XX. Where's your sense of adventure?
"L'abbiamo trovato nella foresta, Capitano. Non abbiamo potuto fare niente, era già senza vita."
Uncino diede le spalle ai due uomini fradici di pioggia, che stringevano dalle spalle ai piedi il corpo morto del ragazzo.
La mano destra di Nate, con le dita rese violacee dall'aria fredda, penzolava a pochi centimetri dal pavimento della nave e gli occhi semiaperti sul viso bianco come un lenzuolo conferivano al giovane pirata un'aria spettrale.
"Poggiatelo sulla panca. Del suo corpo ci occuperemo più tardi." sentenziò, continuando a dar loro le spalle.
"Crede che sia opera di Peter Pan, Capitano?" cominciò uno dei due, mentre l'altro sistemava il corpo senza vita come meglio poteva "Gli uomini iniziano ad essere spaventati. È molto tempo che siamo qui sull'Isola e non stiamo ottenendo nulla, se non morti e minacce di Pan."
Uncino strinse le dita attorno alla cintura, fino a che le nocche non diventarono bianche.
Prese un respiro, prima di voltarsi verso di loro.
"Gli uomini hanno paura? Dei pirati grandi e grossi si fanno spaventare da un ragazzino?"
Allungò l'uncino e lo puntò al petto dell'uomo, che deglutì sonoramente, restando immobile.
"Signore, Peter Pan non è un ragazzino come gli altri." si decise a mormorare dopo qualche minuto "È un demone."
Il capitano abbassò l'uncino e si avvicinò alla scrivania in legno.
"Uscite. Ho bisogno di riflettere da solo."
"Ci consideri già fuori, Capitano." rispose l'uomo, trascinandosi dietro l'altro e chiudendosi alle spalle la porta della cabina.
Uncino si lasciò cadere su di una sedia imbottita, per poi recuperare la fiaschetta di rum dalla giacca e berne un lungo sorso.
L'uomo aveva ragione. Peter Pan non era un ragazzino, era un demone.
Ed effettivamente non avevano ottenuto nulla in quei mesi sull'Isola. L'avevano girata in lungo e in largo, avevano disegnato mappe, scoperto nuovi laghi, nuove montagne, nuove radure. Avevano tentato perfino di avvicinare le creature dell'Isola, senza però ottenere nessuna alleanza né nessun legame che potesse intaccare la figura di Pan.
Ma Uncino non poteva andarsene. Non poteva abbandonare ogni cosa, abbandonare Wendy tra le grinfie di un demone. Giusto?
Le aveva promesso che l'avrebbe riportata a Londra e per quanto fosse un pirata, era un uomo di parola e avrebbe mantenuto quella promessa. Beh forse non era proprio soltanto quella promessa ad ancorarlo all'Isola.
Certo, in parte si era anche affezionato a Wendy, forse provava perfino una sorta di istinto fraterno nei suoi confronti. Ma dentro di sé sapeva benissimo qual'era il vero movente che l'aveva spinto ad aiutare quella ragazzina.
Il suo legame con Pan.
Peter Pan la voleva per un qualche ignoto motivo e se lui fosse riuscito a scoprire che cosa la rendesse così speciale l'avrebbe potuta usare contro Pan.
E finalmente avrebbe ottenuto la sua vittoria.
Ma anche questa volta Pan era stato più furbo e gliel'aveva soffiata da sotto il naso.
E ora sia lui che Wendy erano introvabili e Uncino non era riuscito a scoprire nulla di più su cosa il ragazzo immortale volesse da una semplice ragazzina.
Le mappe dell'Isola erano sparse sulla scrivania, tutte diverse tra loro, incongruenti e difficili da decifrare.
Stavano perdendo il loro tempo. Erano bloccati su quella stupida Isola e iniziavano a perdere le speranze. Forse era il momento di alzare l'ancora e di andarsene di li.
O forse se solo avessero portato pazienza per qualche giorno, sarebbero riusciti a ottenere quello che speravano.
Un movimento improvviso dell'acqua fece ondeggiare violentemente la Jolly Roger e la fiaschetta di rum stretta tra le dita di Uncino scivolò a terra, strisciando per qualche metro sul pavimento e spargendo il liquido rimasto a terra.
Erano passati probabilmente un paio di giorni da quando Wendy aveva conosciuto la regina delle fate e da allora non aveva pensato ad altro.
Era stata una buona idea stringere un'alleanza con una fata? Non sapeva nulla di loro, che tipo di esseri fossero, se ci potesse fidare delle loro parole. La sua conoscenza si limitava a quel poco che sapeva di Trilli.
In ogni caso, era pressoché impossibile che la regina delle fate o qualsiasi altra creatura potesse essere peggiore di Pan e un'alleanza con Gladis rappresentava finora la sua migliore possibilità di fermare Peter Pan.
Il ragazzo immortale, tra l'altro, era sparito nella foresta e, anche quando con fatica Wendy era riuscita a tornare all'accampamento, lui si era rivelato introvabile.
Si specchiò nella superficie riflettente appesa all'interno della tenda di Pan.
Doveva essere cresciuta di un paio di centimetri, o forse era solo l'aver perso peso a farla sembrare più alta.
