una delusione, mille dolori
Era il giugno del 2009 quando partimmo per quello che sarebbe stato l'ultimo incontro su un tatami di kick boxing.
Mai avrei immaginato che la mia carriera finisse, non così presto e soprattutto non in quel modo.
Feci tre giorni di quasi digiuno per perdere almeno uno di quei maledetti 5 kg. Ormai erano passati 3 mesi dalla prima volta che mio padre mi prese in giro per il peso. Non potrò mai dimenticarmi le sue parole "presto ti chiameranno la DONNA CANNONE, non riuscirai neanche a salire le scale e dovremo darti da mangiare con l'imbuto".
Era davvero cosi grave prendere 5kg?
Come potreste immaginare, quella gara fu una sconfitta per me, non solo dal punto di vista sportivo, ma anche familiare, emotivo e chi più ne ha, più ne metta.
Per me il fatto che mio padre mi prendesse in giro e fosse deluso da me mi faceva sentire un inutile verme, un incapace, una persona come molte altre che non sapeva controllarsi...
Il problema era principalmente uno: io avevo fatto i piani della mia vita senza contare che non ero un maschio...fisicamente, per disgrazia fatale, naqui femmina, e solo quell'anno mi resi conto del peso di questo errore che commise la natura.
Avevo pensato al mio futuro come il campione mondiale di kick boxing che come passione faceva il pilota di rally e che sarei stato fortissimo come mio padre, ma purtroppo quei sogni andavano contro la mia natura fisica e prima o poi avrebbero per forza dovuto scontrarsi contro essa. Dopo quella sconfitta e il seguente scherno da mio padre, non mi ripresi più. Fui sempre più nervoso, triste, malinconico e negativo, per soddisfare il vuoto di risposte che la nascita improvvisa di domande aveva creato, non facevo altro che mangiare, più mio padre e gli altri continuavano a prendermi in giro più io mangiavo e piangevo dalla rabbia e dalla confusione che era andata creandosi nella mia mente.
Era settembre dello stesso anno, un nuovo anno scolastico in una nuova scuola lontano dalla mia famiglia. In classe non conoscevo nessuno, feci amicizia solo con una ragazza e rimase mia amica sempre, l'unico problema è che le avevo nascosto la parte più importante di me, quella del ragazzo nascosto. La scuola è a un ora e tre quarti dal mio paese natale perciò in famiglia decidemmo di prendere una stanza in affitto li vicino nella quale potessi studiare vivendo quasi completamente da solo. Questa stanza divenne per me la camera di riflessione, divenni il "man in the mirror" che cantò Michael Jackson, ciò che vidi in quello specchio però fu tutt'altro che piacevole. Qui io mi scontra i con me stesso e mi ritrovai, la mia camera era una prigione di libertà e la mia testa il campo di una violenta e dolorosa guerra. Era appena cominciata...
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