CAPITOLO 32 - VERSO IL PORTALE
«Vivi pienamente il presente. Già troppe speranze sono state spezzate e troppi sogni sono stati sacrificati. Combatti per ciò che ami, avanza un passo alla volta e andrai lontano» disse la donna con voce pacata.
Sembrava aver ritrovato il suo solito distacco, quelle parole suonavano al contempo un addio e una benedizione. La giovane non comprendeva come potesse aver recuperato l'autocontrollo così rapidamente, dopo averle rivelato quel segreto e dopo averle affidato la missione di riferire a Nemiah che il suo destino era forse già deciso. Era una responsabilità troppo grande, si sentiva nuovamente in trappola.
Qualcuno bussò alla porta prima che potesse mettere delle parole sul suo stato d'animo, era Fidian. Fece capolino, sporgendo solo la testa e fissò Iris con aria incantata, mettendola in imbarazzo. Perse l'equilibrio, ma si riprese all'ultimo momento, aggrappandosi alla cornice della porta.
«Mi scuso di avervi interrotte» disse lisciandosi la camicia stropicciata e facendosi da parte.
Hektrien apparve sulla soglia, portava una nuova divisa di pelle nera e un mantello con cappuccio che gli avrebbe nascosto integralmente il volto in caso di bisogno. La sua vecchia spada d'argento, che zia Emma aveva in qualche modo conservato dopo l'attacco al Castello, era riposta nel fodero. Iris lo guardò intensamente ed ebbe un groppo alla gola, vide prima il guerriero che mai e poi mai si sarebbe tirato indietro davanti a una responsabilità così grande. poi l'uomo capace di rinunce e compassione. Entrambi sarebbero stati pronti a sacrificarsi un'ultima volta, senza esitare.
La zia si avvicinò all'orecchio della nipote e poggiò due dita sul suo medaglione.
«Ascolta la quiete, ama a occhi chiusi. Guarda sempre con il cuore ...» disse in un sussurro.
«E non con gli occhi» rispose lei sottovoce, conosceva a memoria la frase di sua madre.
La ragazza sentì il ciondolo diventare prima tiepido, poi progressivamente più caldo fino a scottarle la pelle. Lo prese tra le mani per strapparselo di dosso, quando quello emise un leggero bagliore blu e il calore svanì di colpo. La strega le baciò la fronte e si allontanò verso la porta, senza voltarsi indietro.
Madre e figlio si incrociarono sull'uscio, si scambiarono un lungo sguardo pieno d'amore, poi lei gli prese la mano e la strinse tra le sue, lui si sporse verso di lei e le posò un leggero bacio sulla guancia. Sparì al di là della porta, che il licantropo richiuse prontamente alle sue spalle.
Hektrien potrebbe essere l'arma, potrebbe essere già condannato a morte.
Quel pensiero era insopportabile. Era la prima volta dopo tanto tempo che si ritrovavano da soli e lei era paralizzata da quell'orribile pensiero.
Il soldato la guardò incuriosito, poi abbassò il capo in segno di rispetto. Era la prima volta che la vedeva con addosso abiti del suo mondo, in lei non rimaneva molto della Iris che aveva conosciuto, almeno esteriormente, perché dentro ben poco era cambiato. C'era solo più consapevolezza, era come se fosse diventata di colpo una donna, conscia degli orrori del mondo.
Avrebbe voluto porgergli le mani, per sfiorarlo anche solo un breve istante, ma non riuscì a muovere un muscolo. Era incredibile come tanta oscurità avesse il potere di incantarla e farle male allo stesso tempo. Voleva staccargli gli occhi di dosso, ma non ci riusciva.
Quanto tempo perduto.
Non conosceva gli accordi con Nemiah, ma ora che il portale stava per aprirsi, sarebbe stata sicuramente affidata esclusivamente al branco, non avrebbe più avuto occasione di passare del tempo sola con lui. Forse anche lui era li per dirle addio.
