~ Four. ~
2021
Toge Inumaki x Reader ( F )
[T/N] = Tuo Nome.
[T/C] = Tuo Cognome.
[C/C] = Colore Capelli.
Colore occhi: Nero.
Sesso: Femminile.
Anime: Jujustu Kaisen.
Personaggio: Toge Inumaki.
Parole: 3141.
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[T/N] non riusciva a trovare pace, in una sola posizione, per neanche un fugace attimo.
Tutto di lei era un fremito, ogni centimetro del suo essere era stato messo in subbuglio da quella mattinata tanto bizzarra, quanto inattesa.
Domande su domande, affollavano la sua testa e, si trovava sempre nella stessa situazione, a non avere neanche una risposta.
Si era sempre sentita fuori posto, dovunque si trovasse [T/N]: in casa sua, malvoluta dalla sua stessa madre, che persino in punto di morte non aveva fatto altro che ingiuriare il suo nome.
Nei vari orfanotrofi in cui fosse stata, prima di arrivare ad Hiroshima, proprio come se fosse stata un pacco non richiesto, di cui nessuno sembrasse essere il destinatario.
Ed infine qui, nuovamente a Tokyo: in un luogo dove non voleva tornare ed, in un posto che non ha la minima intenzione di volerla accogliere.
[T/N] sospirò, cercando di concentrarsi sulla sua lettura e lasciare che la sua mente si svuotasse, ritrovando così la calma.
Nonostante si trovasse sdraiata, con i piedi nudi che toccavano l'erba fresca del giardino interno, ed ogni cosa intorno a lei emanasse un'aria di tranquillità, continuava a pensare a ripensare a quanto appena successo.
Scosse la testa, [T/N], prendendo un profondo respiro.
Prese a guardarsi i piedi nudi:
Il contrasto del candore della sua pelle, con i fili l'erba verde brillante e lussureggiante, era netto.
La sensazione di toccare quel tappeto soffice con le punte delle dita dei piedi, per un attimo la fece distrarre.
Non poteva essere così male, la sua condizione, se ancora riusciva a gioire di una cosa tanto semplice come il sentire l'erba tra i piedi.
Quando era ad Hiroshima non poteva mai camminare scalza, o meglio, [T/N] lo faceva ugualmente e puntualmente veniva punita, poiché quello " non era di certo un atteggiamento consono per una signorina.".
La struttura aveva un giardino, ma che era stato cementificato molti anni prima dell'arrivo di [T/N].
Era felice di poterlo finalmente fare, ed era felice, [T/N] che la sensazione che aveva sempre immaginato, di morbido e vellutato solletico, fosse del tutto reale.
Questo avrebbe dovuto bastare per farla calmare del tutto, eppure c'era qualcosa, in quella mattinata che l'aveva messa così in agitazione, da non farle godere neanche di quella sensazione.
La risposta del perché, si sentisse a quel modo, era chiara, ma [T/N] non riusciva a vederla, anzi ne stava ricercando le cause, di tale stato d'animo, altrove.
" Forse quella ragazza Maki... mi ha fatto venire i brividi per come è stata brusca con me."
Pensò.
" O forse quella No... Nobara? Come può pensare che io e Satoru Gojō... una relazione?!? Di quel tipo?! Con un uomo più grande per giunta?!"
Istintivamente [T/N] arrossì, lasciandosi ricadere il libro sul viso e sbattendo i piedi sull'era.
Si ritrovò a rotolarsi da un lato all'atro del futon, che aveva precedentemente steso sotto al poeticato, con un'espressione indecifrabile sul viso.
Secondo [T/N] dovevano essere state le insinuazioni delle due ragazze, a lasciarle quel residuo di agitazione e nervosismo, ma allora perché non faceva altro che ripensare a come si fosse colorata di rosso, la pelle del viso di Toge Inumaki, nel momento in cui poi si alzò da tavola?
Non era da lei, assolutamente, registrare un dettaglio così insignificante, su una persona che a malapena conoscesse - che per giunta non avrebbe avuto modo di conoscere meglio, poiché neanche le parlava- e che, con molta probabilità la pensava esattamente come tutti gli altri: ossia che [T/N] non era la benvenuta.
