~Prologue.~

2021

Toge Inumaki x Reader ( F )

[T/N] = Tuo Nome.
[T/C] = Tuo Cognome.
[C/C] = Colore Capelli.
Colore occhi: Nero.
Sesso: Femminile.

Anime: Jujustu Kaisen.
Personaggio: Toge Inumaki.
Parole: 1674.

*
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Era una calda serata di inizio estate, a Tokyo.

Una brezza leggera soffiava, lasciando la pianura dove sorgeva l'Accademia di Arti Oscure, immersa nell'oscurità di quella notte stellata ed in una placida tranquillità.

Era davvero una di quelle serate piatte e calme, che piacevano tanto a Toge Inumaki.
Non era successo nulla in quella settimana, non era successo nulla di particolare quella sera, e sperava moltissimo che non succedesse nulla neanche nei giorni a seguire.
Inumaki amava la calma, amava il silenzio ed amava trascorrere il suo tempo, fuori dalle lezioni e dai doveri dell'Accademia, nel suo posto segreto, nella più contemplativa meditazione.
La Scuola godeva di un area molto ampia, sotto la propria giurisdizione, così immensa ed estesa che nessuno l'aveva mai visitata tutta.

I suoi compagni del secondo anno si stavano organizzando per compiere, a giudicare dai loro preparativi nei giorni passati, un piccolo campeggio fuori porta, nel bosco di proprietà della Scuola.

Ad Inumaki non interessava uscire dalla Scuola e dormire in un sacco a pelo, a lui non interessava fare lunghissime camminate nella natura - se poi doveva rimanere assordato dalle chiacchiere altrui, e quindi non poteva godersi quella pace - e non aveva piacere nel rinunciare alle sue comodità.

A lui bastava il suo silenzio, bastava che la sua mente si aprisse all'esplorazione di luoghi ben più lontani, da quello che gli veniva proposto dai suoi amici, ed il giardino interno della Scuola.

Era un posto che risentiva fortemente della tradizione del passato: un giardino curato maniacalmente, un luogo segreto, accessibile da una sola porta.
Era pieno di piante e fiori, disposti secondo una logica ben precisa.
Vi erano alcune panchine di pietra, disseminate di qua e là, ed una piccola casupola, che doveva fare da riparo durante la pioggia, dove Inumaki aveva conservato un futon; delle volte preferiva rimanere lì anche di notte, finché non finiva con l'addormentarsi in quel luogo, riscaldato dal calore del suo solo corpo, ed illuminato dalla sola luce esterna.

La luce, giocava un ruolo fondamentale in quel giardino.
Entrava nelle prime ore più auree del mattino, proiettando luci rosate ed azzurrine, molto tenui, dovunque.
La stanza si riempiva di un aura magica, quasi impalpabile, di profonda speranza e spensieratezza.

Almeno queste erano le sensazioni che provava Inumaki.

Per contro, la luce che entrava fino alle ultime ore del crepuscolo, lanciava nella composizione del posto, ombre molto lunghe ed opprimenti, che risalivano lentamente dal pavimento fino alle pareti. L'atmosfera cambiava, sembrava quasi farsi spaventosa ed angosciante, prima di far posto alla pace della Luna riflessa sullo specchio d'acqua che si trovava al centro del posto.

Non era un vero e proprio laghetto, bensì una fontana, costituita da un'immensa vasca bassa, e due piani più piccoli, sorretti da alcune colonne lavorate.

Era possibile immergersi fino ai polpacci in quella fontana, ed era possibile ammirarne i fregi ed i dettagli, solo da vicino.
Era intarsiata da un lato con incisioni che rimandavano al Sole, alla prosperità, all'amore appena sbocciato e alla vita.
Dall'altro vi erano intagli dedicati alla Luna, alla solitudine, alla separazione dolorosa di due amanti e alla morte.