Hektrien la raggiunse sul letto, si inginocchiò davanti a lei e le porse i palmi delle mani, ma quella scrollò il capo con decisione, rifiutandosi di guardarlo. Era troppo tesa, non voleva assistere al suo commiato. Lui allora la sorprese, carezzandole il dorso della mano che teneva in grembo.
Iris...
«So della maledizione» disse di colpo.
Fu più forte di lei. Mai e poi mai avrebbe potuto tenere quel pensiero tutto per lei, ma dirlo ad alta voce rendeva tutto più reale e inaccettabile.
Va tutto bene.
«No» sbottò lei alzandosi in piedi.
Abbiamo una speranza di sconfiggerlo.
«A costo della vita, la tua vita» ribatté, guardandolo dall'alto in basso.
Sono un soldato.
Pronunciò quelle parole illudendosi che sarebbero bastate come giustificazione, senza immaginarsi del profondo segno che aveva già lasciato nell'anima di quella ragazza che non conosceva il significato di dovere. Lei era tutto cuore.
Hektrien serrò le labbra, era così strano avere la certezza che qualcuno si preoccupava per la sua sorte. Nel corso degli anni trascorsi sui campi di battaglia, era riuscito a liberarsi della paura, o meglio ignorarla il più possibile, ma l'ombra della morte era una presenza costante, sempre in agguato, pronta a porgere la sua mano anche al più valoroso degli uomini e di abili guerrieri ne aveva visti cadere molti. Questa condizione precaria gli aveva insegnato il valore della vita, ogni momento era un dono prezioso, soprattutto ora che sembrava avere qualcuno da cui tornare.
L'esperienza gli aveva insegnato che non avrebbe mai potuto salvare tutti, ma che ci avrebbe comunque provato, perché ogni vita sottratta alle grinfie della morte era una vittoria. La guerra era una strada senza ritorno e lui era sempre stato arma e scudo, rischiava la vita ogni singolo giorno, nulla era cambiato da quel punto di vista, ma ora c'era lei ed era tutto più complicato.
Iris, anima gentile e altruista, bagliore nel buio. Era forte, ma anche così fragile e ogni suo gesto avrebbe potuto ferirla o peggio spezzarla. Voleva tenerla con sé, ma sarebbe stato egoista da parte sua, perché anche lei aveva il suo destino da compiere. Sua madre in quei giorni di prigionia gli aveva parlato della sua particolare visione delle cose, di un messaggero e di un portale, una speranza per i popoli, un discorso affascinante, che lui aveva ascoltato rapito, ma più ci ripensava più gli pareva che quell'idea sminuisse le cose, c'era così tanto di più nello sguardo di quella ragazza. C'era conforto, sogno e una scintilla di qualcosa a cui non riusciva a dare un nome, qualcosa di profondo, ma sfuggente. Tante cose passarono per la sua testa, ma qualunque cosa avesse dentro decise di tenerla per sé.
La guardò e si perse in quel silenzio.
Iris gli sfilò a fianco e andò direttamente alla finestra, si concentrò sul giardino sotto di lei. C'erano Radek e Bronis, intenti a sghignazzare tra loro.
Bel modo di preparasi alla battaglia.
Nemiah non si era più visto, ma aveva imposto quel nuovo binomio sotto la sua finestra, perché non considerava più i tre fratelli all'altezza di occuparsi della sua sorveglianza. Aveva fiutato la debolezza di Gabor e l'ostilità degli altri due, che non sembravano così devoti alla causa. L'alfa sembrava aver pensato a tutto questa volta, nulla doveva andare storto.
Nemiah, se fosse lui la vittima sacrificale sarebbe altrettanto ingiusto.
Euniria uscì in giardino proprio in quel momento con un vassoio in mano, si avvicinò ai due licantropi e gli offrì qualcosa di caldo da bere per riscaldarsi. La serata era gelida, il cielo era coperto e non si vedeva nessuna stella. Iris pensò alle parole del diario di zia Emma e al cielo della notte dell'attacco al Castello. Inspirò profondamente.
Hektrien arrivò alle sue spalle, tirò la tenda e le mise le mani sulle spalle.
