~ Nine. ~


2021

Toge Inumaki x Reader ( F )

[T/N] = Tuo Nome.
[T/C] = Tuo Cognome.
[C/C] = Colore Capelli.
Colore occhi: Nero.
Sesso: Femminile.

Anime: Jujustu Kaisen.
Personaggio: Toge Inumaki.
Parole: 5068.



*
*
*



La vita d'ufficio era una vita terribilmente noiosa, difficile e ripetitiva.
Richiedeva uno sforzo immane lo stare concentrato per le 8 ore da contratto- che poi diventavano anche 12 con gli straordinari- di fila davanti a quella pila di scartoffie che, come le teste dell'Idra, si moltiplicavano a vista d'occhio.

Bastava risolverne qualcuna che ne spuntavano due nuove e via via, con un incremento esponenziale, la torre sulla sua scrivania diventavano due e successivamente tre.

Era a dir poco estenuante, per la mente e per il fisico.
Per il fisico perché star seduto per tutto quel tempo, faceva intorpidire il didietro così tanto che poi risultava difficile riuscire a camminare normalmente.
E per la mente, che veniva costantemente bombardata da migliaia di informazioni differenti, perché era necessario che tutto venisse svolto nel miglior modo possibile, oltre che nel breve termine.

Ma la cosa che faceva nascere quel principio d'emicrania, quel cosiddetto "cerchio alla testa", era il chiacchiericcio dei suoi colleghi.
Le loro voci, in particolar modo quelle ridicolmente alte delle donne, sembravano puntargli uno spillo nelle tempie ogni volta che le loro frequenze arrivassero ai suoi timpani.

Il che succedeva anche abbastanza spesso.

Il vespaio, che si sollevava dai blocchi di uffici alla sua destra concorreva con quello alla sua sinistra, in un turbine di risate, chiacchiere, pettegolezzi e fatti inverosimilmente credibili.
Ai suoi colleghi più che lavorare piaceva parlare: mentre erano alle loro scrivanie, al telefono con i clienti, davanti la macchinetta del caffè e nell'area della pausa pranzo.



Alla fine, dopo diversi anni passati confinato nel suo completo pulito di lavanderia, dietro ad una scrivania di legno scadente, Nanami Kento ne aveva davvero abbastanza.
Era saturo, al limite della sua sopportazione, della vita d'ufficio e di quelle scartoffie interminabili.
Era stanco, molto più di quello che le sue borse sotto gli occhi tendevano a dimostrare, dei chiacchiericci squillanti dei suoi colleghi.
Era debilitato e sfibrato di tutto quel che concerneva la sua noiosa e difficile vita d'ufficio.

Per questo, dopo l'ennesima notte insonne, dopo essersi attardato ancora una volta per fare gli straordinari, ed aver quindi consumato una cena a base di ramen scadente ed istantaneo, Nanami Kento giunse alla conclusione di licenziarsi.

Lo fece straordinariamente a cuor leggero e senza il minimo ripensamento.


Era pur vero che fosse stanco e disgustato da quella vita, ma ciò che fece scattare la scintilla dentro di lui – o meglio ciò che la riaccese- fu un fortuito incontro con una panettiera.
La ragazza era decisamente cordiale, con il classico tono di voce vivace di chi deve mostrarsi fresco come una rosa ai clienti nonostante le occhiaie.
E le sue erano profonde quasi come quelle di Nanami Kento.

Si capiva, da come erano soffici dentro e croccanti fuori, le sue preparazioni, di quanto fosse dedita al suo lavoro, nonostante sia risaputo che la dedizione e l'impegno portano solo allo stress e alle ore di sonno in meno.

E lei aveva sempre un sorriso a fior di labbra.
Ogni mattina, senza mai saltare un singolo appuntamento.
Si vedeva lontano un miglio che fosse esausta, eppure ogni giorno conservava la sua solita brioche per Nanami Kento, il quale l'aveva presa come una piacevole abitudine prima di andare a chiudersi nel cupo edificio difronte.



Il giorno prima del licenziamento era iniziato esattamente uguale a tutti gli altri, e lui per contro, era del tutto ignaro che di lì a sole 24h, si sarebbe licenziato.
Sveglia presto come al solito, dopo aver stirato la camicia che avrebbe dovuto indossare, Nanami Kento uscì di casa alle 7:13 come ogni mattina.
Prese il suo abituale caffè d'asporto sotto casa e si diresse alla metro.
Dopo 35 minuti di viaggio era giunto nei pressi di Shibuya.

