~Three.~
2021
Toge Inumaki x Reader ( F )
[T/N] = Tuo Nome.
[T/C] = Tuo Cognome.
[C/C] = Colore Capelli.
Colore occhi: Nero.
Sesso: Femminile.
Anime: Jujustu Kaisen.
Personaggio: Toge Inumaki.
Parole: 3648.
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Lunedì.
Per giunta, Lunedì mattina.
Ogni Lunedì mattina, l'aria nell'Accademia Metropolitana di Arti Oscure, si faceva davvero pesante.
Le facce di tutti erano scure, contorte in smorfie di sonno e fastidi viscerali.
Le voci restavano sempre basse, inaudibili sussurri, come se fossero dei grugniti da parte di bestie rabbiose.
I movimenti erano lenti, pesanti, costretti; ogni passo veniva mosso contro voglia dal corpo, nonostante l'input nel cervello fosse ben chiaro.
Nessuno sembrava digerire il lunedì mattina, nessuno, tranne Toge Inumaki.
Anzi, per lui era forse il giorno che più preferiva, in tutta la settimana.
Per Inumaki i giorni scorrevano davvero tutti nello stesso modo, ma da quanto erano arrivati quei primini rumorosi, che lo trascinavano in scorribande e uscite di ogni genere nel fine settimana, il lunedì mattina aveva assunto una sfumatura davvero nuova.
L'inizio di settimana rappresentava la calma: gli altri ragazzi erano stanchi, reduci dai loro folli weekend, non parlavano, si trascinavano nella sala comune per mangiare e poi per seguire le lezioni -qualora non fosse previsto il loro intervento diretto sul campo.-
Il lunedì era il sinonimo della pace, del profondo silenzio, mentre tutti cercavano di carburare, per far fronte agli impegni ed ai compiti della settimana.
Generalmente, quando i suoi compagni lo vedevano arrivare, assonnato ma dall'andatura allegra, nella sala comune, gli rivolgevano sguardi torvi e carichi di risentimento.
<<È vietato essere allegri di lunedì mattina, Inumaki.>>
Gli grugniva addosso Panda.
Nobara lo guardava male, senza rivolgergli la parola, se non prima di aver ordinato ad Itadori di portarle un caffè, e di farlo anche alla svelta.
<< Dovremmo essere tutti tristi e depressi, il lunedì. Per fortuna che le nostre uniformi sono nere... non sopporterei di vedere altri colori, al lunedì mattina.>>
Concordavano le due ragazze, mentre sorseggiavano dalle loro tazze.
Itadori, il quale era sempre un vulcano di energie, anche lui di Lunedì mattina appariva più distrutto di quanto non sembrasse dopo gli allenamenti con Gojō-Sensei.
Fushiguro, sempre scuro di viso di suo, perpetrava ad emanare energie negative.
Di solito a Toge Inumaki piaceva il lunedì mattina, piaceva vedere tutti assonnati e dai toni bassi.
Eppure quel lunedì mattina non aveva nulla di tranquillo e nulla di calmo, neanche per Inumaki.
Aveva passato l'ennesima nottata in bianco, mentre sentiva il battito del proprio cuore, martellargli in testa, nel guardare la sua sveglia sul comodino che segnava lo scorrere inesorabile del tempo.
Dalla mezzanotte precisa, aveva iniziato ad agitarsi.
"Siamo già a Lunedì."
Aveva pensato, rigirandosi nel suo letto, nel mentre realizzava che non sarebbe riuscito a chiudere occhio.
Perché poi?
Perché questo lunedì mattina lo agitava così tanto?
Perché si sentiva così stressato, nonostante non avesse fatto nulla di particolare, al pensiero di non poter prolungare la domenica?
La risposta era semplice, ma Toge Inumaki, si rifiutava di voler cedere alla tentazione, che quella semplice sensazione rappresentava.
Lui sapeva bene com'era fatto e sapeva bene quel che doveva fare: non si sarebbe mai affezionato a nessuno, poiché doveva proteggere chiunque gli stesse intorno, e non poteva per un qualcosa di sciocco come un sentimento, metterne a rischio l'incolumità.
A volte ci pensava, a questa sua relazione con l'isolamento, e semplicemente non credeva che per uno come lui, ci fosse una via diversa da seguire.
