XXVIII. Let's Play

Il mondo era così piccolo. Così minuscolo, infinitesimo, insignificante.
E l'Isola Che Non C'è era solo un invisibile punto su una mappa, grande poco più di una pellicina, circondato da oceani ben più vasti e profondi, che però in fin dei conti erano essi stessi finiti.

Non esisteva un mondo incredibilmente grande, un mondo infinito, non esisteva una gigantesca Isola che Pan potesse controllare.
Esisteva solo un piccolo frammento, un lembo di terra appena riconoscibile in mezzo al vasto oceano, che si proclamava libero, privo di re o di sovranità alcuna ma che era stretto, avvinghiato, incollato al corpo del ragazzo immortale disteso sul letto.

A cosa serviva schierarsi? A cosa serviva combattere Pan, sostenere Pan, attaccarlo, proteggerlo, odiarlo, amarlo? Che differenza faceva?

Il mondo avrebbe continuato a girare, con o senza Pan. Londra avrebbe continuato ad esistere, con o senza Wendy. E anche la stessa famiglia Darling, forse un po' acciaccata, meno spensierata di prima, avrebbe continuato a trascinarsi avanti e a vivere.

La vita avrebbe fatto il suo corso anche senza Isola Che Non C'è. Senza pirati, fate, sirene, Bimbi Sperduti. Senza Peter Pan e senza Wendy Darling.

Ma questo cosa poteva significare? Che nessuno avrebbe mai avuto ragione? Che Wendy, Pan, Gladis, gli Sperduti rappresentavano solamente una piccolissima, infinitesima briciola sopra la bilancia?

Poteva forse significare che qualunque scelta Wendy avesse compiuto, qualsiasi cosa avesse fatto, non sarebbe cambiato assolutamente nulla. E che quindi, forse avrebbe dovuto lasciarsi andare anche lei? Lasciare che Pan la usasse per qualsiasi stupido obbiettivo avesse in mente e sperare che poi fosse abbastanza buono da lasciarla andare? Si poteva davvero sperare nella bontà di un demone come lui?

Credere di essere ininfluenti nelle sorti della sua vita e dell'Isola sarebbe stata una scelta senza dubbio comoda per Wendy. Sarebbe stata una scelta comoda per chiunque si fosse trovato nella sua situazione. In trappola su di un'Isola di cui il resto del mondo, del suo mondo, non conosceva l'esistenza, costretta per sopravvivere a schierarsi ma incapace di comprendere realmente di chi avrebbe potuto fidarsi.

Gladis era senza dubbio un nemico. Ma Pan? 

C'era davvero qualcuno in quell'Isola che non pensasse strettamente al proprio profitto, che non fosse disposto ad uccidere pur di ottenere quello che voleva? 

Forse per la prima volta, da quando la ragazzina aveva messo piede sull'Isola, Wendy e Pan stavano percorrendo non lo stesso sentiero, ma per lo meno due sentieri paralleli.

Erano più vicini di quanto erano mai stati, i loro pensieri, per quanto indipendenti gli uni dagli altri sembravano seguire lo stesso corso. E sebbene nessuno dei due lo sapesse, sebbene entrambi avrebbero potuto saperlo, la paura e la rabbia che riempivano il cuore di Wendy erano le stesse che, pur meno evidenti all'apparenza, attanagliavano sogni, pensieri e respiri di Pan.

La ragazzina lasciò andare i suoi pensieri, tornando a guardare il ragazzo accanto a lei.

"Sto aspettando, Peter." sospirò, infastidita.

Forse Wendy avrebbe potuto aiutarlo. Anzi, a dirla tutta, Wendy avrebbe dovuto aiutarlo. Era quello il motivo per cui l'aveva fatta portare sull'Isola, quella la ragione che l'aveva spinto a passare anni ad aspettarla, a cercarla e infine a studiare un piano perfetto in tutti i minimi dettagli per convincerla e ottenere ciò che sperava.

Perfetto per qualunque altra ragazza, per qualunque altro prigioniero. Perfetto per chiunque non fosse Wendy Darling.

La bionda l'aveva messo alla prova fin dal primo giorno e continuava a farlo, costantemente. Ogni suo gesto, ogni suo sguardo, perfino ogni suo pensiero era un atto di sfida nei suoi confronti.

Gli era sempre piaciuto rischiare, gli era sempre piaciuto essere messo alla prova, e spesso l'istinto era stato capace di guidarlo meglio delle sue riflessioni, ma con lei ogni sforzo sembrava poi rivelarsi vano. Ogni passo in avanti lo portava in realtà almeno una decina di passi indietro, il tempo continuava a passare, il suo corpo ad indebolirsi, il suo cuore ad annerirsi e Wendy a diventare sempre meno un'estranea per lui. 

