Fuori da qui.
Il Joyce era abbastanza pieno questa sera e il ritmo caotico che avevamo tenuto fino ad ora stava iniziando a pesare. Avevo la testa che mi scoppiava mentre spillavo una pinta di birra per il signore barbuto che mi stava fissando, come se fossi un tenero bocconcino.
Presi il boccale di birra e glie lo passai, sbattendoglielo davanti agli occhi per cercare di distogliere il suo sguardo dalle mie tette. Avevo un seno prosperoso e ciò attirava l'attenzione di tutti gli anziani che frequentavano il bar, soprattutto con la divisa nuova che ci aveva dato Greg che lasciava ben poco all'immaginazione.
- Che caratterino bambolina - Disse il vecchio sputando qualche gocciolina di saliva.
Mi scostai schifata non rispondendo, non ero in vena di litigare.
Servii altri quattro clienti prima di andare in pausa chiedendo il cambio a Charlotte che stava sparecchiando un tavolo ormai vuoto.
- Certo Sammy vai pure, ti copro io- Disse mentre sfregava una grossa macchia di ketchup incrostata.
Corsi nei camerini sapendo di avere a disposizione solo dieci minuti prima che Greg rientrasse. Era uscito per una commissione e quando non era nel bar era sicuramente con qualche prostituta con cui tradiva la moglie.
Agganciai il giubotto ed uscii dalla porta sul retro. Rabbrividii quando il vento ghiacciato colpì le gambe lasciate scoperte dalla misera gonna della divisa. Strinsi le cosce tremanti e mi accesi una sigaretta. Fumavo di rado ma nelle serate in cui il bar era pieno ed ero particolarmente sotto stress me ne concedevo una, soprattutto per distendere i nervi tesi per colpa di clienti indisponenti.
- Cosa diavolo ci fai qui fuori? Torna dentro a lavorare Samira - Mi voltai di scatto verso Greg e imprecai mentalmente. Non lo aspettavamo così presto ma, a giudicare dallo stato pietoso in cui riversava, aveva battuto la ritirata. Era ubriaco fradicio e faticava a reggersi in piedi.
- Mi chiamo Samantha - Risposi cercando di essere il più delicata possibile, sapevo come trattare gli ubriachi e la calma era l'arma migliore.
Mi guardò dalla testa ai piedi sorridendo maliziosamente e in attimo fu davanti a me stupendomi. Si reggeva a malapena in piedi ma aveva avuto la stabilità di raggiungermi velocemente.
-Sei molto sexy bambina - Biascicò portando una mano sulla coscia nuda. La scostai violentemente, facendolo traballare e mi infiammai. Nessuno doveva più toccarmi, nessuno doveva permettersi di mettere le mani sul mio corpo.
È già successo, ricordi?
- Non osare mai più toccarmi - E prima che potessi accorgermene la mia mano si schiantò contro il suo viso emettendo un forte rumore.
Girò la testa di scatto, cercando di afferrarmi ma prima che potesse riuscirci corsi dentro, rifugiandomi tra i numerosi clienti. Almeno qui non mi avrebbe toccata.
- Dov'è quella lurida puttana?- Urlò entrando nella sala e attirando lo sguardo di tutti i presenti.
Charlotte si avvicinò a me cercando di supportarmi e lo guardò male intimandogli di restare al suo posto.
- Sei licenziata, porta il tuo grosso culo fuori da qui - Ringhiò fissandomi truce.
Rimasi sconvolta dall'affermazione. Mi voltai guardando le facce dei clienti che annuivano mentre fissavano il mio lato b.
Mi sentii come se fossi merce di scambio, mentre tutti i presenti accarezzavano il mio corpo con sguardo languido.
Con lentezza raggiunsi il mio armadietto, presi la mia roba e la riversai disordinatamente dentro ad uno zainetto sporco che avevo trovato mesi prima.
Mi diressi di nuovo in sala dove la situazione si era ripristinata e Gregory era sparito.
Charlotte si avvicinò subito guardandomi come se fossi un povero agnellino indifeso.
Lo sei.
Nessuno si curò di me, continuarono a bere e a guardare la partita di calcio in programma.