Sono qui, adesso.
La giovane si irrigidì, era troppo doloroso accettare che qualcuno potesse essere destinato a morte certa. Quello la obbligò a voltarsi e le prese le mani.
Io veglio su di te sempre, indipendentemente dalla distanza che ci separa.
Le solleticò una guancia con l'indice della mano, facendola tremare dalla sorpresa e dal piacere di quella nuova sensazione. Poi guidò il suo palmo fino all'altezza del suo cuore. La giovane sfiorò la pelle nera della sua divisa e sentì qualcosa in rilievo, percorse quella forma con la punta delle dita. C'era un fiore ricamato, un iris. Era opera di zia Emma. Chissà se era lei che aveva avuto quell'idea e che cosa significava.
«Ho qualcosa per te» disse la ragazza.
Iris andò a cercare il pacchettino, che aveva lasciato sul letto e lo porse timidamente all'uomo, che sembrava davvero incuriosito dal quel dono misterioso.
«So che oggi è il tuo compleanno e non so se nel tuo mondo... ecco... se voi.. vi scambiate... ecco...».
Hektrien aprì il fagottino di stoffa e osservò con attenzione la spilla con le due spirali che si fondevano, la riconobbe immediatamente. Le riprese la mano e la strinse con decisione.
Grazie.
Quell'oggetto, era più bello di quanto Iris avesse immaginato. L'esatta copia in metallo del suo medaglione, fin nei minimi particolari.
L'uomo alzò il mento, perché gliela fissasse sul mantello. Era un poco delusa da quella reazione, avrebbe voluto qualcosa di più di un semplice ringraziamento. Avrebbe voluto dirgli che aveva pensato a quel regalo, perché quel disegno le ricordava la notte trascorsa insieme nella caverna, ma sarebbe stato troppo audace da parte sua rivelargli quel pensiero.
Si mise sulla punta dei piedi per sistemarla con cura e poi levò gli occhi su di lui, accorgendosi di essere a un soffio dalle sue labbra, che si piegarono in un lieve sorriso, che valeva molto di più di quel semplice grazie. Avvampò, mentre lui la guardava dall'alto in basso con espressione divertita. Nessun ragazzo della sua scuola le aveva mai fatto quell'effetto, il suo corpo e la sua mente reagivano ogni volta che pensava anche solo all'idea di averlo vicino.
All'improvviso si udirono dei colpi alla porta, che la fecero allontanare. Due serie precise di tre colpi. Pareva un messaggio in codice.
Dobbiamo andarcene. Tu e io, adesso.
Non capiva, ma l'avrebbe seguito in capo al mondo. Si mise le scarpe senza perdere tempo, poi prese il pesciolino di legno e lo infilo nel borsello. Apri il cassetto del comodino per recuperare il diario, era svanito nel nulla, seguendo la stessa sorte delle pagine mancanti. Il passato sarebbe rimasto in una parte del suo cuore, cioè che contava era solo il presente. Richiuse il cassetto fece cenno all'uomo che era pronta.
Hektrien le tirò su il cappuccio sulla testa con fare affettuoso e la fissò a lungo, forse troppo. Quello sguardo aveva il potere di confonderlo. C'erano connessioni che andavano oltre le parole e proprio in quel momento compresero che entrambi provavano qualcosa di molto simile nei confronti dell'altro.
«Fidian» disse lei preoccupata.
Il Principe aprì la porta, il licantropo si scostò lasciandoli passare e l'altro gli poggiò una mano sulla spalla e gli fece un cenno d'intesa con il capo. Iris comprese che erano complici, probabilmente da sempre e scambiò con l'amico uno sguardo carico di tenerezza, lui le fece un inchino e le strizzò l'occhio con espressione maliziosa.
I fuggiaschi scesero rapidamente le scale e incrociarono Euniria, che gli sorrise, rassicurandoli che andava tutto bene. In casa regnava un singolare silenzio, passarono accanto al salone, dove i tre licantropi dai capelli rossi dormivano profondamente sul divano e sulla poltrona, davanti a delle tazze ancora fumanti. Era tutto troppo strano.