La sua compagna di vita era la solitudine, il suo amante, il silenzio.
Non c'erano mai state altre opzioni e finora gli era sempre stato bene così, proprio perché pensava che la vita che gli fosse toccata, fosse una vita normale.
Ma da qualche giorno, sentiva che non ci fosse nulla di normale nella sua condizione, e che quei suoi 17 anni vissuti in quel modo, fossero stati uno spreco.
A volte ci pensava e si sentiva molto più maturo dell'età che avesse.
Quella notte ci pensava, e si sentiva frustrato da non poter vivere la sua età esattamente come tutti gli altri; facendo ciò che facevano i suoi compagni, seguendo quei capricci adolescenziali che non si era mai concesso ed inebriandosi di quelle sensazioni che aveva sempre scansato.
Perché stese facendo quei pensieri, così movimentati ed ingarbugliati, proprio non lo sapeva Toge Inumaki, mentre fissava la sveglia nella sua camera, segnare finalmente le 6:00 del mattino.
Sarebbero rientrati tutti oggi, di lì a poco, li avrebbe incontrati nella sala comune, intenti a consumare la loro colazione.
Di lì a poco, avrebbero conosciuto anche [T/N].
*
[T/N] si era appena svegliata, a seguito di in un rocambolesco frastuono, proveniente dalle stanze comuni.
Eppure l'Accademia era stato un posto così tranquillo, nei suoi primi due giorni di permanenza, da farle credere che quella fosse l'atmosfera generale che di solito regnasse.
[T/N] si sorprese nel ricordare le mattine all'orfanotrofio: i più piccoli che piangevano, altri che iniziavano a bisticciare o a far confusione tra di loro, i più grandi che dovevano badare a tutti -ristabilendo l'ordine- senza arrivare in ritardo alla colazione o alle prime lezioni mattutine.
[T/N] frequentava quella che, in un mondo normale, sarebbe stata la sua prima classe delle superiori.
Nell'orfanotrofio di Hiroshima, lo scorrere del tempo non si avvertiva: le classi si ripetevano, senza che venissero diversificate in base alle inclinazioni personali dei ragazzi.
Si studiava la matematica, le scienze, la lingua giapponese antica e moderna, la storia, l'arte e si praticava parecchia ginnastica.
Non c'era spazio a corsi formativi specialistici, quelle erano attività destinate a persone normali che vivano vite da normali studenti.
Loro erano orfani, e la mancanza di una famiglia doveva pesare anche sotto questo aspetto.
Non avevano diritto a sviluppare le proprie inclinazioni naturali, non avevano il diritto di distinguersi per attitudini e propensioni; dovevano ricevere tutti la stessa istruzione che non facesse spiccare le abilità di nessuno.
Il perché dietro questa scelta era semplice: l'apparenza.
Nel significato più volgare e semplicistico dietro ad un orfanotrofio c'era la vendita di "figli".
Nessuno voleva un bambino meno intelligente di un altro, nessuno voleva un bambino che non sapesse giocare a scacchi in maniera impeccabile come quell'altro.
Nessuno voleva un bambino che non fosse un abile ritrattista, proprio come quell'altro.
Prodotti uguali, producevano risultati uguali.
Bisognava salvare la buona facciata dell'orfanotrofio, che aveva bambini diligenti e preparati tutti allo stesso modo, che si comportavano tutti allo stesso modo.
Erano un foglio bianco, dentro a quell'orfanotrofio, dovevano solo attendere che qualcuno li scegliesse per il loro puro aspetto fisico, essendo che la sostanza a cui miravano doveva essere uguale per tutti.
Ovviamente una ragazza non particolarmente carina e non particolarmente eccezionale, di 16 anni, non spiccava tra tutte le altre coetanee all'interno di quel posto.
Ed ovviamente fu una sorpresa enorme, quando tra tutte le ragazze a disposizione per l'adozione, Satoru Gojō scelse proprio lei.
Un vociare indistinto, o forse il brontolio di qualche animale selvatico, le arrivava alle orecchie, costringendola per curiosità ad alzarsi dal letto.
Indossava solo una t-shirt nera, molto lunga nonché larga, che le copriva di poco, giusto le cosce.
