CAPITOLO 6 - IL BRANCO

Il giorno seguente la zia bussò alla camera da letto di Iris con un vassoio di biscotti appena sfornati e l'approcciò con molta cautela. La nipote non era scesa a colazione e sembrava fermamente intenzionata a ignorarla. La donna non aveva scelta, doveva svelarle senza giri di parole la vera natura dei loro misteriosi ospiti, intimorita dalla possibilità che scoprisse da sola il loro più grande segreto.

«Sono uomini lupo e si occuperanno personalmente della tua protezione».

Iris era incredula, ma nel corso delle settimane trascorse a stretto contatto con loro, ebbe modo di ricredersi. Non assistette mai alla loro trasformazione fisica, nonostante le leggende più comuni riguardo i licantropi, il branco non sembrava subire l'influenza della luna piena. Osservò però alcuni scatti d'ira animalesca del gigante e degli atteggiamenti sospetti degli altri, così con il passare del tempo si rese conto di come tutto fosse tristemente reale.

Il branco non le diede più un momento di tregua. Uscire fuori dalla proprietà era vietato e ovunque andasse, nel perimetro tra casa e giardino, aveva sempre uno di loro alle calcagna, con il compito di controllarla seguendo le rigide disposizioni di Nemiah, il ragazzo dai folti riccioli biondi, che era il loro maschio alfa.

Nonostante la giovane età, era il loro leader indiscusso, grazie al suo spiccato carisma. Gli bastava una semplice occhiata per ristabilire l'ordine quando uno dei suoi uomini si distraeva dal proprio dovere di sorveglianza o si lasciava andare a qualche gesto troppo rozzo. Appariva profondamente diverso dai suoi uomini, sia esteticamente che caratterialmente. Non era né brusco nei gesti, né volgare nei toni. Per qualche ragione forse l'unico simile a lui da quel punto di vista era Fidian, il ragazzo dalla pelle di luna.

Sebbene Nemiah non permettesse a Iris di compiere nemmeno un passo senza scorta, era proprio lui a starle inspiegabilmente alla larga.

All'inizio la ragazza aveva interpretato quella attitudine indifferente come il comportamento di qualcuno che avesse semplicemente faccende più rilevanti da sbrigare. In casa regnava un nervosismo palpabile, era chiaro che la situazione fosse tesa e sorvegliare una ragazzina come lei, le cui giornate si svolgevano sempre uguali, era qualcosa che chiunque avrebbe potuto fare, però più i giorni passavano, più Iris si convinceva che il capo branco provasse un reale fastidio in sua presenza, a volte le sembrava quasi di provocargli un dolore fisico. Quando non la ignorava, la fissava da lontano, impassibile e silenzioso, con i suoi occhi di ghiaccio, sempre con le braccia incrociate sul petto e pareva un animale che studiava la sua preda, poi la sua bocca si piegava in una smorfia, che le faceva tremare le gambe e la obbligava ad allontanarsi. Quel atteggiamento non era giustificabile con il semplice fatto che lei fosse una missione poco stimolante.

Più volte la giovane pensò di affrontarlo, ma non ne aveva il coraggio. Ogni qual volta incrociava quel suo sguardo, che sembrava nascondere un segreto e metterla alla prova, sentiva di doversi mettere al sicuro. La curiosità però era più forte di qualsiasi timore, sentiva che dietro quella maschera si celava qualcosa di misterioso e lei era decisa a scoprire cosa fosse. Se non fosse stato assurdo, Iris avrebbe giurato che lui la odiasse. Era come se qualcosa lo tormentasse e lei continuava a sentirsi inspiegabilmente responsabile di quella rabbia e quel dolore.

L'alfa doveva essere un ragazzo dalla personalità molto complessa e ciò era intrigante, era combattuta tra la volontà di mantenere le distanze e quella di esplorare l'ignoto.

La realtà quotidiana della giovane prigioniera era costellata da eventi di scarsissima rilevanza e anche l'atto più banale era svolto sotto l'asfissiante sorveglianza della sua scorta. Dopo qualche settimana venne affidata definitivamente alle cure del binomio Iodik e Fidian. Il primo era il gigante dalla pelle scura, la testa rasata e il collo taurino, con lo sguardo perennemente corrucciato e una parola cattiva per chiunque incrociasse il suo cammino. Il rapporto tra lui e Iris era conflittuale, perché lui era sempre arrogante e pressante nei suoi confronti, ma lei aveva imparato a tenergli testa e non cedere alle sue provocazioni. Lui si occupava della sua protezione principalmente di giorno, mentre nelle ore serali gli dava il cambio il compagno.

Fidian era fisicamente meno appariscente rispetto a lui, ma non passava sicuramente inosservato grazie ai suoi lunghi capelli bruni, ai suoi lineamenti delicati e i piccoli e penetranti occhi neri. Aveva un'aurea magnetica, era un tipo alto, magro, elegante e gioviale e aveva chiaramente un debole per la sua protetta e lei l'aveva capito fin dalla prima sera. Fin dal principio l'uomo non aveva perso occasione di farle curiosi ed espliciti apprezzamenti dal sapore antico. Utilizzava un linguaggio da uomo d'altri tempi e la maniera sorpassata con cui si approcciava a lei si era rapidamente trasformata in una corte al contempo buffa e spietata.

