"Ehi Louis!"
Un giovane ragazzo impacciato, quasi traballando, stava affrettando il passo, cercando di raggiungere il castano che tranquillo stava camminando, fucile in mano, sguardo alto
"Ehi Louis!"
Lo chiamò di nuovo, facendolo voltare leggermente.
Non poteva ancora ignorarlo, era divertente ma erano già cinque volte che lo chiamava.
Se avesse continuato ad urlare così forte e a fare tutto quel casino con lo sbattere del metallo del suo equipaggiamento, avrebbe attirato altro che i soldati nemici appostati nella zona, ma ogni Crucco che aveva invaso la Francia.
"Ti sento Rodgers, falla finita di urlare".
Il ragazzo finalmente lo raggiunse e lo affiancò camminando vicino a lui nell'erba alta che gli arrivava fino ai fianchi.
Stavano arrivando ad un piccolo villaggio, costeggiando una strada, avevano camminato per parecchi chilometri quel giorno. Non avevano incontrato nessuno. Nessuno, solo contadini e mucche.
"Ehi, hai una sigaretta?"
Lo sguardo glaciale di Louis lo fulminò in pieno e un sorriso sghembo gli nacque sul viso
"Cos'è le hai finite Rodgers?"
L'altro si grattò la nuca sotto l'elmetto sorridendo
"Beh, diciamo che non voglio rimanere senza"
"E io sarei lo stronzo a cui vuoi scroccarle?"
"Beh...ho già chiesto anche a Malik ma sta fumando l'ultima, Payne non fuma e quindi pensavo..."
"Malik sta fumando l'ult...?"
Si girò verso sinistra dove a meno di sei metri da lui un ragazzo moro con i lineamenti taglienti, occhi ambrati e pelle olivastra, stava fumando una sigaretta in silenzio.
I loro sguardi s'incontrarono e il moro sorrise strafottente guardando poi di fronte a sè con indifferenza, avvicinando il mozzicone alle labbra con le dita affusolate
"Certo come no, se Malik avesse solo quella non sarebbe così tranquillo, bastardo!"
Lo sussurrò e rise incrociando di nuovo lo sguardo del moro
"Horan invece che dice? Non può chiederla al folletto verde dentro il suo zaino?"
Lo disse a voce alta e si voltò indietro
"Ehi Horan tu come sei messo a..."
"Ti ho sentito Tomlinson, non rompere i coglioni!"
Il biondo irlandese era in fondo alla fila, chiudeva il gruppo, la voce leggermente più forte per farsi sentire.
"Stronzo!"
disse Louis mentre rideva
"Beh Rodgers allora proviamo con J..."
"Dagli quella stramaledettissima sigaretta Louis!".
Una voce si sentì forte e chiara poco davanti a loro, in testa al gruppo.
Louis rimase zitto un secondo, la mascella subito contratta.
Quella voce decisa e appena un'pò roca, la conosceva bene.
Non si faceva zittire da nessuno, figuriamoci da lui.
"Che cazzo vuoi Styles, fatti i cazzi tuoi, la sigaretta gliela dò se voglio, non se me lo dici tu chiaro?"
Frugandosi veloce nelle tasche dei pantaloni tirò fuori due sigarette dal pacchetto morbido.
Nessuno poteva dirgli cosa fare, nessuno, nessuno, nessuno,mai.
Ma quello non era il momento di fare cazzate.
"Impara a fartele Rodgers!"
e mentre gliela porgeva con un gesto poco delicato, si accese anche la sua.
Aspirò a lungo il primo tiro, riempiendosi i polmoni di fumo. La rabbia e il nervoso che gli montavano in corpo.
Si avvicinò ad Harry in testa alla fila, lo raggiunse con passi più veloci, non poteva fare così.
"Che cazzo ti prende è?"
"Stavate facendo troppo casino, ci avviciniamo al paese".
"Harry non dirmi cazzate!"