Spostò i capelli dietro la schiena, rivelando la perla, legata al collo con una cordicella trovata in un cassetto del comò, brillante e luminosa sulla pelle arrossata dal sole.
E, a pochi centimetri da quella rudimentale collana, il marchio di Pan, nero come l'inchiostro che le macchiava ancora le dita e che non accennava ad andarsene.
I sogni avevano un tale potere su quell'Isola.
Forse se avesse sognato intensamente di tornare a casa si sarebbe risvegliata nel suo letto. O forse avrebbe riaperto gli occhi solo per trovarsi più triste e sola.
Passò le dita sul marchio in rilievo, rabbrividendo per il freddo della pelle gelida.
Se ne sarebbe mai liberata?
Probabilmente no. Era il suo legame con Pan.
E anche se un giorno fosse riuscita a liberarsi di lui, il marchio sarebbe rimasto li a ricordarle ogni cosa.
Come era potuto succedere proprio a lei?
Aveva qualcosa di speciale? O avevano preso una ragazza a caso, per quell'insensato piano che ossessionava la mente malata di Pan?
Aveva detto che avrebbe dovuto gioire di trovarsi li. Apprezzare le piccole cose, smetterla di lamentarsi. Le aveva detto che era una stupida. Che non aveva possibilità di sconfiggerlo.
Ma le aveva anche insegnato a credere. Le aveva insegnato che, in fondo, anche lei era invincibile. Ci avrebbe solo dovuto credere.
Ma allora perché non poteva dirle chiaramente che cosa voleva dalla sua vita?
Perché non poteva semplicemente chiedere il suo aiuto, invece di estorcerglielo con l'inganno e la violenza.
Wendy non riusciva a spiegarselo.
Aveva fatto così tanti sogni su quell'isola, le erano successe così tante cose, ma non riusciva a trovare un filo conduttore, qualcosa che facesse combaciare ogni tassello.
Smise di accarezzare quell'ipnotico marchio e sistemò i vestiti in modo che lo coprissero meglio.
La perla catturò nuovamente la sua attenzione.
Ne accarezzò la superficie lucida e fredda, continuando ad osservarla nel riflesso dello specchio.
Un rumore appena percettibile la fece sussultare. Si voltò, controllando la tenda alle sue spalle, ma non c'era nessuno.
Si rilassò appena e si voltò nuovamente verso lo specchio.
L'urlo le morì sulle labbra, soffocato dalla mano di Pan, il corpo esattamente dietro di lei e il viso che le sorrideva smaliziato da sopra la spalla.
"Vedo che non ti sei fatta problemi a frugare nei miei cassetti" cominciò, passando le dita sotto la spallina della canottiera, accarezzando la pelle nuda e avvicinandosi poco a poco al marchio nero.
Wendy mugolò, le parole soffocate dall'altra mano di Pan, immobile sulle sue labbra.
"Mi pareva di averti già detto che odio i ficcanaso. O sbaglio?" le sibilò sulla pelle.
La ragazzina annuì col capo, lo sguardo fisso nello specchio davanti a lei.
E poi, un impercettibile movimento, un guizzo degli occhi, un lieve incrinarsi del mento. Tutto per controllare che la perla fosse ancora lì.
Un movimento che probabilmente chiunque altro nemmeno avrebbe notato. Ma non Pan. Lui prestava attenzione ad ogni dettaglio, non si lasciava sfuggire nulla e impiegò meno di un istante ad abbassare lo sguardo sulla collana stretta attorno al collo di Wendy.
Lasciò subito la bocca di lei e con uno scatto le strappò la collana di dosso, stringendo la perla nel palmo della mano.
Wendy sussultò "Aspetta, ti prego" gridò, cercando di afferrare la cordicella che penzolava dalle dita di Pan.
"Ti prego, Peter, quella non è tua"
Pan si voltò per darle le spalle, mosse un paio di passi verso l'entrata della tenda e si fermò sotto un raggio di luce, spalancando il palmo della mano.
"Peter, ridammela" ripeteva impaziente Wendy alle sue spalle, ma lui era troppo concentrato sulla perla stretta tra le sue dita per ascoltarla.
Era un bruttissimo segno. Possibile che fosse stata così stupida?
La esaminò meglio, osservando i giochi di luce che si venivano a creare sulla superficie lucida.
Forse l'aveva trovata per caso. Forse nemmeno sapeva cosa fosse.
Era pur sempre una possibilità.
Non doveva correre troppo. Se l'avesse incalzata con domande specifiche avrebbe potuto rivelare qualcosa di troppo.
Quella stupida perla lo stava mettendo in una posizione scomoda.
Ma aveva bisogno di sapere. Come aveva fatto ad impossessarsene?
Si morse l'interno della guancia.
Possibile che la prescelta fosse così stupida? Non potevano sceglierne una con un minimo di cervello?
Avrebbe rovinato tutto. Avrebbe fatto del male a lui e a sé stessa.
Prese un respiro profondo prima di voltarsi nuovamente verso di lei.
"Peter, per favore" ripeté, avvicinandosi a lui con sguardo supplichevole.
