CAPITOLO 48 - NUOVA ALBA

Naya osservò a lungo Nemiah addormentato sul suo grembo. Provava un grande affetto per quel ragazzo. Percorse con gli occhi il suo volto, non potendo fare a meno di soffermarsi sui minimi particolari, le ciglia ancora bagnate dalla lacrime, la barba ormai più lunga e disordinata del solito che incorniciava le labbra socchiuse, da cui filtrava solo un filo d'aria.

Respirava lentamente. La sua espressione era serena, ma una piccola ruga orizzontale si formava sulla sua fronte, ogni volta che inconsciamente la stringeva un poco a sé.

Stava forse sognando qualcosa di poco piacevole, forse anche in quei momenti di riposo lei cercava di sfuggirgli, ma quel macigno invisibile che aveva gravato per anni sulle sue spalle, costringendolo in fondo al baratro, era temporaneamente svanito sotto quelle carezze. Era convinto di aver commesso l'imperdonabile e nessuno l'avrebbe mai persuaso del contrario, quel dubbio avrebbe per sempre bruciato in un angolo della sua mente, ma lei sembrava poter lenire anche le ferite più profonde ed era la sua unica speranza di redenzione.

Davanti agli occhi della Principessa scorrevano le immagini dei momenti passati insieme. Si nascondeva così tanto sotto la superficie, un cuore grande e pulsante, ma estremamente fragile.

Hektrien e zia Emma avevano ragione, Nemiah aveva bisogno di lei. Eppure era innegabile ci fosse dell'altro. Era lì a vegliare su di lui, perché lo voleva veramente, non perché qualcuno glielo avesse imposto. Quel ragazzo sapeva toccare la sua anima, ma era imprevedibile, instabile e testardo.

Proprio come me.

Quel pensiero le attraversò la mente, strappandole un sospiro. Forse anche lei sarebbe diventata come lui se non avesse avuto accanto zia Emma. In fondo c'erano tanti modi per dimostrare amore e la donna lo aveva sempre fatto con piccoli gesti.

Non passava giorno senza che le lasciasse dei bigliettini colorati sulla porta del frigorifero, con le solite raccomandazioni, a ogni risveglio la sua colazione preferita era pronta in tavola e non si stancava mai di celebrare i suoi successi a scuola, ricordandole l'importanza della cultura, soprattutto per una donna che voleva essere libera. Durante la sua infanzia erano mancate la carezze, ma non l'amore, ora lo sapeva e riconosceva l'importanza della sua sua costante e ingombrante presenza.

Rivolse uno sguardo malinconico al bracere, il fuocherello si stava spegnendo. L'occhio vagò fino al suo borsello nero, poco distante, poggiato su una seggiola. Doveva leggere quella pergamena o non sarebbe riuscita a prendere sonno.

Sfilò le gambe poco a poco, sostenendo la testa del ragazzo con le mani, finché non riuscì ad appoggiarla con delicatezza sul vecchio materasso di tela grezza. Trattenne il fiato, ma quello continuò a dormire placidamente.

Naya si alzò e raggiunse il borsello, inspirò profondamente e poi afferrò la pergamena. Si inginocchiò a terra e se la rigirò tra le mani, esitando a lungo prima di aprirla. Potevano essere solo indicazioni per compiere la sua missione, in quel caso la delusione sarebbe stata grande. Si decise ad aprirla e iniziò a leggerla con le mani tremanti.

La calligrafia era fitta e ordinata e i suoi occhi correvano veloci da una parola all'altra.

Tutta la mia felicità la devo a te. Sei il mio tutto, come potrebbe essere altrimenti? Se avessi un cuore più solido e spalle più forti ti amerei come meriti, ma purtroppo sono quel che sono. Liberati dalle tue catene, compi il tuo destino e non rimpiangere mai ciò che non è stato. Il tempo scorre inesorabile e per sempre a volte può durare solo un attimo, mi aggrapperò a quel frammento di eternità e mi illuderò che sia sufficiente.

Tuo, fino all'ultimo sguardo. H.

Lo stomaco le si strinse, il dolore raggiunse il petto mozzandole il fiato, la sua testa si fece pensante. Scoppiò in lacrime, sentendo il peso di ogni parola, incapace di trattenere tutto quel dolore. Si portò una mano sulla bocca, quando i suoi singhiozzi si fecero incontrollabili, ma fu tutto inutile, perché quel lamento aveva già risvegliato Nemiah.

Il ragazzo si mise seduto, si passò una mano tra i riccioli e la guardò frastornato. Si avvicinò lentamente e vide la pergamena, ma non osò fare domande. Lei lo guardò, con le guance arrossate e gli occhi gonfi. Si sentiva a disagio, ma allo stesso tempo era grata di non essere sola. Le sue emozioni erano confuse, ma non le avrebbe nascoste, a costo di sembrare ridicola.

L'alfa si inginocchiò al suo fianco e le passò un braccio attorno alle spalle.

«Vieni» disse comprensivo.

