~ Eleven. ~


2021

Toge Inumaki x Reader ( F )


[T/N] = Tuo Nome.
[T/C] = Tuo Cognome.
[C/C] = Colore Capelli.
Colore occhi: Nero.
Sesso: Femminile.

Anime: Jujustu Kaisen.
Personaggio: Toge Inumaki.
Parole: 4540.




*
*
*


Era notte oramai, e le stelle in cielo scintillavano come migliaia di minuscoli diamanti.
Riflettevano l'uno la luce dell'altro, facendola ribalzare all'interno dell'universo come se fosse un'immensa casa degli specchi.

Inumaki ascoltava pazientemente il racconto di [T/N], seduta di fianco a lui.
La ragazza teneva lo sguardo basso, che vagava dai suoi piedi, all'erba che accarezzava con le mani ed ogni tanto alle dita delle mani di Inumaki stesso, che teneva con il palmo aperto a terra.
Lui avrebbe voluto sfiorare la sua pelle candida, anche solo per farle capire che la stava ascoltando.
Voleva incoraggiarla, o anche solo farla sentire un po' meno a disagio di quanto lei sembrasse sentirsi, con quel racconto.
Però alla fine non fece nulla, se non limitarsi ad osservarla.

Quando arrivò al punto di descrivere la figura di un ragazzino, anzi di un bambino per essere corretti, Inumaki vide i suoi occhi inumidirsi.
Gli sembrò improvvisamente molto più fragile di quel ch'era stata fino a pochi secondi fa.
Sembrò infinitamente triste, di una tristezza che ti scava nel petto e ristagna nel tempo, puzzando di marcio e putrido.
Vide le sue lunghissime ciglia scure tremare per un attimo, così come le sue sopracciglia inarcarsi in una smorfia di dolore malcelata, per un breve istante.

Parlava del suo volto deforme, di come apparisse dura come lava rappresa, la pelle del suo viso e di come la voce del bambino suonasse dentro la sua testa esattamente come la ragazza ricordava.
La ragazza si asciugò rapidamente una lacrima con il dorso della mano, mentre spiegava del modo buffo che aveva di marcare alcune consonanti e di storpiare alcune parole, quel bambino.
Sorrideva, mentre continuava a raccontare, fingendo che quel semplice sogno non le facesse più male di quel che stesse mostrando.

Ancora una volta Inumaki sospirò, osservando il profilo di [T/N] raccontare un sogno che aveva fatto.
Qualcosa in quella storia le metteva addosso un manto di nostalgia, greve e pesante, sulle sue spalle esili; sembrava poterla sopraffare da un momento all'altro, ma lei con estremo coraggio, continuava ad andare avanti.

Inumaki l'osservò tutto il tempo, cogliendo ogni singolo vibrare delle sue emozioni ed ogni inflessione della sua voce.
Annotò mentalmente che [T/N] pronunciava alcune parole marcandone le sillabe finali, che pronunciava una T molto dolce e che, quando c'era qualcosa che le si annodava in gola, faceva fatica a farla uscire fuori.

E quel qualcosa che le stringeva l'ugola, che s'inerpicava anche sulla sua lingua, era un nome.

Eiji, per la precisione.

Sembrava soffrire infinitamente, lasciando che fosse quasi un sussurro appena pronunciato, piuttosto che un vero e proprio suono.
Era timorosa nel dirlo ad alta voce, quasi come fosse un segreto importante da dover continuare a custodire.

Il cuore d'Inumaki fece i fuochi d'artificio e capriole di ogni tipo, nel rendersi conto che quel nome che [T/N] pronunciava a fatica, lei lo stava affidando a lui.
Glielo stava donando, vincolandolo al suo stesso silenzio, quel sussurro che faceva parte del cuore di [T/N].
Un pezzetto di lei, un minuscolo lembo di anima che lei gli stava porgendo, per permettergli di aggrapparsici.