- Mi dispiace tanto cara, passa a trovarmi ogni tanto. Non sparire ok?- Disse dandomi un bacio sulla guancia prima di lasciarmi uscire da quel maledetto posto. Annuii non rispondendo, non ce n'era bisogno. Non avrei più rimesso piede là dentro.
Uscii dal Joyce amareggiata ma anche felice della mia reazione. Dopo tanto tempo ero riuscita a difendermi senza piangere o disperarmi. Ero riuscita a farmi valere.
Mi incamminai per quelle strade che tanto mi incutevano timore ma che oggi mi sembravano diverse, come se la sottile nebbiolina che avevo sempre visto infestarla, fosse stata solo nella mia testa.
Arrivai a casa con i piedi doloranti, decisa a farmi una bella doccia calda. Dovevo recuperare le lezioni di ieri e mentre l'acqua della doccia si riscaldava iniziai a preparare gli appunti. Li sparpagliai in maniera disordinata sul mio "letto matrimoniale" e accesi anche la tv, giusto per dare una parvenza di compagnia.
Era un piccolo monolocale situato lontano da qualsiasi servizio che la città potesse offrire. Per qualsiasi esigenza andavo a piedi o, quei pochi giorni a settimana nei quali era disponibile, prendevo l'autobus. Aveva una piccola cucina rossa sulla sinistra e un tavolino con quattro sedie proprio sotto alla finestra, dove si poteva ammirare un panorama pazzesco. Il bagno invece si nascondeva dietro ad una piccola porticina affianco al divano letto che tenevo sempre aperto siccome non ricevevo visite da anni.
Fissai la mia casina e mi si strinse il cuore, mi ci ero affezionata e ora che non lavoravo più al Joyce non sapevo come pagarmi l'affitto piuttosto caro. Mi avrebbero sicuramente sfrattata siccome per i proprietari era rischioso che io abitassi qui. Ero ancora minorenne ma grazie a mia nonna ero riuscita ad ottenere questo appartamento.
Mi spogliai, attenta a non guardarmi allo specchio. Mi feci una lunga doccia lavando via il tocco di Greg e la fatica della serata. Mi complimentai con me stessa per essermi difesa come non avevo mai fatto sperando che questo piccolo passo mi portasse verso il mio obiettivo finale, quello di riuscire a farmi valere.
Sorrisi per poi uscire dalla doccia e guardare lo spesso strato di vapore che si era attaccato alle mattonelle, bagnandole tutte. Mi sarebbe mancato anche questo.
Infilai il piagiama e mi misi a studiare, cercando di memorizzare quanta più roba possibile ma la mia stanchezza non mi permetteva di concentrarmi abbastanza. Fortunatamente ero riuscita a recuperare degli appunti dal sito della scuola così studiai fino a notte inoltrata, addormentandomi sul libro di filosofia che citava Eschilo: Si impara soffrendo.
La mattina dopo mi svegliai sempre allo stesso modo e, senza curarmi troppo di come mi sentissi, iniziai a vestirmi. Non avevo voglia di fare una doccia, l'avrei fatta dopo le due ore di ginnastica che mi attendevano.
Stamattina per fortuna era uno di quei giorni dove il bus era disponibile, ero troppo stanca per camminare e sicuramente non avrei retto il lungo tragitto.
Non mangi da due giorni.
L'autobus era pieno di persone così dovetti rimanere in piedi, appoggiandomi ad una maniglia arrugginita. Misi le cuffiette e avviai la mia playlist preferita e sulle note di Sweater Weather mi godetti il viaggio fino a scuola.
Era una bella giornata e i numerosi alunni seduti ai tavolini fuori ne erano la prova.
Mi fermai sul vialetto cercando Maya con lo sguardo e quando la trovai, seduta su un muretto al lato della scuola, mi avvicinai velocemente schivando un pallone da calcio che mi arrivò tra i piedi.
- Ei - La salutai toccandola per un braccio facendola voltare di scatto.
Aveva le cuffie e batteva un piede a ritmo della musica.
