~Two.~
2021
Toge Inumaki x Reader ( F )
[T/N] = Tuo Nome.
[T/C] = Tuo Cognome.
[C/C] = Colore Capelli.
Colore occhi: Nero.
Sesso: Femminile.
Anime: Jujustu Kaisen.
Personaggio: Toge Inumaki.
Parole: 2534.
*
*
*
Inumaki si era svegliato tardissimo, il giorno dopo, restando a letto a poltrire per un'infinità di tempo, prima di trovare la voglia di alzarsi.
Era rimasto sveglio fino alle ore piccole, continuando a rivedere gli occhi scuri della ragazza di quella notte.
Non lo avevano lasciato in pace neanche nei suoi sogni, quegli occhi, così che Inumaki si era abbandonato a quelle fantasie completamente.
Aveva sognato di sfiorare quel suo viso così disfatto, di carezzare le sue insicurezze e paure; di baciare ogni lacrima le scendesse sulle guance e di parlarle.
Per la prima volta Inumaki, aveva sognato di parlare con una persona.
Parlare come tutti facevano, di cose futili e poco ragionate; o anche di confidenze più profonde e sincere.
Per lui era un sogno strano, poiché generalmente anche questi, erano molto silenti.
Aveva immaginato di rivolgerle la parola, anche se ora non riusciva a ricordare che cosa le avesse detto, in quel sogno di preciso.
Era Domenica, quella mattina, per tanto non c'erano corsi. In più i suoi compagni non erano ancora rientrati dal loro campeggio, così Inumaki andò a far colazione da solo, nella sala comune.
Aveva un po' sperato di vederla a tavola, di vedere il suo viso con la luce del Sole, ma lei non c'era.
Se l'era per caso immaginata, quella ragazza, ieri notte?
*
[T/N] sedeva, sotto quel porticato di legno, stesa sul futon che aveva trovato arrotolato in un angolo.
Quel giardino le piaceva moltissimo, ed era troppo curiosa di esplorarlo meglio, con la luce del giorno.
Aveva portato con se un buon libro, qualcosa da mangiare ed le cuffiette per ascoltare musica.
Si sentiva completamente rilassata, in quel luogo etereo, iniziando a pensare che forse non tutta quell'Accademia di Arti Occulte, fosse malvagia.
Non ci poteva essere nulla di oscuro, in un posto come quello.
I pensieri di [T/N] andarono nuovamente a Satoru Gojō. Avrebbe voluto parlare con lui, avrebbe voluto fargli mille domande, ma lui ancora una volta era sfuggente.
L'aveva trovata e l'aveva abbandonata, di nuovo, anche se ora era legalmente il suo tutore, per un motivo a lei ancora sconosciuto.
Perché un uomo come Satoru Gojō avrebbe dovuto cercare per tutto il Giappone, un'orfana incontrata 7 anni prima, sul luogo di una tremenda disgrazia?
Perché, qualcuno di così enigmatico nonché instabile, come Satoru Gojō, avrebbe concluso le pratiche dell'affidamento così in fretta, da trascinarla a Tokyo, per lasciarla da sola in un'Accademia di quel tipo?
Durante il loro viaggio, da Hiroshima a Tokyo, lui le fece alcune domande, alcune più o meno strane:
"Ti ricordi di me?"
"Quanti anni hai adesso?"
"Ce l'hai un cellulare?"
"Hai visto qualcosa di strano di recente o in questi anni?"
"Andiamo a mangiare qualcosa, ti va?"
Da quando era arrivata, non aveva fatto altro che sentirsi fuori posto, nuovamente abbandonata a se stessa, in un luogo che per lei, non aveva neanche senso di esistere.
Aveva passato buona parte della mattinata a piangere, mentre vagava in quella Scuola, da sola, alla ricerca di un posto più ospitale.
Quando si ricordò del giardino della notte scorsa, ebbe un sussulto, nell'immaginare di trovarci nuovamente quelle iridi violette e scintillanti.
Chissà perché, quel ragazzo, le aveva detto quelle cose strane.
Chissà perché adesso, lei ci stava ripensando, mentre l'ennesima canzone triste, faceva da colonna sonora ai suoi pensieri.
Scosse la testa, e si immerse nuovamente nella lettura.
Si sdraiò, portando un braccio sotto la testa, mentre con l'altro reggeva il libro.
Una gamba poggiata sopra un ginocchio alzato, che facevano sembrare quei suoi pantaloncini, molto più corti di quelli che in realtà non fossero.