"Suppongo che Felix sarà felicissimo di rispondere alle mie domande" continuò la ragazzina, le dita che tamburellavano sul fianco in attesa.

Pan sbuffò. Era solo l'ennesimo tentativo di sfidarlo, di mettersi in mezzo in qualcosa di molto più grande di lei, che non sarebbe mai riuscita a comprendere e che, soprattutto, per la buona riuscita del piano, non avrebbe dovuto comprendere.

Ma poteva continuare a tenerla all'oscuro? Poteva rischiare che si rivolgesse a Felix o agli Sperduti?

La sua alleanza con i ragazzi era sempre più debole, la fiducia che essi avevano riposto in lui sembrava svanire lentamente. Non contava più ciò che il ragazzo immortale aveva garantito loro, la protezione che aveva sempre riservato a ciascuno di loro, il patto di sangue che li legava. Pan stava tenendo dei segreti, stava mentendo e già aveva sperimentato sulla sua pelle un assaggio del dolore che avrebbe accompagnato il rivelarsi della verità. 

Sollevò il viso verso Wendy.

"Risponderò alle tue domande, Darling, se tu risponderai alle mie." 

"Una domanda a testa" lo incalzò Wendy, "Assoluta sincerità."

Le dita di Pan strinsero con più forza il bordo del letto, quasi che quella frase l'avesse infastidito. C'erano cose che non poteva dire, che avrebbe dovuto tenere per sè, una domanda sbagliata avrebbe potuto eliminare ogni sua possibilità. Eppure, il gioco, come sempre, lo allettava. Gli piaceva giocare e gli piaceva rischiare e dopo tutto non poteva dimostrare di aver paura di una stupida ragazzina.

"Hai la mia parola, Wendy Darling". Doveva solo sperare che Wendy fosse più stupida di quanto sembrasse.

Si mise a sedere, la ferita che pulsava sempre meno ed il sangue che ormai aveva smesso di fuoriuscire. Wendy aveva concluso la fasciatura con le poche cose che aveva trovato nel primo cassetto, si era passata le mani sulle ginocchia, e spostando i capelli dietro le spalle aveva occupato il posto sul letto di fronte al corpo del ragazzo.

"Sai già qual è la mia prima domanda." disse con voce piatta, cercando di concentrarsi sul silenzio che precedeva la risposta, ignorando le domande che premevano nella sua testa per essere poste. Non voleva sprecare quest'occasione e, non sapendo quanto a lungo Pan avrebbe retto in un simile gioco, voleva approfittarne per porre le domande giuste. 

Avevano già fatto un gioco simile e lei aveva posto la domanda sbagliata. Ora non poteva rischiare di nuovo.

Le labbra di Pan erano strette in uno sguardo corrucciato, rendendolo quasi irricononoscibile data l'assenza del suo solito mezzo sorriso borioso.

"Non sono stati gli Sperduti."

Wendy continuò a guardarlo, gli occhi che vagavano incerti dal suo sguardo alla sua bocca, in attesa che riprendesse a parlare.
Non erano stati gli Sperduti, ma questo significava ben poco, lei voleva una risposta più ampia, voleva sapere di più.

Iniziava a riconoscere il solito sguardo negli occhi di lui, le labbra che piano si sollevavano nel solito sorriso.
"E chi è stato?"

Le parole le scivolarono fuori dalle labbra, senza che se ne rendesse conto.

"Questa è un'altra domanda, mia cara Darling. Tienila per il prossimo turno, ora tocca a me."

Gli occhi di Pan vagarono rapidi lungo la parete, mentre ogni sua energia era impegnata nella ricerca della domanda perfetta. In un istante la domanda giusta si costruì dentro la sua mente. 

"Iniziamo con qualcosa di semplice" ridacchiò, "Chi ti ha dato la perla?"

 Wendy si morse il labbro inferiore, gli avvenimenti dei giorni precedenti che si ripetevano incessantemente dentro di lei. I sensi di colpa non l'avevano ancora lasciata, ovviamente. L'immagine di Pan, semicosciente, rinchiuso in quella gabbia come un animale continuavano a perseguitare i suoi sogni. Non era importante ciò che Pan le aveva fatto passare in tutto questo tempo sull'Isola, tutto il dolore che le aveva fatto sopportare, lei era responsabile per ciò che era successo con Gladis e, se Pan fosse effettivamente morto in quella gabbia, sarebbe stato un peso troppo opprimente per lei.