- Sam cazzo, chiama un'ambulanza. Sono a rischio infarto - Disse con fare teatrale, appoggiandosi una mano sulla fronte, facendo finta di svenire. Tornò subito seria scrutandomi intensamente. - Tutto ok?- Domandò aggrottando le sue sopracciglia nere.
Sorrisi ampiamente e mi sedetti affianco a lei. Era bello sentirselo chiedere.
- Sì certo, ho avuto un piccolo problemino ieri sera al bar in cui lavoravo. Ora è tutto risolto - Dissi muovendo la zip della borsa avanti e indietro.
- Lavoravi?- Domandò aprendo la pellicola di un panino al salame dall'odore nauseante.
- Sì, lavoravo al Joyce però mi hanno licenziata - Mi strinsi nelle spalle fissando l'ampio rastrello per le biciclette.
- Perché? - Masticò il suo panino rumorosamente, facendomi storcere il naso. - Ei non mi guardare così, ho fame- Si scusò scoppiando a ridere
- Storia lunga, so solo che mi serve un lavoro - Pensai ai fatti accaduti ieri sera e un brivido mi accarezzò la colonna vertebrale.
- Se ti piace fare la barista, quel bar cerca personale - Mi indicò un grazioso bar dall'altra parte della strada con all'esterno dei tavolini e delle sedie in ferro battuto. L'insegna luminosa con scritto Berry Bar spiccava, attirando lo sguardo dei passanti.
- Certo, dopo scuola mi accompagni?- Chiesi speranzosa. - Ti offrò un caffè- Cercai di convincerla ottenendo un piccolo spintone
- Il caffè non si rifiuta mai - Asserì alzando le mani. Tirò fuori un foglietto dove scrisse il suo numero di telefono e me lo porse facendomi l'occhiolino. - Chiamami quando hai fatto baby- Scoppiò a ridere e io la seguii sentendo una strana emozione farsi largo nel petto.
Le lezioni furono più noiose del solito e la giornata sembrava non passare mai, soprattutto dopo le due ore intense di ginnastica a cui ci avevano appena sottoposto. Avevo male a tutti i muscoli finito l'allenamento. Avevo bisogno di una doccia bollente ma aspettai che lo spogliatoio si svuotasse prima di iniziare a spogliarmi. Non volevo che qualcuno vedesse il mio corpo pieno di cicatrici, era un altro segreto che custodivo.
Rimasi sotto l'acqua calda per un po' e quando uscii lo spogliatoio era ancora vuoto. Mi vestii in fretta e asciugai i capelli con il phon lentissimo che metteva a disposizione la scuola.
Tirai fuori anche una piccola pochette con dentro un paio di trucchi e iniziai a sistemare il mio viso da sposa cadavere. Avevo occhi grandi color nocciola e labbra carnose che spesso attiravano commenti indecenti. Il nasino all'insù l'avevo ereditato da mia nonna materna ed era l'unica parte del mio viso che mi piacesse veramente.
Finii di prepararmi, tirai fuori il mio vecchio telefono e chiamai Maya per l'incontro che avevamo fissato sta mattina. Fortunatamente rispose subito.
- Pronto - Disse in tono freddo e distaccato, d'altronde non le avevo lasciato il mio numero di telefono e potevo essere chiunque per lei.
- Maya sono Sam, ti aspetto davanti ai cancelli della scuola- Risposi ridacchiando.
- Due minuti e sarò li baby - Rise anche lei.
Si stava creando un bellissimo legame tra di noi e non mi sembrava affatto il tipo di persona che potesse farmi del male.
Mai dire mai.
Mi incamminai lungo il corridoio fermandomi solo quando da dietro ad una porta semi aperta, mi arrivarono all'orecchie gemiti incontrollati e suoni di sculacciate. Mi immobilizzai curiosa pentendomene immediatamente. Alexander e Christina erano intenti a farlo sopra al tavolo da ping pong della scuola. Lei era a quattro zampe mentre lui affondava violentemente dentro di lei. L'unica cosa che riuscii a veder bene furono i glutei di alexander contrarsi.
Rimasi bloccata sulla scena fin quando non vidi il corpo di Alexander irrigidirsi per poi appoggiarsi lievemente a quello di Christina.
