CAPITOLO 28 - RESA E TRADIMENTO

Trascorsero due settimane dal ritorno di Iris, in casa regnava una singolare atmosfera.

Durante la giornata c'era molta calma, perché, salvo rare eccezioni, la maggior parte dei licantropi sembrava occupatissima all'esterno del villino, probabilmente alla radura nel bosco e tornava solo la sera, per il pasto che era servito sempre alla stessa ora dalla precisa e premurosa zia Emma. Contro ogni previsione, non era più imbarazzante condividere quel momento con quegli insoliti ospiti, a tavola si iniziava a percepire quasi una sensazione di calore, tanto in contrasto con il freddo pungente che c'era fuori. Una sera zia Emma diede istintivamente una cucchiaiata sulle mani di Iodik, che si era lasciato andare a un gesto troppo rozzo durante un brindisi, suscitando l'ilarità generale e da allora tutto fu più semplice.

Iris parlava poco, ma ascoltava rapita i racconti di avventure e mirabolanti battaglie del branco, si guardava attorno e vedeva sorrisi su ogni volto. Erano tutti dei selvaggi, ma erano gentili. Si stava creando un vero legame in quel gruppo e davanti alle tavole imbandite della padrona di casa i momenti di spensieratezza erano tanti.

Radek e Bronis erano decisamente i più chiacchieroni e i loro battibecchi erano vivaci e spassosi, le loro versioni dei fatti raramente concordavano. L'imponente e burbero Iodik si rivelò un gigante buono ed era buffo vedere la vecchia zia irrigidirsi, quando lui la stritolava in uno dei suoi poderosi abbracci, facendola sorridere imbarazzata ogni volta. La chiamava affettuosamente "la mia strega preferita" e le chiedeva senza sosta incantesimi per farsi crescere i capelli o essere più atletico e veloce.

«Stai chiedendo un sortilegio o un miracolo?» lo canzonava spesso Bronis.

«Una grazia del cielo» ribatteva Radek, sghignazzando.

«Finalmente siete d'accordo su qualcosa» rispondeva Iodik. «Un brindisi».

Ogni scusa era buona per una bevuta e le risate riempivano il salone sera dopo sera.

Durante il giorno non era più Iodik a occuparsi della sorveglianza di Iris, ma i tre fratelli, anche se la giovane trascorreva la maggior parte del tempo sola con Gabor, perché gli altri preferivano limitarsi a darle torve occhiate da lontano e alternarsi tra giardino e salotto. La sera come sempre rimaneva in compagnia di Fidian, ma più il tempo passava, più sembrava essere nervoso e poco propenso alle chiacchiere. Sarebbe stato difficile cercare di cavare qualche informazione sul suo ciondolo.

Iris cercava compagnia nella zia e decise di approfittare del poco tempo che rimaneva prima del passaggio, per assecondare il suo bisogno di scoprire ancora qualcosa sulle sue origini. Era affascinante ascoltare i racconti direttamente dalla sua bocca, così non perdeva occasione per farle domande.

Nemiah era sempre assente, ma i segni del suo passaggio in casa erano ben visibili. La padrona di casa, dietro suggerimento di Fidian, aveva deciso di piazzare qualche quadro nel corridoio per nascondere i danni provocati dall'alfa. Faceva sempre un strano effetto pensare che l'uomo che avrebbe dovuto garantire la sua sicurezza fosse così imprevedibile e violento.

Mancava circa una settimana al solstizio d'inverno, era quasi l'ora di cena e la giovane era seduta in cucina, a chiacchierare con la zia. Sfogliava con interesse un vecchio libro di botanica, dicendosi che magari un giorno le sarebbe potuto essere utile.

«Nel tuo mondo ci sono le stesse piante, che abbiamo qui?» chiese la ragazza incuriosita.