La panetteria dove comprava ogni mattina una brioche calda era già aperta, e proprio come ogni mattina, la vecchietta che comprava il pane stava per uscire.

In perfetto orario, rigorosamente come ogni giorno.

La routine non pesava sulle spalle di Nanami Kento, non più di quanto gli pesasse tutto il resto.



<< Buongiorno, il solito.>> disse, senza alcun tipo di espressione alla giovane panettiera.



Quel giorno le sue occhiaie erano più segnate delle altre volte ed i suoi occhi più stanchi ed assenti, ma non per questo tirò di meno il sorriso che le illuminò il volto.

Era una ragazza giovane, bella e quasi instancabile, considerato l'impegno che metteva nel mandare avanti il suo negozio tutto da sola.
Inevitabilmente, questo, avrebbe potuto suscitare delle invidie e delle malelingue.

Ma Nanami Kento, che era da diversi anni solo un semplice uomo d'ufficio, ormai non faceva più caso ai residui della sua vita precedente.
Prima di diventare un impeccabile impiegato, Nanami faceva lo sciamano a tempo pieno.

Dopo essersi diplomato presso l'Accademia di Arti Occulte di Tokyo, aveva iniziato a prestare servizio per la stessa.

Ma, benché la vita dell'impiegato fosse monotona, difficile e tediosa, per Nanami Kento essere uno sciamano sotto lo stesso tetto di Gojō Satoru era indiscutibilmente peggio; a dir poco sfiancante e sfibrante.
Per tanto, dopo soli due anni di servizio, si era defilato, e non volle più saperne niente di stregonerie e maledizioni, fino a quel giorno nella sua abituale panetteria.

Se l'era ripromesso Nanami: non tornerò mai indietro sui miei passi, io con la stregoneria ho chiuso.


Ma quel giorno qualsiasi, di una giornata iniziata esattamente come tutte le altre, successe qualcosa che gli fece perdere qualche minuto in più del solito.

La ragazza sbagliò a servirgli la sua solita brioche, e sebbene Nanami Kento avrebbe potuto chiudere un occhio sull'errore, c'era qualcosa nella giovane panettiera che lo costrinse a tornare indietro.



<< Scusami, hai sbagliato brioche.>> disse senza entusiasmo, una volta tornato dentro.



La poverina trasalì e scusandosi, cercò di sostituirgli la sua ordinazione.



<< Sei stanca, ultimamente?>> chiese, ancora una volta Nanami.

La ragazza annuì con imbarazzo, massaggiandosi il collo.

<< Sento una terribile pressione sul collo, ultimamente, che non mi fa chiudere occhio.>> confessò.



Fu in quel momento che Nanami si rese conto del verme deforme avvinghiato al collo della ragazza.
Una Maledizione comune, una come un'altra, che gravava sulle spalle di una ragazza qualsiasi che gestiva una panetteria dentro il quartiere di Shibuya.

Nanami si disse che non erano affari suoi, che non poteva aiutarla e che lui ormai aveva chiuso con quel genere di cose; non era più uno sciamano, lui.

Prese la sua brioche e fece per uscire, quando il pensiero del sorriso di quella giovane gli tornò in mente.
Nonostante avesse una Maledizione sulle spalle, lei continuava a fare il suo lavoro sorridendo e questa cosa lo fece sentire del tutto inqualificabile.

Se riusciva lei, perché uno come lui non avrebbe potuto darle una mano?
Perché, per una volta non avrebbe potuto fare una piccola eccezione?

Perché non riusciva più a sorridere, un uomo come Nanami Kento annoiato anche da sé stesso?

Tornò dentro, con l'ennesima scusa, e con un rapido movimento della mano esorcizzò quella Maledizione dal collo della ragazza.
Lei fece improvvisamente un'espressione sollevata, così tanto che il sorriso che rivolse poi a Nanami Kento, accese dentro di lui la voglia di tornare all'Accademia.

Così fece, e da quel giorno è passato circa un anno.




Il fatto che non fosse più un impiegato d'ufficio, ma che fosse tornato lo scorso anno all'Accademia, non aveva reso il suo approcciarsi a quel lavoro meno snervante.
Soprattutto se uno spostato come Gojō Satoru ti mette a fare da balia ad un altro spostato come Itadori Yuji.