Sospirò, cercando di scacciare quel pensiero.
Presto o tardi Satoru Gojō sarebbe tornato, e avrebbe sistemato le cose, probabilmente.
[T/N] doveva solo resistere fino a quel momento, cercando di non dar fastidio a nessuno, facendosi notare il meno possibile.
Proprio per questo decise, quando iniziò a sentire la sua pancia brontolare, circa verso l'ora di pranzo, di non recarsi nella sala comune per incontrare nuovamente quei ragazzi.
Non avendo soldi, non poteva uscire da quell'Accademia, ed, non avendo nessuna voglia di incrociare nuovamente quegli sguardi di fuoco, aveva deciso di trattenersi nel giardino interno, fino a quando non fosse stata sicura che tutti gli altri si fossero ritirati.
Era abituata del resto, a trattenere la fame, poiché non sempre ad Hiroshima, le era concesso di mangiare.
Generalmente quando veniva messa in punizione, le facevano saltare dei pasti, così aveva imparato a trattenersi fino al momento in cui sarebbe sgattaiolata in cucina per rubare qualcosa.
[T/N] sorrise nel pensare che quell'Accademia, alla fine non fosse così tanto diversa dall'orfanotrofio di Hiroshima: stava sempre da sola, aveva trovato un posto dove gli sguardi truci degli altri non potevano raggiungerla, doveva muoversi in punta di piedi per poter mangiare.
Era proprio vero allora che, le vite mediocri, non importa quanti sforzi si possano fare, ti restano cucite addosso.
Il corridoio che portava alla cucina era abbastanza silenzioso, così [T/N] dopo aver controllato scrupolosamente dietro ogni angolo, alla fine scivolò dentro la soglia della cucina, tirando un sospiro di sollievo.
"Okay... non c'è nessuno."
Pensò, chiudendo gli occhi ed appoggiandosi alla porta della cucina, una volta che l'ebbe richiusa alle sue spalle.
[T/N] aprì gli occhi mentre il rombo del suo stomaco riecheggiava dentro la stanza, provocando il risolino di qualcuno all'interno della cucina.
[T/N] si tappò la bocca, sbarrando gli occhi: possibile che non si fosse accorta della presenza di qualcuno, nel mentre entrava?
Il bello e tenebroso, precedentemente presentatosi come Megumi Fushiguro, la fissava, mentre stava appoggiato con i gomiti e la schiena al davanzale della finestra.
[ T/N] trasalì.
Aprì la bocca per cercare di spezzare quell'imbarazzo te silenzio, colmato solo dagli occhi chiari e freddi di lui, dentro quelli profondo e neri di lei, ma alla fine fu nuovamente il suo stomaco ad avere la meglio.
Megumi Fushiguro sorrise di nuovo.
<< Prendi... te ne ho conservato un piatto, sospettavo che saresti tornata per pranzo. Mi chiedevo solo quando.>> le disse, facendo cenno ad un fagotto messo sul tavolo.
[T/N] si mise in posizione da guardia: il suo cervello, così come il suo istinto, le suggerivano tutto il contrario di quello che il suo stomaco, per la terza volta brontolò.
Perché quel tipo, si sarebbe preso la premura di conservarle un piatto, per farla pranzare?
Perché la stava attendendo in cucina, se fino a qualche secondo prima, le era sembrava decisamente vuota?
" Forse vuole avvelenarmi..."
<< Tranquilla, è un normalissimo pranzo.>> concluse lui, muovendo qualche passo verso di [T/N]
[T/N] sobbalzò.
Era questo quello che facevano gli stregoni? Leggere nel pensiero?
Il suo viso arrossì di colpo, pensando che se questa fosse stata una particolarità degli allievi dell'Accademia di Arti Occulte di Tokyo, allora sarebbe stata nei guai.
Aveva pensato davvero cose poco carine, nei riguardi di Satoru Gojō.
Aveva pensato qualcosa che forse era meglio dimenticare, la prima volta che i suoi occhi avevano incontrato quelli violacei di Toge Inumaki.
<< Ah... ecco io... ti-ti ringrazio.>> disse lei.
Megumi Fushiguro le passò di fianco, rendendo molto evidente la loro differenza d'altezza, e le rivolse uno sguardo, decisamente più penetrante di quelli che finora le aveva lanciato.