Non era abituata all'uso di un particolare abbigliamento per dormire, poiché era abituata a stare tra donne, nel dormitorio, e di incontrare i ragazzi solo nella sala comune.
Ed essendo che in quel posto c'erano solo lei e quel bizzarro ragazzo che non parlava, la cosa non la turbava per nulla.
I suoi capelli [C/C] leggermente arruffati, le incorniciavano il viso ancora assonnato, mentre a piedi scalzi ed in punta di piedi, si avvicinava alla sala comune.
Ciò che vide, lasciò [T/N] semplicemente senza parole:
C'erano due ragazze, con le facce scure ed infastidite, sistemate su delle poltrone con i piedi allungati su degli sgabelli, che gesticolavano impazienti a dei ragazzi di portargli la colazione nella postazione in cui si trovavano.
I loro capelli erano perfetti, così come i loro abiti: sembravano ragazze uscite dalle riviste per [T/N].
I ragazzi sbuffavano, dicendo che anche loro avessero la schiena a pezzi per la notte passata tra i sassi e che, credendo nelle pari opportunità tra i sessi, non dovevano essere loro a servire le donzelle.
In realtà solo uno si lagnava a voce alta:
Un ragazzo dai capelli rosati, abbastanza alto e con le spalle larghe.
Aveva delle strane cicatrici sotto gli occhi, o almeno quelle che a [T/N] sembravano cicatrici dalla soglia della porta, e agitava un pugno all'aria, mentre obbediva al comanda della ragazza dai capelli marroncini e corti.
L'altro ragazzo, fece correre un brivido lungo la schiena di [T/N] per la faccia corrucciata che aveva.
Non si sa se fosse per il mal di schiena- a giudicare da tutte le volte il ragazzo dai capelli rosa aveva nominato la faccenda- o se per sua inclinazione personale.
Aveva dei capelli corvini dai riflessi bluastri sparati in aria, due occhi chiari che sembravano assenti, e le labbra arricciate in una smorfia di disapprovazione.
[T/N] non potè fare a meno di pensare che quel ragazzo fosse la personificazione del " bello e tenebroso" di cui ogni tanto aveva letto in qualche libro.
Ma la cosa più strana era che, seduto compostamente a tavola, mentre parlava svogliatamente con quello che aveva tutta l'aria di essere Salmone - il ragazzo che in due giorni non le aveva detto neanche una cosa sensata- c'era un panda.
Già proprio un panda, che parlava e mangiava e gesticolava come un'essere umano.
Un panda.
E la cosa più strana era proprio che, nessuno dei presenti, i quali sembravano tutti abbastanza normali, sembrassero far caso al fatto che ci fosse un panda parlante in mezzo a loro.
[T/N] trasalì, lasciando che la pelle che aveva scoperta si accapponasse tutta.
Improvvisamente il legno sotto i suoi piedi scalzi e smaltati di scuro, le sembrò mancare e così successe.
Successe che fece un capitombolo, che la fece volare a terra, successe che tutti si voltarono sulla porta a guardarla e successe che gli sguardi penetranti ed increduli di tutti indugiarono più del dovuto sulle sue gambe, scoperte e chiarissime.
<< AH... UNA RAGAZZA!!>> urlò il ragazzo dai capelli rosa, indicandola a bocca aperta.
<< LO VEDIAMO SCEMO!>> lo rimbeccò la ragazza dai capelli corti e marroncini.
[T/N] si alzò in tutta fretta, abbassando più che potesse quella t-shirt che improvvisamente le sembro davvero troppo corta, essendo che lasciava vedere parecchi centimetri delle sue cosce candide.
Il suo viso era completamente paonazzo, mentre cercava in tutti i modi di dire qualcosa che non fossero bisbìgli confusi.
<< NON LA GUARDATE COSÌ PERVERTITI!>> tuonarono all'unisono la ragazza con gli occhiali e i capelli legati in una coda di cavallo, e quella dai capelli marroncini, mentre colpivano le teste dei due ragazzi.
Mi si avvicinarono, con gli occhi luccicanti.
<< Chi sei? Da dove vieni? Perché sei così svestita?!>> chiese quella con gli occhiali.
<< Chi sei? Come fai ad avere una pelle così chiara e senza impurità? Come possono essere così setosi i tuoi capelli [C/C]??>> chiese quell'altra.
