la solitudine porta saggezza
Mia sorella era partita da un po, ma io non sentivo la mancanza, ne sua, né di nessuno della mia famiglia. Avevo bisogno di stare da solo ma ancora non lo sapevo, non ero pronto per affrontare la realtà, ma sapevo che qualcosa non andava, era qualcosa di importante, qualcosa che mi avrebbe fatto crescere.
Continuavo la mia solita routine: scuola, pranzo, studio, noia, cena, noia, musica e letto. Più passava il tempo più la noia era più frequente e pesante, ero più malinconico, mi sentivo triste e quasi arrabbiato...ma non c'era motivo, o almeno io credevo non ci fosse.
Quel primo anno fu l'anno "cieco". Pensavo di essere felice, ma in realtà non lo ero, pensavo di stare benissimo a scuola e con i miei compagni ma non era vero, pensavo che la mia famiglia fosse normale e senza alcun problema ma mi sbagliavo, sbagliato su tutto ma continuavo a credere che tutto fosse perfetto. Ma la cosa peggiore era una: ho sempre seguito un modello di "figlia" che stava bene a mio padre e a me perché piaceva a mio padre...quando persi la gara capì di aver infranto una regola di quel modello perfetto ma il primo anno di scuola non ci pensai tanto, continuai a mangiare anche più di prima, era fame nervosa ma io non lo capivo...tutto dava segni evidenti di marcio ma io continuavo a ripetermi che tutto andava a meraviglia.
In quella stanza si era presentato uno specchio, ma non accettavo di credere a ciò rifletteva.
Non si salvò neanche la condotta scolastica, ero partito con bei voti, ma alla fine dell'anno venni rimandato in greco scritto. Era la materia che odiavo di più, difficile e incomprensibile. Mio padre appena lo seppe si adirò tantissimo, ma mi diede una chance per l'anno successivo. Dall' estate prima del liceo e quella dopo il primo anno nella mia mente cambiò qualcosa, conobbi un uomo che insieme a Jackson ed altri diventerà il mio amico/maestro immaginario, si faceva chiamare Adam Kadmon, le sue "favole" mi attraevano, mi fecero aprire gli occhi su tantissime cose riguardanti il mondo, molte delle sue favole erano teorie sulla cospirazione mondiale, altre erano fatti storici da rievocare per capire il presente, altre ancora erano fatti storici occultati da personaggi potenti per convenienza. Capì che molti fatti storici sono solamente dogmi e non per forza sono accaduti realmente.
Ma oltre a questo cominciai ad pensare all'immagine che quello specchio rifletteva, ma anziché accettarla feci di tutto per farla sparire. Appena iniziato il secondo anno smisi di fare quel poco che mi dava personalità e cercai di apparire e comportarmi come una ragazza come tutte le altre...mi convinsi di avere una cotta per un mio compagno e dopo poco glielo rivelai, mi privai di ogni briciola di me stesso. Io avevo PAURA di me stesso, stavo scappando spudoratamente. La cultura che i miei mi imposero non accettava persone come me, e accettando quella cultura rifiutai me stesso senza riflettere. Ero accecato dai pregiudizi, ma non me ne rendevo conto. L'anno era iniziato malissimo, già per i primi colloqui avevo tantissime insufficienze. Ero disperato, oramai mi scordai di avere una ragione e una coscienza, non avevo autostima nonostante Jackson stesse faciendo salti mortali per aiutarmi, non ci riusciva, non riusciva perché io gli impedivo di aiutarmi...non lo ascoltavo..era il mio migliore amico e fratello, ma non lo ascoltavo perché non capivo a cosa si riferiva e lui forse non capiva come facessi a non capire.