[T/N] aveva pochi vestiti, e ancora meno femminili.
In orfanotrofio non le era concesso uscire e fare spese, quindi doveva prendere ciò che arrivava nei pacchi, destinati agli orfani.
La maggior parte del contenuto di quegli scatoloni, erano giocattoli, cosa che mandava in estasi i più piccoli, ma che lasciava i più grandicelli come lei, a bocca asciutta.
Indossava una salopette di jeans denim, leggermente usurata, con una t-shit crop top, nera al di sotto.
La scelta di quel crop top, non era dettata dalla moda, era semplicemente una delle poche t-shirt che avesse, che di conseguenza ora le andava corta sulla vita.
A [T/N] non importava di mostrare molta pelle, bianca com'era, non attirava gli sguardi di nessuno.
In più, era da sola in quel luogo magico, nessuno avrebbe badato al suo ombelico al vento, o ai suoi piedi scalzi con le unghie smaltate di nero, o ancora a quei suoi nei sul fianco sinistro.
Lentamente il libro le scivolò dalle mani, mentre chiudeva gli occhi, sentendosi cullare dai raggi solari che filtravano nel giardino.
[T/N] era abituata al silenzio, ma ancora di più, era abituata a quei piccoli scricchiolii che il pavimento faceva sotto le suole delle scarpe.
Crescere in un orfanotrofio ti fa affinare l'udito, per non farti scoprire mentre organizzi una spedizione alle cucine, per sgraffignare qualcosa.
Eppure [T/N] non lo aveva sentito proprio, il ragazzo dagli occhi violacei, avvicinarsi a lei.
Non lo aveva sentito neanche aprire la porta, del giardino interno.
Così come non aveva sentito, che si era seduto, a bordo di quella casupola, con i piedi scalzi immersi nell'erba color smeraldo.
<< ACCIDENTI!>> si ritrovò a sussultare [T/N], scattando in posizione seduta, mentre si portava una mano al petto.
Le era preso un colpo, nel vedere all'improvviso quell'ombra a pochi passi da lei, darle la schiena.
La figura si voltò.
Indossava una maglietta a maniche corte, beige, con il colletto tirato fin sopra la bocca, di colore blu.
Dei pantaloni a bermuda abbastanza larghi, marroncini e delle scarpe chiare, poste con cura di fianco a lui, mentre affondava i piedi nei soffici fili d'erba.
I suoi capelli biondicci scintillavano, sotto i raggi solari, così come i suoi occhi, sembravano parlare di tutte quelle cose che la sua bocca taceva.
<< Ah, sei tu, Salmone.>> disse [T/N].
Non sapeva come chiamarlo, non sapeva neanche se lui le avrebbe risposto, qualora lei gli avesse chiesto il suo nome; decise così di chiamarlo semplicemente "Salmone" come la prima parola che lui le aveva rivolto.
Il suo viso prese fuoco, quando vide che per un solo attimo gli occhi di lui si posarono sulle sue cosce.
Fu un attimo brevissimo, così rapido che [T/N] pensò di esserselo immaginato.
Si schiarì la voce, e si abbassò i pantalonici più che potesse, riportando in posizione anche una bretella, che era sfuggita al suo controllo.
<<Salmone?>> disse lui, in tono interrogativo.
<<Eh... si, scusa. Non so come ti chiami, non so neanche se mi capisci...>>
[T/N] strinse le spalle, mentre cercava di guardare altrove, fuorché in quelle iridi pungenti.
<<Tonno, Tonno, Salmone.>> rispose.
La sua voce era pressoché atona, senza una particolare intonazione, o emozione.
Come poteva una voce così inespressiva essere associata a quegli occhi così chiassosi?
[T/N] sorrise.
Non si aspettava di certo di fare un monologo con una persona che parlava a monosillabi, per di più senza senso.
Al suono di quella sua debole risata, [T/N] lo vide arrossire e voltarsi dall'altro lato.
Per quello che potè sembrarle un arrossire, essendo che del suo viso si vedeva ben poco.
"Ma che situazione assurda è mai questa?! Si è per caso offeso?"
<< Scusami, non volevo ridere di te.>> provò a dire [T/N].
Lui però non disse nulla, scosse leggermente la testa, senza più guardare nella sua direzione e continuò a perpetrare il suo silenzio.