Uscirono all'aria aperta, Iris rabbrividì, faceva un freddo polare. Hektrien le passò un braccio attorno alla vita, incitandola ad avanzare. Scorse altri due licantropi addormentati lungo il vialetto di ghiaia bianca, dovevano aver fatto il giro della villetta nel tentativo di rientrare, ma erano crollati prima di riuscirci. Ancora lo zampino della strega, erano stati tutti drogati.
I due si diressero di corsa verso il bosco senza voltarsi indietro, mano nella mano, passo dopo passo.
Per un breve istante la giovane si domandò chi fossero i buoni e chi i cattivi e se stesse facendo la scelta sbagliata, consegnandosi al nemico. In fondo Ulktor aveva lasciato zia Emma libera di scegliere e lei l'aveva seguito dritta dritta in una trappola, cambiando il corso della storia e influenzando il destino di tutti.
Ascoltami senza parlare. Il piano di Nemiah è troppo pericoloso. Vuole affrontare i miei uomini in uno scontro diretto, ma non ci riuscirebbe mai. E' testardo e non vuole sentire ragione. Io e te passeremo discretamente il portale, una volta che i soldati saranno passati da questo lato, senza inutili scontri e spargimenti di sangue. Dobbiamo solo trovare il varco e aspettare.
Iris annuì, quell'idea aveva un senso.
Il portale non si apre sempre nello stesso punto, qui entra in gioco il tuo medaglione. Grazie a Euniria stanotte fungerà da bussola indicandoci il cammino, la sua luce diventerà più forte man mano che ci avvicineremo al punto esatto.
E così fu, il pendente stregato indicava davvero il percorso da seguire, si aprirono così una via sicura attraverso la fitta boscaglia. Hektrien al suo fianco la sorreggeva e la spronava ad andare più veloce, voltandosi raramente indietro per controllare che nessuno li stesse seguendo.
Giunsero in uno spazio rado, circondato da alte querce. Era estremamente silenzioso, aveva tutta l'aria di un luogo magico. Il portale non era ancora aperto, ma Iris aveva la sensazione di intravederne già la sagoma tra due enormi alberi. Riusciva a coglierne l'energia, c'era una specie di riverbero.
Guarda sempre con il cuore e non con gli occhi.
Così le aveva detto zia Emma.
«Si aprirà lì» disse lei in un sussurro, l'uomo guardò stranito in quella direzione senza vedere nulla. «Io posso vederlo».
Quello annuì.
Nascondiamoci lassù, avremo il controllo su ciò che succede in basso.
I due salirono non senza difficoltà su un piccolo declivio, da cui avrebbero avuto una buona visuale. Si acquattarono in mezzo alla fitta vegetazione, con gli occhi fissi sulla radura. L'atmosfera era spettrale, non si udiva alcun suono. All'improvviso il medaglione iniziò a emettere un accecante bagliore blu, sarebbero stati reperibili da chilometri. Un intenso fascio di luce arrivava fino al cielo. Il portale stava per aprirsi, quell'oggetto lo sentiva e rispondeva alla sua energia.
Nascondilo sotto il mantello.
Iris ci provò, anche se le sue mani tremavano, ma quella luminosità era troppo forte e il suo mantello non abbastanza spesso per contenerla.
Stringiti a me e fai silenzio.
Iris non capì. L'uomo la abbracciò e la avvolse nel suo mantello. Il tessuto del Regno di Tenebra era fabbricato apposta per proteggere i suoi abitanti dai raggi solari in caso di necessità. Forse lì sotto, la luce sarebbe stata meno visibile.
I due divennero di nuovo una cosa sola, proprio come le due spirali, i loro corpi si adattavano perfettamente l'uno all'altro. La giovane, stretta a lui, poggiata contro il suo petto, poteva sentire ogni respiro e il battito accelerato del suo cuore. Si sentiva al sicuro, avrebbe voluto scomparire in quell'abbraccio.
