Capitolo 6 "Prima impressione"
"Sarebbe bello essere di nuovo estranei."
(Collateral Beauty)
Quelle ore furono tra le più frenetiche che avessi mai potuto affrontare, ci fu un grande entra ed esci, spostamenti di cose, movimenti di valigie, e infine, il ritorno di Alex che contribuì ad amplificare la confusione generale.
Sembravamo una di quelle grandi famiglie che si spostavano in vacanza, eppure quella era tutt'altra situazione, eravamo estranei.
Sicuramente era diverso per Mya e i ragazzi, a differenza nostra, sembravano conoscersi molto bene, sicuramente da anni se non addirittura da più tempo, apparentemente c'era un grande affiatamento tra di loro.
Ringraziai mentalmente di aver trovato Julie, sentivo empatia nei suoi confronti, mentre già a primo acchito, con le altre due sentivo il gelo più totale. Cosa dovevo aspettarmi dopo tutto?
Eravamo lì per un concorso di moda e non certo per socializzare, addirittura la temibile Emilia nel suo discorso iniziale in agenzia pareva scoraggiare questo tipo di rapporti, però io mi rifiutavo di seguirla alla lettera. Sembrava quasi dovessimo essere private della nostra qualifica di esseri umani, ridotte a meri manichini tutti uguali, uno in coda all'altro, non più umane ma una sorta di bambole, senz'anima.
Per alcuni veri poteva rappresentare solo questo fare la modella, per me non aveva assolutamente questo significato, ne tanto meno aspiravo a ciò, ero umana, avevo bisogno della socialità, per quanto potessi cercare di auto-convincermi che non fosse così.
Charlotte ne era l'incarnazione perfetta, era tutto il contrario di una bambola senza vita, anzi, di vita addosso ne aveva fin troppa, così tanta che sembrò essere arrivata al punto di volersene liberare, come se non sapesse più gestirla.
Questa spiegazione, eppure, sembrava non essere abbastanza sufficiente da soddisfarmi, andavo avanti a punti interrogativi, come si poteva spiegare un gesto simile?
Quasi niente di ciò che faceva Charlotte, dopotutto, era facilmente spiegabile, pensavo che dopo tutto ciò che era stata capace di fare, finalmente, non potesse più stupirmi, ero convinta che una volta raggiunto il massimo splendore, al pari di una supernova, sarebbe finalmente implosa fino a diventare un piccolo buco nero, incapace di accecarmi con la propria luce, e invece, alla pari di ciò, ci aveva attirati tutti nelle sue oscure spire, spiazzandoci tutti per l'ennesima volta. Era davvero stata l'ultima?
Una parte di me era profondamente convinta del fatto che dietro a quel velo sotto cui noi tutti eravamo accecati, ci fossero tutte le parole che lei non aveva voluto dire, che ci fosse ancora una storia da scoprire in cui lei, di nuovo, come da sempre, ne era la protagonista indiscussa.
La sentivo, sempre, tremendamente viva, ma non come qualcosa di statico dentro di me che mi limitavo a portar dentro, no, la sentivo bensì come qualcosa di esterno e di dinamico.
Mya improvvisamente batté le mani, per richiamare la nostra attenzione, la mora e la bionda erano appena tornate di sotto ricongiungendosi a noi, da come stavano distanti sembravano provare una sorta di schifo reciproco l'una nei confronti dell'altra, nemmeno il beneficio del dubbio di conoscersi, a quanto pare, sarebbe bastato.
Mya riepilogò velocemente la disposizione della casa, e a quanto pareva, nella stanza in cui avanzava un posto, si era posizionata la bionda, tatticamente per stare da sola, così a Mya e Nancy non restava che condividere la stanza.
"Classico delle ossigenate." -sentenziò Julie sotto voce-
La guardai rimanendo interdetta, e lei allora avanzò spiegandomi velocemente tutta una sua teoria, per cui, le persone ossigenate totalmente, avessero un principio di stronzaggine più elevato rispetto agli altri, cosa che, essendo lei bionda naturale, notava a primo acchito.
Per l'ennesima volta mi trovai a trattenere una risata, e in effetti non era andata così lontana dalla realtà, o almeno, le finte bionde mi avevano da sempre fatto l'effetto di una brutta indigestione, da quel momento in poi Sienna Amanda Taylor sarebbe stata denominata come l'ossigenata.
Era l'ossigeno a mangiare loro il cervello no?
"Come avrete notato -proseguì Mya- la palazzina è congiunta con altri sei piani sottostanti, non allarmatevi: nessuno entra o esce da qui a parte noi tutti."
Essendo stato uno dei miei primissimi timori, tirai un grosso sospiro di sollievo.