<< Bhe dai, siamo pari. Ieri tu mi avrai sicuramente sentita piangere come una femminuccia...>>
"Ma tu sei una femminuccia, [T/N]"
A quelle parole lui si voltò nuovamente a guardarla, alzando le spalle.
[T/N] fece una pausa, prendendo un respiro.
<< Mi chiamo [T/N] [T/C]. Non so se presto o tardi dovrò cambiare [T/C] in Gojō, quindi chiamami solo [T/N].>>
Quel ragazzo sgranò gli occhi, lasciando che le proprie pupille si riducessero a fessure per la sorpresa.
[T/N] non poteva vedergli la bocca, ma immaginava che fosse spalancata.
Per lei era strano, pensare di prendere il cognome di Satoru Gojō, ma ormai la realtà era quella: legalmente lui era il suo genitore nonché tutore.
Se avesse insistito affinché lei prendesse il suo cognome, [T/N] lo avrebbe fatto, poiché quello da nubile di sua madre, ormai le calzava stretto.
Ma forse, per quel ragazzo, Satoru Gojō era semplicemente un professore, e quindi sentirle pronunciare quella frase, lo aveva lasciato abbastanza interdetto.
<<Dai non fare quella faccia! Mi fai sentire strana.>> disse [T/N] sventolandosi una mano davanti la faccia, arrossendo di conseguenza.
[T/N] non era mai stata una tipa troppo socievole, e nei suoi anni all'orfanotrofio, non si era mai trovata a sorridere così tanto.
Eppure con quel ragazzo dalle iridi violette, sentiva di potersi sciogliere, lasciando che la sua immensa tristezza si tramutasse in una vuota risata.
Questa era la sua caratteristica migliore: riusciva ad imprimere parte della sua tristezza in qualsiasi cosa lei facesse.
Non riusciva a scrollarsela di dosso, non riusciva a camuffarla in alcun modo.
Così aveva deciso che non l'avrebbe più nascosta.
Il suo animo era ferito, lei era tremendamente sofferente e non avrebbe avuto senso fingersi diversa.
<< Tonno e Mayonnaise.>> disse lui.
<< Bha, comunque, qualsiasi cosa tu stia dicendo... se non puoi chiamarmi [T/N]... chiamami anche tu Salmone.>>
Lui la guardò, così intensamente da farla sentire nuovamente priva di difese. La stava spogliando con quegli occhi, di tutti gli strati induriti, della corazza che si era costruita negli anni.
<<Salmone.>> disse lui.
[T/N] sospirò, dimenticando per la prima volta in quella mattinata soleggiata, di trovarsi in un Accademia per Stregoni, e che il suo stesso interlocutore fosse uno di loro.
*
Inumaki avrebbe tantissimo voluto chiamarla per nome.
Non faceva altro che ripeterlo nella sua testa, come se fosse un ricordo prezioso, che non voleva assolutamente dimenticare.
" [T/N] [T/N] [T/N] [T/N] "
" Il tuo nome è bellissimo, rispecchia a pieno il tuo animo delicato."
Pensava Inumaki, eppure dalle sue labbra uscì nuovamente un semplice sussurro:
<< Salmone.>>
Lei sorrise, ancora una volta.
Chissà se lo trovava strano, chissà se lo trovava inusuale il suo modo di fare.
Non avrebbe di certo potuto biasimarla.
Di solito Inumaki si accompagnava sempre a Panda, il quale dava voce ai suoi pensieri, spiegando il perché del suo modo di parlare e il significato di alcune sue parole.
Senza Panda, sentiva che quella ragazza lo avrebbe trovato strano per sempre.
Lui voleva sentirla la sua voce, così esitante e ferita.
Voleva sentirla parlare, di qualsiasi cosa, purché il vibrare delle sue corde vocali arrivasse alle sue orecchie.
Nonostante i suoi pensieri fossero questi, Inumaki non voleva che [T/N] conoscesse così presto il resto dei suoi compagni.
Era certo che, una volta conosciuta Kugisaki Nobara e Zenin Maki, lei avrebbe perso interesse in quel giardino, e si sarebbe rifugiata nelle camere delle ragazze per fare cose da ragazze.
Non che questo rappresentasse un vero e proprio problema, lui nella camera di Nobara era entrato più volte, ed aveva anche indossato una delle sue gonne della divisa, trovandola decisamente molto comoda.
Forse a Inumaki, dava più pensiero l'incontro di [T/N] con quel chiacchierone di Itadori Yuuji o ancora, con Fushiguro Megumi.
Fushiguro piaceva ad entrambe le ragazze dell'Accademia.
