Capitolo Primo
22 Dicembre 1977
Ore 05:37
Quella mattina mi svegliai alle prime luci dell'alba, ed ero, in modo assai bizzarro, soddisfatta di tutto ciò; Mi sentivo approdata in un pianeta silenzioso, dall'orizzonte a specchio, dove intravedevo le mie paure allontanarsi e finalmente sparire, senza lasciare rimpianti o dispiaceri. La luce danzava insieme alle tende color panna, mosse da un dolce soffio di vento, freddo e frizzante. Un bubbolio prese ad annunciare l'arrivo di un temporale, ancora troppo lontano e passeggero per destare preoccupazione.
Per la prima volta, dopo tanto tempo, mi sentivo vuota, libera dal peso delle giornate che lentamente andavano a sfumare verso un grigio autunno. Non percepivo il peso delle voci, i graffi sulla pelle, i vestiti aderire o quella sensazione di ansia che ogni giorno mi soffocava con lentezza. Sentivo solamente quella semplice aria viziata bagnarmi le guance, congelarmi la punta del naso e delle dita; la sentivo formicolare, bruciare, impertinente e dolce in un fastidio piacevole da sopportare.
Nonostante quella sensazione fosse così gradevole, decisi di alzarmi dal letto, avevo bisogno di mettere qualcosa sotto i denti. Mi sollevai un poco, poggiandomi allo schienale del letto e strizzando gli occhi in un tripudio di sensazioni. Il mio sguardo, leggermente velato da lacrime e sonno, faceva a gara con l'insana voglia di rimettersi sotto le coperte.
Infondo, pensandoci bene, quella mattina avrei potuto sprecare il mio tempo in molti altri modi invece di rimanere imbalsamata in quel letto di piaceri e dolcezze.
Avrei potuto farmi un bel bagno caldo prima delle lezioni, oppure sarei potuto uscire di buon ora per una breve passeggiata, cercando di non entrare nel cerchio visivo di Gazza, una brava e buona persona si può dire, se non fosse per la sua maniacale ossessione di intromettersi con le sue uscite serie e discrepanti.
Tornando a me, decisi in modo maturo e del tutto spontaneo di optare per un bagno caldo e rilassante, infondo mi sarebbe servito per affrontare un'altra faticosa giornata ad Hogwarts.
Presi, a fatica, la voglia di alzarmi dal letto, pizzicando con le dita le palpebre dei miei occhi, cercando di abituarli a quella poca luce che entrava fievole dai vetri lavorati, presentando il mattino alle mie guance e alle mie labbra secche. I miei piedi divennero deboli a contatto con il pavimento, causando nel mio corpo un lieve crollo dovuto al sonno. Con una leggera spinta riuscii ad alzarmi in piedi, allungando la mano verso il comodino, cercando, ad occhi socchiusi di recuperare nuvamente la mia bacchetta, nel mentre i miei piedi si muovevano automaticamemte avanti e indietro, con la disperata voglia di trovare quell'equilibrio che avrebbe accolto la mia insana voglia di raggiungere il bagno.
Dopo una leggera perlustrazione per trovare i miei vestiti, la giacca e il rancore mi allontanati dalle camere per raggiungere il bagno dei Grifondoro. L'atmosfera era cupa e i miei piedi scalsi a contatto con il pavimento piastrellato mi fecero rabbrividire vertiginosamente. Iniziai a riempire la vasca avvicinandomi alla grande finestra che affacciava sul Platano Picchiatore, illuminato da quella nulla luce mattutina che rendeva il paesaggio esterno un qualcosa di irreale, come se Hogwarts fosse così normale di fronte a tanta irrealtà. Poco dopo caddi in quella vasca d'acqua, immergendo il mio corpo fino alle labbra, portando le ginocchia al petto e rimanendo ad ascoltare le gocce che man mano cadevano in quell'abisso profondo, rimbombando in tutto il dormitorio. Passo la maggior parte dalla mia vita scolastica così, infondo le mie giornate sono molto simili tra loro, anzi, sono praticamente tutte uguali. Non sono io il monotono, preferisco definirmi una persona dalle tante idee nel cassetto ma con la voglia e possibilità zero di realizzarle.
Sopravvivo passando il mio tempo a rincorrere banali sogni irrealizzabili e assimilando il fumo dei camini come una ciminiera Austriaca...