"L'ho trovata sul fondo di un lago" mormorò. "Non sapevo cosa fosse, fino a che non mi sono ritrovata nel castello di Gladis, credo fosse stata lei a farmela trovare."

Pan evitò il suo sguardo, le labbra serrate in una linea, la mente offuscata da troppi pensieri. 

Gladis. Avrebbe dovuto capire da solo che ci fosse lei dietro tutto questo. Le aveva fatto trovare quella stupida perla, probabilmente le aveva anche chiesto qualche cosa in cambio, qualcosa che quella stupida ragazzina non avrebbe saputo rifiutare, qualcosa che le sarebbe potuto sembrare inutile. Una lacrima forse? Sperava di no, ma avrebbe dovuto aspettare il suo turno per poterglielo chiedere. Se avesse provato a scoprirlo da solo avrebbe solo rischiato di far peggio.

Se Gladis le aveva fatto ottenere la perla, doveva necessariamente essere stata lei il mandante del loro rapimento. E doveva essere stata lei a chiedere a Wendy di strappargli i pochi ricordi felici che gli erano rimasti. Non c'era tempo da perdere, aveva bisogno di sapere che cosa Wendy avesse ceduto alla regina delle fate.

"È il mio turno" riprese a parlare la ragazzina. "Voglio sapere come ti sei procurato quelle ferite."

La mente di Pan continuava a vagare attorno all'argomento Gladis, mentre le sue labbra formulavano una risposta che non lo compromettesse alla domanda di Wendy.

"Non me le ha fatte nessuno, né me le sono fatte da solo. Sai meglio di me cos'è successo dopo che hai preso quella perla. La mia magia si sta indebolendo e di pari passo il mio corpo diventa più fragile e le ferite da cui sono guarito grazie alla magia si ripresentano per guarire naturalmente."

"Aspetta" mormorò Wendy, corrucciando le sopracciglia. "Non è successo nulla quando io ho preso la perla e lo sai bene. È stato quando tu hai cercato di rubarmela che è cominciato tutto. Andava tutto bene prima, sei stato tu a trascinarci là sotto."

Pan alzò gli occhi al cielo, infastidito. "Non andava tutto bene, prima. Sarebbe successo tutto ugualmente, anche se io non ti avessi strappato quella perla di dosso. Ho semplicemente accelerato le cose, Gladis ha capito che non ci avrei messo molto a scoprirla e ha agito di conseguenza, anticipando il piano che aveva in serbo per te e per me. Sono piuttosto sicuro che ti avesse già chiesto qualcosa quando ti ha accolta nel suo castello, o mi sbaglio forse? Cosa ti ha chiesto, Wendy?"

La ragazzina indietreggiò, il cuore che le batteva forte nel petto. 

Era tutta colpa sua. Pan non c'entrava nulla, era stata lei a prendere quella stupida perla, lei a fidarsi di Gladis, lei a tradire Pan e a mettere in trappola entrambi. Poteva essere che, alla fine dei conti, il bel demone seduto accanto a lei, si rivelasse come il male minore su quell'Isola?

"Le ho dato una lacrima." sussurrò, gli occhi che cercavano quelli di Pan, sperando inconsciamente che lo sguardo di lui fosse in grado di tranquillizzarla. Ma lo sguardo di Pan puntava altrove, i pugni stretti sui fianchi, il respiro veloce.

Una lacrima. Doveva mantenere la calma. In fondo non era colpa di Wendy, lei non poteva sapere, non poteva immaginare. Ma poteva davvero difenderla? 

Gladis aveva ottenuto tutto ciò che avrebbe potuto chiedere. Una lacrima di Wendy Darling, i ricordi felici di Peter Pan.

Stavano perdendo tempo. Ne avevano perduto già fin troppo.

Finchè Pan e Wendy erano lì, seduti uno di fronte all'altro su un minuscolo letto, a farsi domande e a giocare ad uno stupido gioco, Gladis e il popolo fatato si stavano preparando.

E questa volta non ci sarebbero state né perle, né balli, né splendide fate o regge incantate.

"Dobbiamo andarcene di qui" sbottò Pan, lo sguardo puntato sul muro dietro le spalle di Wendy come se i suoi occhi fossero in grado di vedere attraverso di lei.

"Raduna gli Sperduti, dobbiamo prepararci alla guerra."

Prossimo aggiornamento:   Mercoledì 27 Giugno

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