Si era ritrovato nuovamente in una gabbia di matti, uno più dell'altro, all'interno dell'Accademia e seppur non lo ammetteva, gli era decisamente mancata come sensazione.
La sensazione di essere al di sopra del bene e del male, il doversi trovare la propria motivazione per andare avanti e per giustificare le proprie azioni, e in particolar modo, nonostante fosse un controsenso gli era mancato sprofondare nel letto sentendosi sfinito dopo una giornata passata ad esorcizzare Maledizioni in giro.

Quella mattina Nanami Kento aveva arbitrariamente deciso che sarebbe rimasto a letto più a lungo, per diverse motivazioni.

La prima: Gojō Satoru lo aveva tempestato di chiamate e messaggi per tutta la settimana, cosa che aveva bellamente ignorato, ed ora che era partito per chissà dove, poteva godersi un po' di tranquillità.

La seconda: era una giornata calda d'estate, e la piacevole brezza fredda soffiata dal condizionatore dentro la sua stanza da letto, risuonava come un invito a restare a letto.

La terza: semplicemente non aveva nulla da fare in quella mattinata, che poteva considerarsi libera.



Per questo, quando il suo cellulare prese a squillare sul comodino di fianco al letto, Nanami Kento imprecò.

Non aveva idea di che ora fosse, ma di certo non era per lui ora d'alzarsi e, chiunque fosse stato dall'altro capo del telefono, con molta probabilità si sarebbe stancato a breve nel vedere che Nanami non avrebbe risposto.
Per tanto richiuse gli occhi, non appena il vibrare del suo smartphone s'interruppe.


"Probabilmente è solo quell'idiota bendato."

Pensò, sistemandosi il cuscino sotto la testa.


La suoneria gli parve rimbombare ancora nelle orecchie, ma quando smise del tutto, la casa gli sembrò molto più silenziosa.

Piacevolmente silenziosa.

Sospirò, sentendosi soddisfatto.

La sensazione di soddisfazione, però, svanì nel momento in cui Nanami si ritrovò ad aprire nuovamente gli occhi per colpa del telefono.
Se avesse potuto distruggere non solo il suo cellulare, ma anche tutto il comodino con un solo sguardo, lui in quel momento l'avrebbe fatto senza esitare.
Per un primo momento fece finta di non sentirlo, cosa che si rivelò contro producente: non poteva dormire se il telefono continuava a squillare a quel modo così insistente.

Infilò la testa sotto al cuscino, ma quel fastidioso trillare e vibrare, continuava a devastargli le tempie.

Era la terza chiamata di fila che riceveva, quando con fare stizzito e con voce impastata dal sonno mancato, decise di rispondere.


<<Pronto?>>

Quasi ringhiò allo speaker.



Una voce confusa, allarmata con un frastuono disumano fuoriuscì dall'altro capo, lasciandolo non solo arrabbiato dapprima, quanto poi anche abbastanza spiazzato.



<<Frena, frena, frena.... Cosa?>> ripeté.



La voce apparteneva a Megumi Fushiguro e, sebbene Nanami lo ricordasse come un ragazzo calmo e tranquillo che difficilmente perdeva la testa, si sorprese nel sentirlo agitato in quel modo.
Non si fece neanche spiegare per bene la situazione, che già avevo capito che la sua mattinata libera si sarebbe tramutata a breve in una giornata di straordinari.

Scese dal letto continuando ad imprecare a bassa voce.

Qualcosa dentro di lui, mentre s'infilava il completo, proprio come se dovesse recarsi in ufficio, gli suggeriva che lo scompiglio tra gli studenti dell'Accademia di Arti Occulti in qualche modo aveva a che fare con Gojō Satoru.

Sentì un leggero tremore all'occhio destro, mentre usciva di casa rapidamente, al solo pensiero che nonostante fosse lontano quel demone dai capelli bianchi, ne aveva combinata un'altra delle sue.

Si chiese solamente, che cosa avesse fatto, questa volta da lasciare gli studenti nella più totale agitazione.

*


Masamichi Yaga non era un uomo di buon cuore.
Non faceva la carità per nessuno e aveva imparato anche che cose come l'impeto delle emozioni, offuscavano i giudizi degli uomini.

A Masamichi Yaga non piacevano le persone che gli facevano perdere tempo, al contrario apprezzava particolarmente chi si sforzava per facilitargli le cose.

Masamichi Yaga non era un uomo cattivo, anche se non eccelleva d'ottime qualità, lui più che altro si definiva giusto.

La sua Tecnica Maledetta, considerata come una vera e propria barbarie ed abominio dai più, gli aveva dato più conforto di quanto si sarebbe aspetto.
Aveva capito che la vita era un dono, e che per tanto si sarebbe impegnato per proteggerla, a qualsiasi costo.