Sarò il tuo scudo, qualunque cosa accada.
Lei chiuse gli occhi, aggrappandosi alle sue parole.
Io non temo la maledizione e non me ne dispiaccio. Se mia madre non avesse pronunciato quelle parole sarei morto tanto tempo fa e non posso rinnegare qualcosa che mi ha portato fino a te. La spilla sarà un modo per portarti sempre con me e godrò di questo dono il più a lungo possibile. Te lo prometto.
Quel pensiero proveniva direttamente dal suo cuore e ora faceva ancora più male pensare di poterlo perdere, ma non c'era altra possibilità che vivere la vita come veniva o forse semplicemente sopravvivere a quella lunga notte. Sentì delle lacrime calde e silenziose scenderle lungo il naso, poi sulle labbra, le leccò via, poi cercò di calmare la sua tempesta interiore, controllando il suo respiro, perché lui non si accorgesse della sua fragilità. Quell'atto necessitò di un minimo di concentrazione e la giovane non fu più in grado di percepire i pensieri del soldato, ma solo un fastidioso brusio.
Il tempo passato così parve eterno, poi la ragazza sentì i muscoli di Hektrien irrigidirsi di colpo. La sua stretta era ben più salda, era all'erta. Stava accadendo qualcosa, il portale si era definitivamente aperto ne era certa. Udì delle voci lontane, qualcuno stava attraversando. Avrebbe voluto guardare o chiedere qualcosa, per sapere cosa stesse accadendo, ma il Principe le aveva intimato il silenzio e forse era meglio così. Aveva tanta paura, nonostante le rassicurazioni, lo strinse ancora più forte.
Sentiva sempre più chiaramente voci di uomini, i soldati della Tetra Armata erano a poche decine di metri da loro.
Dopo un arco di tempo indefinibile Hektrien si mosse e la invitò a scoprirsi il capo. Iris riprese a respirare l'aria fresca. Guardò verso il portale, era proprio dove lo aveva immaginato. Una volta luminosa, con una specie di velo impalpabile che pareva vibrare. L'uomo si alzò in piedi e Iris terrorizzata lo trattenne per una mano, ma quello la incitò a seguirlo.
I due scesero il pendio e si ritrovarono davanti al varco. Fu allora che tre figure incappucciate attraversarono il portale.
Hektrien sguainò la sua spada davanti ai soldati senza volto e si spostò dietro a Iris, poggiandole una mano sulla spalla.
Perdonami.
Quella frase le arrivò come un pugno, dritta nello stomaco e le mozzò il respiro. Con un gesto repentino l'uomo la spinse a terra, ai piedi dei tre sconosciuti appena sopraggiunti. L'impatto con il suolo fu brutale.
«Generale» disse uno di loro, facendo un cenno di rispetto. «La Principessa Perduta immagino» .
La giovane si voltò verso di lui e inorridì, aveva anche lui tirato sù il cappuccio che ora gli copriva l'intero volto, lasciando scoperti solo gli occhi. Annuì con espressione severa, muovendo appena appena il capo. Non poteva averla tradita così, non dopo il suo discorso di poco prima. Continuò a guardarlo nella speranza di capire se facesse tutto parte del piano, ma lui guardava altrove con sguardo cupo. Non l'aveva mai visto così, sembrava aver perso ogni traccia di umanità. Accasciata a terra iniziò guardarsi attorno, in cerca di una via di fuga.
Uno dei soldati, probabilmente il più alto in grado dei tre, si abbassò per scrutarla meglio. Sembrava magro e spigoloso, con due grossi occhi neri infossati. Abbassò il bavero che gli copriva il viso, svelando un ghigno largo e cattivo. Era avvolto da un'aurea maligna che la fece rabbrividire fino al midollo.
«Con il suo permesso, d'ora in poi di lei me ne occupo io» disse attorcigliando una ciocca dei suoi capelli attorno al suo indice «Ordini del Signore Oscuro».