"Nei primi due piani si trova parte della Fashion Designer's school, ne avrete sentito parlare, e i ragazzi ci vanno solo nel tardo pomeriggio per svolgere la parte pratica, ovvero bozzetti e sartoria; Nei secondi, come avrete intuito, c'è la scuola di Make-up artist, la Mina (M.U.A.), che collabora con noi, infatti, saranno proprio loro a truccarvi prima di ogni shooting."
Sienna alzò teatralmente la mano, come a scuola, scattando come un ghepardo sulla preda, tanto che riuscì ad intuire la sua obiezione ancor prima che potesse formularla.
"Sostanzialmente faremo da cavie? Se sono studenti significa che stanno ancora imparando, e sinceramente non mi va molto usino la mia faccia come tela su cui sperimentare."
Il viso di Mya rimase impassibile ma era chiaro che si stesse trattenendo dal risponderle come forse avrebbe voluto, il suo sorriso tirato parlava per lei.
"Diciamo che é una collaborazione tra la loro scuola e la Rabel, costa tempo e denaro ingaggiare dei make-up artist già attestati e operativi, quindi la Rabel gli fa un bel po' di sconto sull'affitto e loro si mettono a vostra disposizione, gratuitamente. Il vostro metodo di pagamento per il loro tempo è semplicemente prestargli quel bel visino che vi ritrovate e permettergli di mettere in pratica qualcosa. Senza contare che sono formati da insegnanti di tutto rispetto, potrei elencarti qualche nome, ma sono sicura di aver risposto abbastanza soddisfacentemente al tuo dubbio." -concluse con un sorriso che dire di circostanza era un eufemismo-
La bionda inarcò a tal punto quel sopracciglio così scuro rispetto ai capelli che per un momento pensai che avrebbe preso il volo.
Forse era di quelle persone abituate ad avere e fare sempre tutto quello che voleva, mi piaceva pensare che la dentro, almeno in quella casa, fossimo considerate tutte uguali, o almeno, cosí era per Mya.
"Allora Sienna, pensi di poter sopportare tutto questo o vuoi tirarti indietro?"
"Non se ne parla, ma non se ne parla nemmeno di rischiare di apparire male nelle foto che, vorrei ricordare, dovrebbero farci vincere. Posso almeno vedere preventivamente come lavorano o é chiedere troppo?" -ribatté duramente-
"Si può fare. Se non ci sono altre obiezioni..."
Dal momento che nessuna di noi osò interferire ancora con la sua spiegazione, Mya continuó a darci dettagli sull'organizzazione.
I piani superiori ai ragazzi della Mina erano sempre riservati a noi, vi erano interi set allestiti con tutte le attrezzature necessarie per lavorare, ci spiegò che era una sorta di parco giochi per fotografi in quanto avevano modo di spaziare in ogni maniera possibile.
Passò poi a elencarci i programmi delle giornate, che erano tassative tabelle di marcia, con elencato da che ora a che ora si scattasse, quali erano le pause, e soprattutto, in quali ore avremmo mangiato o meno.
"Vi arriverà ogni lunedì sul cellulare la vostra tabella alimentare, e scaricheranno qui ogni venerdì le vostre cose per la settimana successiva; In cucina, infatti, avete i vostri spazi appositi, noi i nostri. Non ci incontreremo mai per mangiare, voi avete i vostri orari e noi i nostri, così ha stabilito il contratto."
Apparentemente poteva sembrare assurda quella regola e invece era perfettamente in linea con il nostro regime alimentare, non era assolutamente possibile mangiare quel poco che potevamo ingurgitare noi con davanti chi poteva permettersi ciò che voleva, sarebbe stato tremendamente contro producente.
"Noi quattro invece mangeremo insieme?" -chiesi io cercando di apparire meno tesa possibile-
"Suppongo di sì, avete la vostra ora per farlo, a meno che non vogliate pranzare o cenare in camera vostra, ma non siete obbligate a farlo."
La cosa mi fece tirare un enorme sospiro di sollievo, se non ero tassativamente obbligata a rimanere insieme a loro, cosa che mi avrebbe messa tremendamente a disagio, mi sarei potuta isolare per farlo, e se mi andava, evitare di mangiare quando avrei avuto lo stomaco troppo chiuso per farlo. Mi sentí inmediatamente meno in trappola e mi uscì un sorriso a trentadue denti.
"Grazie Mya!"
"Di nulla, figurati. Ragazze vi ho detto tutto, per qualsiasi altro chiarimento sono a disposizione ancora per una mezz'oretta, poi devo necessariamente andare. Questa prima giornata è di sistemazione e ambientamento, vi consiglio di farvi un bel giro per il quartiere per familiarizzare, dopo le sessioni di shooting e palestra siete libere di fare ciò che volete...ah e magari prima di tutto andate a conoscere i miei colleghi, penso sia importante rompere il ghiaccio da subito. A questo proposito, Nancy siccome saremo anche compagne di stanza, vuoi aiutarmi a organizzarci lo spazio?"