Le anime che riusciva a plasmare, rivivevano in quei corpi di pezza che lui stesso cuciva.

Non era forse un po' come un piccolo miracolo, quel che faceva?
Se avesse compreso il significato più profondo della vita stessa, non avrebbe dovuto allora far di tutto per preservarlo?

S'impegnava, con tutte le sue forze, Masamichi Yaga quasi come fosse un Dio, nel cercare di mantenere le cose equilibrate; e per quanto sarebbe stato difficile far camminare gli esseri umani su quel filo invisibile che vedeva solo lui, si era ripromesso che mai avrebbe smesso di correggere il loro cammino qualora avessero deviato.

È così che funzionava per lui: a volte creava la vita dal nulla, altre volte la toglieva e la rinchiudeva in un'ampolla.

Era il suo giusto equilibrio, ciò che lo teneva a galla senza però uscire del tutto fuori dall'acqua.
Era la motivazione che lo rendeva, secondo lui, un uomo giusto al di sopra dell'essere un uomo buono o un uomo cattivo.

Che poi bene e male non sono altro che rappresentazioni di una stessa medaglia, che ognuno dà secondo la propria percezione.
Non esiste un Bene tale da essere superiore ed esente da sofferenza, così come non esiste un Male estremo ed inestirpabile.

Ed essendo che Masamichi Yaga aveva vissuto per anni con questa convinzione, quando si accorse della presenza di [T/N] nella scuola si allarmò.

Lo aveva percepito, il filo sul quale quella ragazzina stesse camminando, ma non voleva crederci che tra tutte le strade del mondo, lei si trovasse proprio dentro la sua Scuola.
Per tanto, si costrinse, dopo un rimuginare di giorni, di andare a vedere con i suoi occhi.

Quando la vide, o meglio, quando vide dove i suoi piedi esili poggiavano, cercando di mantenersi in equilibrio, Masamichi Yaga non volle crederci.


Non aveva scelta.
Aveva le mani legate e doveva agire prima che qualcun altro, magari dall'esterno, si sarebbe accorto della presenza di [T/N] dentro l'Accademia.
Dovette ragionare abbastanza in fretta, Masamichi Yaga e prendere una decisione che fosse giusta, al di là del bene e del male.

Per tanto decise che il modo migliore per venire a capo di quella spinosa situazione, era per prima cosa parlare con la ragazza, ma senza che lei potesse filtrare la verità a proprio piacimento.

Non c'era niente di buono in quello che stava facendo ad una ragazzina di appena sedici anni, e questo anche lui lo sapeva molto bene.
Ma per contro, non c'era neanche niente di sbagliato: doveva procedere come doveva procedere.

Era una scelta giusta, quella d'interrogarla fino allo sfinimento, per capire che tipo di legame lei avesse con il mondo degli stregoni e soprattutto come, dopo tutto quel tempo, lei fosse giunta a Tokyo.



Mentre il Preside si massaggiava il ponte del naso, cercando di valutare la prossima mossa, [T/N] stava distesa sul divano del suo studio.
Avevano lasciato la loro precedente sistemazione, in quanto [T/N] era davvero allo stremo delle forze.
Per quanto ci fosse una certa urgenza, nel venire a conoscenza dei fatti così com'erano successi, Masamichi Yaga non era di certo intenzionato ad ucciderla.

La sua testa viaggiava alla velocità della luce, cercando possibili collegamenti e cercando anche una soluzione migliore dall'unica che aveva davanti agli occhi.

Osservò il viso di [T/N], che calma, finalmente riposava in un sonno lieve e dolce, rannicchiata su stessa.
Quando si sarebbe svegliata, non avrebbe ricordato nulla di quanto successo.

Masamichi sapeva bene che non era per nulla un comportamento onesto, quello che stava adottando, ma la considerava una gentilezza nei confronti di [T/N].

Chi avrebbe voluto ricordare una tortura di quel genere?
E soprattutto chi, avrebbe voluto conoscere in anticipo su che filo i propri piedi stessero mantenendosi in equilibrio?

Masamichi lo vedeva, anche ora che [T/N] giaceva immobile sul divano di pelle, quello che sarebbe stato il suo destino e la domanda alla quale avrebbe dovuto trovare risposta adesso era: fin quanto quella ragazzina sarebbe stata capace di sopportare?

Avrebbe giustificato i suoi metodi, se lui le avesse detto la verità?