Una statua, si innalzava leggiadra, al di sopra del bacino più piccolo, della fontana.
Rappresentava un uomo, con in mano una brocca d'acqua.
Il suo viso era rovinano dai segni del tempo, ma si poteva ancora scorgere la sua espressione infelice e sofferente.
La mano libera dell'uomo cingeva la vita ad una donna, dai lunghissimi capelli fluttuanti, che aveva a contrasto, un sorriso dolcissimo, mentre accarezzava il viso dell'uomo difronte a lei.

L'uomo rappresentava il Sole: nei suoi intarsi di speranza, e ne sottolineava la sofferenza.
La sofferenza delle cose belle, delle cose desiderate e bramate.
Il dolore di ottenere ciò che si vuole, passando per atroci sacrifici.

La donna, invece, era la Luna: nonostante sotto di lei le incisioni fossero ben meno promettenti, nonché più macabre, il sorriso rassicurante della donna non faceva che rimarcarne la serenità. La serenità di accettare un qualcosa che si spegne, la pace che ti può donare la fine, l'equità che ti porta la morte.

Era un oggetto molto antico e tremendamente prezioso, così tanto che, Inumaki stesso, si sorprese di trovarla in mezzo a quel luogo che solo lui frequentava.
Lo trovava affascinante, come se fosse il cuore stesso di quel giardino, come se tutta quell'area fosse stata costruita intorno a quella fontana; per esaltarne l'immensa bellezza e poeticità.

Ad Inumaki non pesava star sempre in silenzio, non gli importava, poi granché il non poter mai dire quello che gli passasse per la testa: a lui bastava pensarle quelle sensazioni.
Era sufficiente che fossero dentro la sua testa, per sentirsi vivo esattamente quanto tutti gli altri.

Restava così seduto, ad osservare il cielo stellato, a bordo di quella maestosa fontana, mentre si concedeva di rinfrescarsi i piedi.

Sentì, improvvisamente, delle voci provenire dall'interno della scuola.
Si accigliò un momento, ma poi decise di lasciar correre: erano troppo lontane quelle voci per capire che cosa stessero dicendosi.

Eppure, il suono di quella voce straziata dal dolore e dal pianto, Inumaki proprio non riusciva a togliersela dalla testa.

Non gli capitava spesso di veder, o di sentir piangere qualcuno, generalmente lui aveva solo a che fare con Maledizioni ed esseri mostruosi.
Aveva imparato a convivere con sentimenti di angoscia e paura, quindi non sentiva mai il bisogno di piangere o sfogarsi.
Per lui quella era la quotidianità, per lui quella vita era una vita normale.
Per quanto quel suono, così dolente che, per un attimo aveva riecheggiato nei corridoi vuoti della scuola, fosse già cessato, Inumaki poteva ancora sentirlo rimbombare nelle pareti del suo cuore.

La porta del suo luogo segreto si aprì dopo poco, richiudendosi con forza, facendo entrare nel suo sacro rifugio, una voce rotta dal pianto.

Una ragazza stava singhiozzando, Inumaki poteva sentirla molto bene, appena dopo la porta d'ingresso.

Decise di restare immobile, del resto, non avrebbe potuto dire nulla di confortante per quella persona in lacrime.
Non avrebbe potuto far nulla alleviare e sedare quella crisi di pianto.
Lui non avrebbe potuto dirle proprio nulla.

<< Odio questo posto, odio gli stregoni... odio tutti... odio tutto.>> diceva quella voce tra i singhiozzi.

Inumaki sussultò, sapeva bene che sensazioni così negative avrebbero attirato Maledizioni... o peggio avrebbero potuto farne incarnare qualcuna, nel fluire incontrollato di quell'energia malefica.
Un fluire incontrollato, che Inumaki poteva vedere, star facendo vibrare l'aria.

Per qualche minuto, mentre Inumaki tratteneva il fiato, il suono triste di quella ragazza, fu tutto quello che riempì il giardino.

