XXXIX

«Ma di cosa sei fatta tu?»
«Di quello che ami» rispose lei.
«Piú d'acciaio».

Lilith


Atene, 1856

«Ma chi me lo ha fatto fare dico io?» borbottai cercando di far cessare il pianto della bambina fra le mie braccia.
Senza successo ovviamente.
Dio, se solo avessi saputo che cosa sarebbe successo da lì a poche ore, avrei detto: e questo è solo l'inizio.

Presente.

Perché ho iniziato a tenere un diario?
Non lo so.
Ricordo solo le Santo Sacre parole della mia psicologa: Cerca te stessa, guardati dentro.
Avevo smesso di ascoltarla dopo la parola "dentro", questa nuova -di psicologa- è pure peggio dell'altra.
Comincio a rimpiangere il gesto di "uccisione" della precedente dottoressa, mannaggia Tyler!
Porca miseria!

Continuo a picchiettare la mia brik sulla scrivania di legno, dando fastidio perfino a me stessa, cosa che ha dell'incredibile ora che ci penso.
Getto occhiatacce al mio diario come se fosse una persona che detesto, come se non ne avessi abbastanza di persone che detesto, in questo momento.
Sbuffo, questo cavolo di quadernino -orrendo oltretutto- mi verrebbe da buttarlo nel cess-stino! Nel cestino... Nel fottutissimo cestino sfacciatamente e orribilmente rosa della mia psicologa.
Il mio deve rimanere puro.
Quanto mi sembro Mercoledì in questo momento...aspetta, fermi tutti.
Mercoledì, il Wathervin, l'appuntamento...devo incontrare Mercoledì fra, guardo l'orologio da polso, dieci minuti.
Una cosa da sapere su Mercoledì Addams: odia chi è in ritardo.

Mi alzo e sistemo in fretta i capelli.
Aspetta.
Qui c'è troppo silenzio.
Non è per nulla un buon segno.
Di solito si sentono le chiacchiere degli studenti ma adesso c'è silenzio, un silenzio inquietante.
Il mio telefono si illumina: Enid c'è scritto sul display, rispondo perplessa.

«Enid, che succede?» chiedo confusa, «Ascoltami bene Lilith» «Mercoledí? Perché hai il telefono di-» «Zitta e ascolta. La scuola è in isolamento» corruccio la fronte.
«In isolamento? Che significa?» «Significa che da questo momento, nessuno entra, e nessuno esce. Ho avuto una visione» sgrano gli occhi, «O-okay» la voce mi trema, «Non andare nel panico ma, c'è un uomo armato nella scuola» un brivido mi percorre la spina dorsale.

«C-cosa?» balbetto, «Si, e so cosa pensi. Questo tizio pare abbia pallottole che possano uccidere qualsiasi essere sovrannaturale, ma cosa più importante. Sono fatte di bronzo» mi tappo la bocca con le mani, sconvolta.
«Niente panico, Enid e Tyler sono con me. Lui è venuto a trovarti ma beh, ha sbagliato camera» cerco di regolarizzare il respiro, «Okay» «Bene, adesso tu non muoverti dalla tua stanza, hai capito?» sento la voce di Enid, «Non ascoltare Enid, fai come ti dico io, al diavolo il regolamento».

«Bene, ti ascolto» sento un sospiro, «Lilith, sono io, Tyler» sorrido debolmente, «Stiamo  escogitando un piano per venire a prenderti, ma è più difficile del previsto» sento un vociare, «Ti metto in vivavoce» annuisco e finalmente sento le voci dei miei amici.
Mi sento più sola che mai, seppur io sono abituata alla solitudine.

«Enid, a te la parola» sento uno sbuffo, «Io credo che tutto questo sia sbagliato» borbotta, alzo gli occhi al cielo.

«Bene, so che hai un balcone nella tua stanza, corretto?» «Giusto» «Bene, adesso dobbiamo chiederti di fare una cosa» il suo tono si fa preoccupato, ma questa non è la mia priorità in questo momento.

«Zitta Enid, sento dei passi» la sento ammutolirsi.

Trattengo il respiro, la prima cosa che mi viene in mente è scappare, ma poi penso che forse non è la scelta giusta da fare.
Il balcone, certo.
Chiudo gli occhi quando sento la serratura della mia porta scattare. La avevo chiusa a chiave, come aveva fatto ad entrare?
Non importa.
«C'è qualcuno?» sibila una voce, resto in silenzio, ma qualcuno invece fa la cosa sbagliata.

«Lil-» sento uno sparo, sbarro gli occhi ma rimango in silenzio.
Non posso farmi scoprire, non ora.
Ma se avessero sparato a Enid? A Mercoledì? A Tyler? A Xavier o- basta, devo stare zitta e sopravvivere.

Non è niente di nuovo per me.
Scappare e nascondermi, due cose che so fare meglio di chiunque altra persona sulla faccia di questa terra.

I passi si allontanano sempre di più, sento la porta aprirsi e poi richiudersi, quando capisco che chiunque persona fosse se ne sia andata, vengo fuori dal mio nascondiglio.

«Oh mio Dio, no! Sarah!» il corpo della mia compagna di stanza è a terra.
Morta.
Le chiudo gli occhi, inorridita.

«Lilith, ci sei?» mi asciugo le lacrime che mi avevano rigato le guance e riprendo il telefono in mano, «Si..ci sono» la mia voce non deve uscire proprio molto convincente perché sento un borbottio dall'altro capo del telefono, che sembra assomigliare ad una domanda.

«Apri la porta e vedi se c'è qualcuno» ordino, «Cosa?» sbuffo dal naso, «Enid, al diavolo le regole! Apri quella maledetta porta e dimmi se vedi qualcuno!» sento dei passi, «Ci sono dei..cadaveri ma nessuna persona viva» sento rispondere da Mercoledì, sospiro.

«Bene, lasciate perdere ogni piano che avete fatto su di me perché ne ho uno io» annuncio, immagino i loro sguardi curiosi.
«Davvero?» «Si, davvero».

«Lilith, che cosa hai in mente?» chiede Enid, sospiro.
«Mi dispiace» chiudo la chiamata e mi affaccio alla finestra.
Non c'è nessuno, bene.
Deglutisco a vuoto e guardo in basso.

Al diavolo tutto, ora ci penso io.

Fine dei giochi.

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