Le sue spalle minute e fragili portavano già un enorme peso dal suo passato, fatto di sofferenze e ferite che ancora oggi faticavano a richiudersi, per tanto era impensabile che lei fosse pronta alla verità nascosta nel suo futuro.

Quanto ancora poteva sopportare quella ragazza, che adesso dormiva sonni tranquilli, ignara di tutto?

Ed in più, non faceva altro che chiedersi, Gojō Satoru, conosceva anche lui la verità e l'aveva taciuta, esattamente come stava per fare lui, alla ragazza?

La situazione era più delicata e complessa di quel che s'aspettava, e prima o poi, avrebbe dovuto fare i conti con qualsiasi scelta lui stesse per prendere.

Il pupazzo di pezza verde e logoro, che lo seguiva sempre dovunque, giaceva tristemente in un angolo della stanza.
Inanimato e smorto, in quel momento non sembrava altro che un semplice orsacchiotto dimenticato in un punto di una stanza; ma gli sarebbe bastato uno schiocco di dita per riportarlo alla vita e renderlo creatura unica qual era.

In qualche modo la vita di ogni essere umano, ai suoi occhi, appariva sempre così: inerti e deboli gli uomini nel sonno, ma con uno schiocco tornano alla coscienza compiendo poi, durante la veglia, qualsiasi tipo d'impresa.

Sospirò, cercando di venire a capo di quell'intricato labirinto.
Non poté fare a meno di chiedersi se alla fine Gojō Satoru l'avesse adottata proprio per questo preciso motivo, e se, alla fine anche lui avesse visto su che filo instabile [T/N] stesse proseguendo il suo cammino.

*


<< Volete che io faccia cosa, esattamente?>> chiese Nanami, una volta giunto all'Accademia.

Sedeva in una sala comune assieme a Megumi Fushiguro e Itadori Yuji, che lo aveva letteralmente trascinato per la giacca, quando lo avevano visto apparire all'orizzonte dell'ingresso.

A passo lento e misurato, Fushiguro marciava chilometri su chilometri percorrendo il perimetro della stanza, cercando di spiegare al meglio che potesse la situazione.



<< C'è una ragazza, si chiama [T/N] ... >> iniziò Itadori, mentre spostava lo sguardo nervosamente da Fushiguro a Nanami.

<< Questa parte l'ho capita. Il resto del vostro racconto è al quanto contorto...>>



A quel punto Fushiguro, dal fondo della stanza, prese la parola.



<< Yaga-Sensei dice che [T/N] è una questione che concerne solo i Livelli Speciali. Non possiamo avvicinarci, senza metterci contro il Preside, ma vogliamo proteggerla.>> disse con tono fermo.

<< Proteggerla da... che cosa esattamente? Non avete detto ch'è una semplice umana?>>



Itadori annuì e così fece Fushiguro.



<< È quello che dobbiamo capire.>> rispose Fushiguro, riprendendo la sua marcia.



Nanami Kento si massaggiò il ponte del naso sospirando.
Si era nuovamente fatto coinvolgere, in qualche stramberia da parte di ragazzini in piena botta ormonale e con la tendenza alla ribellione adolescenziale.

Non era proprio la sua giornata fortunata, in alcun modo.



<< Sentite, se Yaga-Sensei l'ha presa con sé, avrà sicuramente le proprie motivazioni. Cercate di non ficcare il naso negli affari che non vi riguardano, ragazzini...>> borbottò Nanami.

<< Non ci saremmo rivolti all'unico Livello Speciale disponibile in città, se le intenzioni di Yaga-Sensei fossero state trasparenti come dici. Inumaki-Senpai dice che ha una brutta sensazione.>> riprese Itadori, incrociando le braccia al petto.

<< Inumaki, del Clan degli Inumaki? Adesso è anche un veggente per caso?>>



Nanami alzò un sopracciglio, visibilmente infastidito.



<< No, beh... è una sensazione. Non c'è bisogno di essere un veggente per...>> iniziò Itadori, cercando con lo sguardo l'appoggio di Fushiguro.

<< Inumaki-Senpai adesso è fuori per una missione, ma ci teneva a riferire questa cosa: c'è un motivo se lei è qui, e prima di lasciarla nelle mani di Yaga-Sensei con tutta questa leggerezza, dovremmo scoprire qual è.>> continuò Fushiguro.

<< Non vi state forse lasciando un po' troppo trascinare in questa faccenda? Ne rimarrete scottati, se vi affezionate così agli umani...>> concluse Nanami, facendo scrocchiare le ossa del collo.