Il Generale acconsentì e piantò la sua spada nelle terreno, tenendo le mani conserte sull'impugnatura.
Iris voltò il capo per sfuggire al suo fetido alito e incrociò lo sguardo di un altro soldato, che la fissava con un'intensità particolare. Aveva dei piccoli occhi dalle sfumature verdi e miele e dalla forma leggermente allungata. Era alto e massiccio.
Il soldato inginocchiato davanti a lei fece cenno a uno dei suoi compagni di avvicinarsi, un uomo dagli occhi nocciola si abbassò su di lui e l'altro gli bisbigliò qualcosa all'orecchio. Il militare scomparve al di là del portale, mentre l'altro tornava a guardare Iris.
«Dove eravamo rimasti?» le chiese, passandosi la lingua sulle labbra, poi improvvisamente fu distratto da qualcosa. «Chi non muore si rivede» disse strafottente guardando lontano.
La ragazza si voltò e vide Fidian avanzare lentamente verso di loro con passo lento e leggero, il passo di un predatore. I suoi stivaloni non facevano alcun rumore calpestando il suolo. Appariva bello e fiero, con i lunghi capelli scuri che incorniciavano un viso illuminato dai raggi lunari, che giocavano con il suo incarnato estremamente pallido. Una vera creatura delle tenebre, un purosangue, avvolto da un'oscura energia. Una speranza nella notte.
Il soldato si alzò, lo conosceva e sembrava avere un conto in sospeso con lui.
«Lasciami indovinare. Ora hai un debole per le rosse» esordì in tono canzonatorio.
Le pupille di Fidian si fecero più grandi e scure e il suo respiro più pesante. La ragazza non l'aveva mai visto così teso. Il milite dagli occhi verdi fece un piccolo passo verso di lei, non avrebbe potuto approfittare di quella distrazione per fuggire, non aveva via di scampo.
Perché Fidian non si trasforma? Potrebbe farli a pezzi se solo lo volesse.
L'uomo lupo era completamente concentrato sul suo avversario davanti a lui.
«Sono qui per te Metcha, non potevo perdere questa occasione» disse, avvicinandosi e allargando le braccia.
Metcha. Il soldato che ha mutilato Hektrien.
Non sembrava portare armi, ma le sue parole suonavano minacciose. Non guardò mai Iris, che attendeva un segnale per fare qualcosa.
All'improvviso il soldato che si era avvicinato a Iris estrasse un pugnale e colpì senza preavviso il suo superiore al collo. Un fiotto di sangue rosso vermiglio schizzò dalla ferita. Quello cercò di arginare la ferita con le mani e di dire qualcosa, ma solo un rantolo uscì dalla sua bocca, mentre cadeva in ginocchio. Il traditore lanciò il suo coltello a Fidian, questo lo afferrò con sicurezza e gli diede il colpo di grazia sgozzandolo da parte a parte, con un sorriso dipinto sulle labbra.
«Per Rodya e il Generale» disse in un sussurro.
Si trasformò in licantropo in una frazione di secondo per finire ciò che aveva cominciato. La ragazza si ritrovò davanti un gigantesco lupo bianco e nero. Era la prima volta che lo vedeva così da vicino, l'aveva solo intravisto nel bosco la notte in cui aveva salvato Hektrien. Era un animale dal manto meraviglioso, tremendamente affascinante e magnetico, nonostante la sua forma bestiale rimaneva tanto di Fidian in lui, l'avrebbe riconosciuto tra mille.
Il traditore spinse il corpo senza vita di Metcha verso di lui, con un calcio ben assestato e Fidian gli balzò addosso, per sbranarlo. Iris si portò le mani sul volto, non voleva vedere tanta atrocità. Il cadavere giaceva proprio accanto a lei, con un'espressione distorta e sofferente. C'era sangue che schizzava ovunque ed era la prima volta che vedeva morire qualcuno.