«Nostro mondo» la corresse. «Lo so che non lo senti tale per ora, ma vedrai che un giorno la penserai diversamente. Quel momento arriverà e capirai che vale la pena lottare per la sua sopravvivenza» disse tagliuzzando delle verdure su sul vecchio tagliere di legno. «La natura nel Regno di luce è molto più sorprendente rispetto a cosa sei abituata a conoscere, è ricca di colori e sfumature, tutto vive e vibra, c'è magia in ogni angolo. Sono sicura che riuscirai a cogliere l'energia che ti circonda e a farne buon uso. Ogni Contea ha le sue caratteristiche, nelle terre da cui veniva la Regina si racconta addirittura che anche le acque sussurrino segreti a chi sa ascoltare».

«Vorrei sapere qualcosa in più su di lei» disse Iris, toccando istintivamente il medaglione che portava al collo.

«Era una ninfa delle acque originaria della Contea di Feriux, la più misteriosa e luminosa del Regno di Luce. Non ci sono mai stata, ma si racconta che sia una terra incredibilmente rigogliosa, grazie ai suoi innumerevoli corsi d'acqua, che sgorgano dalla vetta del monte Fulgor, dove si erge un santuario di marmo bianco, dedicato all'Onnipotente Sole. I suoi abitanti sono estremamente diffidenti, vivono sulle pendici del picco e non hanno alcun contatto con chi vive al di là dei loro confini. La leggenda narra che il Re tuo padre, poco dopo essere salito al Trono, si fosse spinto incautamente in quelle terre remote, nel tentativo di conoscerle meglio. E' un luogo straordinario, ma estremamente pericoloso, pare che le sue acque siano stregate. Il Sovrano cadde in uno dei fiumi e fu trascinato verso il fondo a causa della sua pesante armatura. Io penso che ci fu lo zampino di una qualche creatura capricciosa. Tua madre affiorò in superficie proprio da quelle acque misteriose e lo portò a riva. C'è chi dice che lui, ammagliato dalla sua bellezza, la fece prigioniera e poi ne fece la sua sposa».

«Credi sia vero?» domandò Iris sbigottita.

«E' arduo comprendere la natura del sentimento che legava i tuoi genitori, nel corso dei secoli un alone di mistero ha sempre avvolto le famiglie reali, ma so per certo che tua madre perì nel tentativo di salvargli la vita e che appariva sempre raggiante al suo fianco» rispose. Iris era confusa. «Imparerai con l'esperienza che l'amore ha tante sfaccetttature. Esiste la passione improvvisa, una tempesta così intensa da avere il potere di privarti del respiro e non sempre facile da gestire, perchè spinge a commettere gesti sconsiderati, ma esiste anche il sentimento che si sviluppa più lentamente, come una leggera folata di vento che gradualmente ti infonde nuova vita. Non ne esiste un amore più degno dell'altro... in ogni caso io credo che lei lo amasse».

«Hai provato entrambi?» chiese la nipote, arrossendo una volta resasi conto della domanda intima che aveva appena posto.

«Ulktor e Terik, il padre di Nemiah, sono stati entrambi grandi amori, perché io sono stata due persone diverse» disse poggiando il coltello sul tagliere. «Le esperienze che facciamo nel corso della nostra vita ci fanno evolvere, ci sono lati del nostro carattere che mutano. Quando conobbi Ulktor era molto giovane e inesperta. Lui era più grande di me, aveva viaggiato, aveva carisma e potere. Ne rimasi stregata. Dopo tanto vagare, cercando il mio posto nel mondo, conobbi Terik, un umile pescatore, dagli occhi celesti e i riccioli biondi, che aveva vissuto nello stesso luogo tutta la vita. A lui bastavano la sua barca, la sua spiaggia e la sua vita ordinariamente straordinaria, immerso nella natura. Era solare e intraprendente, era l'uomo perfetto per guarire le mie ferite. Ha avuto pazienza con me, ha aspettato che fossi pronta. Mi ha regalato una nuova esistenza, fatta di piccole cose e mi ha dato un figlio impetuoso come il mare in burrasca» terminò con l'abbozzo di un sorriso.

«E poi?».