"Certo Mya, nessun problema." -sorrise educatamente la mora-
Avevo già detto quanto non mi convincesse nonostante l'apparente cortesia ed educazione?
Mi sapeva di falso, e non riuscivo a togliermi di dosso quell'impressione, da sempre diffidavo di chi faceva tanti sorrisi.
Sienna fu assai più sbrigativa, diede una scrollata di spalle e si avviò verso il corridoio dove stavano i ragazzi, apparentemente con una certa stizza, non feci in tempo a vederla passare che la sentí dire sbrigativamente qualcosa come "Ciao, Sienna Amanda Taylor, piacere, da domani lavoreremo insieme, impegnati, a buon rendere." per poi tornare sui suoi passi, sorpassando in fretta e furia me e Julie uscendo dalla porta dell'appartamento.
"Ma che problemi ha?" -chiese Julie perlpessa-
"Sicuramente a socializzare ben più di uno...ad ogni modo, che farai adesso? Vai a conoscere James?"
"Penso proprio di sí, prima so con chi ho a che fare, nonostante le belle premesse di Mya, e prima sarò più tranquilla. Ti converrebbe fare lo stesso con Alex, intendo, di impostare già adesso il vostro lavoro, secondo me è più piacevole di quello che credi." -disse leggendomi in faccia-
Sí, certo, piacevole come una trave da carpentiere sui denti.
Alzai gli occhi al cielo e lei si mise a ridere, non volevo fare quella antipatica, ma mi metteva quasi a disagio avere una conversazione con lui, doveva smettere di avere quel modo di fare.
"Dai Nicole! Lo conosci appena e già non lo sopporti?"
"Non é che non lo sopporto, é che...non lo so, é una sensazione a pelle, non mi ci trovo."
Lei si limitò a farmi un sorrisetto di chi sa il fatto suo e a darmi una leggere pacca sulla spalla di incoraggiamento.
"Motivo per cui, adesso, vai a parlargli, se vuoi che la vostra collaborazione sia funzionale dovrai cercare di fartelo piacere, e poi sono fermamente convinta del fatto che non sia sempre la prima impressione a contare. Ci vediamo dopo okay?"
La guardai allontanarsi e andare verso quel corridoio, chiedendomi fin dove arrivasse la sua ragione e si fermasse il mio torto.
Davvero ero io a star sbagliando tutto?
Alex mi irritava, lo conoscevo appena era vero questo, ma dall'inizio mi era stato antipatico, e soprattutto mi tormentava quella domanda, ovvero, perché proprio io. Dio solo sapeva quanto la reputazione fosse praticamente tutto nel nostro ambiente (nostro per modo di dire, ma suo sicuramente), perché avrebbe dovuto rischiare di rimetterci la faccia per una sconosciuta, che per altro, gli andava pure poco a genio?
Mi ero ripromessa di lasciar perdere, per qualche strana ragione lo aveva fatto, e a me questo doveva bastare, ero lì per tentare di diventare qualcuno e quel qualcuno non era certo un investigatore di polizia.
Lasciai sfumare le mie domande e mi diressi anche io nella zona dei ragazzi, effettivamente dopo il corridoio lo spazio era esattamente identico al nostro, vetrata panoramica compresa, unica differenza, forse, era tutto un po' più ristretto.
Dal momento che una porta era aperta, e il ragazzo che vidi all'interno, parlare al telefono per altro, non aveva niente a che vedere con Alex, e dalla porta accanto sentí provenire chiaramente l'accento francese di Julie, andai a colpo sicuro iniziando a bussare.
"È aperto!" -sentì da dentro-
Chi diamine da il permesso di entrare senza nemmeno prima accertarsi di chi ci sia fuori? Mah.
Lasciai perdere per non mandare a quel paese i miei intenti più pacifici ed entrai, ma non appena varcai la soglia mi sorse spontanea la voglia di uscire immediatamente.
Mi trovai davanti a lui intento a sistemarsi la cintura dei jeans, totalmente a petto nudo e con i capelli appena inumiditi, doveva esser appena uscito dalla doccia, nemmeno mi stava guardando intento com'era a infilare il gancio nella fibbia, mentre io non riuscivo a smettere di farlo, anzi, non sapevo più in che direzione guardare. Perché mi aveva fatta entrare se si stava ancora cambiando? Se avesse bussato qualcun altro?
Sembrava liscissimo, non aveva praticamente un pelo, almeno, così sembrava da lontano, e lo invidiai profondamente per questo. Avendo le braccia contratte ne notai la linea dei muscoli, non erano esagerati e anche l'addome era accennato, ma a colpirmi fu la ristrettezza del fianco rispetto alla larghezza delle spalle.
Era qualcosa del corpo maschile che mi aveva sempre attirata, più di quanto volessi ammettere.