Inumaki non se lo fece ripetere due volte, afferrò con entrambe le mani quel che [T/N] gli stesse donando, con la convinzione dentro di sé che l'avrebbe custodito per sempre.
Che sarebbe stato grato ed all'altezza proteggere quel nome.
Che, nonostante non ci sarebbe stato nulla che avrebbe potuto dirle per tranquillizzarla e rassicurarla, sarebbe stato l'unico in grado di capirla.

Del resto, se lei lo aveva cercato per raccontagli qualcosa, alla fine non era perché volesse sentire la voce di qualcuno, ma forse solo un rassicurante silenzio.

In quel momento Inumaki giurò a sé stesso, in quella mite nottata estiva, che avrebbe reso il suo silenzio il più lieve possibile per [T/N].

Il più confortante.

Il più assordante.

Il più amabile, possibile


Si promise che il suo silenzio le avrebbe calzato, proprio come dentro ad una fiaba, al meglio di qualsiasi parola.

Le strinse istintivamente una mano, quando la sentì esitare più delle altre volte.
Lei alzò gli occhi, carichi di lacrime e di un altro milione di emozioni, che si riflettevano in quelli viola di Inumaki con le stesse luci dell'intera galassia.

Lui deglutì, pensando di aver fatto qualcosa di sbagliato, ma oltre ogni sua più rosea aspettativa, [T/N] ricambiò la sua stretta.
Fece incastrare i loro palmi ed intrecciare le loro dita, come due tasselli di uno stesso mosaico finalmente completo.

Un brivido gelido seguito da una scarica elettrica attraversò il corpo di Inumaki, da capo a piedi, senza tralasciare neanche un centimetro di pelle.
Sentì la sua cena risalirgli in gola andando a mischiarsi con il sapore artificiale di fragola che ancora gli riempiva la bocca.
Il cuore sembrò uscirgli dalle orecchie che, nel contempo, stavano anche prendendogli fuoco.

Inumaki mandò già tutte le farfalle che sentiva svolazzargli nello stomaco, ingoiò il suo sentirsi inadeguatamente ed egoisticamente al settimo cielo, assieme a quel fuoco che gli stava divampando sulla faccia, e sorrise.

Tutto quello che riuscì a fare fu solo di sorriderle.
Con tutto il suo impegno, la sua goffaggine e con tutte quelle cose che non poteva dirle.


Sorrise, incastrando le sue iridi violette in quelle scure di [T/N].


E brillavano, brillavano di tutte le luci dentro al cosmo, quegli occhi.
Brillavano di lacrime troppo radicate all'anima, che di scendere giù non ne volevano sapere.
Brillavano di sentimenti nuovi, confusi, che si mescolavano con l'emozione di un ricordo che riaffiora nel momento giusto.

Il cuore di Inumaki fece una capriola da medaglia d'oro alle Olimpiadi, avvitandosi su sé stesso e ricascando dentro ai suoi piedi, prima di risalirgli dentro la testa ed implorarlo di poter uscire fuori.

Fece i salti di gioia quando anche gli angoli della bocca di [T/N] si sollevarono, regalando al ragazzo l'emozione più pura e preziosa che avesse mai avuto il piacere di vedere con i suoi stessi occhi.

Gli occhi che lasciano andare grosse gocce di pianto salate, che rigano il volto fino agli angoli di un sorriso timido e genuino.
Si può sorridere, si può trovare la speranza anche quando non si ha la forza per altro, se non piangere.

Inumaki impresse quel viso, quel vibrare dell'aria attorno a [T/N] dentro la sua mente e, nel contempo, a colori vividi anche dentro al suo cuore.

[T/N] tirò su con il naso, continuando a stringere la mano del ragazzo vicino a lei, ignorando lo stato in cui quest'ultimo versava: avrebbe potuto implodere su sé stesso da un momento all'altro, trasformandosi in un buco nero e finendo per inglobare tutta Tokyo nel giro di qualche millesimo di secondo.