Lo fece voltare tirandolo per un braccio, ma Harry in un gesto veloce e secco scansò la sua mano e aumentò di nuovo il passo.
"Che cazzo fai è? Adesso non posso toccarti?"
"Non adesso Louis!"
Lo disse a denti stretti, per non farsi sentire da nessuno dei loro compagni, allontanandosi ancora dal castano, più lontano, a passo svelto...
"Non adesso".
Ripetè.
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Louis riusciva ad alzarsi dal letto ormai, riusciva anche a fare qualche passo,andare un po' in giro per i corridoi e fuori nella veranda.
Le bende sulle braccia e su parte del viso non c'erano più. Sangue e pus avevano smesso di fuoriuscire anche dalle gambe. Le fasciature erano adesso ridotte al minimo.
Erano passati giorni, settimane, da quando era lì, non sapeva bene quanto. Il dolore fisico si faceva più sopportabile, il viso stava guarendo, era riuscito a guardarsi allo specchio e sebbene fosse rimasto scioccato dal suo riflesso, stanco e sciupato, ancora poteva riconoscersi.
Le infermiere dicevano che sarebbe migliorato ancora, le bruciature erano superficiali, almeno quelle sul volto. Ma il dolore dentro di lui, non accennava ad attenuarsi.
Faceva continui incubi, si svegliava urlando, se riusciva a prendere sonno. Negli incubi vedeva solo quegli occhi verdi che lo guardavano tristi.
Aveva chiesto in tutto l'edificio se qualcuno avesse notizie del reggimento del quale faceva parte, aveva visto e sentito tanti soldati morire in quell'ospedale, ma ne aveva visti anche altrettanti salvarsi.
Era una continua angoscia, immaginava solo scenari di terrore e morte, vedeva solo devastazione se chiudeva gli occhi o se si fermava a pensare.
Vedeva solo sangue.
Non parlava molto, non gli andava nè di ricordare nè di raccontare.
Passava molto tempo nella stanza delle infermiere dove la radio mandava canzoni allegre e spesso il bollettino aggiornava sulla situazione.
Parigi era quasi libera.
Mary gli traduceva quello che lui non capiva.
Era per metà inglese ormai da anni lavorava lì. Durante l'occupazione non aveva fatto parola con nessuno delle suo origini britanniche, pena la morte. Dopo la liberazione alleata, quando era arrivato Louis, però era rimasta comunque, lo aveva accudito. Sarebbe tornata in patria a guerra finita.
Se fosse mai davvero finita quella guerra.
Louis si era quasi del tutto chiuso in un mutismo di autodifesa.
Non aveva la forza di parlare, ma con lei ogni tanto ci riusciva, ogni tanto riusciva a farlo sorridere.
Un giorno stava fuori seduto su una sedia di legno, guardava il prato davanti all'edificio dove alcuni soldati stavano parlando con altri, chi aveva una stampella per aiutarsi a camminare, chi aveva la testa fasciata, chi purtroppo era rimasto con un solo braccio.
Lui era stato fortunato a detta di Mary. Diverse granate erano esplose in quella fossa. Al di là della boscaglia a pochi chilometri, un gruppo di Tedeschi stava avanzando, dovevano nascondersi e non avevano riparo.
Scappare no, non potevano, il nemico meglio affrontarlo che averlo alle spalle, lo dicevano sempre. Avevano fatto veloce erano stati fulminei, un'azione disperata nel misero tentativo di non essere visti.
Quella trincea era l'unico riparo che avevano, riparo o trappola mortale. Dopo pochi minuti infatti, li avevano visti e avevano colpito pesantemente.
Diverso tempo dopo, un gruppo di alleati lo aveva trovato, respirava appena i pantaloni della divisa, completamente bruciati, si erano quasi attaccati alla carne viva. La giacca che indossava era l'unica cosa ancora intatta per metà, così che si potesse riconoscere almeno la sua nazionalità.