Aveva quel che si poteva definire un corpo ben definito ma non eccessivo, almeno, per la mia ideologia di corpo perfetto. Trovavo l'eccesso di muscoli qualcosa che tendeva all'anti estetico oltre che facilmente accostabile ad una cartina geografica.
Lo guardai e non potei fare a meno di pensare a come mi vedevo io allo specchio: insulsa.
Tra i due il modello sembrava lui, infatti quella fu la mia primissima impressione e purtroppo, volente o nolente, non accennava ad abbandonarmi.
Come alzò lo sguardo su di me mi sentì letteralmente inchiodata sul posto, come se mi avessero appena colta nel fare qualcosa dì profondamente inappropriato, e pregai mentalmente che il mio corpo non mi tradisse in qualche modo; Non facendomi assomigliare ad un semaforo per esempio.
"Ti sei imbambolata?"
"Io?! No! Solo...non pensavo facessi entrare gente mentre ti cambi."
"Non sono uno timido." -disse con il solito ghigno fastidioso-
Non si nota affatto tranquillo.
"Ma dai, non si direbbe. -risposi sarcasticamente- Piuttosto, ti dispiacerebbe metterti qualcosa addosso? Mi fai venire freddo..." -volli anticipare qualsiasi sua possibile insinuazione-
"Dipende ragazzina."
Respirai a fondo per mantenermi tranquilla e non cadere in una delle mie celebri escandescenze, in realtà assai rare, ma lui sembrava mettermi davvero a dura prova.
"Chiamami ancora così e ti ritroverai a fotografare con un dito in meno. Da cosa dipende di grazia?" -incrociai le braccia-
Si avvicinò a me in pochi passi, d'istinto mi venne da andare indietro con la gamba ma avrebbe significato sembrare davvero una ragazzina timorata della presenza maschile, così rimasi ferma sul posto con totale assenza d'espressione, chiedendomi cosa gli passasse per la testa.
Probabilmente il vuoto.
"Ammetti che ti imbarazza, non voglio metterti a disagio, basta dirlo."
Non era bravo a fingere nemmeno la metà di quanto lo fossi io, la sua voce tradiva dello scherno, e da come mi osservava squadrandomi appena, sembrava non aspettare altro che una mia mossa falsa. Spoiler: non sarebbe mai arrivata. Non capivo dove volesse arrivare con questo gioco che sembrava voler instaurare con me ogni qual volta si iniziasse un discorso, il fatto era che mi ero ormai dimenticata del perché fossi entrata la dentro.
"Non mi metti in imbarazzo. -risposi decisa guardandolo dritto in faccia- E adesso vestiti o me ne vado."
"Come sei noiosa...sei entrata tu nella mia stanza dopotutto, no?" -alzò gli occhi al cielo e sbuffando si diresse verso l'armadio-
La stanza era decisamente più piccola rispetto a quella che condividevo con Julie, inoltre non c'era la grande vetrata che avevamo noi, solo una finestra molto grande, con tanto di terrazzino.
"E sarebbe un motivo valido per fare lo scostumato? Certo che hai una bella faccia tosta."
"Oh non sai quanto." -si girò nuovamente mentre cercava nell'armadio-
Notai che non solo aveva un corpo perfetto, perfino il fondoschiena sembrava esserlo, non aveva una virgola fuori posto il suo corpo, ma nuovamente mi costrinsi a rimanere impassiva.
Aveva quel fare da latin lover che mi dava talmente addosso da farmi sentire la forte urgenza di spegnerglielo, lo trovavo un bel ragazzo, era oggettivo, ma se pensava che sarei caduta ai suoi piedi, e soprattutto trasgredendo al contratto rischiando il mio posto, poteva scordarselo.
"Blu o nera?" -si girò con due attaccapanni in mano-
Mi mostró due camicie praticamente identiche, semplicissime, una blu scura e l'altra di un nero appena di una colorazione in meno. Mi venne da sorridere pensando allo stereotipo affibiato a noi ragazze in materia di smalti o rossetti, sul fatto di saper distinguere tra 18 nuances diverse della medesima colorazione.
Era davvero una capacità prettamente femminile? A guardare Alex le cose non stavano proprio così.
Mi avvicinai e le guardai entrambe, sinceramente non avrei saputo dire, mi bastava si mettesse qualcosa addosso, di qualsiasi colore.
"Non lo so, che importanza ha? Metti quella blu."
"Perfetto."
E si infilò quella nera.
Ma mi prendi in giro? Vuoi che ti applauda sulla faccia?
"Lo fai apposta o ti hanno disegnato così?"