Itadori fece per aprire bocca, ma s'interruppe, restando di conseguenza in silenzio guardando fisso nella direzione di Fushiguro.

Megumi Fushiguro si avvicinò al compagno, annuendo verso di lui.



<< Diglielo, avanti.>> disse, esortandolo.



A quel punto il volto di Nanami si fece più serio, contraendo tutti i muscoli facciali, quasi come se fosse pronto a sferrare un attacco mortale.



<< Ne sei sicuro...?>> chiese Itadori titubante.

Megumi annuì di nuovo.



<< Questa cosa... questa cosa avremmo dovuto dirla a Gojō-Sensei quando sarebbe rientrato. Io non ci avevo fatto caso, ma oggi dopo gli ultimi avvenimenti mi è tornata in mente...>> la voce di Itadori da squillante ed altisonante ch'era si abbassò drasticamente, diventando quasi un sussurro tremolante.

<< La prima volta che le ho parlato...non appena poi mi sono trovato da solo... ecco Sukuna mi disse una cosa.>>



Nanami sgranò gli occhi, mentre si avvicinava per ascoltare meglio quel che Itadori Yuji avesse da dirgli, trattenendo il fiato.
Itadori fece una pausa, chiudendo gli occhi per un'istante, a quel punto Nanami lo incalzò nuovamente.



<< Cosa ti ha detto?>>



*



Masamichi Yaga era così assorto nei suoi pensieri, che quasi non sentì che qualcuno stava bussando alla sua porta.
L'orsacchiotto reagì da solo a quel suono, alzandosi dal suo angolo ed attendendo poi, sotto lo sguardo assente del Preside, l'ordine di poter aprire la porta.

Con un cenno della mano l'uomo gli disse di sì, così il peluche lasciò che dentro la stanza scivolasse anche una figura abbastanza alta, incravattata e dall'aria decisamente passiva.



<< Buon pomeriggio, Yaga-Sensei.>> salutò la voce, facendo così sollevare lo sguardo anche al Preside.



Nanami Kento, nel suo completo chiaro da lavoro, stava immobile davanti ai suoi occhi, nonostante tutto del suo viso lasciasse trasparire la poca voglia di trovarsi in quella stanza.
Masamichi ricambiò il suo saluto con un gesto del capo e, altrettanto fece per indicargli di prendere posto ad una delle poltrone della sua scrivania.

Nanami obbedì, lasciando una rapida occhiata alla ragazza addormentata sul divano.



<< A cosa devo l'onore di questa visita, Nanami?>> disse Masamichi mentre si mise comodo alla sua poltrona, dall'altro lato della scrivania.



C'era una sorta di apertura tra di loro, come uno squarcio dentro al terreno che li separava.
Poteva essere rappresentato simbolicamente dalla scrivania, oppure, con molta più probabilità, dalle intenzioni con cui Nanami Kento si era recato da lui.




<< Sono qui per conto di Gojō.>> disse meccanicamente Nanami, sostenendo come solo lui era in grado di fare, lo sguardo indagatore del Preside trincerato dietro i vetri scuri dei suoi occhiali.



Nonostante tutto il suo viso urlasse l'insofferenza di trovarsi in quella stanza, gli occhi di Nanami erano sempre freddi e distanti, impossibili da leggere e da decifrare.

Masamichi abbozzò un leggero sorriso, tirando appena all'insù gli angoli della bocca.



<< Veramente, Nanami?>> incalzò.

Nanami annuì, senza ripetersi.

<< E da quando segui così ciecamente quell'uomo?>> chiese.



Non c'era bisogno di chiedergli all'effettivo il perché della sua visita improvvisa, entrambi sapevano che l'oggetto di discussione, seppur sottinteso, era la ragazza addormentata alle loro spalle.

Nanami per tutta risposta alzò gli occhi al cielo, per un breve istante, prima di schiarirsi la voce e rispondere nuovamente.



<< Solo quando mi chiede un favore di una certa rilevanza.>> rispose.



Ineccepibile, come sempre, Nanami Kento.



<< Lo sai che non te la posso lasciar portare fuori dalla scuola, non è così?>> asserì con estrema serietà Masamichi Yaga.



Il volto di Nanami si contrasse in una smorfia di espressioni dure.



<< Lo immaginavo, ma essendo una questione in cui anche io sono stato trascinato ed essendo un Livello Speciale, trovo opportuno che da questo momento in poi, fino al rientro di Gojō Satoru, qualsiasi decisione presa concernente la ragazza, venga presa anche sotto mio consulto.>>



Masamichi sorrise nuovamente.