Un ululato terrificante la riportò alla realtà, obbligandola a scoprirsi gli occhi. Una decina di bestie dal manto nero attraversò il portale, insieme al terzo soldato che poco prima si era allontanato, probabilmente in cerca di rinforzi. Il Generale della Tetra Armata riprese la sua spada, mentre il soldato che aveva inferto il primo colpo al suo superiore afferrò Iris per il braccio e la obbligò ad alzarsi. Quella frastornata si mise in piedi e lo guardò in cerca di risposte, non capiva più chi fossero i buoni e chi i cattivi.
Le bestie si stavano avvicinando e bloccavano l'accesso al portale. Erano proprio come zia Emma le aveva descritte nel suo diario. I lucyon.
Hektrien fece un leggero cenno con il capo al traditore, poi guardò finalmente la giovane e portò la mano all'altezza del fiore ricamato sulla sua divisa.
«Fidati di me» disse il traditore dagli occhi verdi in tono gentile. «Mi chiamo... Menkidor».
Lei era in piedi, ma inchiodata al suolo con gli occhi fissi su Hektrien e su quelle belve infernali che, insieme a un soldato senza volto, si stavano avvicinando a lui e Fidian.
Iris e Menkidor furono costretti a fuggire nella direzione opposta al portale, mentre gli altri due, combattendo fianco a fianco, si occupavano del nemico.
Durante la loro corsa, incontrarono il branco. Nemiah era l'unico ancora in forma umana, era a torso nudo, nonostante il freddo della notte e sporco di sangue, così come i sei lupi al suo fianco. La Tetra Armata doveva aver perso molti uomini quella notte.
Fece cenno ai licantropi di correre al portale appena udì l'ululato cupo di Fidian. I lupi obbedirono e passarono accanto ai due emettendo un suono gutturale e si diressero velocemente verso la radura. Nemiah era certo di poter tenere testa a un solo soldato. Iniziò a ringhiare, fu qualcosa di surreale, perché il suo corpo era ancora quello di un ragazzo, ma quella voce che veniva dal profondo della sua anima era quella di un lupo.
«No» urlò Iris, mettendosi davanti al soldato sconosciuto.
«Fatti da parte ragazzina» disse l'alfa.
«Mi ha salvato la vita» spiegò lei.
«Fatti da parte ragazzina» urlò il ragazzo lupo.
«Mai» urlò lei.
Sopraggiunse Euniria, spuntata da chissà dove. Menkidor la guardò e fece rapidamente scivolare il suo cappuccio sulle spalle, scoprendo il suo volto. Era un uomo di una quarantina d'anni a prima vista, biondo, con un ciuffo che formava una specie di onda che gli ricadeva morbida sulla fronte, la sua mascella era squadrata e le sue labbra erano piene. Non aveva i lineamenti del Regno di Tenebra.
«Tu» disse in un sussurro.
Iris non capiva cosa stesse succedendo e pure Nemiah pareva confuso.
«Lasciali andare» disse la donna pacata giungendo al fianco del figlio.
Era chiaro che l'alfa non prendesse ordini da nessuno, tantomeno da sua madre. La guardò, scrollando il capo, mentre le sue labbra si piegavano in una smorfia amara.
Un rumore improvviso li interruppe. Tre delle bestie che avevano attraversato il portale erano giunte fino a loro, eludendo il branco e li puntavano rabbiose, era tempo di prendere una decisione.
La strega si avvicinò lentamente a Iris e al soldato, poggiò una mano sulle spalle di entrambi. La nebbia li avvolse progressivamente, mentre pronunciava parole incomprensibili all'orecchio umano. Poi si voltò e abbracciò il figlio ribelle stretto stretto ed enunciò lo stesso incantesimo di protezione. Lui non si oppose, rimase rigido nella sua posizione. La giovane riusciva ancora a scorgere i suoi tratti sfocati, proprio come aveva scorto la sagoma del portale prima che fosse visibile, fu certa che quell'espediente li avrebbe aiutati.
«Qualunque cosa accada attraversate il portale» intimò la strega con un filo di voce, cadendo sulle ginocchia con sguardo spento.