<< Mi chiedo perché... perché lui... insomma perché sognarlo proprio adesso...>> disse [T/N].



Inumaki la guardò, cercando di calmare i suoi bollenti spiriti e mettendo su la faccia più seria che potesse fare.

Effettivamente i sogni di [T/N] erano tutto fuorché sogni normali.

L'interazione avuta con il piccolo Eiji era qualcosa che non era di certo ricorrente nel mondo degli uomini, anzi era qualcosa di straordinariamente raro anche nel mondo degli stregoni.

C'era una linea di demarcazione molto netta tra il mondo dei vivi e quello dei morti: quando questo confine veniva oltrepassato per qualche motivazione, le Maledizioni s'incarnavano e di questo, Yuta Okkotsu ne era un esempio alquanto calzante.


Ma Eiji non si era incarnato.
Eiji non era un feticcio, non era una Maledizione, non era uno spirito.

Eiji restava morto ed Inumaki poteva accorgersene dal solo fluire di energia malefica dentro [T/N], pari a 0.

Ma allora com'era possibile che il bambino fosse a conoscenza degli eventi nella vita di [T/N]?
Come poteva comunicare con lei, con la stessa facilità con cui ora [T/N] stava parlando con lui?

I morti non parlano, e questo Inumaki lo sapeva bene e, sotto sotto, lo sapeva anche [T/N], anche se a giudicare dalla tranquillità con cui ne stava parlando, come se fosse solo una curiosa coincidenza, Inumaki pensò che forse non ne fosse del tutto al corrente.


"L'interazione con suo fratello morto non è normale... ma non è il momento per dirglielo..."


Inumaki la guardò, lasciandole tutto il tempo necessario per farla sfogare.



<< Sai un tempo... un tempo ero io che lo cercavo. Mi mancava parlare con qualcuno che potesse capirmi... sai, quando ero un po' in giro per il Giappone, in particolar modo durante i miei anni ad Hiroshima.>> continuò la ragazza.



Prese un profondo respiro, lasciando che il suo petto avesse un po' di tregua dai singhiozzi.



<< Chissà se Eiji... in qualche modo voglia proteggermi... È strano lo so. Io forse neanche ci credo a queste cose, però... lui ecco... mi fido di lui.>> concluse.



Inumaki sospirò.



"In realtà ho paura proprio di questo. Perché si è scomodato qualcuno dal regno dei morti per lei? Perché riesce a parlare con lui, attraverso i suoi sogni, se neanche riesce a vedere le Maledizioni ed in lei non scorre alcun tipo di Energia Malefica?"



<< Mentaiko... salmone...>> disse in un sussurro Toge Inumaki, spostando lo sguardo da [T/N] alle loro mani ancora intrecciate.

"Sono in dubbio su questo..."

<< Come... come dici?>> chiese lei, sporgendo leggermente il viso verso la sua direzione.




Toge Inumaki, il quale era completamente immerso dentro ai suoi pensieri, diede per scontato che la ragazza potesse comprendere.

Diede per scontato che stesse parlando in un modo del tutto comprensibile, poiché la sua testa era uno sferragliare di ingranaggi che cercavano una visione d'insieme un po' più ampia, di quel racconto.

Ma ancora era troppo presto.
Troppo presto per poter vedere l'enorme disegno che stava dietro quello ch'era iniziato come un segreto sussurrato al chiaro di Luna.



<< Mentaiko, salmone.>> ripeté il ragazzo, appoggiando la nuca alla corteccia dell'albero e socchiudendo gli occhi.



Un risolino soffocato, lo fece tornare in sé e lo fece arrossire fino alla punta delle orecchie, e questa volta era ben visibile anche a [T/N].