Dopo quel veloce bagno uscii dalla vasca portandomi un asciugamano sul basso ventre, legandolo intorno ai fianchi ossuti, osservando al contempo quelle cicatrici sul mio corpo che formavano tante ripirgature, ormai cicatrizzante, ma orribili e disgustose. Iniziai a vagare con la mente, perdendo la concezione del tempo, finché un rumore mi tolse il fiato, facendo girare di scatto la mia testa verso la finestra leggermente aperta. Una civetta si era poggiata sul davanzale e sembrava del tutto spaventata e disorientata mentre sbatteva le ali che a loro volta intruppavano contro vetro bagnato. Da lì lasciai i miei pensieri per dirigermi verso la finestra, aprendo una delle sue ante in modo da poter arrivare alla civetta. Il vento freddo mi travolse e trapassó il petto, come una fredda pugnalata, rabbrividii nuovamente sentendo quel gelo salirmi fino al cervello. Allungai la mano verso l'animale che ancora, del tutto spaventato, si dimenava. La civetta prese a pizzicarmi con il becco le dita, non era affatto doloroso quel gesto, essendo abituato al peggio sembrava quasi del tutto piacevole. Con qualche carezza riuscii a calmare l'animale, notando una lettera stretta negli artigli del pennuto. La lettera, leggermente sgualcita dalla pioggia e dalla salda presa del volatile, presentava alcune scritte esterne, come se la carta della busta fosse stata riutilizzata più e più volte... ed un timbro nero e argento, colore simile al sangue di unicorno, che spiccava con il suo strano stemma mai visto prima. Delicatamente, senza far innervosire il pennuto, cercai di togliere la busta dalle zampre di quell'essere, curioso come non mai di leggere a chi era destinata quella fantomatica lettera. Non appena riuscii ad afferrarla un rumore assordante mi fece mollare la presa, spaventando a sua volta la civetta che, con un movimento disordinato ma veloce, volò via facendo cadere dalle mie mani la lettera, giù tra le torri maestre.
<<BOMBARDA!>>
Non appena quel tonfo mi trapassó le orecchie portai goffamente la mia mano sul panno che copriva i fianchi e con l'altra riuscii ad afferrare a fatica la bacchetta poggiata sul bordo vasca. Nonostante il fumo che si era venuto a creare nel bagno cercai lo stesso di scagliare un incantesimo.
<<EXPELLIARMUS!>>
Urlai lanciando l'incantesimo nel buio più totale della stanza, senza neanche mettere a fuoco il mio bersaglio, infatti l'incantesimo mi rimbalzó contro facendo volare via la mia bacchetta... facendola finire proprio nella vasca ancora piena d'acqua e schiuma. Dal fondo del bagno si levarono delle risate e riuscii a scorgere tra il buio e il fumo la figura di James che, con la bacchetta in pugno e poggiato alla porta, aveva un sorriso abbastanza strano e complice. Accanto a lui, come un avvoltoio vicino alla sua preda, il sorriso gemello di Sirius rispecchiava la stupida ma altrettanto pericolosa situazione che si era venuta a creare. Crucciai lo sguardo, irritato e leggermente confuso da quella preoccupante situazione. Pezzi di pietra erano sparsi sul pavimento, erano riusciti a far esplodere le tubature...
<< Vi sembra così tanto divertente quello che avete fatto? Non la smettete un secondo di fare cazzate, vero? ... Siete diventati due idioti a forza di fare i gradassi... E ora come glielo spieghiamo? >> Domandai portandomi una mano tra i capelli, notando il lavandino in frantumi dal quale sgorgavano fiumi d'acqua. Ormai era come parlare a dei bambini poco cresciuti, era pienamente inutile alzare la voce con loro.
<< Stai calmo Remus...>> Sospirò Sirius soffocando così quel suo sorriso di soddisfazione e divertimento. I suoi capelli scuri presero lentamente a scivolargli davanti al viso, finché, con un gesto lento, non li riportò al loro posto. Il suo viso si inclinó leggermente iniziando a camminare verso di me in modo lento e irregolare. Sirius non sembrava nettamente il ragazzo che conoscevo, era come invecchiato, aveva un cipiglio logoro e duro <<Ci stavamo solo divertendo...>> la sua voce rauca venne interrotta dalla mia squillante e soffocata mentre iniziavo a perdere la pazienza.