"Imparerai ad apprezzarmi anche sotto questo lato. -mi lanciò un occhiolino a dir poco micidiale- Ad ogni modo, che ci fai qui? Impegnato com'ero a metterti a disagio non te l'ho chiesto." -finí di abbottonarsi-
Mi cadde l'occhio inevitabilmente sul secondo bottone sotto il colletto, lo aveva chiuso, e non si poteva proprio vedere, di regola vanno tenuti aperti i primi due, ma tentai di non guardare e tenere quel fastidio per me.
"Non l'hai fatto, e comunque niente di che, volevo solo...sapere come impostare il nostro lavoro, se hai un metodo piuttosto che un altro, non saprei..."
Mi cadde l'occhio sul suo gatto, se ne era stato sotto al letto tutto il tempo sbucando solo in quel momento, era davvero nero come la pece, e guardava Alex in una sorta di adorazione, infatti non perse occasione di accoccolarsi sui suoi piedi.
"Non ti spoilero niente, domani lo scoprirai. Ho solo due regole: 1 sii puntuale; 2 arriva già totalmente preparata, non possiamo perdere tempo. Ho sentito che sei una ritardataria cronica, quindi sappi che che se alle nove non sei pronta entro nella tua stanza e non mi importa di come sei conciata, ti trascino sul set e scattiamo."
"Vorrei vedere! Se fossi sotto la doccia?"
Alzò le spalle incrociando le braccia come se quello non fosse assolutamente un ostacolo.
"Da quando posare senza vestiti é un problema?"
"Okay! Okay ho afferrato, massima puntualità! Non temere, sarò seria."
Scoppiò a ridere per la mia faccia inorridita probabilmente, se c'era una cosa che mi metteva profondamente a disagio era proprio quel genere di foto, per carità, molto utilizzato, pieno di scatti famosi e degni di nota, ma che nulla aveva a che vedere con quel campo e tanto meno con me.
Non avevo quel tipo di confidenza con il mio corpo, e forse non l'avrei mai avuta.
"Puoi stare tranquilla ragazzina, non è assolutamente il mio genere quello, non ci penso nemmeno. Ciò non significa che non inizierei a bussare incessantemente alla tua porta."
In quel momento afferrò il gatto che iniziò a fare le fusa girandogli attorno, lui la afferrò e se la mise in braccio esattamente come una figlia, l'immagine per poco non mi fece soffocare dal ridere. Era l'ultima persona al mondo che mai avrei associato a qualcosa di paterno.
"Mi spieghi perché ti sei portato un gatto qua dentro?"
"Tsk, non é un gatto qualunque, si dia il caso sia il mio...e poi cosa dovevo fare? Lasciarla a casa da sola? Ah ed è una femmina, si chiama Eleven." -disse baciandole la testa-
Don Giovanni e pure gattaro...andiamo bene.
"Alex é contro il regolamento, non possiamo portare animali!"
"Le regole esistono per essere infrante no? E poi ti ricordo che nemmeno tu dovresti essere qui, eppure nessuno ha protestato, quindi..." -mi guardò come per chiudermi-
"Oh giusto! Grazie per avermelo ricordato." -sorrisi appositamente-
E per avermi appena paragonato a un gatto.
"Farai bene a farlo invece... -lasciò andare la gatta appoggiandola a terra- per Emilia Carangi tu sei ancora in prova, dobbiamo portarle qualcosa entro due settimane. Pensavo di lavorare su dei primi piani, te ne intendi?"
Annuí vigorosamente, in realtà non me ne intendevo quasi per niente, ne avevo fatti davvero pochi e praticamente solo di prova, ma non volevo dargli l'impressione di non esserne in grado. Quanto sarebbe stato difficile?
"Hai bisogno del mio book fotografico?"
"E che dovrei farci? Accenderci il caminetto?" -mi guardò visibilmente confuso-
"Per farti un'idea magari, McGenio?"
"Uhm McGenio mi piace. Comunque assolutamente no, ho intravisto qualcosa ma non mi serve, non mi baso mai sul lavoro degli altri. Voglio studiarti tutta da capo, da solo."
Nel pronunciare quelle parole lo fece con una tale convinzione che un brivido di piacere mi percorse l'intera colonna vertebrale, non seppi perché, erano semplici parole, anzi, le più giuste e consone che aveva pronunciato dalla mia entrata la dentro. Disse probabilmente qualcos'altro ma non lo ascoltai, la mia attenzione si era nuovamente soffermata su quel bottone, sentivo di non poter sentire ancora una parola se non si fosse sistemato.
"...quindi, ti sta bene lavorare così?"
"Vuoi stare in silenzio cinque secondi?" -lo zittì avvicinandomi-
Le camicie mal messe mi davano la stessa sensazione urticante delle immagini asimmetriche oppure con i colori a casaccio.
Avevo cucito così tanti vestiti per aiutare mia mamma per cui, ormai si poteva dire, la mia mano viaggiava ancor prima che il cervello le desse l'input di doverlo fare.
