Capitolo 2

Passare mezzo secolo a fissare il vuoto mi aveva indotto varie volte a pensare di togliermi la vita ma in quei momenti pensavo a quanto amore avevo provato in quei cinque anni della mia storica esistenza.

In quel periodo della mia vita mi ero sentita così viva e serena che l'amore per il mio Pizzomunno mi convinse a sopravvivere.

Qualche anno prima che io venissi rilasciata, nacque nella nostra famiglia la decima delle nostre sorelle: Calissa.

Ella diventava sempre più bella e crebbe in fretta poiché così funzionava.

Calissa veniva a trovarmi ogni giorno poiché tra di noi si era creato un legame profondo.

Le raccontavo le storie degli umani e lei, da ingenua sirena di cinque anni, sognava come quando raccontavo alla sorella di Pizzomunno delle fate e dei giganti.

Un giorno venne da me e mi chiese chi fosse questo Pizzomunno di cui parlavano le nostre sorelle.

In un primo momento rimasi pietrificata: come faceva Calissa a sapere del mio amato se non gliene avevo mai parlato?

Le domandai da chi ne avesse sentito parlare e lei mi raccontò che mia sorella maggiore Cassandra aveva confidato a nostra madre che aveva liberato Pizzomunno ormai da ben 50 anni poiché quel monolite risultava sospetto agli abitanti di Vieste essendosi formato in una sola notte.

Inutile dire che i restanti cinquanta anni che mi separavano dal rivedere il mio amato passarono molto più lentamente dei miei duemila anni di vita.

Non appena venni rilasciata, mi sentii di nuovo viva per soli cinque secondi prima che mio padre mi annunciasse che il mio matrimonio era imminente.

"Ma padre, io non lo conosco costui."

"Poco importa Cristalda, sposerai il figlio di Tritone, nipote di Poseidone e di Anfitrite. Non ammetterò altri scandali, sennò verrai bandita dal mondo marino e ripudiata." Annunciò severo.

Nei cinque anni sulla terra avevo imparato che non esistono matrimoni combinati tra umani, loro potevano scegliere con chi stare per il resto della vita.

Io questo privilegio non ce l'avevo.

Io non potevo scegliere.

Io ero costretta non tanto da mio padre, ma dalla tradizione.

Il nostro palazzo venne adornato in fretta dalla servitù e, la settimana prima del molesto giorno delle mie nozze venni sottoposta a lunghi bagni con le alghe e con minerali che avrebbero reso più luminosa e morbida la mia bellissima coda color turchese.

Ritenevo da sempre che la mia coda fosse la più bella e la più invidiata ma da qualche tempo sognavo lunghe e snelle gambe umane, anche quelle pallide cominciavano a piacermi.

Il giorno prima del matrimonio decisi di fare una cosa che mi tormentava da cent'anni.

Nuotai silenziosamente alle prime luci del mattino verso la terraferma, verso la mia amata Vieste.

Inutile dire che stavo facendo tutto ciò per l'ultima volta poiché non si può scappare dal proprio destino quando qualcun altro l'ha già scritto per te.

Non appena arrivai alla spiaggia, alla nostra spiaggia, non vidi nessun monolite troneggiarvi in mezzo e mi sentii più sollevata nonostante sapessi che il mio amato fosse già libero da ormai cinquant'anni.

La mia coda lentamente lasciò il posto alle mie bellissime gambe rosee, dopodiché mi addentrai nel paesino rubando un vestitino dal bucato di una signora.

Mi recai a casa sua, speravo vivamente che non stessero ancora dormendo.

Suonai al campanello e una voce impastata maschile mi chiese chi fossi.

"Cristalda." Annunciai contenta.

Salii velocemente le scale arrivando all'ultimo piano trafelata: ormai non ero più abituata a farmi quei quattro piani a piedi.

Un ragazzo simile al mio Pizzomunno mi aspettava sulla soglia stropicciandosi gli occhi.

"Chi sarebbe lei?" Mi domandò curioso il giovane.

Era uguale al mio amato, ma non era lui.

Che strana magia era quella?

Stessi occhi scuri e penetranti, stessi capelli castani, stessa mascella e stessa carnagione.

Stavo per caso impazzendo?

"Sono un'amica di Pizzomunno, è in casa?"

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