«Il mare me l'ha portato via, è sparito con la sua barca nelle profondità dell'oceano» disse cupa. «E' anche per questo che ho sempre avuto paura che ti avvicinassi all'acqua. Non potevo correre il rischio di perdere un altro amore. So che ti ho fatto del male» aggiunse sincera, sedendosi alla tavola, accanto alla nipote. «Ho aspettato, ho aspettato a lungo con gli occhi fissi all'orizzonte, dimenticandomi di vivere e provando troppo dolore, così ho preso Nemiah e sono tornata dalla mia gente nel bosco. Ho scelto cosa era meglio per me, ho strappato mio figlio dall'unica realtà che conosceva».

«Non è nato licantropo» disse la ragazza.

La donna scrollò il capo, inspirò profondamente.

«Non so cosa gli sia successo. Ho chiesto a Fidian, ma non conosce la sua storia» disse la donna.

«Dovresti parlargli».

«Lo farò» disse incrociando le mani in grembo.

Fidian entrò in cucina, senza essere stato invitato, cosa che faceva sempre, anche solo per la forma. Aveva uno sguardo serio, che non prometteva nulla di buono.

«Scusate l'interruzione» esordì a disagio. «Non sono tenuto a dirvelo, ma Hektrien si è consegnato al branco. Sono tutti nella baracca del bosco».

«Corri Iris!» intimò zia Emma, alzandosi in piedi.

La ragazza guardò il ragazzo lupo e questo si fece da parte, accordandole il suo permesso.

«Vai verso nord, segui il muschio sui tronchi» le suggerì. «Prendi tempo, accompagno io Euniria».

Iris indossò rapidamente giubbotto e stivali, prese una torcia per le emergenze da un cassetto nell'ingresso e si precipitò verso il bosco. Era quasi certa che avrebbe trovato il cammino, grazie al consiglio dell'amico. Dopo una estenuante corsa e qualche maldestra caduta, giunse boccheggiante alla radura e vide il capanno. Non sapeva cosa avrebbe fatto, ma era pronta a sfidare Nemiah se necessario.

Fece il suo ingresso sbattendo la porta. Il branco al completo era schierato nella stanza, Iodik fu il primo a pararsi davanti a lei, coprendole quasi completamente la visuale. Non poteva sapere in che stato fosse Hektrien, ma temeva il peggio.

Nemiah con un cenno lieve della testa intimò al compagno di farla entrare. Era la prima volta che Iris lo rivedeva. Portava un'ampia camicia bianca, un paio di calzoni marroni e degli stivaloni di una tonalità leggermente più scura, con ricercati dettagli rosso rubino.

«Principessa» disse con un'espressione indecifrabile dipinta sul volto.

La sua voce era glaciale, ma c'era un'energia selvaggia e un fuoco che bruciava in quel viso dai tratti angelici. Era feroce e determinato, il tipo di persona che poteva trasformare la sua rabbia interiore in  parole affilate come lame, per ferirti o ucciderti.

Bello e pericoloso, come il mare in burrasca. Un vortice pronto a inghiottirmi senza pietà.

Iodik si fece da parte e la giovane finalmente scorse il Generale della Tetra Armata seduto a terra, con la schiena poggiata contro al muro e le mani legate dietro la schiena con una spessa fune. Non era stato pestato a sangue questa volta. Gli occhi scuri dell'uomo si illuminarono quando la vide sulla soglia e il suo viso severo, incorniciato da disordinati capelli neri, si addolcì. Era impossibile non rendersi conto di quell'intesa silenziosa, bastava un solo sguardo per capire che qualcosa stava accadendo tra quei due. La ragazza fece cadere la sua torcia a terra, gli corse incontro, si inginocchiò davanti a lui e lo abbracciò stretto a sé. Lui ricambiò quel gesto affettuoso nascondendo delicatamente il viso nell'incavo del collo di lei, solleticandola con la barba ispida. La connessione fu immediata appena i loro corpi si sfiorarono.

Iris.

«Ti sei consegnato ...» iniziò lei, sfiorandogli le mani legate dietro la schiena.

Sono io ad avere bisogno di te.