Naya accettò il suo sostegno. Si distesero a letto e lei si accoccolò contro il suo petto, con ancora quel messaggio, da cui non voleva separarsi, stretto tra le mani.

Tante volte si era addormentata piangendo nel buio, mentre gli incubi infestavano la sua stanza, sentendosi sola al mondo, ma questa volta era diverso. Nella disperazione, aveva qualcuno a cui aggrapparsi lo, il suo angelo custode.

Aveva gli occhi chiusi e le lacrime che non davano segno di volersi arrestare. Quelle parole erano impresse nella sua mente e poteva vederle anche nel buio, non riusciva a dare un senso a tutto ciò che le stava capitando. Il sentimento di Hektrien sembrava essere profondo, forse addirittura più del suo, ma non sarebbe bastato per risolvere i problemi che li avevano separati. Lui le aveva ribadito nero su bianco che sarebbe rimasto irremovibile nelle sue convinzioni e che quello era un addio, doveva lasciarlo andare, imparare a vivere in un mondo senza di lui.

Codardo.

Erano in guerra e a lei non importava del domani, forse domani non sarebbe mai arrivato, non le importava di figli nati fuori dal matrimonio o dello sguardo degli altri su di loro. Voleva lui una vita, un giorno o un'ora, poco importava il destino avverso o che il mondo fosse contro di loro, ma lui non era pronto a battersi e questo faceva ancora più male di un sentimento non corrisposto.

Si addormentò piangendo tra le braccia dell'amico, ascoltando il battito lento del suo cuore, avvolta dal piacevole tepore della sua pelle.

Era ancora notte quando Nemiah la svegliò, carezzandole i capelli e sussurrandole qualcosa di incomprensibile all'orecchio.

La incitò ad alzarsi e le mise sulle spalle una vecchia coperta. La prese per mano e la guidò fuori.

«È notte fonda» protestò lei.

«È quasi l'alba» ribatté quello.

Camminarono all'incirca una mezz'ora sotto il cielo stellato. Naya aveva perso ogni voglia di protestare e lo seguiva, senza fare domande già da un po', con il naso rivoltò all'insù, meravigliata da tanta bellezza.

Sentiva l'odore del mare e il cuore iniziò a battere più forte, quando il suono della risacca iniziò a riempire l'aria. Iniziarono a scendere un sentiero tra le rocce che si faceva sempre più ripido, passo dopo passo. Guardò il ragazzo con la coda dell'occhio, intento a illuminarle il cammino con una fiaccola e sorreggendola con l'altra mano, per evitare scivoloni. In quel corridoio stretto e tortuoso, complice la semi oscurità era impossibile scorgere il panorama attorno.

Quando la giovane finalmente arrivò in fondo, si ritrovò su una spiaggia di sabbia fine. Davanti ai suoi occhi si stagliò uno spettacolo mozzafiato. Un oceano nero, apparentemente infinito, trapunto di luminose stelle, che le ricordava quanto fosse piccola e insignificante. Era incapace di esprimere a parole ciò che sentiva, ma era solo l'inizio di quella magica notte.

Guardò Nemiah e gli sorrise, poi dopo aver fatto cadere la coperta per terra, corse fino alla riva, tolse le scarpe ed entrò in acqua fino ai polpacci, tirando su la lunga gonna, per non bagnarla. Quel contatto la fece sentire finalmente viva, inspirò riempiendosi i polmoni di aria fresca.

Il sole iniziò a sorgere all'orizzonte, proprio davanti ai suoi occhi tingendo il cielo di tinte viola e arancioni. Si voltò ancora una volta verso il ragazzo che le porgeva la mano e uscì dall'acqua. Si sedettero in riva al mare, su un tronco d'albero, l'uno accanto all'altro.

Nemiah le poggiò di nuovo la coperta sulle spalle e rimase in silenzio, riempiendosi gli occhi di lei, che troppo impegnata ad ammirare quello spettacolo silenzioso, non sembrava volerlo degnare di attenzione. Essere lì accanto a lei, senza battibecchi, era più di quanto avesse mai potuto immaginare.

Un piccolo momento di felicità, un miraggio, che sembrava destinato a durare in eterno.

All'improvviso lei lo guardò e fu lui a fuggire il suo sguardo.

«Grazie» sussurrò quella, mentre lui alzava quasi impercettibilmente le spalle. «Mi dispiace per questa notte, io non so cosa mi sia preso. Credo di essere un poco fragile in questo momento. Passerà è solo questione di tempo» disse con un sorriso forzato.

«Il giorno in cui tornerà, non farti trovare» disse serio. «Quelli come lui tornano sempre per quelle come te».

«Che vuoi dire? Nemmeno lo conosci. E che vuol dire quelle come me?» chiese perplessa.

«Quelle come te hanno il potere di infilarsi nella tua testa, si insinuano in profondità, mettono radici e diventano parte di te. Se poi arrivano al cuore è finita, perché vanno amate senza se e senza ma» disse lui sibillino. Lei inclinò la testa, davvero non capiva quel discorso. «Quelli come lui sono troppo stupidi per rendersi conto della fortuna che hanno o troppo codardi per coglierla. Quando tornerà non lasciare che distrugga tutto ciò che hai costruito, proteggi il tuo cuore a ogni costo».