<< Bhe, del resto, se avessi voluto l'impressione di qualcuno... non sarei venuta qui.
Quindi si, mentaiko e salmone vanno più che bene.>>



Inumaki sollevò le ginocchia e vi affondò il viso, coprendosi con la mano libera.
Era in imbarazzo, ma non di certo era scemo: non avrebbe lasciato andare la mano di [T/N] per nessun motivo al mondo.

Il calore che gli accendeva il viso partiva proprio da quel semplice contatto, come se fosse la miccia di una bomba insediata dentro il suo petto, che la ragazza aveva acceso e che lui non riusciva a disinnescare in alcun modo.

Fu proprio [T/N] a slacciare le loro dita, portando quella mano sulla sua schiena, come per esortarlo ad uscire dal suo guscio.



<< Ehi non volevo offenderti... è solo che... non riesco a capirti...>> disse piano la ragazza, avvicinandosi a lui.



In quel momento la testa di Toge Inumaki, così come la sua coscienza, si divisero perfettamente in due: da una parte quella ancora ben ancorata alla realtà, gli suggerì di rassicurarla, di dirle di non preoccuparsi che non era di certo offeso.
Dall'altra, quella che già aveva preso il volo e che aveva fatto il giro del mondo almeno quindici volte in quella serata, gli suggerì di fingersi offeso, di approfittare di quella vicinanza che probabilmente non gli sarebbe mai più ricapitata.


Essere egoista o non esserlo?
Viziarsi di quel momento oppure prendere le distanze?
Tornare a focalizzare l'attenzione sul segreto che [T/N] gli aveva appena raccontato o continuare a pensare a quanto soffice fosse ogni tocco di [T/N] sul suo corpo?


Inumaki non era un tipo istintivo, per niente.
Quella che poteva sembrare una scelta avventata o persino disperata, in realtà era passata a giudizio una ventina di volte dal ragazzo, nei suoi palazzi mentali di Corte e Giustizia.

Non lasciava nulla al caso.
Non agiva d'impulso.
Non si fidava solo dei suoi sensi che, per quanto acuti potessero essere, restavano pur sempre una parte della verità che aveva sotto gli occhi.

Toge Inumaki rifletteva, tanto, troppo.
Lui prima di scegliere passava rapidamente nella sua testa tutte le possibilità, analizzava tutte le eventualità che potevano entrare in gioco e solo alla fine sceglieva.

Toge Inumaki per sua innata natura riusciva a scorgere un pezzetto del futuro delle persone che incontrava.
Che fosse per il suo udito sottile e finemente sviluppato, che riusciva a sentire il ronzio del destino del cuore di un uomo; o che fosse per i suoi occhi d'ametista, che riusciva a vedere quanto ribollisse l'animo di un uomo, aveva poca importanza.

Ma in entrambi i casi, lui se n'accorgeva ed a volte si divertiva anche a fare delle predizioni del tutto scarne, sulla piega che la vita di un individuo avrebbe preso.

Per queste motivazioni, da quel primissimo giorno, quando i suoi sensi s'ubriacarono di [T/N], non riuscì più a togliersela dalla testa.



Di lei non vedeva nulla.
Non percepiva nulla.


Non riusciva a percepirle quelle vibrazioni, quel fermento che faceva l'anima.
Era rinchiusa dietro ad una barriera impenetrabile [T/N], fatta dalla sua tristezza e da quelle emozioni che prendevano il sopravvento su di lei, come quella notte.

Proprio per questo, non sapendo in che direzione andare quando c'era [T/N] a fargli da bussola, Toge Inumaki decise di lasciarsi trasportare dal caso, dalle coincidenze e dalle circostanze.
Si sarebbe immerso nelle acque impervie del fato e si sarebbe lasciato trasportare dalla corrente, molto semplicemente.

Così a metà, tra il lasciarsi andare ed il lasciarla andare, c'era il vedere cosa succede.


E Toge Inumaki così fece.