<< Nanami, ti pregherei di tirarti fuori dalla questione con la stessa rapidità con la quale ci sei entrato.>>

<< Yaga-Sensei, mi piacerebbe farlo, ma sai benissimo com'è fatto Gojō Satoru.>>

<< Quanto di "Gojō "c'è in questa faccenda, che tu sappia?>> domandò il Preside.



Nanami s'allentò leggermente il nodo della cravatta, assumendo una posizione più comoda sulla poltrona di pelle.



<< Quanto di "Masamichi Yaga" c'è, in questa situazione?>> controbatté Nanami.

<< Nanami, ti ho sempre considerato un uomo a cui non piacesse giocare.>>



A quel punto anche le labbra di Nanami Kento s'arricciarono in un accenno di sorriso.



<< Tranne quando faccio gli straordinari.>>



Masamichi Yaga scosse la testa.
Nonostante l'uomo davanti a lui non si potesse considerare né buono e neanche in egual misura cattivo, alla fine si trovava anche lui era nella posizione di dover sacrificarsi per una scelta giusta.

Dopotutto Nanami Kento era un Livello Speciale, oltre che un uomo dotato di un indiscutibile ingegno e di una sconfinata intelligenza.
Con molta probabilità, si sarebbe potuto rivelare molto più utile alla causa di un personaggio come Gojō Satoru.

Masamichi Yaga sospirò, si tolse gli occhiali e fece cenno all'orsacchiotto di chiudere la porta dello studio a chiave, prima di iniziare a parlare.



<< Bene, Nanami, facciamo iniziare gli straordinari allora.>>


*



I ragazzi rimasero ad aspettare Nanami per circa le consecutive quattro ore, senza che la loro agitazione si alleviasse di un poco.



<< Ormai gliel'abbiamo detto, non ci resta che fidarci di lui.>> disse Itadori, seduto a gambe incrociate sul suo letto.

<< Siete comunque degli idioti, io non vi ho ancora perdonati.>> esordì Nobara, a braccia incrociate, appoggiata alla scrivania.

<< Ti ho detto che mi dispiace. Se mi fosse venuta in mente prima questa cosa, ne avremmo discusso con più calma.>>

<< Itadori ha ragione, non continuare a tenere questo muso lungo.>> intervenne Fushiguro.




La ragazza dai capelli rossicci, al contrario di quanto i due ragazzi ci provassero, si mostrava ancora molto ferita nell'orgoglio.




<< Tsk... vuoi uomini la fate sembrare sempre una faccenda da poco.>> ribatté lei.

<< Avanti, ci serve anche il tuo aiuto.>> disse Itadori con voce supplichevole.




La ragazza per tutta risposta voltò la testa dall'altro lato, sbruffando.




<< Non farci caso, secondo me tra poco cede.>> sussurrò Itadori all'orecchio di Fushiguro, dopo il gesto carico di risentimento di Nobara Kugisaki.

Il corvino annuì, alzando gli occhi al cielo.



<< Nanami ci sta mettendo molto.>> disse, spezzando il silenzio che era sceso tra i tre ragazzi nella stanza.



Guardarono tutti assieme i loro orologi da polso, constatando che era quasi sera.



<< Inumaki-Senpai dovrebbe ritornare a breve e noi non abbiamo concluso niente, durante la sua assenza. Non ne sarà contento.>> constatò Itadori.

<< Che c'è adesso vi siete invaghiti anche di lui, oltre che di [T/N]? >> sibilò Nobara.



I ragazzi decisero d'ignorarla, nonostante sapessero che questo gesto avrebbe prolungato solo di più la sua arrabbiatura.

Itadori ricadde con la testa sul suo cuscino, sospirando.



<< Dovremmo dire anche a lui quanto detto a Nanami.>> disse Fushiguro.

<< Non ignoratemi stronzi!>> strillò la ragazza, pestando un piede per terra.

<< E allora smettila di fare la stronza mestruata, e dacci una mano, cazzo.>> le urlò contro Fushiguro.



Per la prima volta la ragazza s'ammutolì, così come fece Itadori.
Entrambi osservarono il volto contratto dalla rabbia e dalla frustrazione di Fushiguro e rimasero in silenzio.