Il soldato annuì con decisione, si coprì il volto e trascinò via Iris. Lei non oppose resistenza, lo seguì come un automa. Nemiah non aveva ascoltato la raccomandazione della madre e si era messo davanti a lei, in posizione di difesa, con le gambe divaricate.
«Se le succede qualcosa, dovrai vedertela con me» tuonò verso il soldato.
Nemiah allargò le braccia con due pugnali d'argento stretti tra le mani e rimase a difendere sua madre dalle belve pronte a balzarle addosso, mentre i due si allontanavano, ripercorrendo al contrario il cammino che li aveva condotti fin lì. Iris avanzava incespicando, cercando di voltarsi indietro per vedere cosa stesse succedendo alle sue spalle. Intravide il ragazzo, avvolto dalla nebbia stregata, accerchiato dai lucyon e la zia a terra, priva di forze, finché entrambi non scomparvero definitivamente dalla sua vista. Udì un urlò e iniziò a piangere.
Terrorizzata, senza vedere chiaramente dove stesse andando e senza la più pallida idea di chi fosse l'uomo che la scortava, continuò ad avanzare. Zia Emma sembrava fidarsi di lui, avrebbe fatto lo stesso, non aveva scelta. Correva, sballottata a destra e sinistra e pensava che tutte le persone a cui voleva bene erano in pericolo. La donna che l'aveva cresciuta, Nemiah, Fidian e Hektrien e addirittura il branco a cui si era affezionata, rischiavano tutti la vita a causa sua.
Arrivarono alla radura, dove lo scontro infuriava. Il soldato che aveva portato i lucyon fino a lì giaceva senza vita in una pozza di sangue, poco lontano da ciò che restava del Capitano Metcha. Le bestie erano tante e si muovevano veloci, impossibile contarle, ma il branco forte e coeso pareva avere la meglio su ognuna di loro. Non vi era traccia di soldati, dovevano essere tutti morti molto prima, grazie all'alfa e i suoi compagni.
Iris vide Hektrien, accanto a Fidian, combattere come una furia, la sua grande spada fendeva l'aria e colpiva a destra e sinistra, parando e assestando colpi. Era agile, nonostante la sua stazza.
Menkidor le fece comprendere che era il momento di correre ancora più veloce e mettersi al sicuro al di là del portale. Attraversarono la radura, invisibili agli occhi, ma il fruscio dei loro passi sul fogliame secco distrasse il Principe guerriero, che si voltò nella loro direzione, senza poterli vedere e fu allora che un lucyon gli fu addosso, facendogli perdere la presa sulla sua arma. Ruzzolarono entrambi a terra, iniziando una lotta brutale, corpo a corpo.
Iris urlò con tutto il fiato che aveva in gola, rivelando definitivamente la sua presenza. Hektrien, resistendo all'attacco della bestia che lo schiacciava con il suo peso a terra, voltò leggermente il capo verso la fonte di quel grido e alla ragazza parve di rivivere la scena del bosco la notte in cui l'aveva incontrato la prima volta, ma questa volta non avrebbe potuto fare nulla per lui. Il Generale non poteva vederla, ma sapeva che in qualche modo lei era lì, poco distante dal varco e dalla salvezza. Determinato a sopravvivere ancora una volta, schivò con abilità gli attacchi che miravano a squarciargli la gola, poi grazie all'intervento di Fidian, riuscì a rotolare su un fianco, a recuperare la sua spada e mettersi in piedi, ma il lucyon lo costrinse di nuovo a terra. Questa volta era armato, ce l'avrebbe fatta, doveva farcela.
Menkidor fu costretto a issare la ragazza sulle spalle di peso per costringerla ad attraversare il portale. Udì un lamento atroce e vide il lucyon agguantare la gamba di Hektrien e piantarci le sue zanne affilate come lame.
Al momento del passaggio fu avvolta da un singolare calore e da una luce abbagliante, chiuse gli occhi con quelle grida strazianti che le rimbombavano ancora nella mente e si ritrovò dall'altra parte, distesa a terra, in compagnia di quello sconosciuto.
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