Era guerra. Ormai era inevitabile il conflitto. Ma da bravo fuggitivo come mi avevano insegnato a essere fuggi da vile e rifiutai la dichiarazione di guerra da parte di quella brutta figura che veniva riflessa nello specchio. Il giorno prima dei colloqui decidi di fuggire letteralmente. A distanza di due anni ricordo tutto come se fosse ieri. Era un giovedi. -Ah dimenticavo di raccontare un particolare.: la settimana precedente, tornando a casa dimenticai il dizionario di greco nel pullman, quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.- quel giovedì di novembre uscì per comprare un nuovo dizionario ma decisi di fare una cosa che non pensai mai di fare, o almeno, visto i pensieri precedenti era alquanto sorprendente. Fin da bambino c'era sempre un pensiero che mi tormentava e per questo lo evitavo: "se solo fossi nato maschio, sarebbe tutto diverso". Presi in considerazione quel pensiero quel giorno e tornato nell' appartamento dopo l'acquisto del dizionario mi preparai lo zaino per "scappare di casa". Presi due calze e le infilai una dentro l'altra dandole una forma...diciamo fallica, misi il tutto tra le mutande e i jeans e... mi sentì più forte, più motivato e concentrato. Ma perché sentivo il bisogno di scappare? E perché proprio adesso decisi di sembrare maschio? Che cosa voleva dire? A una domanda seppi rispondere, stavo scappando per evitare l'ennesima sgridata di mia madre che certamente si sarebbe infuriata saputi i voti. Passai tutta la sera camminando e ebbi l'opportunità di conoscere posti nuovi di quella città così nuova per me. Il giorno faceva troppo freddo e decisi di passare la notte nell' appartamento ma mi alzai presto e uscì. Arrivai davanti a una piazza e mi sedetti in un gradino, passai il tempo immaginando cosa avrebbero fatto i miei senza di me, in realtà loro no mi conobbero mai veramente, conobbero il modello perfetto e la mia immagine che lo rispecchiava. Con quei pensieri mi salì la rabbia e fui più deciso di prima.
Dopo forse due o tre ore un signore cominciò a costruire dei tavoli su cui avrebbe messo oggetti destinati alla vendita, aveva un po di tutto compresi dei libri. Da quando conoscevo Jackson ho sempre desiderato poter avere un amico "di colore" amavo il loro colore di pelle. Ma non sapevo ancora che quell'uomo mi avrebbe aiutato a risolvere un problema che stava diventando grande. Ci rivolgemmo la parola quando entrambi vedemmo due ragazzi prendere a calci e pugni un pullman che minacciava di spostarsi; l'uomo cercò di attirare la mia attenzione, la sua voce mi ricordò tantissimo l'attore Eddie Murphy e sentì un legame di amicizia con lui. Parlammo per 10 minuti di ciò che era appena successo quando mi chiese il mio nome, esitai a dirlo, ma poi risposo timido "Stefania, tu?" Ero dibbioso, non ero contento della mia risposta, non mi era mai piaciuto quel nome, ma quella volta mi diede particolare fastidio.
"Mi chiamo Elio, chi stai aspettando?" Era un uomo semplice, educato e anche simpatico. Gli rispoai facilmente:
" non sto aspettando nessuno"
"E allora che ci fai qui?"
"Non so...camminavo e mi sono seduto per riposare" perché mai ho usato il maschile? E perché mi sento più sicuro dopo averlo usato? Forse avevo bisogno di parlare con qualcuno, e Elio era la persona giusta.
" ma quanti anni hai?
" 14" mi sentivo piccolo ma più maturo di quelli della mia età.
" a quest'ora dovresti essere a scuola, perché sei qui?" Sembrava preoccupato per me. Era davvero preoccupato per me?
" oggi non ci sono andato, avevo bisogno di pensare..."
"È successo qualcosa?"
Beh, diciamo di si. Sto andando male a scuola, non ho amici, ho perso un dizionario di 100€ e oggi ci sono i colloqui, mia madre si arrabbierà e quando lo saprà mio padre sarà la fine" mi sentì più leggero dopo quelle parole, ma mi resi conto che tutto quello non era un valido motivo per scappare, si mio padre mi promise torture dolorose e l'idea mi spaventava, ma non a tal punto. Mi resi conto di non saper rispondere a nessuna delle tre domande con cui lasciai l'appartamento. Perché stavo scappando?
Parlai tanto con Elio, mi disse che anche lui era un padre.
" senti posso capire che sei spaventata, ma fidati di me, fuggendo non risolvi nulla, stai solo peggiorando le cose, torna a casa e parla con tua mamma dille quello che senti e vedrà che non si arrabbierà, ti capirà!"
Dopo alcuni minuti di chiaccherata mi incitò a tornare a casa, e fidandomi delle sue parole feci così. Tornai nell' appartamento piangendo, chiamai mia madre e le parlai. Come se i due si fossero sentiti mia madre non si adirò, mi disse di tranquillizzarmi, era solo il primo quadrimestre avrei potuto recuperare. Tornai di corsa da Elio e lo ringraziai di tutto quanto...ero molto felice, ma quella felicità era destinata a svanire dopo pochi giorni e a me rimanevano nella mente miriadi di domande a cui era necessario dare risposta...ma come?
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