Sorrise mentalmente nel sentire quella mano sfiorargli la schiena, chiuse gli occhi e ne assorbì tutto il calore che era in grado di liberare.
Poi, per nessun motivo apparente, decise di voler sollevare la testa per osservare il viso di [T/N] ed in qualche modo, farle vedere che non era di certo offeso.

Le fili del destino sono duri, quasi impossibili da spezzare e nel contempo, sono anche ingarbugliati tra di loro, così tanto che spesso è difficile riuscire a seguirne i capi.
Come se fosse un enorme labirinto, dove è impossibile scorgerne l'uscita, il destino funzionava nello stesso ed imprevedibile modo.

Forse Toge Inumaki n'era leggermente consapevole, poiché era stato lui stesso a scegliere di seguire la corrente, ma [T/N], che non credeva né nelle coincidenze e né nel destino, quel che successe la spiazzò del tutto.

Il viso di [T/N], che cercava di scorgere quello di Inumaki al di sotto delle sue braccia intrecciate come mura di cinta, attorno la sua testa, si ritrovò improvvisamente vicinissimo a quello del ragazzo.

[T/N] non aveva di certo pensato all'eventualità che ad un certo punto Inumaki avrebbe potuto alzare la testa, quando aveva deciso di spingersi ad accorciare le distanze tra di loro a quel modo.
Inumaki, il quale ci aveva segretamente sperato, non n'era del tutto convinto che lei si sarebbe spinta a tanto.


Il tempo parve fermarsi, cristallizzandosi in secondi sospesi nel chiacchiericcio notturno del Giardino.
Il frinire delle cicale s'interruppe, il fischio lieve che faceva quella brezza tiepida s'interruppe, il respiro dei due ragazzi che se ne stavano seduti al chiaro di Luna, s'interruppe.
I loro occhi s'allacciarono, riflettendo gli uni i desideri degli altri attraverso fulminei bagliori che ne rischiaravano le iridi.
Il rossore sulle gote di entrambi, sembrava provenire da una stessa fonte, comune ad entrambi i loro cuori.

[T/N] si accorse del leggero velo di lentiggini sul viso di Inumaki.
Inumaki registrò dentro di sé quanto fossero lunghe e scure le ciglia di [T/N], di come tremassero impercettibilmente ogni qual volta sbatteva le palpebre.
[T/N] vide come fossero dilatate le pupille di Inumaki, così tanto che il viola delle sue iridi era quasi del tutto scomparso.
Inumaki si rese conto di come fossero arcuate le labbra superiori di [T/N], di un colorito rosato e brillante, nonostante fossero leggermente screpolate.

Il respiro di [T/N] sapeva di coca-cola frizzante, mista ad una punta di limone, mentre quello di Inumaki aveva delle sfumature più dolciastre, di fragola artificiale.

Fu una frazione di secondo, durante la quale gli occhi di Inumaki scesero a guardare le labbra di [T/N] prima di fissarsi nuovamente nei suoi occhi.
Ed altrettanto rapido fu il movimento che fece [T/N], nell'andare dalle labbra carnose accompagnate da quei tatuaggi scuri, di Toge Inumaki, a nuovamente ai suoi occhi.


C'era qualcosa nell'aria, quella notte.
Qualcosa di elettrico, che sfarfallava tutt'intorno.


Come se anche l'acqua della Fontana avesse preso a vibrare, riempiendo l'atmosfera di minuscole goccioline.
Se la Donna, dai lunghi capelli e dal viso dolce, avesse potuto dare un ultimo bacio all'Uomo di cui carezzava instancabilmente il viso, probabilmente lo avrebbe fatto quella notte.

Se la Notte avesse potuto baciare a fior di labbra il Giorno, lo avrebbe fatto nei colori dell'aurora, in quel preciso istante.

Se i due amanti separati dal tempo, avessero potuto fondersi nuovamente , nella Vita e nella Morte che rappresentavano, lo avrebbero fatto quella notte.