Fece un mezzo sorriso, e poi alzando le spalle, uscì dalla cucina, lasciando [T/N] in uno stato confusionale più accentuato di quello che lei già avvertisse.
"Perché tutti mi guardano così, dall'alto in basso?"
Consumò rapidamente il pranzo, a base di riso e zuppa di miso con diverse verdure e carni da aggiungerci dentro.
[T/N] lo divorò, senza quasi neanche sentirne il sapore, per due motivi:
Il primo, era perché era davvero troppo affamata e, qualora il cibo fosse stato avvelenato, voleva morire con la pancia piena.
Il secondo era che non aveva intenzione di incontrare più nessun altro di quei ragazzi.
Voleva ritirarsi nella sua stanza, o ancora meglio, nel poco frequentato giardino interno, fino all'ora di cena.
Si era appena promessa che le interazioni con quei ragazzi, prima del rientro di Satoru Gojō sarebbero state praticamente nulle.
Non voleva complicare le cose per nessuno, e non voleva che nessuno complicasse le cose per lei.
Mentre sgattaiolava via dalla cucina, si guardava intorno con circospezione, cercando di camminare sulle punte per non fare neanche il minimo rumore.
"Bene, sembra davvero non esserci nessuno, nei pressi delle stanze."
Pensò, tirando un sospiro di sollievo.
Non appena svoltò l'angolo la voce di Nobara, le arrivò chiaramente alle orecchie, facendola pietrificare sul posto.
<< Ti dico che è l'amante di Gojō-Sensei!>> disse la ragazza.
Qualcuno scoppiò a ridere, a giudicare dal tono di voce decisamente alto, doveva trattarsi del ragazzo con i capelli rosa: Itadori Yuji.
<< Smettila di essere così rumoroso! Ti dico di sì. Non trovi strano che una ragazzina appaia dal nulla dentro l'Accademia e non faccia altro che parlare di "Satoru Gojō"...>> riprese, imitando la voce di [T/N] nel pronunciare il nome dell'eccentrico professore.
<< In più, hai visto come diventa tutta rossa? È palese... c'è da capire perché quello svitato l'abbia portata qui... magari per soldi?>>
Ci fu una breve pausa.
Per quanto la testa di [T/N] la spingesse ad andarsene, i suoi piedi restavano ancorati al pavimento, nascosta dietro quell'angolo ad origliare.
Si sentì infiammare il viso, ancora una volta, ed il cuore in gola nel sentirli parlare di lei in quei termini.
Già era stata un'orfana per molti anni della sua vita, ma adesso ai loro occhi era divenuta anche una prostituta.
<<Secondo me ti sbagli, e sei gelosa che Megumi le abbia conservato il pranzo.>> ridacchiò Itadori Yuji.
Il suo della sua risata durò poco, in quanto seguì immediatamente un lamento di dolore.
<< AHIO! MA PERCHÉ?!>> disse lui.
<< Perché sei un'idiota e non perderò più tempo a parlarne con te! Quella se la fa con il professore... e poi non dire che io non te l'avevo detto. Si vede che è una disperata... ma Gojō? Quante stranezze potrà mai avere quell'uomo... per sceglierne una così piccola?! BHA! E per inciso... io non potrei mai essere gelosa di quella.>> rispose secca la ragazza.
Le lacrime fecero capolino agli di [T/N], che non si soffermò neanche ad ascoltare oltre la loro conversazione.
Rapidamente, prese la strada che portasse dal dormitorio al giardino, senza neanche più far attenzione se potessero sentirla o meno.
Si sentiva ferita, ancora una volta, da gente che la conosceva appena.
Si diceva, mentalmente, che era stata una stupida a pensare di poter scampare per una volta, al pregiudizio.
Le vite mediocri erano per le persone mediocri.
Per un attimo lo aveva dimenticato, ma adesso le era tornato chiaro come il sole, in mente.
Nessuno avrebbe potuto accettarla, nessuno avrebbe potuto accoglierla da nessuna parte: se neanche sua madre l'aveva voluta, adesso perché, degli sconosciuti avrebbero dovuto fare lo sforzo di cercare di mettersi nei suoi panni?
