse e quindi, quando sentì la lingua di Bobby percorrere la fessura tra le grandi labbra e poi accarezzarle il clitoride, per poco non lanciò un grido per il piacere imprevedibilmente intenso.

Iceman era deliziato: Marie era dolcissima, meglio dello sciroppo d’acacia, meglio del miele, perfino meglio della marmellata di albicocche che lui amava tanto. La lambì golosamente, dapprima piano, gustandola centimetro per centimetro, poi sempre più bramoso. Lei tremava e gemeva, contorcendosi per il piacere.

Bobby sapeva che per lei la penetrazione sarebbe stata poco piacevole, per quanto lui potesse essere delicato, e che data la propria inesperienza, che si sommava a quella di lei, gli sarebbe stato impossibile farle raggiungere l’orgasmo per mezzo del rapporto sessuale. Così, aveva deciso che le avrebbe dato piacere prima; aveva pensato di usare le dita, ma ora che aveva scoperto quanto fosse delizioso leccarla, aveva deciso di raggiungere il suo scopo con la lingua.

Non gli ci volle molto per capire che Marie sentiva il piacere maggiore quando le stuzzicava il clitoride: in quei momenti, la ragazza rantolava addirittura, senza fiato. Cominciò ad insistere su quel punto.

Marie era incapace di pensieri coerenti, travolta da sensazioni fisiche molto più acute di quanto si era mai sognata, ulteriormente rafforzate dai sentimenti che provava per il ragazzo che gliele stava procurando. Non riusciva a trattenersi, gemeva ed ansimava, muoveva il bacino in faccia a Bobby per sentire sempre di più, dimentica di qualsiasi pudore o senso della decenza. Poi si sentì tremare dentro, nel pozzo della sua femminilità, una sensazione mai sperimentata in precedenza, e prima che potesse rendersi conto che si trattava dei prodromi dell’orgasmo, le parve di aprirsi come un fiore ed il godimento la sommerse come un’irresistibile ondata. Inarcò la schiena, puntò i gomiti contro il materasso ed emise un grido soffocato di pura estasi.

Bobby continuò a lambirla con la punta della lingua finché non sentì cessare le sue contrazioni. Poi si staccò da lei e con una mano si asciugò il volto inondato dai suoi umori; sollevandosi sulle mani e sulle ginocchia, la guardò giacere sotto di lui, gli occhi chiusi, le labbra aperte sul respiro affannato. La pettinatura si era sciolta ed ora i capelli le incorniciavano la testa in selvaggio disordine, la ciocca bianca che risaltava sulla massa scura del resto della chioma.

Era bella da spezzare il cuore.

Poi Rogue aprì gli occhi e lo guardò. La sua espressione da femmina soddisfatta lo riempì di un orgoglio che non aveva mai provato prima in vita sua.

Marie non aveva parole per esprimere ciò che sentiva, non solo nel corpo, ma nel cuore. Era colma d’amore per Bobby, ed aveva un solo modo per manifestarlo: allungò le braccia e lo fece sdraiare su di sé.

“Adesso, Bobby”, lo invitò, “Prendimi adesso.”

Non avrebbe potuto essere più pronta di così: l’orgasmo l’aveva rilassata completamente, ed era bagnata come più non era possibile.

Iceman fece ricorso ad ogni grammo di autocontrollo che aveva e combatté l’istinto di penetrarla senza indugi. Rapidamente, allungò la mano, frugò nella borsetta di Marie e prese il pacchetto dei profilattici, ne estrasse una confezione, la aprì e si infilò il cappuccio; le dita gli tremavano, ma non permise alla propria impazienza di fargli commettere un errore, e si assicurò di indossare la protezione nel modo corretto.

Guardando Rogue negli occhi, tornò ad adagiarsi su di lei. Si mosse più piano che poté; sentì le grandi labbra aprirsi con prontezza sotto la spinta del suo pene, poi le piccole labbra, un po’ meno facilmente; scivolò nello stretto canale vaginale, che lo cinse come un guanto, avvolgendolo in un calore incredibile, che non aveva paragone alcuno con la sua mano le volte che si manipolava da solo; infine sentì una leggera resistenza, ed allora si trattenne. L’espressione di Rogue non si alterò neppure per un momento; anzi, quando lui si fermò, lo incoraggiò con un cenno. Allora Bobby spinse, e Marie sentì una breve fitta che la fece sussultare, più per la sorpresa che per l’effettivo dolore. Iceman, che non aveva staccato un momento gli occhi da quelli di lei, si bloccò di nuovo, d’un subito inquieto, ma Rogue gli sorrise per rassicurarlo:

“Adesso sono la tua donna”, gli mormorò. Bobby sentì un nodo in gola.

“E io sono il tuo uomo”, le rispose in tono zeppo d’emozione. La baciò con tenerezza e rimase immobile per qualche minuto, volendo essere sicuro che Marie non provasse alcun fastidio. Poi, con estrema attenzione, cominciò a muoversi dentro di lei, e dopo poche spinte Rogue, per istinto, iniziò a rispondere in controtempo. In capo a qualche minuto, Bobby raggiunse l’acme e, con un basso gemito di gola, venne.

Rimasero abbracciati a lungo, senza parlare, accarezzandosi dolcemente e scambiandosi baci lievi e colmi di tenerezza. Erano entrambi consapevoli di aver compiuto un passo fondamentale della loro vita, sia come coppia, sia come individui: non erano più ragazzini, ma adulti, in modo definitivo ed innegabile.