E se [T/N] fosse destinata a cedere alle lusinghe di quell'emozione che le metteva in subbuglio lo stomaco, lo avrebbe fatto quella notte.
Lo avrebbe fatto, mentre lentamente seguiva come sotto ipnosi il lento movimento a cui il volto del ragazzo davanti a lei, le stesse suggerendo.
Si piegò leggermente sulla destra, lasciando lo spazio sulla sinistra al profilo di Inumaki.

Se Inumaki avesse voluto custodire oltre al segreto di [T/N], anche quello che sarebbe stato il loro primo bacio, lo avrebbe fatto quella notte.
Lo avrebbe fatto, mentre sentiva il proprio cuore battergli all'impazzata nel petto.

Lo avrebbe fatto, mentre dischiuse leggermente le labbra.
Lo avrebbe fatto mentre tutto quello che gli sarebbe bastato dire fosse "baciami."






"Baciami."







"Baciami, ti prego."






Gli sarebbe bastato poco per dirlo.
Sentiva già la punta della lingua pizzicare, di un calore che gli nasceva dal basso ventre e che il cuore gli pompava poi in tutto il resto del corpo.

Però ad un certo punto sentì il sentore di fragola svanire.
Sentì, risalirgli dalla gola, un sapore amarognolo che s'espandeva a macchia d'olio nella sua bocca.
Sentì la lingua farsi pesante, l'ugola restringersi per lasciar passare un fiele che conosceva troppo bene.


"No..." pensò, sentendo la frustrazione impossessarsi di sé.


Non lo stava per fare sul serio.
Non poteva essere vero, non poteva sul serio star per Maledire una preghiera.

Istintivamente si ritrasse, leggendo un misto di delusione e di sgomento sul volto di [T/N].
Le sue mani corsero ad allacciare la zip della sua t-shirt, fin sopra la bocca.
Il gesto lo fece sentire improvvisamente più al sicuro, al riparo dai suoi stessi pensieri.

La ragazza allungò una mano verso di lui, abbastanza timidamente, ma si bloccò a mezz'aria quando lo vide alzarsi e pulirsi sui pantaloni.

In quel momento [T/N] si sentì incredibilmente sbagliata.
Stupida, forse anche un po' ingenua per aver creduto a qualcosa che, alla fine dei conti, neanche c'era.

Distolse lo sguardo, e imitò Inumaki a sua volta, alzandosi da terra.



"Presto, devi rimediare al casino che hai combinato...!" s'implorò Inumaki.




Dentro di sé, sapeva che se l'avesse fatta andare via, [T/N] non sarebbe mai più tornata.
Si sarebbe rintanata dentro di sé, in un posto così remoto che Inumaki non avrebbe più potuto raggiungere.

Proprio quando [T/N] era andata a cercarlo per confidarsi con lui, proprio quando lei aveva mostrato uno spiraglio di apertura, lui aveva incasinato tutto per colpa, ancora una volta, del suo essere uno sciamano.

[T/N] fece per andarsene, infilando presto un passo rapido dietro l'altro, arrivando con una sola falcata fino alla Fontana al centro del Giardino.

Inumaki si prese la testa tra le mani, piegandosi su sé stesso.


Andarle dietro?
Restare sul posto e farla andare via?


Probabilmente, lasciare che la ragazza s'allontanasse sarebbe stata la scelta migliore, essendo che quando era con lei non riusciva più neanche a controllare la sua Tecnica.
Quando si trovava davanti [T/N], quando metteva la sua anima a nudo in quegli specchi neri, Inumaki sentiva di non avere più il potere su nulla.

Su di lui, sui suoi pensieri, sulle sue emozioni, sulle sue voglie, sulla situazione, sul silenzio.

La realtà lo colpì nuovamente e duramente in pieno viso: uno come lui era del tutto inutile.
Che fosse stato per proteggerla dai demoni che l'attendevano sulla soglia della porta, o che fosse semplicemente per baciarle le labbra.