Nobara si sentì sull'orlo di scoppiare in lacrime, essendo che era la prima volta che Fushiguro le urlasse contro a quel modo.
Nonostante le parole del ragazzo fossero dettate dal suo disappunto e, nonostante fossero mirate a scuotere Nobara, l'effetto che ottennero fu del tutto differente.

La ragazza si sentì nuovamente attaccata dai suoi compagni, che ancora una volta anteponevano la situazione di una ragazzina appena conosciuta, alla loro amicizia.




<< Sei un pezzo di merda Fushiguro Megumi.>> disse secca la ragazza, con lo sguardo torvo e le lacrime che le roteavano negli occhi.

<< Perché te la prendi con me, solo perché tu in questa situazione sei inutile?>>




A quel punto, prima che Megumi Fushiguro potesse ribattere, Itadori saltò giù dal letto.



<< Calmi, ascoltatemi... tutti e due.>> urlò.

<< Non ti mettere in mezzo Itadori...>> ringhiò Fushiguro.



Entrambi, Nobara e Fushiguro fecero un passo in avanti, pronti a fronteggiarsi.



<< NO! Cazzo dovete ascoltarmi! Stiamo intraprendendo una strada sbagliata. Nobara, nessuno di noi vuole dire che possiamo risolvere la situazione da soli e nessuno sta mettendo in discussione che tu abbia ragione. [T/N] è davvero solo una ragazzina qualsiasi alla quale forse ci siamo affezionati senza motivo.>> iniziò Itadori, rivolgendo uno sguardo serio alla compagna.

<< Fushiguro, hai ragione anche tu nel volerla aiutare proprio perché è una ragazzina come tutte le altre. Se questa fosse stata una missione affidataci da Gojō-Sensei, non avremmo fatto di tutto pur di portarla a termine?>>



I due ragazzi parvero calmarsi ed ascoltarlo.
Itadori, prese un respiro, cercando poi di continuare.



<< Io non sono bravo a convincervi del perché dovremmo farlo o del perché non dovremmo. So solo che io voglio aiutarla. Ma come voglio aiutare lei voglio aiutare tutti quanti gli altri.
Litigare tra di noi non porterà a niente...ragazzi, ascoltate... è solo il nostro dovere in quanto sciamani.
Abbiamo il dovere di provarci.>> concluse.



Megumi annuì, abbassando lo sguardo.
Nobara, dal canto suo, continuò a mantenere un'espressione torva in viso.



<< E quindi... che cosa ha detto che avrebbe fatto Nanami in tutto ciò?>> disse infine, mostrandosi collaborativa ma non per questo meno offesa.



Itadori tirò un sospiro di sollievo nel vedere che in qualche modo, la sua improvvisazione aveva sortito un qualche effetto positivo, sulla ragazza.



<< Nanami ha detto che sarebbe andato a parlare con il Preside e che poi sarebbe tornato per spiegarci un po' come stanno le cose...ma ancora non è tornato.>> rispose.

<< Hm beh... non ci resta che aspettare immagino.>> sbuffò la ragazza.



Megumi Fushiguro le fece un cenno d'assenso, prima di andare a sedersi sul letto di Itadori.

Ci fu nuovamente una breve pausa, prima che la ragazza prese nuovamente parola.



<< Cosa ha detto Sukuna, di nuovo?>>



Itadori andò alla finestra, scorgendo la figura di Inumaki che rientrava dopo la sua missione, in lontananza nel viale d'ingresso.

Sospirò, prima di voltarsi verso la ragazza.



<< Che [T/N] è qualcosa sulla quale presto o tardi metterà le mani.>>

<< Puoi dire a quel bastardo che non è qualcosa che gli lasceremo fare, qualsiasi sia il suo scopo.>> rispose Nobara facendosi seria.




I tre ragazzi annuirono all'unisono, finalmente d'accordo su qualcosa.

Nessuno di loro, avrebbe lasciato che il mostro che dimorava dentro Itadori, potesse mettere le mani su [T/N] per nessun motivo al mondo.


Spazio autore:

Hola Stelline
Vorrei ritagliarmi questo piccolo spazietto per due cose essenziali.
La prima grazie mille per le 5k di letture!
Sono davvero felicissima che questa storia vi stia piacendo T_T
Grazie mille, ad ogni singolo voto, commento e lettura!
Grazie per il supporto!

La seconda, scusate se gli aggiornamenti sono così dilatati nel tempo, ma purtroppo ho molti impegni ultimamente.
Studio lavoro ed anche un probabile trasferimento.
Vi chiedo di avere pazienza T_T

Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto!

Un bacino.

❤️

Lavienne

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