Come era arrivato fino a questo punto? Perché non aveva già agito, non aveva già fatto qualcosa?
Se solo non avesse perso tempo nella foresta e avesse portato a termine il piano, subito, ora non avrebbe rischiato di rimetterci con la vita.
Forse stava solo esagerando. Aveva bisogno di rilassarsi, di tranquillizzarsi, ma non c'era tempo nemmeno per fermarsi a respirare.
Magari l'ha trovata per caso si ripeté nella testa. Forse nemmeno sa cosa sia o da dove venga continuò la vocina dentro di lui.
Alzò una mano davanti a sé, facendo segno a Wendy di fermarsi.
Poi fece scivolare la perla fuori dalle dita e tenendola per la cordicella la fece ondeggiare davanti al viso confuso di Wendy.
"Dove l'hai presa?" domandò, con voce tagliente.
Wendy fece per parlare, ma cambiò immediatamente idea e si zittì.
Non poteva dirglielo o si sarebbe tradita. Doveva inventare qualcosa e in fretta, quel silenzio era troppo sospetto.
Pan aspettava, lo sguardo indecifrabile come al solito, un misto di rabbia, preoccupazione, ansia.
Dio, era solo una stupida perla!
"L'ho trovata" mormorò, dondolandosi sui piedi "E ora ridammela."
Allungò la mano verso la cordicella ma Pan fu più veloce e risucchiò la perla all'interno del palmo chiuso.
Sorrise appena, senza un briciolo di divertimento o soddisfazione negli occhi. Un breve mezzo sorriso, come una sorta di tic che regolarmente gli increspava le labbra. Almeno se ne rendeva conto?
"Se è vero che l'hai trovata per caso, non vedo che interesse dovresti avere nel riprenderla. È un'inutile perla, o sbaglio?"
Wendy affondò i denti nel labbro inferiore, trattenendosi dal parlare.
L'aveva incastrata.
"Io" iniziò a parlare sotto il peso della tensione, ma non le veniva in mente nulla. Vuoto totale.
Con un balzo Pan le fu addosso. Percepì con dolore la parete dura contro la schiena e le dita di lui avvolte attorno al suo debole collo.
"Forse non sono stato chiaro" cominciò sul suo viso "Ti ho chiesto dove l'hai presa e voglio la pura verità." sbraitò, incastrandola tra il suo corpo e la parete.
Nemmeno una bugia ben articolata l'avrebbe salvata in quel momento.
Evitò lo sguardo inquisitore e cercò di concentrarsi.
Non c'era bisogno di mentire. Omettere la verità sarebbe stato sufficiente.
Bastava capire quale fosse la parte scomoda di quella verità.
Forse il patto con le fate? Sempre che Pan non sapesse già tutto e non stesse facendo altro che metterla alla prova.
In quel caso omettere qualche particolare avrebbe probabilmente peggiorato la situazione già disastrosa.
"Io" sussurrò, vagando con lo sguardo per la stanza.
Pan sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
Rialzò lo sguardo su di lei ma non fece in tempo a pronunciare nemmeno una parola che il pavimento sterrato iniziò a vibrare sotto i loro piedi.
Wendy soffocò un grido, coperto dal rumore dello specchio che si infrangeva sul pavimento disseminando l'aria di piccoli frammenti taglienti.
Un boato riempì l'aria, mentre una crepa si apriva sulla terra, esattamente a metà tra i piedi di lei e di Pan, allargandosi e inghiottendo una quantità sempre maggiore di sassi e terreno.
Le dita di Pan lasciarono velocemente il suo collo, afferrandola per il braccio magro.
Trascinò le braccia della ragazza sopra le sue spalle, tirandola più vicino a sé.
Wendy si aggrappò ai suoi vestiti, lo sguardo fisso a terra sul precipizio sempre più ampio aperto tra i loro piedi su di un'infinità oscurità.
"Che cosa sta succedendo?" la voce le uscì come un sibilo, esageratamente acuto sulle ultime sillabe.
Pan le sollevò il capo, incrociando il suo sguardo terrorizzato.
"Dov'è il tuo spirito d'avventura, piccola Darling?" ridacchiò per un attimo, prima di recuperare un briciolo di serietà "Tieniti a me" mormorò "più forte che puoi, e non lasciare andare per nessun motivo."
Wendy annuì, piantando le unghie nella schiena del ragazzo, mentre la terra scompariva sotto di lei e, avvinghiata al corpo del demone dell'Isola Che Non C'è, precipitava nell'oscurità.
Spazio Autrice.
Ho riflettuto e-potrei cambiare idea quindi non fateci troppo affidamento- stiamo giungendo alla fine della storia.
Il che non significa che questo sia il penultimo o il terzultimo capitolo della storia ma che probabilmente ce ne saranno altri cinque o sei, forse un po' di più dipende dalla mia ispirazione.
Dopo queste informazioni tecniche, vorrei ringraziarvi come al solito per voti e commenti, siete davvero fantastici e vi invito a lasciarmi la vostra opinione, pareri e consigli sul capitolo.
Prossimo capitolo a 80 voti.
A presto, un enorme bacio!♡
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