Recuperarono il corpo, probabilmente lasciato lì dai superstiti, sempre se ce n'erano, perchè creduto morto. Non c'era più nessuno intorno, era rimasto solo. Era stato decisamente fortunato.
Oppure no.
"Non mi hai mai detto di quella foto"
si riscosse dai suoi pensieri quando l'infermiera, gli si avvicinò e gli si sedette accanto sulla panchina vicina, Louis gli sorrise in segno di saluto e abbassò lo sguardo su quel pezzo di carta che teneva sempre con se, sempre tra le sue mani.
"E' un soldato? Un tuo amico?"
Louis osservò quella figura.
Gli mancava terribilmente pensava solo a lui in ogni singolo istante.
Soffriva.
Non resse oltre, gli occhi gli si riempirono di lacrime, rimase immobile, il cuore voleva uscirgli dal petto, voleva urlare dal dolore, non riusciva a deglutire, la bile amara cercava di salire dall'esofago e lo faceva soffocare, tremò, gli tremò forte la mano che teneva la fotografia che gli cadde a terra.
Mary subito si sporse a raccoglierla, Louis trattenne il fiato, gli occhi spalancati dalla paura di perdere anche quell'unica cosa che aveva, quell'unica cosa che gli era rimasta
"E' molto bello!"
affermò Mary osservandola per un attimo e poi porgendogliela piano sfiorandogli la mano. Aveva visto che Louis non lasciava mai quella foto, non aveva capito subito il perchè però.
All'inizio pensava fosse un parente, un fratello, un amico.
Ma più i giorni passavano, più osservando il ragazzo castano capiva che c'era qualcosa in quella foto, qualcosa che, se fosse stato un fratello o un amico, non avrebbe scatenato in lui certe sensazioni.
No.
Perdere una persona cara, ma avere una foto per vederla e avere conforto in situazioni del genere, è una cosa straordinaria, ti dà forza, ti sprona a non arrenderti.
Ma quella foto per Louis, Mary aveva capito che non era solo un conforto, non era solo un aiuto.
Era la sua vita.
Ci si aggrappava.
La stringeva, non la lasciava mai.
Ricordava il suo sguardo e i suoi occhi quando gliel'aveva portata il primo giorno che tornò cosciente.
Era come se gli avesse ridato la speranza, era come se gli avesse ridato la vita che lo stava lasciando.
C'era amore, tanto amore, e Mary aveva capito.
Come capiva tutto in quel momento.
Guardò Louis e vide i suoi occhi pieni di lacrime che a stento tratteneva.
Era sempre un soldato, un ragazzo che cercava ancora di mantenere un'integrità, una solennità. Ma era devastato, glielo si leggeva nelle sue iridi blu, nel suo volto scarno, nei suoi gesti automatici.
Non volle turbarlo oltre, si alzò si avvicinò a lui e stringendogli la mano lo disse;
"Un giorno lo rivedrai, ne sono sicura!"
Lo lasciò lì, con un piccolo sorriso che gli nacque spontaneo in viso, mentre lacrime cristalline, ormai gli scendevano copiose sulle guance.
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"Che cazzo ti prende è?"
Sbattè forte la pesante porta dietro di lui.
Si avvicinò velocemente con voce alta e arrabbiata, lanciò a terra l'elmetto, erano soli.
"Che cazzo ti ho fatto Harry rispondimi, sono giorni che mi tratti di merda!"
Glielo disse mentre gli afferrò un braccio strattonandolo.
Lo costrinse a voltarsi dalla posizione appoggiata che aveva assunto intorno al tavolo della sagrestia, nella chiesa abbandonata che avevano occupato
"Lasciami Louis!"
Si sciolse dalla sua stretta ferrea.
"No adesso mi dici che cazzo hai ok? Rispondimi!"