Inumaki alzò gli occhi alla Luna, che rivelarono un velo di commozione, e pensò che mai avrebbe voluto mischiare il sapore nauseabondo delle Parole Maledette con quello alla coca-cola di [T/N].

Mai avrebbe voluto che le due sensazioni potessero sovrapporsi.
Mai avrebbe voluto ottenere un bacio a quel modo, perché glielo imponeva con la sua Tecnica.

E per quanto ardentemente lo aveva desiderato in quel momento, sentiva che c'era qualcosa di profondamente sbagliato in lui se aveva sentito la cera del silenzio sciogliersi.

Doveva essere sbagliato quel che aveva pensato.
Doveva essere sbagliato quel che aveva provato a fare.
Doveva essere ingiusto il fatto che aveva anteposto i suoi desideri alla precaria situazione in cui [T/N] si trovava.

Già perché era bastato un battito di ciglia, per permettergli di accantonare tutta la stanchezza mentale e la preoccupazione di quella giornata.

Come se [T/N] non fosse rimasta per un numero imprecisato di ore nello studio del Preside.
Come se Nanami stesso, non avesse fatto altro che sminuire la situazione dicendo ai ragazzi di non preoccuparsi.
Come se non avesse fiutato la puzza della menzogna nel racconto di Itadori, immaginando che ci fosse un qualcosa in più che, qualcuno tra il Preside, Nanami Kento e lo stesso Gojō Satoru, stessero tacendo.
Come se Ryomen Sukuna non si fosse scomodato per dire la sua.
Come se [T/N] non avesse avuto una conversazione con suo fratello morto, all'interno di un sogno.





Come se...





Avrebbe voluto urlare, buttarlo via tutto quel sentimento che gli offuscava la testa, vomitarlo o tirarselo fuori con le sue stesse mani.
E benché si fosse annodato al suo sterno, facendogli mancare l'aria delle volte, lo avrebbe sradicato se fosse servito a farlo stare meglio.
A farla stare meglio.



"Sei solo un coglione."





"Sei solo un emerito coglione..."







Inumaki si scompigliò i capelli, stropicciandosi anche la faccia, prima di prendersi a schiaffi ed incamminarsi nella stessa direzione in cui aveva visto scomparire il profilo di [T/N].



*



Il viso di [T/N] aveva preso fuoco ancora prima che lei potesse realizzarlo.
Un momento prima si era ritrovata con le palpebre mezze abbassate, seguendo con gli occhi le linee sinuose delle labbra carnose di Inumaki e quello successivo l'aveva visto allontanarsi, con uno sguardo inorridito in viso.
Si era riabbottonato la maglia ed in tutta fretta aveva fatto per alzarsi.

Si era sentita una perfetta stupida all'improvviso, iniziando anche a pensare di aver frainteso il tutto.
Che poi lei neanche ne aveva voglia, o anche lontanamente il desiderio di ritrovarsi in quella situazione.



"Si... è così." pensò, scuotendo la testa, cercando di reprimere la sensazione che aveva avvertito all'altezza dello stomaco fino a poco fa.



S'era illusa, molto semplicemente, che quello sciamano che venerava il silenzio potesse essere in qualche modo diverso.
Ma, uno sciamano resta pur sempre uno sciamano.

Ed in particolar modo, un uomo resta pur sempre un uomo.

Che cosa le fosse preso, che cosa le fosse passato nella testa per pensare che Toge Inumaki potesse essere diverso, [T/N] in quel momento neanche lo sapeva.

Ci aveva visto qualcosa, dentro quelle iridi violette; o meglio aveva voluto vederci qualcosa.

Un collegamento, un nesso, una soluzione, una risposta.

Un appiglio.



Un amico.