[T/N] fece un passo indietro.
<< Io... ecco... scusatemi... sono qui da poco... voi, voi non c'eravate in questi giorni... non voglio disturbare...>> disse [T/N] tenendo lo sguardo basso.
<< OH MIO DIO HAI LA VOCE TIMIDA DI UNA FATA!>> trillò sempre la ragazza dai capelli chiari.
<< Sono Kugisaki Nobara, tanto piacere fatina. Sei così piccina!>>
<< Al contrario tuo che sembri un uomo, anzi per di più un camionista! CIAO SONO ITADORI YUUJI.>>
Il ragazzo dai capelli rosati andò a stringere energicamente la mano di [T/N], ma la scena durò poco, poiché Nobara alle sue spalle si infuocò e lo colpì nuovamente sulla testa.
<< Bene, facciamo le presentazioni e poi ci dirai un po' come ti sei intrufolata qui dentro.>>
La ragazza con gli occhiali, dopo averseli sistemati sul naso, fece un cenno di accomodarsi tutti al tavolo.
L'unico posto libero, in quel momento, era il posto da capotavola, con di fianco da un lato Nobara e dall'altro Itadori.
Gli occhi di [T/N] cercarono, senza riuscirci, gli altri unici due occhi familiari, che c'erano in quella stanza.
Ma Salmone non ne voleva proprio sapere di alzare la testa nella sua direzione.
Perfino quel panda, stava guardando verso [T/N], con quello che poteva sembrare un muso abbastanza divertito.
Gli occhi di tutti erano nuovamente puntati su [T/N] tranne le violette iridi, così rassicuranti, che già si erano posate su di lei in modo gentile.
<< Zenin Maki qui.>> disse la ragazza con gli occhiali.
<< Poi ci sono Nobara, Itadori che già si sono presentati.>> continuò.
Poi fece un cenno agli tre:
<< Fushiguro Megumi>> disse, indicando il "bello e tenebroso"
<<Panda.>> indicando, ovviamente l'unico panda seduto a quel tavolo, il quale alzò una zampa in segno di saluto.
Gli occhi di [T/N] si soffermarono su di lui, che ancora non era riuscito a rivolgerle neanche uno sguardo, così come neanche una parola di senso compiuto.
Stava lì, a testa bassa, con quel colletto rialzato sulla bocca, mentre tutti gli altri scrutavano [T/N] e [T/N] soltanto.
[T/N] si sentì per un momento il cuore in gola, nel conoscere finalmente il suo nome:
<<E... Toge Inumaki.>>
"Toge Inumaki..."
Pensò lei.
Perché non le aveva mai detto come si chiamasse? Perché continuava a ripetere solamente inutili cibarie?
Forse [T/N] aveva indugiato un po' troppo con lo sguardo su Toge Inumaki, poiché la voce divertita e pungente di Maki, la riportò all'attenzione.
<< È inutile che lo guardi, non ti dirà mai niente che tu possa capire.>>
Gli occhi di [T/N] restarono su Toge Inumaki il tempo necessario per vederlo arrossire fino alla punta dei capelli e poi alzarsi di scatto ed andare alla finestra, dando così le spalle all'intero tavolo.
<< Aah... no ecco io... è solo che... >> disse [T/N] sventolando le mani davanti al suo viso.
Il panda prese la parola.
<< Vedi Inumaki-Senpai, fa uso delle Parole Maledette, per tanto deve limitare il suo vocabolario ai soli ingredienti degli Onigiri, che non possono venir maledetti quando li pronuncia.>>
"Ah... che cosa ho appena sentito?!?!?!?"
[T/N] sbarrò gli occhi.
<< Co-come... come d-dici?!?>>
<< Senti ragazzina, qui le domande le facciamo noi. Chi sei? Che ci fai qui? Dov'è la tua divisa se sei uno stregone?!>> disse Maki, sbattendo una mano sul tavolo per far zittire anche il panda.
L'atmosfera era davvero tesa e glaciale in quel momento.
[T/N] deglutì.
<<Nono... io non sono... Mi chiamo [T/N] [T/C]... ma potete chiamarmi solo [T/N] poiché...>>
Si bloccò.