Guardando in basso Harry si voltò per fronteggiare il soldato. Louis lo guardava con sguardo serio e infuocato, le fiamme negli occhi per la rabbia, il respiro affannato, il petto andava velocemente su e giù cercando di calmarsi ma senza riuscirci. Un velo di panico sul suo volto tradiva la sua preoccupazione.
"Allora? Rispondimi ho detto!"
Ribadì non potendo sopportare oltre il suo silenzio.
Un attimo statico.
Poi Harry reagì.
"Non lo capisci? Non lo capisci Louis?"
"Che cazzo devo capire, se non mi parli neanche, mentre siamo in marcia mi ignori e mi guardi a malapena, che cazzo devo capire dimmelo!"
"Porca Puttana Louis stai zitto!"
Harry urlò, gli urlò in faccia e lo zittì. Si appoggiò al tavolo dietro di lui e imprecò sbattendo le mani sulla superficie di legno.
"Cazzo!"
Riprese fiato
"Non lo capisci che io non posso perderti?"
L'altro davanti a lui muto, lo guardava.
"Non ti posso perdere porca puttana, non me lo posso permettere!"
il liscio abbassò lo sguardo le braccia lunghe parallele al busto, immobile.
"Non ci riesco se ti perdo!"
riprese fiato, il soldato danti a lui ancora in silenzio.
"Non ci riesco senza di te, tutto questo io da solo non lo affronto!"
Harry muoveva le braccia enfatizzando le sue parole, non riusciva a stare fermo. Louis fece un passo verso di lui, le gambe incerte se muoversi o meno, muto.
"Sei l'unica cosa che non mi fa impazzire in questa fottuta guerra, l'unica cosa che ha un senso".
Il liscio era arrivato davanti a lui, le punte degli scarponi sfioravano i suoi, erano vicini. Harry abbassò la voce, non che gli importasse di essere sentito, ormai non gli importava, nessuno avrebbe parlato.
"Non posso rischiare che ti succeda qualcosa, quindi cerco di ignorarti per quanto mi è possibile".
Respirò ancora e cercò di calmarsi.
"Prima stavi facendo un maledetto casino lì fuori e se ti colpiscono o ti prendono, io muoio lo capisci?"
Louis gli prese delicatamente una mano ruvida, gli strinse le dita, le labbra serrata, ancora in silenzio. Harry si lasciò toccare, si rilassò appena a quel tocco.
"Se ti succede qualcosa io muoio davvero, ho paura ogni minuto di ogni giorno, da quella mattina su quella maledetta spiaggia, ho solo paura, solo paura Louis".
Lo ammise con sguardo basso.
Sentì l'altra mano del ragazzo sfiorargli il mento, gli tirò su il viso e i loro occhi si trovarono. Dopo tutto il giorno, in cui non si erano guardati davvero, solo un attimo nel silenzio dell'azione, per comunicare tra loro, si ritrovarono.
"Harry!"
Si fece coraggio e parlò. Si guardavano con gli occhi lucidi, dentro c'era la paura, il dolore, il panico, l'angoscia. Erano giorni che non si toccavano così. Avrebbero voluto essere lontani da tutto quello, avrebbero voluto viversi in un altro momento, non lì, non in quel luogo, non in quella terra straniera.
"Harry io sono qui, non mi perdi".
Lo disse quasi rassicurandolo, ma non ci credeva fino in fondo neanche lui.
Perché la guerra era imprevedibile, era infima, ignobile, orribile.
Ma doveva cercare in qualche modo di fargli capire che lui c'era. Che anche lui provava quella paura ogni secondo di ogni giorno, in ogni istante da quando si svegliava a quando chiudeva gli occhi.
Non potevano stare uno nelle braccia dell'altro, non potevano starsi vicini come avrebbero voluto. I nemici erano ovunque, dovevano stare sempre all'erta, sempre pronti, sempre vigili.
L'amore spesso ti rende cieco, vulnerabile, disattento, incauto.
Ma felice.
Non gli restava altro che proteggersi a vicenda.