Mi avvicinai e subito il suo sguardo scattò in alto, osservando i miei singoli movimenti, chissà che pensava stessi facendo, ma rivelarlo lo avrebbe fatto perdere di divertimento.
Gli fui abbastanza vicino da sentire nuovamente quel forte profumo che emanava, e in quel momento, misto a quello del sapone che aveva usato per lavarsi, sembrava essere ancora più forte, così tanto da pizzicarmi il naso.
Lo toccai appena, come se scottasse, non volevo farlo più del dovuto, mi limitai a liberarlo da quel bottone infausto, e finalmente fu davvero perfetto. Quel colore gli donava particolarmente e mi chiesi se qualcuno di me era in grado di fare lo stesso, di notare i particolari e di esaltarli se mai ne avesse trovati. Era una capacità non da tutti, ed io personalmente, ne ero maestra.
Alzai lo sguardo per dirgli qualcosa ma come lo feci ancora mi guardò in quel modo, da vicino i suoi occhi sembravano ancora più grandi, perdercisi sembrava il minimo che potesse capitare, cosa certa era che non potesse succedere a me. Detestavo in ogni caso come mi sentivo quando mi guardava in quel modo, non capivo cosa avesse da studiare, perché mi analizzasse.
"Posso sapere perché?" -parlò quasi a bassa voce rompendo il silenzio ma mai distogliendo lo sgaurdo-
"Perché hai sbagliato, i primi due devono stare sempre aperti McGarrett." -volli frapporre del distacco, motivo per cui lo chiamai per cognome-
"Ah...farai cosí ogni volta in cui sbaglierò?"
Non potendo più sostenere quello sguardo tornai nella mia posizione originaria rompendo definitivamente quel contatto. Non volevo proseguire oltre quel dialogo, una sensazione di disagio mi travolse ulteriormente, la prima di chissà quante altre la dentro, chi più chi meno, per me, erano tutti estranei, per giunta in competizione.
"Se non c'è altro io..." -feci per andare verso la porta-
"Sei entrata tu. -disse con ovvietà- Ti serve sapere altro?"
In effetti una curiosità, anzi, una perplessità l'avevo eccome.
"Dove sei andato oggi? Mya ha detto che a volte capiterà, io devo sapere..."
Mi zittí con una sola occhiata tornando nuovamente davanti a me, lo fece con così tanta decisione che per poco non trasalì.
"Non c'è niente che tu debba sapere oltre a quello che ci siamo già detti. È vero, a volte devo assentarmi, ma ho organizzato il nostro orario in modo da recuperare, non ti farò perdere nemmeno un'ora."
Sospirai di sollievo per questo, ma era immaginabile dopotutto, per quanto mi fosse venuto il panico Mya mi aveva rassicurata in merito, ero speranzosa del fatto che avremmo trovato una soluzione organizzativa adattabile a entrambi. Quella reticenza però, non faceva altro che alimentare la mia curiosità come benzina sul fuoco, perché doveva andare via a volte? Dove? Perché sembrava non volerlo dire? Non eravamo in confidenza ma se avremmo dovuto lavorare insieme, che male c'era nel dirmi che aveva qualcosa da fare? Contrastava forse con il concorso?
Forse dovresti solo farti gli affari tuoi ficcanaso che non sei altro? Tipo.
Il mio subconscio era molto più saggio di me, ma non potei fare a meno di tentare un'ultima volta, probabilmente rischiando la sua stizza, che mi avrebbe solo che dato una piccola soddisfazione.
"Non mi hai risposto. Cos'è? Non vuoi dirmelo?" -chiesi con aria di sfida-
"Che sfrontata che sei! Chiariamo subito una cosa, quello che faccio fuori da qui a te non deve minimamente riguardare."
"Sfrontata io? Detto da te suona quasi come un complimento. Hai detto che dobbiamo collaborare, e scusami, ma se è qualcosa che inficia anche il mio lavoro devo saperlo."
Emise una mezza risatina sommessa scuotendo appena la testa, come se fosse assolutamente sbalordito dalla mia frase e non meritasse assolutamente risposta il mio dubbio.
"Ti ricordo che quello che continui a chiamare ostinatamente il mio lavoro, non è solo tuo, ma anche mio fino a prova contraria. Farei qualcosa per auto-sabotarmi? Te lo dico io: la risposta è sempre no."
Era cosí infastidito che cambió addirittura tono di voce, era evidentemente scocciato dalla mia insistenza, si, ma non solo. Celava di più quella reazione, non voleva parlarne e non si sarebbe smosso da quella posizione.
"Non volevo farmi gli affari tuoi, ma solo..." -mi interruppe bruscamente andando ad aprire la porta-
"Perché non vai a farti un giro nel quartiere? Sono sicuro che ti sarà utile."
Un giro nel quartiere? Cos'ero? Un cane?!