Ripresi il fiato che non mi ero accorta di aver perso e proseguii per la mia strada arrivando ai cancelli dove trovai Maya ad aspettarmi.
Avevo il fiato sospeso, incredula da ciò che avevo appena visto.
- Dov'eri sparita ? - Chiese la mia amica prendendo lo zaino che aveva appoggiato in terra.
- Scusami, il phon della scuola è lentissimo - Mentii spudoratamente, ero imbarazzatissima e sudata.
- Sei veramente bella con quel filo di trucco che hai messo- Mi elogiò mandandomi un bacio volante.
Arrossii ringraziandola, mi piaceva Maya ma avevo una paura fottuta che la nostra amicizia un giorno finisse per colpa mia.
Sei tu quella sbagliata.
- Andiamo - La presi a braccetto e ci avviammo verso il bar sperando in un esito positivo.
L'interno era veramente accogliente. Oltre ai classici tavolini c'erano anche dei divanetti colorati e una libreria vastissima ma fu l'odore dei muffin appena sfornati a farmi innamorare definitivamente. Non li avrei mai mangiati ma li adoravo. Maya si guardò attorno disinteressata mentre scriveva freneticamente qualcosa sul suo telefono.
Alzò lo sguardo giusto il tempo necessario per lanciarmi un'occhiata e si avvicinò al bancone dove una ragazza stava montando del latte dandoci le spalle. La raggiunsi velocemente dandole una piccola spallata. "Potevi aspettarmi" mimai con la bocca. " Sei lenta " mimò anche lei di rimando. Sorrisi scuotendo la testa.
- Ciao - Dissi timidamente facendo girare la ragazza verso di noi.
- Salve, scusatemi non vi avevo sentite entrare. Cosa posso portarvi? - Chiese asciugandosi le mani nel piccolo strofinaccio.
- Ho sentito che state cercando personale, sono qui per il lavoro di barista - Spiegai, tartassandomi le pellicine del pollice con l'indice. Mi guardò e annuì. Era una bella ragazza.
- Chiamo subito il mio titolare - Sparì dietro al bancone e tornò con un uomo molto più giovane del mio vecchio titolare Greg, avrà avuto quarant'anni al massimo.
- Salve sono Patrick Dale, posso aiutarvi? - Chiese appoggiando le mani al bancone, mettendo in risalto una bellissima fede nuziale che aveva incastonate tante piccole pietre.
- Salve signor Dale, sono Samantha Hooper e sono qui per il lavoro da barista. Ho sentito parlare benissimo del suo bar e mi sono decisa a candidarmi- Lo guardai negli occhi ostentando una finta sicurezza che palesemente non avevo.
- Capiti proprio a pennello ragazza, sta mattina ci ha dato buca Christina quindi, in assenza di altri contendenti il posto è tuo. Inizi domani. Lascia a Karen il tuo numero di telefono così che possa chiamarti per definire gli orari. Hai già fatto questo lavoro?- Sputò tutto così velocemente che rimasi ferma per un attimo al "capiti proprio a pennello". Ragionai, ingoiando un groppo e guardai la mia amica che probabilmente stava pensando la stessa cosa. Mi precedette parlando al mio nuovo datore di lavoro.
- Scusi se mi intrometto ma parlava di Christina Davidson? - Chiese Maya e attese la risposta che non tardò ad arrivare.
- Si proprio lei - Patrick aggrottò le sopracciglia guardandoci stranito.
- Frequentiamo tutte la Saint John signor Dale e sì, ho già esperienza in questo lavoro - Cercai di rimediare sorridendo ampiamente.
Il titolare annuii e ci salutò sparendo da dove era arrivato.
Dopo aver lasciato il numero a Karen ed essere uscite dal bar ci guardammo negli occhi.
- In caso lo venisse a sapere sarei fottuta vero? - Chiesi cercando di non farmi prendere dall'ansia. Mi era bastato quel piccolo incontro con Christina per capire dove arrivassero i suoi livelli di cattiveria.
- Fottuta no, morta si - Scosse la testa e si massaggiò la fronte con le mani.
Ora si che puoi stare tranquilla.
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