Era davvero un tipo bizzarro e le sue attenzioni, nonostante le costasse ammetterlo la lusingavano e rallegravano le sue serate e poco importava se i suoi sentimenti fossero sinceri o meno. Il tempo trascorso in sua compagnia la distraeva e la aiutava a trovare meno dura la sua prigionia.

Prigioniera, ecco come si sentiva. Egli era inoltre la persona con cui zia Emma andava più d'accordo e spesso li aveva colti a parlare di argomenti incomprensibili alle sue orecchie.

Iris prese l'abitudine di trascorrere la maggior parte del suo tempo nella sua camera, unico luogo in cui aveva un poco di intimità. Non faceva altro che fissare il soffitto crogiolandosi in una strana malinconia che ogni tanto la prendeva.

Condividere dei momenti con gli altri licantropi era fuori discussione, erano pur sempre i suoi carcerieri, così si limitava a osservarli da lontano. Passavano la maggior parte del loro tempo all'esterno, ma Iris era riuscita a farsi una piccola idea del loro carattere.

C'erano Radek e Bronis, il moro e il biondo, un singolare duo che non faceva altro che battibeccare. Non c'era mai un momento di tregua tra i due, sembrava quasi un gioco a chi la sparava più grossa e a chi faceva la battuta più divertente. Iris aveva compreso che quello non era solo il loro personale modo di comunicare, ma un simpatico meccanismo per dimostrarsi affetto. Non potevano essere più diversi, ma apparivano come amici inseparabili. Radek era più serio e usava l'arma del sarcasmo per controbattere alle frecciatine ironiche che partivano sempre da Bronis, il più impulsivo e schietto dei due. Erano autentici e senza filtri, quando erano in giro si respirava un'aria di leggerezza di cui si aveva tanto bisogno.

Poi c'erano quelli che venivano chiamati semplicemente "i tre fratelli". Era come se facessero gruppo a parte, soprattutto i due maggiori, molto introversi e solitari. Gabor, il più giovane del trio, sembrava essere il più aperto verso gli altri compagni e cercava di passare del tempo con Iodik, per il quale provava una sincera ammirazione, nonostante lo sguardo severo dei fratelli. Quando il ragazzino dai capelli rossi incrociava Iris, la salutava con un grande sorriso e accennava sempre inchini imbarazzati. Un giorno addirittura l'approcciò timidamente dicendole di essere fiero di fare parte della sua scorta e che l'avrebbe difesa a costo della vita. Sembrava provare un'autentica devozione nei suoi confronti e Iris iniziava ad apprezzare il suo entusiasmo e la sua innocenza.

Il suo preferito però era Fidian. Il ragazzo lupo rimaneva ogni sera seduto per terra fuori dalla sua stanza, le parlava attraverso la serratura, strappandole un sorriso, passando da un argomento all'altro senza apparente nesso logico, poi dopo averle augurato una buona notte si addormentava con la schiena contro la porta, nonostante i cuscini che la premurosa zia Emma gli aveva messo a disposizione.

C'era però qualcosa di strano in lui, sembrava un tipo incostante e imprevedibile e Iris faceva fatica a fidarsi di lui, anche se stava diventando ciò che c'era di più simile a un amico.

Oltre al tradimento, al controllo soffocante con cui doveva convivere ogni giorno e ai ripetuti atteggiamenti scontrosi di Nemiah, Iris doveva sopportare anche l'isolamento dal mondo esterno. Il suo telefono era stato confiscato e il computer nel salotto era inutilizzabile senza sorveglianza. Non c'era alcun modo di mettersi in contatto con Candice.

Tradita, prigioniera in un inverosimile ruolo di principessa sopravvissuta e unica speranza per un regno sconosciuto, controllata a vista da un gruppo di individui bizzarri e disprezzata dal loro capo, l'unica cosa che la spingeva a andare avanti era il pensiero che prima o poi sarebbe riuscita a scappare. Quando la zia le confessò che in autunno la loro partenza da Devon per raggiungere la loro terra d'origine sarebbe stata inevitabile, decise di elaborare seriamente un piano di fuga.

Ormai erano mesi che Iris studiava i movimenti dei suoi carcerieri per comprenderne abitudini e punti deboli, ma in quella complicata macchina di sorveglianza che le era stata imposta, non sembravano esserci difetti. Ogni piccolo particolare era stato studiato con estrema attenzione da Nemiah. Nonostante l'iniziale sconforto, Iris era determinata a non arrendersi e aspettava il suo momento. Aveva preparato uno zainetto con alcuni vestiti e alcuni risparmi. Metteva da parte dai suoi dodici anni, nascondendo in una scatolina le piccole somme che la zia le dava a ogni compleanno.

Sapeva che presto o tardi la sua occasione si sarebbe presentata. Nessuno l'avrebbe mai obbligata a rinunciare alla propria libertà.

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