Scuotendo la testa con incredulità mi avviai alla porta, era comico come lui si sentisse in diritto di permettersi di entrare nelle mie cose, come nulla fosse, e che a una singola domanda, innocua, riguardante le sue, fosse saltato su così. Si era messo sulla difensiva ma non poteva pensare di parlarmi così.
Mi girai un'ultima volta prima di uscire.
"Perché il giretto tipo cane a spasso non vai a fartelo tu?" -gli dissi prima di avviarmi in corridoio a grandi falcate-
Lo sentí sbattere la porta e come lo fece un sorrisetto di soddisfazione mi si dipinse in volto. Chi pensava di essere?
Mi girai per controllare che non avesse riaperto la porta in cerca della risposta perfetta, ma continuai a camminare, e come al mio solito, andai a sbattere contro qualcuno.
Ormai è una consuetudine?
"Ohi attenzione!"
Mi girai immediatamente rendendomi conto di aver urtato contro un altro di loro, di questo passo mi avrebbero rinominata Nicole l'elefantessa nella cristalleria. Era la terza persona contro cui urtavo in meno di 48 ore.
Anzi, la seconda, è Alex ad avermi urtata fino a prova contraria.
Ad ogni modo constatai subito di non avergli fatto male, lui sembrava in realtà divertito dalla mia reazione, ammisi, un po' esagerata, se fossi andata avanti così avrei azzoppato qualcuno.
Scosse la testa e mi porse la mano stringendomela.
"Hei stai tranquilla, pesi troppo poco per fare male a un colosso come me! Sono James comunque, piacere di conoscerti, Nicole." -mi precedette dal dire il mio nome-
In effetti il ragazzo contro cui avevo appena sbattuto era parecchio alto, di diverse spanne più di me, e certamente non potevo definirmi bassa.
"Chissà come mai ricordate tutti il mio nome...chissà che impressione devo avervi fatto..." -ricambiai la stretta-
Rise ancora per la mia reazione, ma non di scherzo, sembrava teneramente divertito. Aveva un sorriso davvero bello, quasi da pubblicità, non c'era che dire, mi trasmetteva grande solarità. Mi fu spontaneo essere contenta per Julie, se le premesse erano queste, si sarebbe prospettata una buonissima collaborazione la loro. Non potevo dire altrettanto di quella tra me e Alex, era partita col piede sbagliato ancor prima di cominciare, e qualcosa nella testa mi diceva che le cose non sarebbero potute che peggiorare. Non lo conoscevo ancora così bene per farmi un'idea globale, ma ci sono cose che si percepiscono a primo acchito, e il fatto che avessimo due caratteri con su scritto facilmente infiammabile, era ormai cosa certa.
"Nessuna impressione, anzi al contrario, ovviamente parlo per me, mi ha colpito vedere Alex adoperarsi così tanto per qualcuno che non conosceva prima, anzi, diciamo proprio adoperarsi così tanto per qualcuno."
Mi disse praticamente la stessa cosa che mi aveva detto Mya, non lo dicevano mai apertamente, ma sembravano star dipingendo qualcuno piuttosto dedito al culto della propria persona e basta, una sorta di Narciso. Posizione da me non condivisa ma sicuramente non abiurata, non c'era niente di male in un pochino di sano egoismo ogni tanto, ad essere troppo accondiscendenti, troppo votati al prossimo...si rischiava solo di essere delusi.
A maggior ragione, tornava a farmi visita la solita domanda: perché Alex si era preso questo rischio per me?
"Vi conoscete da tanto tempo?"
James sembró pensarci per qualche secondo, intensamente.
"Allora...se non contiamo quegli 8 mesi che ci dividono...direi con certezza da 24 anni, 25 questo luglio." -sorrise-
Rimasi basita, questo significava che si conoscevano letteralmente da tutta la vita, ma proprio tutta. Non sapevo quanti anni avessero ma su per giù gliene avevo dati proprio una venticinquina ad Alex, azzeccandoci evidentemente, la cosa non potè che lasciarmi sbalordita. Dovevano essere come fratelli.
"Wow...si può dire che siate praticamente legati dal cordone ombelicale!"
"In un certo senso sì, siamo cresciuti insieme! Mia mamma lavorava a casa McGarrett, ed era grande amica della mamma di Alex, sono cresciuto in casa loro. Io e lui ci vogliamo davvero moltissimo bene." -proseguì con quel smagliante sorriso stampato sul volto e il tono allegro ma pacato-
Ne parlava con una tale tenerezza di quei tempi che mi venne spontaneo sorridere di gioia, non mi specificò come e perché naturalmente, ma involontariamente mi disse qualcosa in più su Alex, o meglio, sulla sua famiglia.
Mi immaginai una casa enorme, tipo rustica, con un immenso giardino, come quelle che si vedono nei film, e questi due bambini correre e giocare la in mezzo. Non mi diceva nulla il cognome McGarrett, io ero di Brooklyn dopotutto, ma evidentemente erano una famiglia facoltosa, o almeno, così sembrava essere dal racconto.