Camminare sullo stesso sentiero, ascoltare gli stessi segnali, eseguire gli stessi ordini, seguirsi in ogni casa, fienile, chiesa o fattoria.
Guardarsi le spalle.
Vegliare l'uno sull'altro.
Certe volte però la spensieratezza prendeva il sopravvento su di loro e si distraevano, ma non potevano, non lì, non in quella situazione. Non era ammesso in alcun modo abbassare la guardia.
"Tu annienti ogni mia difesa Louis, mi sento vulnerabile quando ti sono vicino, penso che anche tu lo sia così cerco di proteggerti!"
Louis gli prese il viso tra le mani fini ma forti, piene di tagli e graffi.
"Voglio proteggerti anche io Harry, ma a volte mi sento abbandonato, mi sembra di essere solo"
"Mai!"
Harry sgranò gli occhi
"Mai, io non ti lascio!"
"Lo so!"
Sfioró le labbra con le sue, piano.
Alzandosi appena sulla punta degli scarponi fece toccare le loro fronti insieme.
"Lo so e neanche io ti abbandono, non ci separeremo, non succederà"
esitò prima di continuare
"Faremo in modo che non succeda"
"Promesso?"
"Promesso!"
Si baciarono come a sigillare quelle parole, quelle promesse che si facevano sempre, che cercavano sempre in un modo o nell'altro di mantenere.
Si baciarono sentendo le loro labbra screpolate ed asciutte collidere tra loro.
Sapevano di tabacco e fumo.
L'odore delle divise sporche e delle fibbie in pelle arrivava forte alle loro narici ma non se ne preoccuparono.
Le loro lingue assaporarono quel gusto familiare che li rassicurava.
"Rimani con me stanotte!"
Louis lo chiese sottovoce, staccandosi appena dalle labbra del soldato davanti a lui che si stava aggrappando con entrambe le braccia alla sua divisa grigio-verde.
Non lo lasciava andare, lo stringeva.
"Come facciamo con gli altri?"
"Ti prego Harry solo stanotte"
Il ragazzo dagli occhi verdi lo guardò a lungo, sul viso gli vedeva bene paura e terrore, sentiva l'irrequietezza che lo assaliva, veniva contagiato da quell'agitazione
"Ho bisogno di te, ti prego!"
insisté nuovamente il liscio
"Va bene..."
si baciarono di nuovo
"...dirò hai ragazzi che..."
"Harry!"
Il soldato dagli occhi blu lo fermò mettendogli una mano sulla bocca per farlo tacere.
"Malik, Payne e Horan lo sanno, non hanno bisogno di spiegazioni, gli altri non chiederanno".
Harry chinò il capo e sorrise a quelle parole.
Voleva davvero trascorrere qualche ora da solo con Louis.
Voleva sentire le sue labbra, voleva stringerlo tra le sue braccia.
Voleva sentirlo così vicino da fondersi con lui, dentro il calore del suo corpo.
Ne aveva bisogno.
Più di ogni altra cosa.
Quella notte, quando Harry entrò piano dentro Louis e il liscio trattenne gemiti di piacere e dolore insieme, si rese conto che quel soldato, quell'uomo, era davvero l'unica cosa che contava per lui.
Era davvero l'unica cosa importante e per la quale valeva la pena battersi ogni giorno.
Voleva vincere quella guerra per lui.
Voleva potergli stare accanto senza morire ogni volta che lo guardava pensando che forse sarebbe stata l'ultima.
Senza pensare ogni istante a cosa avrebbe fatto senza di lui.
Niente, sarebbe morto.
Quella notte si amarono tanto, si dedicarono parole, pensieri e attenzioni.
Si abbracciarono così forte da non riuscire più a respirare.
Si fecero promesse.
Si guardarono a lungo, e si baciarono finché non si addormentarono.
Dimenticandosi per un istante, solo per quella notte, della guerra e della paura.
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