Poteva fidarsi di quei ragazzi e confessare che era stato Satoru Gojō a lasciarla lì, e che lei era stata adottata da lui?
Alla fine scosse la testa, dicendosi che per il momento era meglio tenere quell'informazione per se.
<< Bene, [T/N] [T/C], che ci fai qui?>> continuò Maki.
<<La stai mettendo in difficoltà Maki-Senpai, piantala un po'! >> sbuffò Itadori.
Lei gli rivolse uno sguardo truce, che lui ignorò del tutto.
<< Tanto per cominciare avrai fame, tieni.>>
Itadori porse a [T/N] un piatto con uova, pane tostato e una marmellata ancora confezionata.
Anche Fushiguro, il quale si era alzato dal suo posto, le stava offrendo una tazza con un cappuccino.
<< A me non lo porti mai!>> disse Nobara, mettendo il broncio, ma il corvino semplicemente alzò le spalle.
<<Ah... Grazie mille.>>
[T/N] prese a mangiare, con esitazione, mentre anche gli altri tornavano con i visi sui loro piatti.
Itadori si sporse verso [T/N].
<< Devi scusarla Maki-Senpai, lei odia il lunedì mattina.>> le sussurrò all'orecchio.
Ora che si era così avvicinato al suo viso, [T/N] constatò che quelle che aveva sul volto erano delle piccole aperture, come se fossero delle palpebre chiuse appena.
" Sembrano delle branchie"
Pensò la ragazza, che ormai non poteva più stranirsi di nulla, non dopo che un panda le avesse rivolto la parola.
<< Bhe allora, sei stata ammessa all'Accademia?>> chiese dopo un po' Fushiguro.
<<Mh no.>> rispose [T/N].
Gli occhi di fuoco, trincerati dietro quelle lenti di occhiali, furono nuovamente roventi su [T/N].
<< Allora che ci fai qui?!>> sibilò.
<<Mi ha portato qui Satoru Gojō. Ne so tanto quanto voi in realtà. Mi ha lasciata qui dopo avermi ado... presa ad Hiroshima.>>
Le facce di tutti si fecero strane per qualche secondo.
<< Ah... tutto si spiega con le stranezze di quell'uomo.>> commentò Maki.
<< Lo conoscete bene?! >> chiese impulsivamente [T/N].
<< Non c'è nulla da sapere per una come te, su qualcuno come lui.>> rispose ancora una volta Maki.
"Una come te... ed uno come lui."
Già, [T/N] non aveva dimenticato di essere una persona mediocre finita per pura casualità in mezzo a della gente che avrebbe dovuto disprezzare.
Eppure adesso erano loro a guardare dall'alto in basso una ragazza come lei.
[T/N] abbassò lo sguardo, stringendo la sua maglietta nelle mani.
Forse avrebbe fatto meglio ad andarsene, forse non avrebbe dovuto essere così imprudente da presentarsi a tutta questa gente senza che nessuno potesse spiegare la sua presenza.
Senza Satoru Gojō che fornisse, finalmente, una risposta al perché l'avesse portata in quel luogo.
<< Ehi... non ti preoccupare.>> le disse Itadori, avvicinandosi nuovamente a lei.
La prese per mano e la condusse fuori da quella cucina, ignorando i richiami da parte di tutti gli altri suoi compagni.
<< Ho capito, sai...>> le disse, mentre erano in qualche modo tornati alle stanze dove dormivano.
<< H-Hai capito?>> chiese [T/N].
Lui annuì.
<< Anche io mi sono ritrovato qui dentro per caso, da un giorno all'altro... e so come ci si sente. Ma non devi preoccuparti, i ragazzi sono tutti simpatici anche se un po' diffidenti all'inizio.>> le spiegò.
<< Mh...>>
[T/N] abbassò nuovamente lo sguardo.
<< Tu cosa sai fare?>> chiese Itadori dopo un po'.
<< In-in che senso?>>
<< Bhe insomma... che tecnica usi? Sei uno stregone no?>>
[T/N] si affrettò a fare di no con la testa, muovendo qualche passo indietro rispetto ad Itadori, il quale rimase abbastanza confuso nel vedere l'espressione spaventata e infastidita della ragazza.