Le aveva sentite parlare, e nella classifica di gradimento dei ragazzi -che avevano stilato una notte nella camera di Nobara- entrambe erano d'accordo nel mettere lui al primo posto.
<<Non potendo avere vasta scelta, Fushiguro è il meglio... la mia prima opzione.>> aveva detto Nobara.
<<D'accordo.>> aveva concordato Maki.
Non che ad Inumaki importasse qualcosa, di quelle stramberie tra ragazze, o non che gli importasse della sua posizione in quella classifica.
Forse, però, sarebbe stato curioso di origliare anche la classifica di gradimento, che [T/N], avrebbe potuto fare.
Ma di sicuro non voleva pensare all'eventualità che anche lei mettesse Fushiguro al primo posto.
Cosa che, a pensarci bene, sarebbe stata fin troppo ovvia.
Si sarebbe sicuramente trovata bene, con il resto dei ragazzi.
Avrebbe potuto scambiare tutte le chiacchiere possibili ed immaginabili.
Avrebbe potuto confrontarsi con persone che potevano dare una risposta, alle sue domande.
Inumaki poteva pensarla, la risposta che voleva dare, ma non avrebbe mai potuto dirgliela.
Che gusto c'era nell'avere una persona così intorno?
Qualcuno che non ti parla, qualcuno di cui non capisci quel che ti sta dicendo, qualcuno scialbo come lui?
Nuovamente Inumaki, sentì il bisogno di dirle qualcosa.
Ma ricacciò quel pensiero immeritatamente, distogliendo lo sguardo da lei e prendendo un profondo respiro.
Non doveva farsi coinvolgere da queste cose.
Non doveva cedere alla sua insaziabile curiosità, poiché sapeva che lo avrebbe portato a farsi del male, o peggio a far del male a qualcun altro.
Inumaki amava il suo silenzio, più di quanto amasse le interazioni con le altre persone.
Amava la pace della sua solitudine ed amava la calma piatta delle giornate noiose.
E allora perché, adesso, sentiva di amare di più il suono della voce mesta di [T/N]?
<< Senti, ma tu capisci quel che dico?>> gli chiese lei, avvicinandosi un po'.
Inumaki restò immobile, sentendosi inchiodato in quella posizione.
Piano, fece di sì con la testa.
<< Menomale, credevo di aver parlando da sola, per tutto questo tempo. >>
" No, io capisco quel che dici. È solo che non posso risponderti. Se lo facessi sarebbe un guaio per te, ascoltare il suono della mia voce. Se le mie Parole Maledette venissero udite da te... ma forse tu neanche sai che cosa vuol dire, far uso di questa tecnica..."
<< Riso.>>
<< È strano sentirti dire queste cose. Ma, è anche abbastanza divertente.>> rispose lei.
<< Sai, per fortuna che ieri notte eri tu, qui dentro. Sarebbe stato imbarazzante se ci fosse stato qualcun altro... nel senso, tanto tu non lo andresti a raccontare in giro, non è così?>>
" Non l'avrei detto neanche se avessi potuto. Te lo avrei promesso, [T/N]."
<<Tonno essiccato.>>
<< Ecco, non vorrei che una cosa del genere arrivasse alle orecchie di Satoru Gojō...>>
"Gojō-Sensei? Che cosa hai a che fare tu con lui? Perché hai detto che presto o tardi prenderai il suo cognome?! Non starai mica per sposarti con quell'assurdo uomo?!
Impossibile, sei così piccola, quanti anni potrai avere?"
Inumaki semplicemente annuì, tornando a guardare i suoi piedi nudi, che carezzavano quei fili d'erba.
<<Anche a me piace stare scalza...>> interruppe lei, quel breve silenzio.
Mentre si portava nuovamente il suo libro davanti al viso.
Generalmente a Inumaki avrebbe dato fastidio, chi interrompeva il suo rito del silenzio.
Generalmente si sarebbe alzato e avrebbe trovato un nuovo posto in cui sedersi, oppure avrebbe semplicemente scollegato le orecchie, perdendosi in lunghissimi viaggi immaginari nella sua testa.
Ma questa volta Inumaki, era felice nel sentire il suono della voce di [T/N] rompere il tacito vincolo tra di loro.
Uno dei vantaggi di essere silenziosi era proprio questo:
Trovare qualcuno che non ti facesse sentire la mancanza del silenzio.
Ed Inumaki era proprio convito di averlo trovato.
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