Infine i loro corpi accaldati cominciarono a raffreddarsi, decidendoli a separarsi. Bobby si sfilò da Marie facendo molta attenzione a non perdere il profilattico, poi si alzò per andare in bagno a liberarsene. Rogue si guardò ansiosamente tra le gambe, pensando in ritardo che avrebbe potuto usare un asciugamano per evitare di imbrattare le lenzuola; fu quindi sollevata nel constatare che non aveva sanguinato molto e che le macchie erano più sul suo corpo che sul letto.

Poco dopo Iceman tornò con in mano un piccolo asciugamano bagnato, col quale volle detergerla personalmente.

“Ti ho fatto molto male?”, domandò sottovoce, mentre le passava delicatamente la pezzuola all’interno delle cosce. Non gli era sembrato, ma voleva assicurarsene.

“Solo un piccolo bruciore, niente più”, lo tranquillizzò lei, “Poteva essere molto peggio, ma tu ci sei andato piano, non hai avuto fretta… In questo modo mi hai dimostrato tutto il tuo amore.”

Lui alzò gli occhi per guardarla in viso e le sorrise con dolcezza:

“Sono felice di esserci riuscito. E anche tu mi hai dimostrato tutto il tuo amore, Marie.”

Gettò da parte l’asciugamano macchiato ed abbracciò la ragazza che era diventata la sua donna.

“Dormiamo assieme, vero?”, le domandò a bassa voce. Rogue gli sorrise:

“Certo che sì!”

Dovevano approfittarne, perché le regole non scritte di Xavier avrebbero loro impedito di farlo, una volta tornati alla scuola: erano maggiorenni, nessuno poteva loro proibire di fare l’amore, ma in quanto studenti dovevano essere discreti. Su questo il professore non transigeva.

***********

Per il mattino seguente, le due coppie si erano date appuntamento per le dieci, in modo da poter dormire più a lungo e far colazione con tutta calma. Mentre attraversavano l’atrio diretti alla limousine che li attendeva per riportarli alla magione, Logan rivolse a Rogue solo una domanda a bassa voce:

“Tutto bene?”

La ragazza comprese che sapeva; del resto, era logico che Miriam glielo avesse detto. Arrossì un poco, memore dei ripetuti abbracci che si era scambiata con Bobby quella notte – avevano dormito molto poco – ed annuì:

“Tutto bene, grazie”, confermò. Wolverine assentì a sua volta, poi rendendosi conto che la stava mettendo in imbarazzo affrettò il passo per raggiungere Darkarrow, un poco più avanti con Bobby.

*************

Dopo pranzo, Marie andò in cerca di Miriam: scoppiava dalla voglia di raccontarle tutto. La trovò in ufficio, intenta a riordinare documenti.

“Che fai, lavori anche di sabato?”, domandò delusa, dopo essere stata invitata ad entrare, “Vuoi che torni dopo?”

“Ma no, tesoro, non preoccuparti”, la rassicurò la donna mentre raccoglieva un fascio di carte e lo riponeva in una cartella di pelle, “Sto solo archiviando un po’ di roba.”

Mentre completava l’opera, Rogue si accomodò su una delle poltroncine davanti alla scrivania; qualche minuto dopo, Darkarrow mise via anche l’ultima custodia ed andò a sedersi accanto all’amica più giovane; le sorrise con aria maliziosa:

“E allora, vuoi raccontarmi com’è andata?”

Marie ricambiò il sorriso ed assunse un’espressione sognante.

“Oh, Miriam… è stato semplicemente meraviglioso…”, sospirò, “Non ha fatto per niente male…”, al sopracciglio inarcato della donna più anziana rettificò, “Beh, solo un poco. Bobby è stato molto gentile.”

“Non ne dubitavo”, annuì Darkarrow, “Ti ama veramente.”

Rogue assentì, confermando.

“Mi ha fatto cose… straordinarie”, aggiunse poi, arrossendo, “Voglio dire, mi ha toccata con le dita, , ma ha usato anche…”, s’interruppe, incapace di proseguire. Non aveva ancora abbastanza famigliarità con le cose del sesso per poterne parlare liberamente come faceva Miriam.

Cunnilingus?”, suggerì la donna, usando volutamente l’espressione tecnica per alleviare l’imbarazzo della ragazza. Marie arrossì ancor di più e si limitò ad annuire.

“Quello orale è un tipo di sesso tra i più piacevoli”, affermò Darkarrow con la massima naturalezza, “Tanto per la donna che per l’uomo. Molti hanno qualche remora, pensano che sia indecente o poco igienico, ma io ti dico una cosa: niente è indecente, tra due persone adulte e consenzienti, e quanto all’igiene, in quest’epoca siamo fin troppo puliti. Ai miei tempi, quando non c’era l’acqua corrente nelle case, la faccenda era ben diversa, eppure, con esclusione delle patologie particolari, nessuno è mai morto perché faceva sesso orale.”

Marie annuì un'altra volta ed infine riuscì a parlare nuovamente:

“Dici allora che, se prendo in bocca il… pene… di Bobby, a lui piacerà?”

“Lo farai morire”, ridacchiò Miriam. Qualcosa nella sua espressione diede un suggerimento a Rogue, che sorrise in modo assai malizioso:

“Scommetto che tu fai morire Logan…”

“Proprio così!”, confermò la donna, sogghignando spudoratamente. A quel punto entrambe scoppiarono a ridere a crepapelle, fino a doversi asciugare gli occhi; poi proseguirono a parlare nel modo privo d’ogni ritegno che le donne usano tra di loro e che farebbe arrossire il più navigato dei gigolo, se avesse la ventura di ascoltare.

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