<<Siete due ragazzini idioti!>> Esclamai con i nervi a fior di pelle, stringendo in una morsa i miei pugni, mentre sentivo l'acqua arrivarmi ai piedi e izzare quella rabbia interiore che mai avrei immaginato di possedere. Sentivo i miei muscoli tirare, bruciare, ogni singola parte del mio corpo chiedeva pietà e voleva che smettesse quella tortura. Sentivo le loro voci rimbombare nella testa, come dischi distorti, come musica oscura, ero stordito da quella confusione.
James divenne del tutto serio proprio come Sirius, il suo volto cambiò velocemente passando da una notevole faccia da schiaffi ad un espressione di serietà e preoccupazione, non l'avevo mai visto così. Anche lui sembrava cambiato, ma non capivo cosa li rendesse così spaventosi <<Remus, calmati... Era uno scherzo. Adesso basta fare il bambino. Prenditi le tue responsabilità. È solo colpa tua. >>
Quelle parole risuonarono come un tuono nella mia testa, come un stupido Dejavù che tornava a galla insieme all'acqua che lentamente sentivo stringere e stritolare tutto il mio corpo, percepivo le mie ferite bruciare a contatto con quel liquido zuppo di pensieri. La mia testa era divenuta una bomba pronta a scoppiare in un turbine di confusione e dolore. Perché quelle parole? Perché questa situazione? Cosa stava succedendo? Cosa gli stava succedendo? Troppe domande e troppe poche risposte a mia disposizione.
Le loro sagome si fecero indefinite e la mia vista si appannó a tal punto da rendermi cieco e succube di quella senzaione orribile che si era venuta a creare. Era come un incubo ma decisamente reale. Si, come un fottutissimo incubo...
Ore 06:03
<<REMUS? Remus! Amico mio? Riesci a sentirmi?>> James infilò le sue braccia all'interno della vasca, prese le mie spalle tirando la mia testa fuori dall'acqua con l'aiuto del povero Sirius. I due ragazzi stringevano le mie spalle e le tiravano in modo da far uscire gran parte del mio corpo dall'acqua e per assicurarsi che io non scivoli nuovamente in quell'abisso. Mi ero praticamente immerso, forse mi ero addormentato e non me ne ero accorto... Strano, non mi era mai capitato.
<<ANAPNEO!>>
Sirius tirò fuori la bacchetta, pronunciando un incantesimo a me sconosciuto, forse del tutto ambiguo e inutile da studiare in una scuola del genere ma in quel momento divenne la mia salvezza. Sentii la mia gola ammorbidirsi nuovamente lasciando uscire, in una sonora e disperata tosse, tutta l'acqua che avevo ingoiato in quel periodo di tempo passato a sognare... Mi strinsi alla spalla di James continuando a vomitare acqua e a riprendere fiato con il cuore il gola.
<<Remus, Dio Santo! Per poco non ci ri
restavi secco!>> Esclamò Sirius con voce preoccupata, cercando di battere sulla mia schiena per aiutarmi ad espellere tutta l'acqua. Aveva ragione, qualche minuto in più e quello scherzetto mi avrebbe costato la vita.
<<Se vuoi ammazzati cerca di farlo in un modo più facile e veloce... Altrimenti dobbiamo correre in tuo soccorso in caso non riesca il tuo piano... >> Le parole di James mi fecero scappare una piccola risata dolorante, la sua ironia certe volte può salvarti veramente la vita.
<<James?>> Sospirai alzando lo sguardo verso di lui, con un'espressione di suspance e dolore.
<<Dimmi Remus... >>
<<Vaffanculo... >> Sibilai divertito scatenando la risata di Sirius che, in silenzio, si portò una mano sulla fronte socchiudendo gli occhi per la situazione del tutto tragicomica.
<<Dai, ti aiuto ad alzarti... >>
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Salve a tutti!
Questo è il primo capitolo, spero, di una lunga serie. Man mano andrò avanti anche con le altre Fan Fiction, dovete avere solamente un pochino di pazienza.
Intanto, se vi fa piacere, commentate, mettete un ❤️ e condividete questa Fan Fiction in modo che possa crescere...
Io mi rifarò viva ogni tanto, buona lettura a tutti! :)
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