<< Niente di tutto ciò! Io sono solo stata presa da Satoru Gojō, il quale mi ha mollata qui, senza darmi spiegazioni. Non so niente di voi... non so niente di lui! Ma non mi interessa! Non voglio causare problemi a nessuno...>>
Itadori si portò una mano al mento, pensieroso.
<< Quindi tu non vedi le Maledizioni?>>
" Ancora con questa storia?! Anche lui, insiste nel chiedermi se vedo cose assurde?!"
<< Non vedo un bel niente delle vostre cose senza senso!>> si spazientì [T/N].
Ma la cosa non sembrò turbare Itadori neanche per un momento.
<< Mmmh... dovremmo fare un bel po' di domande al Sensei quando tornerà allora! >> disse, come se avesse appena avuto un' illuminazione geniale.
<< [T/N]!!>> la voce di Nobara, dal fondo del corridoio, fece voltare [T/N].
<< Lascia perdere questo povero idiota, vieni con me nella mia stanza.>> la prese per una mano e la trascinò.
Itadori avrebbe voluto ribattere con un qualcosa, ma alla fine entrò nella sua camera, lasciando che le sue ragazze sia allontanassero.
La stanza di Nobara appariva abbastanza piccola, forse per la quantità di roba che c'era stipata in quella camera, ma era comunque ben tenuta in ordine.
<< Sei davvero una ragazza carinissima [T/N] però non me la racconti giusta... cosa ci fai qui, se non vedi le Maledizioni? Vuoi diventare lo stesso uno Stregone?>> chiese lei.
<< No! Nient'affatto. Io sono solo stata trascinata qui da Satoru Gojō, e non ho molta intenzione di rimanerci...>> rispose [T/N].
<<Gojō- Sensei mh? Chissà come mai, un pervertito come lui si accompagna di una ragazzina tanto minuta e graziosa come te...>>
Nobara sollevò un sopracciglio, con fare ammiccante.
[T/N] divenne nuovamente un peperone.
<< NONONO MA CHE IDEA TI SEI FATTA!>> si affrettò subito a dire [T/N].
<< Allora perché non fai che nominare Gojō-Sensei, chiamandolo per giunta anche di nome?>>
[T/N] rifletté per un breve momento.
Se fosse stata Toge Inumaki, avrebbe risposto a quella domanda così insidiosa con un semplice "salmone" , ma lei non poteva dire una cosa del genere.
Quella ragazza davanti a lei, fremeva per ottenere una risposta e [T/N] doveva dargliela prima di subito.
<< Non c'è bisogno che me lo dici, almeno non subito. Non credo di essere pronta nel sentire che il Sensei, se la fa con le 16enni.>> rispose Nobara.
<< TI ASSICURO CHE NON È COSÌ.>>
Nobara sbuffò, facendo un cenno vago con la mano, dicendo che ora lei sarebbe dovuta andare a lezione e che avrebbero rimandato la loro conversazione a più tardi.
[T/N] uscì da quella camera, con ancora indosso solo la sua t-shirt, lasciando che Nobara si cambiasse.
Si diresse anche lei nella sua stanza, dandosi una sistemata e indossando qualcosa di più consono, che non le facesse vedere le gambe in quel modo.
Optò alla fine per dei pantaloncini morbidi grigi, ed una semplice maglietta, questa volta della sua taglia, viola.
Chissà come mai, quel colore così intenso e brillante, le sembrava essere proprio la sua nuova sfumatura preferita.
Si sentiva triste [T/N] poiché si era vista attaccata da tutta quella gente, senza possibilità di replicare, in un posto che non sentiva per nulla familiare.
Non era colpa sua se era stata lasciata in quell'accademia.
Non era colpa sua se non riuscisse a vedere le " Maledizioni" e non era colpa sua se non aveva la benché minima intenzione di legare con quegli stregoni là dentro.
Anche se alcuni sembravano simpatici, alla fine erano coloro che odiava di più, avevano finito per farla sentire un'estranea ancora di più di quanto lei non si sentisse.
Li odiava gli stregoni, eppure adesso si trovava dentro un'Accademia di Arti Oscure e con un suo professore come tutore legale.
Si infilò le cuffiette nelle orecchie e si diresse verso il giardino interno, nella speranza di poter aver un po' di tempo da sola.
O forse, nella speranza di trovarci, ancora una volta, Toge Inumaki.
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