"Grazie." -parlai appena, spontaneamente, non potevo non sorridere-
"E di cosa Nicole?"
"Di aver condiviso questo ricordo con me, è...gioioso. Nel senso, ci conosciamo appena, non eri tenuto a dirmi niente..."
Sembrò appena studiarmi il viso quando gli sorrisi, per un lampo di secondo gli vidi passare negli occhi un'ombra scura, ma fu talmente un millesimo di secondo, che neppure me ne sentì così sicura.
"Oh figurati -fece spallucce- niente di troppo personale, se convivremo insieme mi pareva naturale sapessi che il tuo fotografo è il mio migliore amico e che non farei niente per ostacolarvi, nessuno di noi ovviamente. C'è un patto di lealtà sottostante tra di noi."
"Quindi conoscete da tanto anche Mya e..." -feci mente locale per ricordare il nome dell'altro ragazzo-
"Intendi Brian, immagino. -sorrise- Diciamo che conosciamo Brian dal liceo e Mya l'abbiamo conosciuta in accademia, alla Visual Art. É stato amore a prima vista tra tutti noi si può dire. Mya era una delle pochissime ragazze all'interno dell'accademia, ne siamo rimasti immediatamente colpiti per talento e caparbia, nessun secondo fine naturalmente. Per tutti noi è una sorta di sorella minore, vorrei dire da proteggere, ma se mi sentisse mi tirerebbe un cavalletto."
Questa volta ridemmo all'unisono, immaginando Mya, da quel poco che mi sembrava di percepire, era assolutamente in linea con il personaggio;
quella conversazione era davvero piacevole, e decisamente mi aveva disteso i nervi dalla quella precedente. James sembrava davvero una bella persona a prima impressione, esattamente come Mya lo aveva descritto.
Nuovamente notai James soffermarsi su di me, questa volta sulla mia risata probabilmente. Era troppo sguaiata? Ero stata inopportuna?
"Posso chiederti una cosa? Scusa la domanda, ma hai la stessa identica risata di una persona che conoscevo..." -non fece in tempo a finire la frase-
Nemmeno ad averlo evocato pensandolo, sentimmo la porta poco indietro a me aprirsi di colpo e chiudersi con altrettante foga.
I passi ci raggiunsero immediatamente, Alex mi sorpassò prestando tutta la sua attenzione verso James, il quale, notai, si mosse in avanti come per abbracciarlo ma l'altro si limitò a dargli una sonora pacca sulla spalla.
Era cosí frenato con quello che era cresciuto come suo fratello? O semplicemente era frenato nel dare affetto in pubblico e basta?
A prima impressione era ancora tutto decisamente poco nitido per potersi definire.
"Alex! Ho appena avuto il piacere di conoscere la tua protetta, ma sai che..." -Alex lo interruppe non dandogli nemmeno tempo di finire la frase-
"Immagino il piacere. -disse di scherno guardandomi appena- Senti, volevo andare di sotto a dare una controllata ai set, e avrei bisogno di te, vieni con me?" -lo pronunció quasi come fosse una proposta impossibile da rifiutare-
Mi dava un tale fastidio quel modo di fare.
Lui non domandava davvero, pareva aver già deciso, esattamente come il giorno prima al concorso aveva deciso che io dovevo entrare.
Ti guardava negli occhi come se con il solo battere impercettibile della palpebra potesse far cadere tutti al suo volere, o almeno, a prima impressione era stato così, ma difficilmente mi sarei scostata da quell'idea.
Nonostante James gli stesse dicendo tutt'altro, lui aveva dirottato il discorso, ignorandomi completamente, stabilendo lui su cosa dovesse indirizzare la sua attenzione da quel momento in poi.
"Certamente, arrivo subito. Nicole -si girò a guardarmi di nuovo- è stato un vero piacere, ci vediamo." -disse garbatamente esattamente come si era presentato-
Ricambiai il saluto ma mi venne subito in mente che aveva cercato di chiedermi qualcosa prima che Alex ci interrompesse.
"James! -lo feci girare- scusami, cosa volevi chiedermi?"
Alex ci guardò interdetto, ribadendogli che dovevano andare.
Si ma che stress.
"Niente di importante, ne parliamo un'altra volta, ancora scusami."
In quei brevi minuti in cui rimasi in quel corridoio mi venne un leggero, ma destabilizzante, sospetto: mi era sempre stato detto che io e Charlotte, pur non assomigliandoci particolarmente, condividevamo lo stesso sorriso, e la stessa risata. Identiche.
Era possibile in qualche infinitesimale, assurdo e ipotetico caso che si riferisse a lei?
La domanda mi lasciò completamente sospesa.
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