Piccoli passi, incerti, iniziarono a muoversi alle sue spalle, Inumaki era sempre più tentato di vedere chi fosse, quella creatura dalla voce - e di conseguenza dal cuore - così straziata.

<< Questo posto è... magico...>> disse poi, mentre si avvicinava sempre di più ad Inumaki.

Poteva sentire la meraviglia nella sua flebile voce.
Poteva immaginarla, guardarsi intorno rapita dalla triste bellezza di quel luogo, a quell'ora della notte.

La sentì sobbalzare, e fermarsi sul posto, quando lei gli arrivò alle spalle.
Inumaki poteva percepirla, molto vicina, ma non disse nulla e non si voltò neanche.

Lei incerta, dietro di lui, non sapeva che fare.
La sentì deglutire un paio di volte, prima che potesse prendere coraggio e parlare con Inumaki.

<< Oh, ecco... Io... Ciao?>> disse esitante.

Inumaki poteva sentirla tutta, quella sua incertezza. Poteva sentire come vibravano le sue corde vocali, per cercare di mostrarsi un po' meno scosse ed un po' più coraggiose.

Non poteva parlarne Inumaki, delle emozioni, ma sapeva leggerle e riconoscerle dovunque.
Aveva imparato che suono facessero, che luccichio avessero, tutte le venature delle emozioni umane, così da poterne avere il controllo con una singola parola.
Per alcuni la sua tecnica delle Parole Maledette, poteva sembrare una tortura per l'anima, ma a lui dava solo un grandissimo senso pace.
Lui era nato in quel clan - degli Inumaki- e la sua vita era sempre stata silente e pragmatica.

Il silenzio lo guidava.
Il silenzio lo confortava.
Il silenzio lo cullava.

Si sentiva sicuro nel conoscere il mondo con quella intensità e con quelle sfumature, che ai molti passavano inosservate.
Non importava se doveva tacerlo, dentro di se sentiva come se nulla potesse più turbarlo.

Si voltò lentamente, per soddisfare la sua curiosità, di vedere finalmente la fonte di quel pianto, che avevano interrotto la sua settimana di tranquillità.

Quando gli occhi violacei di Inumaki, incontrarono quelli scuri e profondi, della ragazza che aveva di fronte, per la prima volta lui sentì l'esigenza di parlare.
Anzi, lui voleva urlare.

Il suo viso era arrossato per il pianto che aveva appena smesso di scuoterla, i suoi occhi erano ancora scintillanti di lacrime e gonfi per lo sforzo.

Ma era bellissima.

Era meravigliosa nel suo essere così sofferente, nel provare quelle emozioni così forti da farle sentire il bisogno di piangere.
Era incantevole nella sua fragilità, nella debolezza e nella devastazione che il suo viso trasmettevano.

I suoi profondi occhi scuri, assumevano sfumature ancora più abissali, sotto quel chiaro di luna.
Sembravano un pozzo, nel quale Inumaki si era affacciato per sbaglio, ma che adesso lo stavano trascinando giù.
Si sentiva cadere, dentro quelle pozze buie, e la caduta seppur certamente fosse stata presagio di morte, non poteva essere più piacevole per Inumaki.

Erano un abisso, che stavano scrutando dentro di lui, facendolo tremare e facendolo sentire esitante, per la prima volta dopo tantissimo tempo.

Un cielo stellato, nel profondo del cosmo, la cui luce dopo un incessante viaggio, era finalmente giunta ad Inumaki.

Inumaki non sapeva ancora, se quella ragazza fosse o meno uno stregone, ma di sicuro sentiva che i suoi occhi, gli avessero appena lanciato un tremendo incantesimo addosso.

Inumaki non aveva mai sentito il bisogno di comunicare con gli altri.
Non aveva mai avvertito l'esigenza di parlare.
Ma se per una volta, se solo per questa volta, lui avesse potuto dir qualcosa, sentiva che sarebbe rimasto senza parole.

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