«Lo terrò a mente» rispose stranita, tornando a guardare il mare.

«Credi che sia stato un errore accordarmi un'ultima possibilità?».

«Spesso» rispose lei sincera, con una punta di amarezza, senza guardarlo. «È come se dentro di te vivessero due persone completamente diverse e questa cosa mi destabilizza».

«Che vuoi dire?».

«Non parlo di maschere, non parlo di alti e bassi. Sei autentico. Insomma io credo che tutti siamo fatti di luci e ombre, ma tu sei complesso oltre l'inimmaginabile. Quando ti guardo vedo l'abisso e sento che se dovessi perdere l'equilibrio io... ecco non voglio accada tutto qui».

Quelle parole l'avevano colpito, ma non le capiva fino in fondo.

«Credi ci sia qualcosa che non va nella mia testa?».

«No, ma non so mai cosa aspettarmi. Sei un vero enigma» rispose, voltandosi di nuovo verso di lui.

«È giunta l'ora di venire a capo di qualche mistero, non credi? Chiedimi qualcosa, qualunque cosa».

La giovane riflettè.

«Cosa significa la pietra che porti al collo?» chiese lei.

Nemiah la sfiorò istintivamente con la punta delle dita e abbozzò un sorriso amaro.

«È la cosa più preziosa che possiedo. Un po' come il mio nuovo tesoro» aggiunse toccando il ciondolo con le spirali che portava ancora al collo.

«Posso riaverlo?» chiede, porgendogli il palmo della mano.

«Credevo fosse un regalo per aver cercato di uccidermi nelle grotte» disse lui sfilandoselo.

«È stata l'acqua a volerti morto, io ti ho salvato la vita e ti ho messo quel ciondolo al collo per proteggerti da lei».

«Perchè l'acqua dovrebbe volermi morto?» chiese divertito.

«Non lo so, ma volte mi parla» disse abbassando il capo. Era la prima volta che lo diceva a qualcuno. «Lo so sembra una storia assurda, ma devi credermi».

«E cosa ti dice in questo momento?».

«Non funziona così» rispose scrollando il capo.

Nemiah le fece cenno di avvicinarsi con l'indice, poi si sporse su di lei e lei mise il gioiello al collo con delicatezza.

«É un frammento di luna, il mio unico legame con la mia natura umana, se dovessi perderlo non sarei più me stesso. Mi permette di controllare le trasformazioni e non essere influenzato dalle fasi lunari. Ogni licantropo del branco ne ha uno».

«Ancora non sono convinta che tu sia un licantropo, ti ho sempre visto in forma umana».

«Evito di trasformarmi, a meno che io non sia costretto. Il potere del fuoco non va sottovalutato, è la mia arma segreta e poi solo uno stupido vorrebbe essere un animale».

«Tu l'hai scelto vero?»

«Mi ritieni uno stupido?» chiese lui, fingendosi risentito. «L'ho scelto. I licantropi della Piana sono sempre stati dei mercenari, pronti a vendersi al miglior offerente. Io e Tilanio temevamo che si alleassero con il nemico e lui aveva Paminia. Io non ...» aggiunse bloccandosi, in cerca della parole giuste. «Ero ancora una volta il sacrificabile, nel caso qualcosa fosse andato storto. Allora non mi importava davvero della resistenza, giocavo alla guerra, mi piaceva semplicemente la sensazione di essere al centro dell'attenzione e mi dicevo che se mai fossi morto almeno avrei fatto un dispetto a mia madre» disse divertito.

Ci fu un momento di silenzio, poi il ragazzo si fece di nuovo serio.

«Non avevo nulla per cui vivere, ma volevo esistere» disse quello, ma la voce gli tremava. «Esistere per ritrovarti».

La ragazza lo guardò e si sentì avvampare per l'ennesima volta. C'era qualcosa di  sbagliato in ciò che sentiva. Era ancora una volta come camminare sul ciglio di un precipizio, cercando di mantenere la lucidità, ma sembrava impossibile con quegli occhi senza filtro alcuno, puntati su di lei.

«Spegni quella luce» aggiunse serio.

Perturbata da quelle parole, guardò il mare e toccò sovrappensiero il suo medaglione.

Non sottovalutare mai il potere di una semplice scintilla. Il fuoco può riscaldare o devastare. Proteggiti da lui.

La voce del mare tornava a parlarle e questa volta l'avrebbe ascoltata.

Nemiah non sarebbe riuscito a nascondere i suoi sentimenti per sempre, ma non era il momento di rovinare tutto. Ormai riusciva a leggere i suoi silenzi, addirittura ogni suo sospiro. Non aveva intenzione di forzare quelle barriere invisibili che la ragazza stava erigendo per allontanarlo. Le avrebbe aggirate, cercando il suo punto debole, perché in fondo amava stuzzicarla.

Avrebbe dovuto lavorare su sé stesso prima di meritarla.

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