La giovane sussultò, gli occhi si velarono di lacrime. Quella frase non poteva lasciarla indifferente.

Voglio proporre a Nemiah una tregua. C'è una lettera nella tasca del mio pantalone, consegnagliela. Ho provato io stesso, ma non ci sono riuscito.

Iris cercò immediatamente il foglio piegato in quattro e lo diede al biondo, che li stava osservando stranito, poi tornò rapidamente al fianco di Hektrien.

L'alfa diede una rapida occhiata al messaggio, poi il pezzo di carta prese inspiegabilmente fuoco tra le sue dita. Iris non riusciva a credere ai suoi occhi e guardò la porta in cerca di zia Emma, nessun altro a sua conoscenza poteva essere responsabile di quell'episodio.

Magia.

L'uomo lupo guardò Hektrien con sguardo di scherno e calpestò i frammenti carbonizzati con il suo stivale marrone, manifestando così tutto il suo disprezzo nei suoi confronti. Non sembrava affatto sorpreso che il messaggio avesse preso fuoco.

«La tua stupidità ti costerà cara» disse arrogante.

Iris non capì a chi erano rivolte quelle parole, se a lei o al prigioniero.

«Basta giochetti. Parla, vigliacco» intimò Nemiah.

«Non può parlare» esplose Iris, stringendosi al soldato.

Zia Emma comparve finalmente sulla porta, seguita da Fidian, che cercava di farsi discreto al suo fianco. La ragazza si alzò in piedi e si fece da parte. Ora che sapeva così tanto sul suo conto, era certa che si sarebbe fatta valere con i licantropi e in qualche modo sarebbe stata anche in grado di trovare il modo per comunicare con Hektrien, senza il suo aiuto.

«Lasciatelo andare» gridò.

I membri del branco, ad eccezione di Fidian e Gabor, si misero a ridacchiare. Nemiah si avvicinò con fare minaccioso a Hektrien con un piccolo pugnale stretto in mano, senza staccare gli occhi dal viso della madre. La donna mosse le mani come se stesse modellando una sfera invisibile e sussurrò delle parole misteriose. Una enorme spada brillante comparve nella sua mano destra.

«La sua lama è di puro argento, non costringetemi a usarla» disse minacciosa alzandola sulla sua testa, senza sforzo alcuno.

Iris vide per la prima volta Euniria, una strega pronta a tutto. Le sue iridi celesti avevano cambiato colore e si erano fatte scure e lei era avvolta da un'aurea verde brillante, da cui la nipote rimase ipnotizzata.

Gli occhi dei licantropi erano fissi su di lei e la lunga lama scintillante che stringeva saldamente. L'impugnatura era finemente decorata da simboli misteriosi. La giovane percepiva il loro timore, erano incapaci di muoversi. Avevano capito che la donna faceva sul serio.

L'unico che non sembrava temerla era Nemiah, si avvicinò lentamente a Hektrien.

«Strega, perché il prigioniero è cosi importante ai tuoi occhi?» chiese senza capire.

Lei non rispose e Iris inorridì comprendendo che era all'oscuro del vincolo che li legava. Il ragazzo minacciò ancora una volta il soldato, avvicinandogli l'arma alla gola.

«E' tuo fratello» disse lei.

Una strana luce saettò negli occhi dell'alfa.

Tutto accadde velocemente, la strega agì ancora una volta, ma questa volta senza emettere alcun suono. Inaspettatamente la corda che legava i polsi di Hektrien si spezzò e la spada che fino a un istante prima era nella mani di Euniria comparve nelle sue.

I ruoli si ribaltarono, all'improvviso il soldato fu addosso a Nemiah, puntandogli la sua lama d'argento di piatto sotto il mento. Un movimento anche impercettibile avrebbe potuto causare la morte del capo branco. Tutte le leggende erano d'accordo sul fatto che l'argento fosse letale per i licantropi.

Il ragazzo strabuzzò gli occhi e fece cadere a terra il suo pugnale, incapace di comprendere cosa fosse appena accaduto. Iris era paralizzata.

Tradimento.

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