Le vite mediocri erano per persone mediocri, i suoi panni erano sudici e sporchi, nessuno avrebbe mai voluto immedesimarsi in una persona patetica come lei.
Ancora una volta si trovava a piangere per colpa dei capricci di qualcun altro, ancora una volta l'assenza di Satoru Gojō l'aveva ferita; ma chissà, se la sua presenza le avrebbe fatto meno male, [T/N] non poteva fare a meno di chiederselo.
Generalmente alla figura dell'orfana, veniva sempre associata la figura della prostituta: per [T/N] non era la prima volta che, qualcuno la prendesse per tale, ma di solito erano gli uomini adulti a pensarla così.
Sentir pronunciare quelle parole, tanto a cuor leggero, da una ragazza che poteva avere più o meno la sua età, l'avevano ferita.
Piangeva, senza un controllo, nel mentre che si richiudeva la porta del giardino alle spalle.
Per la seconda volta, come un deja-vù si era ritrovata ad entrare in quel luogo, rompendone il silenzio con i suoi singhiozzi.
Ancora una volta, [T/N] si era ritrovata a pensare quanto odiasse gli stregoni.
Si accovacciò su se stessa, appoggiando la schiena alla porta, cingendosi le ginocchia con le braccia ed affondandoci la testa dentro nel mentre, lasciava che il suo senso di tristezza e solitudine avessero la meglio.
" La tua tristezza ti renderà unica."
Un brivido corse lungo la schiena di [T/N] nel ricordare quelle parole.
Perché proprio in quel momento?
Perché quei ricordi, di quel giorno così straziante, le stavano tornando in mente?
Chi era stato a rivolgerle quelle parole? [T/N] lo aveva scordato, o forse stava cercando di dimenticarlo con tutta se stessa.
Un dolore le stringeva il petto, facendola respirare a fatica.
Si guardò le mani tremanti, mentre con fatica le metteva a fuoco e sentiva di non averne più in controllo.
Chiuse gli occhi, mentre un nuovo brivido la scuoteva da capo a piedi.
Le lacrime le rigavano il viso incessantemente, [T/N] dentro di se pregava che finisse il prima possibile.
Era un pianto disperato, che convergeva su più punti: il ricordo di quel giorno, il suo senso di non appartenenza a nessun luogo, il sentirsi sempre rifiutata, le parole che le erano state rivolte, il suo senso di abbandono e di impotenza.
Si sentiva esausta, di quell'esistenza così ingiusta [T/N], alla fine tutto quello che lei desiderava era la pace.
E la pace sopraggiunse, in un modo del tutto inaspettato e improvviso. [T/N] nuovamente non si accorse della sua presenza, ed ancora una volta si ritrovò ad alzare il capo, sotto il peso di quegli occhi sembravano sollevarla dalla sua tristezza, spezzando quelle catene che la inchiodavano a terra.
Nuovamente gli occhi neri abissali di lei, si fusero con quelli profondi di lui, in silenzio; nonostante Toge Inumaki fosse l'ultima persona del mondo, in grado di dirle qualcosa di confortante, la sua sola presenza, quel suo sfiorarla con esitazione, ed il suo solo sguardo, furono abbastanza per far trovare la pace a [T/N].
Non le disse nulla, Toge Inumaki, le aveva solo sfiorato una mano, che la ragazza teneva stretta alle sue stesse ginocchia.
Non le disse nulla, abbottonato com'era fino alla punta del naso, la guardava forse con compassione, o con qualsiasi altro sentimento stesse scintillando nelle sue iridi viola in quel momento.
Non le disse nulla, eppure il frastuono dei pensieri di [T/N] cessò immediatamente, lasciando spazio ad un accogliente senso di pace e vuoto.
[T/N] aprì la bocca ma la voce le morì in gola.
Desiderava parlargli o anche solo scusarsi, per essersi nuovamente mostrata in quelle condizioni nel giro di pochissimo tempo; ma il solo interrompere quel silenzio confortante tra loro due, le parve un peccato così grande del quale [T/N] non voleva macchiarsi.
Così lo osservò, con il viso stravolto, gli occhi arrossati che ancora lacrimavano da soli, e le mani tremanti che saldamente stringevano le sue ginocchia.