Scosse la testa nuovamente, con più violenza, per scacciare dalla sua mente il ricordo di quanto fosse appena successo.
Aveva abbassato la guardia, si era fatta stregare da qualcosa di effimero e vano, destinato a disperdersi come fumo nel vento.
E quello stesso fumo l'aveva accecata e le aveva offuscato i sensi.

[T/N] prese un profondo respiro, stringendosi in un abbraccio che a stento la consolava, non riuscendo neanche a versare una singola lacrima per tutta la delusione che serbava nel cuore.



"Non succederà più." pensò.




Nessuno le si sarebbe potuto avvicinare così tanto, non una seconda volta.
Non avrebbe più cercato conforto dentro una persona che conosceva appena e che per di più fosse uno sciamano.

Uno della peggior specie, uno di quelli che t'illude di essere diverso.

Ma uno sciamano resta pur sempre uno sciamano, ed un uomo, resta pur sempre un uomo.

E se c'era una cosa che aveva imparato nei suoi anni ad Hiroshima, era che nessuno l'avrebbe mai accettata per quella ch'era, tutti avrebbero cercato di estorcerle qualcosa in cambio.

Gojō Satoru per primo.
L'aveva adottata perché mosso dalla compassione di aver visto morire tutta la sua famiglia, quel giorno?
No, lui l'aveva trascinata lì per uno scopo che [T/N] ancora non riusciva a comprendere.

Toge Inumaki, per ultimo.
Solo perché parlava poco ed infilava ingredienti a vanvera, poteva davvero considerarlo diverso e degno della sua fiducia?
No, ed infatti nel disgusto ch'era dipinto sul suo volto poco fa, [T/N] sentì il proprio cuore pesare come un macigno.


Se solo avesse avuto il potere di tornare indietro nel tempo, non gli avrebbe mai raccontato le cose che, invece, aveva finito per confidargli.
Se solo avesse potuto, si sarebbe chiusa nella sua stanza da letto fino al giorno della sua morte, e mai più avrebbe permesso ad uno di quegli sciamani di interferire nella sua vita.



<< È pieno di mostri qui, Eiji... avevi ragione...>> sussurrò [T/N].



Ma le strade del destino sono intricate, buie ed imprevedibili.
Contorte, improvvise, oscure, difficili.

E [T/N], che aveva deciso che avrebbe chiuso nuovamente tutte le sue emozioni solo ed esclusivamente dentro sé stessa, non avrebbe mai potuto sospettarlo.

Così, in quella notte estiva, in cui aleggiava un'aura a dir poco magica, successe nuovamente qualcosa che [T/N] non avrebbe mai potuto predire.

Del resto non avrebbe potuto sfuggire al suo destino, in alcun modo, e l'evento di quella notte non era che l'inizio, di ciò che avrebbe portato con sé il futuro.


Sobbalzò, sentendo il suo cuore arrivargli in gola, quando qualcuno le afferrò il polso all'interno della penombra del Giardino.



Angolo Autore:

Hola Stelline
Come state?

Come al solito il capitolo è nuovamente in super ritardo T_T
Ho davvero avuto tantissimo da fare durante questo periodo, quindi scusate scusate!

Come avevo già detto sto cercando casa, ed ho finito solo per litigare con agenti immobiliari e proprietari.
I prezzi sono alle stelle ma le pretese di chi vende non scherzano, generalmente dovrebbero essere gli acquirenti ad essere "pretenziosi" ed invece no!
Orari di visita improponibili, accordi che non si raggiungono mai... >:@

Va bene, non mi dilungo troppo, altrimenti non la smetto più!

Tornando al capitolo, spero che vi sia piaciuto!
Spero che anche questa volta l'attesa sia valsa la pena T_T

Cercherò di essersi più regolare nella pubblicazione, salvo impedimenti di forza maggiore!

Fatemi sapere cosa ne pensate!

Vi lascio un bacino e a presto!

❤️

Lavienne

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