Tirò su con il naso [T/N], mentre si mordeva con forza il labbro inferiore per cercare di trattenere più che potesse la nuova ondata di lacrime.
Per quanto si sforzasse, la tristezza era forse il suo unico stato d'animo possibile: si abbandonò nuovamente ad un singhiozzare così patetico, che la fece infiammare di rabbia al suo interno.
Di nuovo stava piangendo senza un ritengo, di nuovo davanti Toge Inumaki.
Che idea avrebbe potuto farsi di lei, nel vederla ancora una volta in questo stato?
Si sentiva profondamente connessa a quella persona, [T/N], e non sapeva neanche darsi una spiegazione.
Lo conosceva da poco, non le aveva mai rivolto la parola, eppure la sua sola presenza, il suo solo sguardo la facevano sentire in qualche modo, meno mediocre di quel che lei pensasse.
Poi lui, fece una cosa che [T/N] non seppe come interpretare, una cosa improvvisa che non le diede neanche il tempo di reagire.
La guardò teneramente, e forse, le sembrò di scorgere una nota di tristezza anche dentro le sue iridi d'ametista, nel mentre si portava una mano alla zip che attraversava il colletto che gli nascondeva la bocca.
Il battito del cuore di [T/N] accelerò a dismisura, mentre con gli occhi divorava quel movimento lento che finalmente le avrebbe permesso di osservarlo per intero.
Lui fece scivolare là zip fino alla fine del colletto, e con una mano ne aprì una parte, rivelando per la prima volta agli occhi sconvolti di [T/N] il suo viso per intero.
Le sue labbra erano carnose e piene ma proporzionate, rosee e leggermente inumidite.
La forma del suo viso era perfettamente ovale, rendendolo ancora d'aspetto più delicato, di quello che la parte superiore del suo volto già suggerisse.
Ciò che catturò, immediatamente l'attenzione di [T/N] furono due segni, che partivano dagli angoli della bocca di Toge Inumaki, ed arrivavano fino le sue guance: dei cerchi con all'interno un altro cerchio più piccolo, collegati con delle sottili linee.
Era un segno strano, da portare in un posto così in vista come le labbra: era forse quello il motivo per cui se ne stava sempre abbottonato?
"Un tatuaggio? Che strano posto... per un..."
Non riuscì a terminare i suoi pensieri, che la sua attenzione, fu completamente catturata dal suono calmo della voce della persona che aveva davanti.
Un sussurro, dolce, flebile, che partì dalle sue labbra dischiuse ed arrivò alle orecchie di [T/N].
La sua voce era calma, proprio come il suo aspetto, leggermente roca, e tremendamente rassicurante.
< Non piangere.>
Fu tutto quello che le disse.
Il cuore che le batteva all'impazzata improvvisamente, si placò.
Il senso di agitazione che aveva dentro di se, si dissipò, i suoi occhi smisero di disperarsi, ed il tremore alle sue mani si fermò nell'immediato.
[T/N] restò così immobile, in quella posizione, senza riuscire a capire che cosa le fosse appena successo.
Sapeva solo che, il suo senso di sconforto era svanito nel momento esatto in cui, Toge Inumaki, le aveva per la prima volta rivolto la parola.
Quando sollevò gli occhi nuovamente nei suoi, distogliendo così l'attenzione dalle sue labbra, le sembrò che qualcosa in lui fosse cambiato.
Aveva inarcato le sopracciglia, come se adesso fosse lui stesso, sull'orlo delle lacrime ed una luce, del tutto diversa da quella di prima, gli stava passando sul viso.
Era... deluso? Era forse... arrabbiato?
[T/N] notò che Toge Inumaki, aveva stretto i pugni.
Così il ragazzo si riabbottonò di tutta fretta, e alla fine la lasciò lì, uscendo dalla porta alle sue spalle, lasciandola senza una spiegazione al milione di domande che in quel momento, avevano preso a vorticare nella testa di [T/N].
Lentamente si porto le mani agli occhi, che trovo sorprendentemente asciutti, piano se ne posò una sul petto, sentendo che quel peso che avvertiva prima si fosse dissolto.
Alla fine, [T/N] si portò le mani alla testa:
" Che cosa, diamine mi è successo?"
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